Messaggio del patriarca Sabbah per la fine delle violenze in Medio Oriente: le testimonianze
di due salesiani dal Libano e dalla Galilea
(3 agosto 2006 - RV) Per chiedere la fine delle violenze in Medio Oriente, il patriarca
latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, ha lanciato un nuovo appello. Nel testo
del messaggio, il patriarca esorta tutti a pregare perché “la ragione prevalga sullo
spirito di vendetta”, perché vi siano sempre più uomini e donne “capaci di vivere
insieme nella pace” e perché i soldati non siano fatti strumento di “uccisioni e distruzione”,
così che la Terra Santa sia “terra di redenzione e riconciliazione per tutti”. In
Libano, intanto, gli orrori e i drammi della guerra sono sempre più evidenti. Fortemente
minacciati sono ora il futuro stesso del Paese e le speranze della popolazione libanese.
E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il missionario salesiano della
casa Don Bosco di El Houssoun, padre Vittorio Pozzo, da 30 anni in Libano:
********** R.
– Il più difficile sarà ricostruire l’uomo. La ragione della sua sopravvivenza, per
il Libano, è quella di essere un Paese comunque unito, seppur nella diversità delle
confessioni, delle religioni e delle culture. Diciamo, quindi, che i libanesi devono
sapersi accettare e perdonare.
D. – Quindi, per la popolazione libanese
è necessario in questo momento drammatico essere più che mai compatta…
R.
– Il vertice religioso di tutti i capi religiosi cristiani e musulmani di due giorni
fa ha preso questo orientamento invitando tutta la popolazione a fare quadrato intorno
allo Stato, intorno al governo che attualmente rappresenta la legittima autorità.
La cosa più importante è quella di superare questo trauma: i libanesi hanno molte
risorse, sono pieni di intraprendenza e di iniziative. La cosa più importante è che
abbiano ancora la volontà di ritentare, per l’ennesima volta, e non rivedersi, soltanto
dopo pochi anni, al punto zero e quindi ricominciare tutto da capo.
D.
– Negli organi di stampa, la guerra è spesso un cumulo di cifre e statistiche: cosa
significa per voi, salesiani in Libano, questo conflitto?
R. – La realtà
è, purtroppo, peggiore delle statistiche. Certo noi, per dove siamo, siamo ancora
molto fortunati, perché non siamo stati colpiti: abbiamo la nostra casa, abbiamo da
mangiare. Andando in giro, però, abbiamo contatti con gli sfollati ed i rifugiati;
ci rendiamo allora conto di che cosa sia la guerra e quale significato abbia per loro
aver dovuto abbandonare la casa, che probabilmente non la troveranno più in piedi.
Capiamo cosa significa vivere in strutture pubbliche e in scuole, con tante altre
famiglie. Ogni giorno dobbiamo trovare, in qualche modo, delle parole nuove per far
accettare e non far pesare loro quello che si porta e si offre. **********
L’orrore
della guerra sconvolge anche i Territori palestinesi, dove oggi sono morte almeno
8 persone in seguito a nuove operazioni militari israeliane, e lo Stato ebraico. Nel
nord di Israele sono arrivati, nella notte, razzi lanciati da guerriglieri Hezbollah.
Alcuni di questi hanno raggiunto anche Nazareth. Sulla situazione in Galilea, Amedeo
Lomonaco ha raccolto la testimonianza del direttore dell’Istituto dei salesiani di
Don Bosco, padre Mario Murru, raggiunto telefonicamente a Nazareth:
********** R.
– Con questi missili che arrivano - non si sa quando e non si sa dove - la gente vive
con il timore che possa arrivarne uno sulle loro teste. Proprio ieri, quattro di questi
razzi sono arrivati vicino alla città di Nazareth.
D. – C’è un pericolo
reale anche per i Luoghi Santi della Galilea?
R. – Il pericolo c’è per
tutti i posti perché questi razzi quando arrivano, non sono mirati; non sono come
i missili mandati da Saddam nel 1991-‘92. Sono razzi lanciati un pò ovunque; quindi
possono colpire chiese, moschee, cristiani e musulmani. Nessuno si sente al sicuro.
Non credo, però, che ci siano degli attacchi mirati contro i cristiani, i musulmani
o gli ebrei. Gli Hezbollah lanciano i razzi senza sapere quali aree saranno colpite.
D.
– Come vivete queste giornate?
R. – Noi, generalmente, continuiamo la vita
di preghiera regolare, soprattutto la domenica. La gente vuole radunarsi in chiesa
anche perché dicono: “Il Signore ci proteggerà”; ma non ci sono dei luoghi sicuri.
Speriamo che, al più presto, termini questa situazione anche perché la gente, soprattutto
i bambini, sono impressionati e non dormono. Sono veramente psicologicamente provati.
**********