Benedetto XVI ascolta la predica d'Avvento di padre Cantalamessa: il religioso invita
a portare Cristo ai lontani
(2 dicembre 2005 - RV) La fede in Cristo è stato il tema al centro della prima predica
di Avvento di padre Raniero Cantalamessa, stamane nella Cappella Redemptoris Mater
in Vaticano, alla presenza di Benedetto XVI e della Famiglia Pontificia. Il religioso
cappuccino ha ringraziato il Papa per la fiducia accordatagli nel chiedergli di continuare
nell’incarico di Predicatore della Casa Pontificia: incarico a cui è stato chiamato
da Giovanni Paolo II nel lontano 1980. Il servizio di Sergio Centofanti:
********* Padre
Cantalamessa è partito dal ruolo che Gesù ha nella nostra cultura e ha parlato di
una presenza-assenza di Cristo:
“A un certo livello – quello dei mass-media
in generale – Gesù Cristo è molto presente, addirittura una ‘Superstar’, secondo il
titolo di un noto musical su di lui … Ma se guardiamo all’ambito della fede, al quale
egli in primo luogo appartiene, notiamo, al contrario, una inquietante assenza, se
non addirittura rifiuto della sua persona. In cosa credono, in realtà, quelli che
si definiscono ‘credenti’ in Europa e altrove? Credono, il più delle volte, nell’esistenza
di un Essere supremo, di un Creatore; credono che esiste un “aldilà”. Questa però
è una fede deistica, non ancora una fede cristiana … Gesù Cristo è in pratica assente
in questo tipo di religiosità”. Di fronte a questa nuova situazione - ha affermato
il religioso – occorre fare un grande atto di fede perché Gesù ci ha detto di aver
vinto il mondo. Il mondo in ciò che ha in sé di resistente al vangelo. Dunque, nessuna
paura o rassegnazione: “Fanno sorridere le ricorrenti profezie sull’inevitabile
fine della Chiesa e del cristianesimo nella società tecnologica del futuro. Noi abbiamo
una profezia ben più autorevole cui attenerci: i cieli e la terra passeranno, ma le
mie parole non passeranno”. Per rievangelizzare il mondo post-cristiano padre
Cantalamessa ha detto che bisogna ripartire dal Kerygma, l’annuncio forte di due fatti:
Gesù è morto per i nostri peccati ed è risorto per la nostra giustificazione. Venire
alla fede è l’improvviso e stupito aprire gli occhi a questa luce: Gesù è il Signore!
Il problema – secondo il religioso – è quando la Chiesa schiaccia con la dottrina
l’annuncio evangelico e quindi il miracolo del venire alla fede. Siamo più preparati
– ha detto – a essere pastori che pescatori di uomini: spesso ci si preoccupa solo
di quanti vengono in chiesa e non di quelli che si sono allontanati o vivono ai margini: “È
questa una delle cause per cui in certe parti del mondo tanti cattolici abbandonano
la Chiesa cattolica per altre realtà cristiane; sono attratti da un annuncio semplice
ed efficace che le mette in diretto contatto con Cristo e fa loro sperimentare la
potenza del suo Spirito. Poche settimane fa è venuto a Roma una famoso predicatore
evangelico. Sono andato, c’erano 15 mila persone dentro il Palalottomatica all'Eur
ed anche fuori, tra cui io, perché era pieno e non ci lasciavano entrare. Fuori ho
domandato alla gente: ma perché siete qui? Erano cattolici, decisi a rimanere tali,
per fortuna. Risposta: cerchiamo qualcosa che non c’è nelle nostre parrocchie”
Ma
cosa vuol dire: Gesù è il Signore?
“Dire ‘Gesù è il Signore!’ significa
prendere una decisione di fatto. È come dire: Gesù Cristo è il ‘mio’ Signore; gli
riconosco ogni diritto su di me, gli cedo le redini della mia vita; io non voglio
vivere più ‘per me stesso’, ma ‘per lui che è morto e risorto per me’. Proclamare
Gesù come proprio Signore, significa sottomettere a lui ogni zona del nostro essere,
far penetrare il Vangelo in tutto ciò che facciamo. Significa, per ricordare una frase
del venerato Giovanni Paolo II, aprire, anzi spalancare le porte a Cristo”.
Quindi
padre Cantalamessa ha concluso con una immagine la sua prima predica di Avvento:
“Mi è capitato a volte di trovarmi ospite di qualche famiglia e ho
visto cosa succede quando suona il citofono e si annuncia una visita inattesa, La
padrona di casa si affretta a chiudere le porte delle stanze in disordine, con il
letto non rifatto, in modo da guidare l’ospite nel locale più accogliente. Con Gesù
bisogna fare esattamente il contrario: aprirgli proprio le ‘stanze in disordine’ della
vita, soprattutto la stanza delle intenzioni… Per chi lavoriamo e per che cosa lo
facciamo? Per noi stessi o per Cristo, per la nostra gloria o per quella di Cristo?
È il modo migliore per preparare in questo Avvento una culla accogliente a Cristo
che viene a Natale”. **********