25 anni fa l'attentato contro Giovanni Paolo II. Manifestazione domani in San Pietro
(12 maggio 2006 - RV) Poco dopo le cinque del pomeriggio di 25 anni fa – era il 13
maggio 1981 – la Chiesa nei cinque continenti e non solo fu scossa da una notizia
impensabile: un uomo aveva sparato per uccidere il Papa. Piazza San Pietro prima e
il Policlinico Gemelli poi, divennero i due luoghi del dramma dell’attentato a Giovanni
Paolo II. A quell’evento fortemente mediatico - che consegnò alla memoria collettiva
l’incredibile sequenza di un Papa ferito a morte - si legarono successivamente la
storia di un perdono e più ancora di una straordinaria intercessione mariana, alla
quale Giovanni Paolo II attribuì sempre la propria salvezza. La ricostruzione di quel
giorno e di quel periodo, nel servizio di Alessandro De Carolis. ********** (musica) “La
Divina Provvidenza mi ha salvato in modo miracoloso dalla morte. Colui che è unico
Signore della vita e della morte Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo
modo me l’ha donata di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui”.
Non finì di stupirsi, Giovanni Paolo II, per quel che gli accadde il 13 maggio
1981. Le parole appena ascoltate, scritte il 17 marzo del 2000, sono tratte dal testamento
reso noto dopo la sua morte. Una morte che un soleggiato pomeriggio arrivò a un passo
dal troncare per sempre il respiro del “Vescovo vestito di bianco”, del “Papa venuto
da lontano”. (musica) Due reliquie, insolite per un capo della Chiesa, testimoniano
ancora oggi ciò che avvenne in quel giorno di imprevista follia. Una fascia forata
da una pallottola calibro nove nel Santuario di Jasna Gora. E il proiettile stesso,
passato da oggetto di morte a ex voto, incastonato nella corona posta sul capo della
statua della Madonna di Fatima. Il 13 maggio 1981, il Papa polacco aveva in cuore
di parlare alla folla in Piazza San Pietro dei 90 anni della Rerum Novarum di Leone
XIII e di annunciare la nascita del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Parole passate
agli archivi e mai pronunciate. Di quel 13 maggio, un destino ancora oscuro nella
sua trama criminale, ma compreso con serena meraviglia in seguito, lascia a Giovanni
Paolo II immagini di sorrisi, acclamazioni d’affetto, strette di mano, il bacio ad
una bambina. E una pistola che sbuca sopra le teste: “La folla è tutta in piedi.
Non commenta quasi la scena tragica cui ha assistito. Sono quasi tutti in silenzio.
Aspettano notizie. Udienza generale troncata da quattro-cinque spari in rapida successione.
Il Santo Padre è stato evidentemente, certamente colpito. Lo abbiamo visto sdraiato
nella vetturetta scoperta che è entrata in velocità dentro il Vaticano (...)” Lo
sconcerto di Benedetto Nardacci, il cronista della Radio Vaticana quel giorno in servizio
per l’udienza, è lo stesso della folla. L’ora dello sparo, le 17.17, è passata da
pochi secondi e le acclamazioni ammutolite sono diventale sgomento e lacrime, sopra
le quali sfuma la corsa pazza di un’ambulanza. (suono sirene) “Per la prima
volta si parla di terrorismo anche in Vaticano. Si parla di terrorismo in una città
dove sono sempre partiti messaggi di amore, messaggi di concordia, messaggi di pacificazione”. Il
giovane Papa, che ha già girato per mezzo mondo in pochi anni, è moribondo al Policlinico
Gemelli di Roma. Anche per la Chiesa sono cinque ore d’agonia, quelle dell’intervento,
che poi vira in speranza e quindi in attesa del suo ritorno. Il Papa è salvo. Il tempo
del ricovero si prolungherà per un mese. Ma già quattro giorni dopo l’attentato, domenica
17, Giovanni Paolo II, vincendo reticenze e ammodernando in un colpo secolari riservatezze
protocollari, chiede un microfono e recita l’Angelus dal suo letto d’ospedale. Con
una sorpresa, o forse no: il Papa ferito trova subito il perdono per Alì Agca, il
22.enne turco dai mandanti misteriosi, che lo ha costretto in fin di vita: “Prego
per il fratello che mi ha colpito e al quale ho sinceramente perdonato”. No, non
ha mai finito di stupirsi, Giovanni Paolo II, per quel che gli accadde il 13 maggio
1981. Il 7 ottobre successivo, quando il filo del suo contatto con la gente spezzato
da quei colpi di pistola si riannoda con la ripresa delle udienze generali, c’è la
prima traduzione di un sentimento del gratitudine attraverso le parole della Scrittura:
“Una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui”. Dice il Papa: “Ho
sperimentato, cari fratelli e sorelle, in modo simile a Pietro segregato e destinato
alla morte, l’efficacia delle preghiere della Chiesa”. Il 13 maggio 1982, un anno
dopo l’attentato, Papa Wojtyla è a Fatima per dire un grazie speciale. Lui non ha
mai avuto dubbi di dovere la salvezza alla Vergine apparsa ai tre pastorelli nel 1917.
