Ai Primi Vespri e Te Deum di fine anno, il pensiero del Papa a chi soffre e a quanti
vivono in povertà
(01 gennaio 2006 - RV) Il dialogo della verità nella carità, l’importanza della famiglia,
il ricordo speciale per le persone in difficoltà. Su questi punti si è soffermato
Benedetto XVI, nell’omelia per il Te Deum di ringraziamento e i primi Vespri
della Solennità di Maria Santissima, celebrati ieri sera nella Basilica Vaticana.
Al termine del Te Deum, il Santo Padre ha visitato il Presepe di Piazza San
Pietro. Il servizio di Isabella Piro:
Questi il
testo e la registrazione integrale dell'omelia ****************** Cari fratelli
e sorelle!
Al termine di un anno, che per la Chiesa e per il mondo è stato
quanto mai ricco di eventi, memori del comando dell’Apostolo: “camminate… saldi nella
fede... abbondando nell'azione di grazie” (Col 2,6-7), ci ritroviamo questa sera insieme
per elevare un inno di ringraziamento a Dio, Signore del tempo e della storia. Il
mio pensiero va, con profondo e spirituale sentimento, a dodici mesi fa, quando, come
questa sera, l’amato Papa Giovanni Paolo II, per l’ultima volta, si è fatto voce del
Popolo di Dio per rendere grazie al Signore dei numerosi benefici accordati alla Chiesa
e all’umanità. Nella medesima suggestiva cornice della Basilica Vaticana tocca ora
a me raccogliere idealmente da ogni angolo della terra il cantico di lode e di ringraziamento
che si eleva a Dio, al compiersi del 2005 e alla vigilia del 2006. Sì, è un nostro
dovere, oltre che un bisogno del cuore, lodare e ringraziare Colui che, eterno, ci
accompagna nel tempo senza mai abbandonarci e sempre veglia sull’umanità con la fedeltà
del suo amore misericordioso.
Potremmo ben dire che la Chiesa vive per lodare
e ringraziare Dio. E’ essa stessa “azione di grazie”, lungo i secoli, testimone fedele
di un amore che non muore, di un amore che abbraccia gli uomini di ogni razza e cultura,
disseminando in modo fecondo principi di vera vita. Come ricorda il Concilio Vaticano
II, “la Chiesa prega e insieme lavora, affinché la totalità del mondo sia trasformata
in Popolo di Dio, Corpo del Signore e tempio dello Spirito Santo, e in Cristo capo
di tutti sia reso ogni onore e gloria al Creatore e Padre dell’universo” (Lumen gentium,
17). Sostenuta dallo Spirito Santo, essa “prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni
del mondo e le consolazioni di Dio” (Sant’Agostino, De Civitate Dei, XVIII, 51,2),
traendo forza dall’aiuto del Signore. In questo modo, con pazienza e con amore, supera
“le afflizioni e difficoltà tanto interne che esterne”, e svela “fedelmente al mondo,
anche se sotto l’ombra dei segni, il mistero del Signore, fino al giorno in cui finalmente
risplenderà nella pienezza della luce” (Lumen gentium, 8). La Chiesa vive di Cristo
e con Cristo. Egli le offre il suo amore sponsale guidandola lungo i secoli; ed essa,
con l’abbondanza dei suoi doni, accompagna il cammino dell’uomo, affinché coloro che
accolgono Cristo abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Questa sera mi
faccio voce anzitutto della Chiesa di Roma, per innalzare verso il Cielo il comune
cantico di lode e di azione di grazie. Essa, la nostra Chiesa di Roma, nei trascorsi
dodici mesi è stata visitata da molte altre Chiese e Comunità ecclesiali, per approfondire
il dialogo della verità nella carità, che unisce tutti i battezzati, e sperimentare
insieme più vivo il desiderio della piena comunione. Ma anche molti credenti di altre
religioni hanno voluto testimoniare la propria stima cordiale e fraterna a questa
Chiesa e al suo Vescovo, coscienti che nell'incontro sereno e rispettoso si cela l'anima
di un'azione concorde a favore dell'umanità intera. E che dire delle tante persone
di buona volontà, che hanno rivolto il proprio sguardo a questa Sede per intessere
un dialogo proficuo sui grandi valori concernenti la verità dell'uomo e della vita,
da difendere e promuovere? La Chiesa vuol essere accogliente sempre, nella verità
e nella carità.
