2005-12-02 14:11:08

Benedetto XVI ascolta la predica d'Avvento di padre Cantalamessa: il religioso invita a portare Cristo ai lontani


(2 dicembre 2005 - RV) La fede in Cristo è stato il tema al centro della prima predica di Avvento di padre Raniero Cantalamessa, stamane nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, alla presenza di Benedetto XVI e della Famiglia Pontificia. Il religioso cappuccino ha ringraziato il Papa per la fiducia accordatagli nel chiedergli di continuare nell’incarico di Predicatore della Casa Pontificia: incarico a cui è stato chiamato da Giovanni Paolo II nel lontano 1980. Il servizio di Sergio Centofanti:


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Padre Cantalamessa è partito dal ruolo che Gesù ha nella nostra cultura e ha parlato di una presenza-assenza di Cristo:


“A un certo livello – quello dei mass-media in generale – Gesù Cristo è molto presente, addirittura una ‘Superstar’, secondo il titolo di un noto musical su di lui … Ma se guardiamo all’ambito della fede, al quale egli in primo luogo appartiene, notiamo, al contrario, una inquietante assenza, se non addirittura rifiuto della sua persona. In cosa credono, in realtà, quelli che si definiscono ‘credenti’ in Europa e altrove? Credono, il più delle volte, nell’esistenza di un Essere supremo, di un Creatore; credono che esiste un “aldilà”. Questa però è una fede deistica, non ancora una fede cristiana … Gesù Cristo è in pratica assente in questo tipo di religiosità”.
Di fronte a questa nuova situazione - ha affermato il religioso – occorre fare un grande atto di fede perché Gesù ci ha detto di aver vinto il mondo. Il mondo in ciò che ha in sé di resistente al vangelo. Dunque, nessuna paura o rassegnazione:
“Fanno sorridere le ricorrenti profezie sull’inevitabile fine della Chiesa e del cristianesimo nella società tecnologica del futuro. Noi abbiamo una profezia ben più autorevole cui attenerci: i cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Per rievangelizzare il mondo post-cristiano padre Cantalamessa ha detto che bisogna ripartire dal Kerygma, l’annuncio forte di due fatti: Gesù è morto per i nostri peccati ed è risorto per la nostra giustificazione. Venire alla fede è l’improvviso e stupito aprire gli occhi a questa luce: Gesù è il Signore! Il problema – secondo il religioso – è quando la Chiesa schiaccia con la dottrina l’annuncio evangelico e quindi il miracolo del venire alla fede. Siamo più preparati – ha detto – a essere pastori che pescatori di uomini: spesso ci si preoccupa solo di quanti vengono in chiesa e non di quelli che si sono allontanati o vivono ai margini:
È questa una delle cause per cui in certe parti del mondo tanti cattolici abbandonano la Chiesa cattolica per altre realtà cristiane; sono attratti da un annuncio semplice ed efficace che le mette in diretto contatto con Cristo e fa loro sperimentare la potenza del suo Spirito. Poche settimane fa è venuto a Roma una famoso predicatore evangelico. Sono andato, c’erano 15 mila persone dentro il Palalottomatica all'Eur ed anche fuori, tra cui io, perché era pieno e non ci lasciavano entrare. Fuori ho domandato alla gente: ma perché siete qui? Erano cattolici, decisi a rimanere tali, per fortuna. Risposta: cerchiamo qualcosa che non c’è nelle nostre parrocchie”

Ma cosa vuol dire: Gesù è il Signore?


“Dire ‘Gesù è il Signore!’ significa prendere una decisione di fatto. È come dire: Gesù Cristo è il ‘mio’ Signore; gli riconosco ogni diritto su di me, gli cedo le redini della mia vita; io non voglio vivere più ‘per me stesso’, ma ‘per lui che è morto e risorto per me’. Proclamare Gesù come proprio Signore, significa sottomettere a lui ogni zona del nostro essere, far penetrare il Vangelo in tutto ciò che facciamo. Significa, per ricordare una frase del venerato Giovanni Paolo II, aprire, anzi spalancare le porte a Cristo”.

Quindi padre Cantalamessa ha concluso con una immagine la sua prima predica di
Avvento:


“Mi è capitato a volte di trovarmi ospite di qualche famiglia e ho visto cosa succede quando suona il citofono e si annuncia una visita inattesa, La padrona di casa si affretta a chiudere le porte delle stanze in disordine, con il letto non rifatto, in modo da guidare l’ospite nel locale più accogliente. Con Gesù bisogna fare esattamente il contrario: aprirgli proprio le ‘stanze in disordine’ della vita, soprattutto la stanza delle intenzioni… Per chi lavoriamo e per che cosa lo facciamo? Per noi stessi o per Cristo, per la nostra gloria o per quella di Cristo? È il modo migliore per preparare in questo Avvento una culla accogliente a Cristo che viene a Natale”.
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