“Ho visto in tutto ciò che mi stava succedendo una speciale protezione materna della
Madonna – afferma quel giorno dal Santuario portoghese - In questa ora, qui nel santuario
di Fatima, voglio ripetere adesso davanti a tutti voi: Totus Tuus - "tutto tuo" o
Madre!”. E ancora, il 13 maggio 1994, in un messaggio ai vescovi italiani, ricordo,
preghiera e filiazione mariana si fondono in un’ulteriore consapevolezza: “Fu una
mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante si fermò
sulla soglia della morte ... Il proiettile mortale si fermò e il Papa vive - vive
per servire!”. Da quel giorno di paura e rinascita, “il vescovo vestito di bianco”
visto cadere come morto ai piedi di una grande croce – secondo la descrizione della
terza parte del segreto di Fatima resa nota durante il Giubileo del 2000 – ha continuato
a vivere altri 24 anni a servire la Chiesa. Nell’assistere alla prima del fiction
televisiva dedicata a Giovanni Paolo II, il 30 marzo scorso, Benedetto XVI affermò: “Impietriti,
come se fossimo presenti, abbiamo riudito gli spari del tragico attentato in Piazza
San Pietro del 13 maggio 1981. Dall'insieme è emersa la figura di un instancabile
profeta di speranza e di pace, che ha percorso i sentieri del globo per comunicare
il Vangelo a tutti. Sono tornate alla mente le sue parole vibranti (…) parole di coraggio
e di denuncia verso la società consumistica e la cultura edonistica, protesa a costruire
un benessere semplicemente materiale che non può soddisfare le attese profonde del
cuore umano”. (musica) ********** Sono numerose le manifestazioni che ricorderanno
il 25° anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II. In particolare domani mattina
il cardinale Stanislao Dziwisz, già segretario di Papa Wojtyla, presiederà una Messa
solenne nel Santuario di Fatima. E sempre per domani l’Opera Romana Pellegrinaggi
promuove una serie di manifestazioni, tra cui la processione da Castel Sant’Angelo
a San Pietro con la statua pellegrina della Madonna di Fatima, a partire dalle 14.30.
Il cardinale vicario Camillo Ruini presiederà nella Basilica Vaticana una Messa solenne
alle 17.00 seguita da un’altra manifestazione in Piazza San Pietro. Ma ascoltiamo
il promotore di questa giornata, mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato
dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Giovanni Peduto gli ha chiesto cosa gli resta nel
cuore di quel 13 maggio 1981: ********** R.
– Rimane nel cuore sempre una grande ferita e cioè quel giorno fu per tutti noi un
giorno di grande dolore, di grande sofferenza, di sbigottimento. Il fatto che poi
lui abbia superato quell’attentato e che sia tornato in maniera forte, energica, profetica
a seguire la Chiesa questo ci rallegra molto. Noi lo vogliamo ricordare domani sera,
proprio più o meno alla stessa ora, nel luogo dove è avvenuto l’attentato, con la
presenza della statua della Madonna di Fatima. Lui era molto legato alla Vergine di
Fatima e a Lei ha attribuito la grazia per aver avuto salva la vita: ricordiamo le
parole del Papa: una mano ha colpito e un’altra ha deviato la pallottola. D. –
Cosa è rimasto nel cuore dei fedeli di quel giorno? R. – Rimane soprattutto il
ricordo di un Papa che ha affidato tutta la sua vita a Maria. Quel “Totus Tuus”, quel
‘io sono tutto tuo’ lo ha manifestato per una vita intera, ma lo ha soprattutto espresso
in quella devozione verso la Madonna e in quel riconoscimento che lui ha voluto dare
alla Vergine di Fatima, l’intervento veramente divino e misterioso di Dio attraverso
l’intercessione di Maria, Madre di Dio, Madre della Chiesa, che lui sentiva veramente
sua Madre. D. – Cosa si augura per questa Giornata? R. – L’auspicio è che i
pellegrini che vengono tornino a casa col cuore riempito di gioia e che sappiano che
il Vangelo, la devozione a Maria e che soprattutto la fede in Cristo è una grande
risposta di gioia e di serenità e d’amore in un mondo pervaso da terrorismo, da guerre,
da paure, da forme di solitudine. Vorrei che domani sentissero forte i pellegrini
il “non abbiate paura”, parole che Giovanni Paolo II più volte ha ripetuto, e che
Benedetto XVI ha voluto ricordare nella sua elezione a Pontefice. Sono le parole del
Vangelo: “Non abbiate paura”. Se ci sono tempi bui, se ci sono tempi tristi, se c’è
una grande solitudine, se abbiamo nel cuore la tristezza, se abbiamo un dolore in
famiglia, una sofferenza nel cuore, sappiamo che gli uomini ci possono abbandonare,
Dio no, Maria no, è sempre con noi. **********