Per quanto riguarda il cammino della Diocesi di Roma, mi piace
soffermarmi brevemente sul programma pastorale diocesano, che quest’anno ha fissato
la sua attenzione sulla famiglia, scegliendo come tema: “Famiglia e comunità cristiana:
formazione della persona e trasmissione della fede”. La famiglia è sempre stata al
centro dell’attenzione dei miei venerati Predecessori, in particolare di Giovanni
Paolo II, che ad essa ha dedicato molteplici interventi. Egli era persuaso, ed in
più occasioni lo ha ribadito, che la crisi della famiglia costituisce un grave pregiudizio
per la stessa nostra civiltà. Proprio per sottolineare l’importanza nella vita della
Chiesa e della società della famiglia fondata sul matrimonio, anch’io ho voluto offrire
il mio contributo intervenendo, la sera del 6 giugno scorso, al Convegno diocesano
in San Giovanni in Laterano. Mi rallegro perché il programma della Diocesi sta procedendo
positivamente con una capillare azione apostolica, che viene svolta nelle parrocchie,
nelle prefetture e nelle varie aggregazioni ecclesiali. Conceda il Signore che il
comune sforzo conduca a un autentico rinnovamento delle famiglie cristiane. Colgo
qui l’occasione per salutare i rappresentanti della Comunità religiosa e civile di
Roma presenti a questa celebrazione di fine anno. Saluto in primo luogo il Cardinale
Vicario, i Vescovi Ausiliari, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici convenuti
da varie parrocchie; saluto inoltre il Sindaco della Città e le altre Autorità. Estendo
il mio pensiero all’intera comunità romana, della quale il Signore mi ha chiamato
ad essere Pastore, e rinnovo a tutti l’espressione della mia vicinanza spirituale.
Ci
accingiamo con fede, illuminati dalla Parola di Dio, a cantare insieme il “Te Deum”.
Tanti sono i motivi che rendono la nostra azione di grazie intensa, facendone una
corale preghiera. Mentre consideriamo i molteplici eventi che hanno segnato il corso
dei mesi in quest’anno che si avvia alla sua conclusione, voglio ricordare in modo
speciale coloro che sono in difficoltà: le persone più povere e abbandonate, quanti
hanno perso la speranza in un fondato senso della propria esistenza, o sono involontarie
vittime di interessi egoistici, senza che a loro sia chiesta adesione o opinione.
Facendo nostre le loro sofferenze, li affidiamo tutti a Dio, che sa volgere ogni cosa
al bene; a Lui consegniamo la nostra aspirazione a che ogni persona veda accolta la
propria dignità di figlio suo. Al Signore della vita chiediamo di lenire con la sua
grazia le pene provocate dal male, e di continuare a dare vigore alla nostra esistenza
terrena, donandoci il Pane e il Vino della salvezza, per sostentare il nostro cammino
verso la patria del Cielo.
Mentre ci congediamo dall’anno che si conclude
e ci avviamo verso il nuovo, la liturgia di questi primi Vespri ci introduce nella
festa di Maria, Madre di Dio, Theotókos. A otto giorni dalla nascita di Gesù, celebriamo
Colei che “quando venne la pienezza del tempo” (Gal 4,4) fu prescelta da Dio per essere
la Madre del Salvatore. Madre è colei che dà la vita, ma che anche aiuta ed insegna
a vivere. Maria è Madre, Madre di Gesù al quale ha dato il suo sangue, il suo corpo.
Ed è Lei a presentarci il Verbo eterno del Padre, venuto ad abitare in mezzo a noi.
Chiediamo a Maria di intercedere per noi. Ci accompagni la sua materna protezione
oggi e sempre, perché Cristo ci accolga un giorno nella sua gloria, nell’assemblea
dei Santi: Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari. Amen!