2006-01-25 00:00:00

Deus Caritas Est - Dio è Amore. Pubblicata la prima Enciclica di Benedetto XVI


“Dio è Amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in Lui”. Con queste parole, tratte dalla Lettera di San Giovanni, inizia la prima Enciclica di Benedetto XVI “Deus Caritas est”, pubblicata oggi e firmata nella solennità del Natale, il 25 dicembre dell’anno scorso. Stamane la presentazione nella Sala Stampa vaticana. Ma ascoltiamo la sintesi dell’Enciclica in questo servizio di Sergio Centofanti:

Benedetto XVI spiega lui stesso lo scopo della sua prima Enciclica. Mostrare all’umanità la novità sconvolgente dell’amore di Dio, la sua passione per l’uomo, “centro della fede cristiana”. Dio “ama personalmente” la sua creatura – scrive il Papa: “si commuove … freme di compassione”, è amore che non abbandona mai anche quando è tradito, “è amore che perdona” ed “è talmente grande da rivolgere Dio contro se stesso, il suo amore contro la giustizia”. È “il mistero della Croce: Dio ama tanto l’uomo che facendosi uomo Egli stesso lo segue fin nella morte e in questo modo riconcilia giustizia e amore”.  Noi abbiamo creduto “all’amore appassionato di Dio” – scrive il Papa. E  questo vuol dire che “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. Ma ascoltiamo quanto ha detto lo stesso Benedetto XVI lunedì scorso illustrando l’Enciclica  ai partecipanti al convegno di Cor Unum sulla Carità:

“La fede non è una teoria che si può far propria o anche accantonare. È una cosa molto concreta: è il criterio che decide del nostro stile di vita. In un'epoca nella quale l'ostilità e l'avidità sono diventate superpotenze, un'epoca nella quale assistiamo all'abuso della religione fino all'apoteosi dell'odio, la sola razionalità neutra non è in grado di proteggerci. Abbiamo bisogno del Dio vivente, che ci ha amati fino alla morte”.

Dunque al centro c’è l’amore, parola spesso abusata – nota il Pontefice – che fa la distinzione tra eros, amore “mondano”, fondamentalmente amore fra l’uomo e la donna, e agape, amore fondato sulla fede. Ma l’agape non è contro l’eros – sottolinea il Papa – non è contro la corporeità: anzi queste due dimensioni vanno armonizzate. Ascoltiamo ancora le parole del Papa:

“Volevo mostrare l'umanità della fede, di cui fa parte l'eros – il ‘sì’ dell'uomo alla sua corporeità creata da Dio, un ‘sì’ che nel matrimonio indissolubile tra uomo e donna trova la sua forma radicata nella creazione. E lì avviene anche che l'eros si trasforma in agape – che l'amore per l'altro non cerca più se stesso, ma diventa preoccupazione per l'altro, disposizione al sacrificio per lui e apertura anche al dono di una nuova vita umana”.

D’altra parte l’uomo “non può sempre soltanto donare, deve anche ricevere”: deve attingere “sempre di nuovo” a quella  sorgente da cui sgorgano fiumi di acqua viva, cioè “Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l’amore di Dio”. “La vera novità del Nuovo Testamento – scrive Benedetto XVI – non sta in nuove idee ma nella figura stessa di Cristo che dà carne e sangue ai concetti – un realismo inaudito”. “In Gesù Cristo, Dio stesso insegue la pecorella smarrita, l’umanità sofferente e perduta”. E nell’Eucaristia siamo attirati nell’amore di Gesù che diventa amore per il prossimo. “L’unione con Cristo infatti è allo stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona. Io non posso avere Cristo solo per me – afferma il Pontefice – posso appartenergli solo in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi”. “Così chiunque ha bisogno di me e io posso aiutarlo quello è il mio prossimo”. E il giudizio finale – ricorda il Papa – verterà proprio sull’amore: Gesù si identifica con gli affamati, gli assetati, i forestieri, i nudi, i malati, i carcerati. In questi piccoli “incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio”.

