2005-09-09 15:07:59

Il ritardo dell'Onu negli Obiettivi del Millennio: oltre ai governi, va coinvolta la società civile


(9 settembre 2005 - RV) Le Nazioni Unite hanno ammesso un ritardo incolmabile: il sud del mondo non riuscirà a risollevarsi dalla pieghe sociali che lo affliggono, sulla base della tabella di marcia che Stati e governi sottoscrissero nel 2000 riguardo ai cosiddetti “Obiettivi del Millennio”. La conseguenza diretta è che per molte centinaia di milioni di persone il 2015 – anno stabilito come limite dal Programma ONU – appare più lontano di ciò che è realmente. Nel recente Rapporto stilato dal Palazzo di Vetro, a una settimana dal vertice di New York, si dice chiaramente che, tra 10 anni, 827 milioni di persone saranno in uno stato di estrema povertà, mentre 41 milioni di bambini periranno per la scarsa incisività delle misure adottate per ridurre la mortalità infantile. E altri 50 circa non potranno ricevere un’istruzione scolastica di base.


Vent’anni fa, all’inizio del capitolo dedicato al mondo contemporaneo, Giovanni Paolo II scriveva nell’enciclica Sollicitudo rei socialis: “Il primo fatto da rilevare è che le speranze di sviluppo (…) appaiono oggi molto lontane dalla realizzazione”. Un’osservazione disincantata tuttora attualissima che – stante l’impegno della Chiesa universale a servizio dei poveri – suscita la domanda se, dopo i ritardi sul Programma del Millennio, esista ora il rischio di un ridimensionamento della sfida globale alla fame e alla povertà. Ecco l’opinione di padre Carmine Curci, direttore della rivista missionaria comboniana “Nigrizia”, intervistato da Alessandro De Carolis. RealAudioMP3








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