Il Papa ai giovani: per non essere chiusi in voi stessi e vincere la solitudine siate
aperti a Dio
(09 marzo 2006 - RV) “La vita umana è una relazione. Solo in relazione, non chiusi
in noi stessi, possiamo avere la vita”. Questa affermazione di Benedetto XVI, resa
ai sacerdoti romani nel suo discorso di una settimana fa, si collega idealmente a
quanto il Papa ha trattato in quella sede parlando della crisi della famiglia e della
solitudine degli adolescenti, nonostante il tempo attuale sembri celebrare l’estrema
facilità di stabilire rapporti, grazie alla tecnologia. Per superare isolamento e
solitudine – afferma il Papa – è fondamentale la relazione con Dio: se manca questo
rapporto “le altre relazioni sono fragili”. Per una sintesi di quanto affermato dal
Pontefice su questi argomenti, il servizio di Alessandro De Carolis:
Circoli
familiari, catechesi per la famiglia, riscoperta della preghiera: sono i suggerimenti
pastorali che Benedetto XVI ha offerto al clero romano per restituire a genitori e
figli una dimensione umana e spirituale secondo il Vangelo. E’ quanto fanno quotidianamente
i Salesiani, impegnati su tutti i fronti della formazione dei giovani, e non solo.
Don Giuseppe Casti, responsabile nazionale della Pastorale giovanile dei Salesiani
in Italia riflette, al microfono di Alessandro De Carolis, sul paradosso tra ricchezza
di contatti e solitudine adolescenziale del Duemila:
********** R.
– Sì, certamente è un paradosso che si avverte nella vita dei giovani e credo che
questo ci porti subito ad analizzare la qualità della comunicazione dei giovani. E’
vero che, da una parte, hanno facilità di spostarsi, di comunicare attraverso messaggi
ed altre forme di comunicazione, però manca una comunicazione in profondità. Credo
che il loro problema sia soprattutto una solitudine interiore nella ricerca del senso
della vita, e questo credo che sia il grosso problema educativo.
D. – C’è chi
dice che tanti punti di riferimento, come possono esservi oggi, in realtà equivalgano
a nessun punto di riferimento …
R. – Sì, sono d’accordo sul fatto che vi siano
dei messaggi contrastanti e contraddittori, e lo smarrimento dei giovani nasce proprio
da questo affollamento di messaggi, perché non consente più loro di distinguere quale
sia il vero messaggio: quel messaggio che li aiuta a sperare, a crescere, a trovare
un valore per la vita!
D. – Spostando lo sguardo sulla famiglia, il Papa ha
messo in risalto la “fragile comunione” che esiste tra genitori e figli, visti come
tante isole che si muovono senza incontrarsi mai. Che esperienza avete di questa situazione,
voi come Salesiani?
R. – Noi Salesiani cerchiamo di creare sempre un clima
di famiglia nei nostri ambienti: nelle scuole, negli oratori, nei centri giovanili.
Cerchiamo di offrire un aiuto alle famiglie. Vogliamo che le famiglie siano coinvolte
nel nostro lavoro educativo per cui noi incontriamo i giovani, ma attraverso i giovani
vogliamo incontrare anche gli adulti, in modo che i genitori siano nostri collaboratori
nel lavoro educativo e noi, nello stesso tempo, oltre ad aiutare i giovani, aiutiamo
i genitori anche ad assolvere la loro missione educativa.
D. – C’è una frase
di don Bosco che più di altre sintetizza questo vostro lavoro “sussidiario”, come
lei l’ha definito, nel rapporto con le famiglie?
R. – Il motto che ha guidato
don Bosco è questo: l’educazione è una cosa di cuore. Vuol dire che i genitori, al
centro della loro missione educativa, devono mettere l’amore e attraverso la paternità
e la maternità, aiutare i figli ad essere veramente dei figli. E forse sono proprio
questi concetti dell’essere padre, dell’essere veramente madre, che dobbiamo ricuperare
nel mondo d’oggi: vivere pienamente la paternità e la maternità come una vocazione
che Dio ci ha affidato. **********