Ma il comandamento dell’amore – prosegue il Papa – riguarda non solo i singoli cristiani ma anche i cristiani come comunità: cioè la carità  è parte integrante della missione della Chiesa, così come la celebrazione dei Sacramenti e l’annuncio della Parola. La Chiesa volge così il suo amore in modo concreto verso tutti gli uomini che sono sofferenti e nel bisogno. Un’azione umanitaria che non va confusa con una pura forma di assistenza sociale e che deve essere “indipendente da partiti e ideologie”. Ascoltiamo Benedetto XVI:

“Lo spettacolo dell'uomo sofferente tocca il nostro cuore. Ma l'impegno caritativo ha un senso che va ben oltre la semplice filantropia. È Dio stesso che ci spinge nel nostro intimo ad alleviare la miseria. Così, in definitiva, è Lui stesso che noi portiamo nel mondo sofferente. Quanto più consapevolmente e chiaramente lo portiamo come dono, tanto più efficacemente il nostro amore cambierà il mondo e risveglierà la speranza – una speranza che va al di là della morte”.

L’attività caritativa deve essere spinta dall’amore di Cristo e va nutrita con la preghiera costante in un contatto vivo con Dio: “E’ venuto il momento – scrive il Papa – di riaffermare l’importanza della preghiera di fronte all’attivi-smo e all’incombente secolarismo di molti cristiani impegnati nel lavoro caritativo”.

L’Enciclica si conclude con una invocazione alla Vergine Maria, modello di “quell’amore puro che non cerca se stesso ma semplicemente vuole il bene” secondo i pensieri di Dio. “A Lei – ha detto il Papa – affidiamo la Chiesa, la sua missione a servizio dell’amore”. A lei chiediamo di insegnarci a conoscere e ad amare Gesù perché possiamo “diventare capaci di vero amore ed essere sorgenti di acqua viva in mezzo a un mondo assetato”.

Stamane, dunque, nella Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la conferenza stampa di presentazione della prima Enciclica di Benedetto XVI. Alla presentazione della Deus Caritas est sono intervenuti il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, l’arcivescovo William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e l’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”. L’evento è stato seguito per noi da Alessandro Gisotti:

“Una profonda e illuminante riflessione sull’amore cristiano”: il cardinale Martino ha definito così la prima Enciclica di Benedetto XVI. Enciclica che si può “indubbiamente” definire programmatica, nel senso più alto del termine, perché, ha avvertito il porporato, con la Deus Caritas est, il Papa invita tutti ad “andare al centro della fede cristiana”. D’altro canto, il presidente di “Giustizia e Pace”, ha sottolineato che si tratta di un’Enciclica “pervasa, soprattutto nella prima parte, da un grande afflato spirituale, che, di fronte al rischio di un attivismo sociale e caritativo senza anima, richiama tutti alla coltivazione delle ragioni e motivazioni spirituali dell’essere Chiesa e dell’essere cristiani, che danno senso e valore al fare e all’agire”.

Benedetto XVI, ha detto ancora, richiama spesso la dottrina sociale della Chiesa, specie oggi che il sogno marxista è “svanito”, ma la globalizzazione pone nuove sfide all’umanità. Il Papa radica “la dottrina sociale nella fede e nella sua azione purificatrice della ragione”. Un passaggio fondamentale dell’Enciclica, ha aggiunto, è laddove afferma che “compito della Chiesa con la sua dottrina sociale, nella costruzione di un giusto ordine sociale” sta nel “risvegliare le forze spirituali e morali”. E qui, il cardinale Martino ha ripreso l’esortazione ai cristiani contenuta nella Deus Caritas est:

“Come cittadini dello Stato, essi sono chiamati a partecipare in prima persona alla vita pubblica. Non possono pertanto abdicare alla molteplice e svariata azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune”.  

La carità, è stata dunque la riflessione del cardinale Martino, “deve animare l’intera esistenza dei fedeli laici e quindi anche la loro attività politica, vissuta come carità sociale”. Il Papa, ha proseguito il presidente di “Giustizia e Pace”, sollecita perciò una “spiritualità che rifiuta sia lo spiritualismo intimista sia l’attivismo sociale e sappia esprimersi in una sintesi vitale che conferisca unità, significato e speranza dell’esistenza”. Il cardinale ha concluso il suo intervento citando la parte dell’Enciclica dove si parla del rapporto tra caritas e società:

“L’amore - caritas - sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c'è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore ¼ Lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa in definitiva un’istanza burocratica che non può assicurare l’essenziale di cui l’uomo sofferente - ogni uomo - ha bisogno: l’amorevole dedizione personale”.

