La Chiesa ha una nuova Beata: la carmelitana scalza barese suor Elia di San Clemente
(18 marzo 2006 - RV) La Chiesa ha una nuova Beata: la carmelitana scalza barese suor
Elia di San Clemente. A presiedere oggi la cerimonia di beatificazione nella cattedrale
di Bari il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi il cardinale José Saraiva
Martìns; ad officiare la Liturgia eucaristica l’arcivescovo di Bari mons. Francesco
Cacucci. Sulla figura di suor Elia, Giovanni Peduto ha intervistato il postulatore
della Causa di Beatificazione padre Ildefonso Moriones, dei carmelitani scalzi:
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- A 4 o 5 anni ha avuto un sogno: una signora passeggiava nel giardino di casa e la
mamma le ha detto che forse era la Madonna che andava a cercare lei. Quindi è cresciuta
già con questa chiamata interiore. La Prima Comunione l’ha fatta con grande entusiasmo
e convincimento. Fin da bambina si associa ai gruppi di devoti della Beata Imelda,
per il culto dell’Eucaristia, per la catechesi e quindi praticamente da sempre si
è sentita chiamata alla vita religiosa. I direttori l’hanno guidata verso il Carmelo
e lì sì è trovata, a 19 anni, con gli scritti di Teresa di Gesù Bambino – quasi sua
contemporanea – e quindi ha preso ancora più seriamente quella vocazione che aveva
fin da bambina.
D. – Suor Elia è nata nel 1901 ed è morta nel 1927, è vissuta
appena 26 anni. In che maniera ha espletato la sua santità?
R. – Quella donazione
totale a Cristo fin dai primi anni, è maturata poi nell’adolescenza e si è rivelata
definitiva nella professione solenne. E’ lì che si stabilisce un rapporto chiarissimo
e profondo con Cristo e si identifica nella sua vocazione di contribuire alla redenzione,
alla salvezza. Quindi nel monastero è stata subito notata come particolarmente impegnata
nella sua dedizione a Cristo.
D. – Può raccontarci un episodio significativo
della vita di suor Elia?
R. – Quello che l’ha segnata per sempre è il sogno
dell’infanzia. Poi nella vita religiosa, in questo monastero, c’era una particolarità;
era un monastero del secolo XVII che aveva annesso un convitto per ragazze. Per due
anni lei è stata incaricata di occuparsi di queste ragazze giovani e si vede che aveva
questa fede trasparente che le ha contagiate e sono state loro, 30, 40, 50 anni dopo
ancora a ricordarla. Questa dedizione alle ragazze le ha procurato la gelosia della
direttrice che ha cominciato un po’ a metterla da parte. Questo le ha insegnato ad
entrare nella via della Croce; poi l’hanno fatta sacrestana e lì ha sviluppato ancor
più l’intimità dell’Eucaristia. Per un anno intero ha avuto dolori fortissimi alla
testa che nessuno prendeva sul serio, dicendo che erano immaginazioni sue. Alla fine
si è scoperto che era un’encefalite grave, ma quando se ne sono accorti non c’era
più rimedio. **********