“Una svolta per il Congo”: così i vescovi del Paese africano guardano alle elezioni
di giugno dopo i recenti sviluppi politici. La dichiarazione del Comitato permanente
dei presuli
(6 marzo 2006 - RV) “Alziamoci e costruiamo!”: è questo il significativo titolo della
Dichiarazione del Comitato permanente dei vescovi della Repubblica Democratica del
Congo, pubblicato nei giorni scorsi, in un periodo particolarmente importante per
la vita politica e sociale del Paese africano. Il servizio di Fausta Speranza:
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svolta decisiva per il Congo; un appuntamento decisivo con la storia”: sono tra le
espressioni usate dai vescovi che manifestano tutta la speranza che si possa arrivare
ad un “Congo nuovo”. Cruciale il prossimo voto previsto a giugno. Fa seguito al recente
referendum costituzionale da considerarsi – dicono – “tappa importante per dotare
il Paese di nuove strutture”, ma anche come una circostanza per la quale felicitarsi
con il popolo, vista la mobilitazione. Una mobilitazione che rivela che “la cultura
democratica si sta costruendo”. E i presuli ricordano altri momenti importanti della
vita politica recente: la promulgazione da parte del Capo dello Stato della Costituzione
della Terza Repubblica e l’approvazione della legge elettorale in Parlamento. Ora
è la prospettiva dell’appuntamento con le urne per elezioni presidenziali e legislative
a dare al Paese, secondo i vescovi, “nuovo slancio”.
Se tutto ciò è motivo
di speranza, non si può tacere però sulle “difficoltà con le quali devono fare i conti
giornalmente i congolesi, il profondo malessere che permane e un’impazienza evidente”.
“L’insicurezza – affermano – continua a costituire una minaccia per il processo di
pace”. E qui si fanno forti e coraggiose le denunce: “Noi deploriamo – scrivono
i vescovi – il considerevole ritardo nella formazione di un esercito unificato e repubblicano”.
Per poi parlare di “un esercito mal pagato e mal equipaggiato che, invece di contribuire
alla pace e alla sicurezza, abusa della sua forza e diventa una minaccia per i cittadini
che dovrebbe proteggere”. “Questo – riconoscono i presuli – non è presagio di un buon
svolgimento delle elezioni”. Sul piano politico, un motivo di rincrescimento: l’insufficiente
sensibilizzazione della popolazione al progetto della Costituzione, la mancanza di
un dibattito di fondo; l’assenza quasi totale dei partiti politici e di loro testimoni
negli uffici di voto all’epoca del referendum costituzionale. E non è tutto, a preoccupare
è “l’esasperazione di frantumazioni etniche con la rinascita di partiti politici che
si definiscono oriundi o non oriundi”; ad essere stigmatizzata è la violenza verbale
nei discorsi di leader politici.
C’è poi anche un suggerimento di carattere
molto concreto: la Commissione elettorale indipendente prevedi di cominciare il processo
elettorale dalle elezioni legislative e presidenziali per concludere in seguito con
il voto locale. I vescovi del Congo vorrebbero che il processo fosse inverso perché
– spiegano – si tratta di fondare una democrazia nascente.
Sul piano
sociale, senza mezzi termini, i presuli parlano di una delle più gravi crisi umanitarie
dopo la seconda guerra mondiale e affermano che alla “classe politica del Congo si
deve imputare la parte maggiore delle grandi responsabilità per la cattiva gestione
della realtà sociale”. La storia è poi storia di dittature e guerre a ripetizione,
che hanno significato mancanza di rispetto per la persona e per la sua dignità. Da
qui, l’impoverimento del Paese e del popolo e il disastroso divario tra l’opulenza
di pochi e la situazione degli altri che vivono di vane promesse. Tra le piaghe
sociali, l’AIDS.
Tra le sfide perché davvero il futuro porti ad una svolta,
c’è l’impegno alla scolarizzazione di tutta la gioventù. E a questo proposito una
precisazione significativa: i vescovi ribadiscono la decisione di sopprimere la pratica
secondo la quale i genitori assolvono l’incarico di insegnanti. E poi chiedono allo
Stato di cogliere il momento di contatti e dialogo per procedere effettivamente alla
restituzione alla Chiesa cattolica dell’Università di Kinshasa, ex Università Lovanium
che è stata statalizzata nel 1971. Ai candidati alle elezioni, la raccomandazione
“dell’astenersi dall’attizzare odio e divisione tra la popolazione per interessi egoistici”.
In definitiva l’auspicio che “lo Stato congolese assuma pienamente le sue
responsabilità davanti alla storia”, nella consapevolezza della “ricchezza del Paese,
non solo in termini di potenzialità naturali ma anche e soprattutto in risorse umane”.
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