Dal canto suo, l’arcivescovo Levada ha ribadito che la Deus Caritas est è un testo forte che “vuole opporsi all’uso sbagliato del nome di Dio e all’ambiguità della nozione di “amore” che è così evidente nel mondo odierno”. Il Santo Padre, ha aggiunto il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, “vuole dimostrare come i due concetti non si oppongano, ma si armonizzino tra di loro per offrire una concezione realista dell’amore umano, un amore che corrisponde alla totalità – corpo e anima – dell’essere umano”. Amore di Dio e amore del prossimo, ha sottolineato il presule, sono “inseparabili e si condizionano reciprocamente. Sono un unico comandamento”. Ma l’amore del prossimo, ha evidenziato, “è un compito non solo per ogni fedele”, ma anche per la “comunità dei credenti, cioè per la Chiesa”. Mons. Levada ha così provato a riassumere quale sia il dono che il Papa offre al mondo con questa Enciclica:

“L’Enciclica ci offre una visione dell’amore per il prossimo e del compito ecclesiale di operare la carità come compimento del comandamento dell’amore, che trova le sue radici nell’essenza stessa di Dio, che è Amore. L’Enciclica invita la Chiesa ad un rinnovato impegno nel servizio della carità (diakonia), come parte essenziale della sua esistenza e missione”.

L’ultimo intervento è stato riservato all’arcivescovo Cordes, presidente di “Cor Unum”, che ha sottolineato l’importanza di questa Enciclica per il dicastero da lui presieduto. Il presule ha rivelato inoltre che Giovanni Paolo II aveva intenzione di scrivere un’Enciclica sulla carità, “ma non poté portarla a termine”. Mons. Cordes ha sottolineato che Deus Caritas est è in assoluto la prima Enciclica sulla carità. Benedetto XVI, ha spiegato, “ci avverte di badare allo spirito che ci guida nel dare le nostre risposte ai sofferenti. E’ convinto che la fede ha delle conseguenze sulla persona stessa che agisce e quindi anche sul modo e l’intensità della sua azione di aiuto”:

“Oggi molti sono pronti ad aiutare chi soffre – e lo registriamo con gratitudine e soddisfazione; ma ciò può insinuare presso i fedeli l’idea che la carità non rientra in maniera essenziale nella missione ecclesiale”.

L’esercizio della carità, ha ribadito, fa invece “parte integrante dell’eredità del Salvatore”. Le agenzie ecclesiali non possono identificarsi con le ONG, deve perciò evitarsi il rischio di secolarismo in questo campo. Il presidente di “Cor Unum” si è così soffermato su quella parte della Deus Caritas est, nella quale Benedetto XVI critica il marxismo. Il Papa respinge espressamente la teoria marxista della miseria e la definisce una “filosofia disumanizzante”.

“Il documento esprime – e non solo una volta - che la fede dà una dinamica singolare all’impegno per l’altro. Quando ad esempio mi muovo a dare una mano al mio vicino, solo per un buon sentimento: cosa succede quando il mio prossimo mi ripugna, come posso resistere senza la grazia di Dio?”

Infine, rammentando come Benedetto XVI citi Madre Teresa nell’Enciclica, quale esempio di dinamismo nella carità, ha affermato che questo conferma la volontà del Papa di esprimere “un messaggio di grande attualità” con la Deus Caritas est. E proprio nell’Enciclica si legge che “i santi sono i veri portatori di luce all’interno della storia perché sono uomini e donne di fede, di speranza e di amore”. Da ultimo, una nota tecnica sull’Enciclica: il direttore della Sala Stampa vaticana, Navarro-Valls ha dichiarato che la Deus Caritas est è stata “cominciata a Castel Gandolfo l'estate scorsa, dopo le vacanze del Papa in Valle d'Aosta”. Dal canto suo, mons. Levada ha detto che l’Enciclica è stata firmata il 25 dicembre scorso, a cui è seguito un mese necessario per le traduzioni.

(Tratto dall'Archivio di radiovaticana.va)








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