Il discorso di Benedetto XVI ai giovani durante la festa di accoglienza, svoltasi
in navigazione sul Reno
Il primo inocntro del Papa con i giovani presenti a Colonia per la Giornata Mondiale
della Gioventù è avvenuto questo pomeriggio in modo del tutto originale: in navigazione
sul Reno. Benedetto XVI ha percorso in battello circa 10 km sul fiume. A metà
percorso, l'imbarcazione si è fermata di fronte alla banchina del Poller Rheinwiesen,
dove erano radunati i giovani, ai quali il Papa ha rivolto questo discorso:
(traduzione
italiana)
Carissimi giovani,
sono lieto di incontrarvi qui a Colonia
sulle rive del Reno! Siete giunti da varie parti della Germania, dell’Europa, del
mondo, facendovi pellegrini al seguito dei Magi. Seguendo le loro orme voi volete
scoprire Gesù. Avete accettato di mettervi in cammino per giungere anche voi a contemplare
in modo personale e insieme comunitario, il volto di Dio svelato nel bambino del
Presepio. Come voi, mi sono messo anch’io in cammino per giungere insieme con voi
ad inginocchiarmi davanti alla bianca Ostia consacrata nella quale gli occhi della
fede riconoscono la presenza reale del Salvatore del mondo. Insieme, continueremo
a meditare sul tema di questa Giornata Mondiale della Gioventù: “Siamo venuti per
adorarlo” (Mt 2,2).
Con immensa gioia vi saluto e vi accolgo, cari giovani,
qui venuti da vicino o da lontano, camminando sulle strade del mondo e su quelle della
vostra vita. Un particolare saluto rivolgo a quanti sono venuti dall’“Oriente”, come
i Magi. Voi siete i rappresentanti delle innumerevoli folle di nostri fratelli e sorelle
in umanità, che aspettano senza saperlo il sorgere della stella nei loro cieli per
essere condotti a Cristo, Luce delle Genti, e per trovare in Lui la risposta appagante
per la sete dei loro cuori. Saluto con affetto anche quanti tra voi non sono battezzati,
quanti non conoscono ancora Cristo o non si riconoscono nella Chiesa.
Proprio
a voi il Papa Giovanni Paolo II ha rivolto un particolare invito a questo incontro;
vi ringrazio di aver deciso di venire a Colonia. Qualcuno tra voi potrebbe forse far
propria la descrizione che Edith Stein faceva della propria adolescenza, lei che visse
poi nel Carmelo di Colonia: “Avevo coscientemente e deliberatamente perso l’abitudine
di pregare”.
Durante queste giornate, potrete rifare l’esperienza toccante
della preghiera come dialogo con Dio, da cui ci sappiamo amati e che vogliamo amare
a nostra volta. A tutti vorrei dire con insistenza: spalancate il vostro cuore a Dio,
lasciatevi sorprendere da Cristo! Concedetegli il “diritto di parlarvi” durante questi
giorni! Aprite le porte della vostra libertà al suo amore misericordioso! Esponete
le vostre gioie e le vostre pene a Cristo, lasciando che Egli illumini con la sua
luce la vostra mente e tocchi con la sua grazia il vostro cuore. In questi giorni
benedetti di condivisione e di gioia, fate l’esperienza liberatrice della Chiesa come
luogo della misericordia e della tenerezza di Dio verso gli uomini. Nella Chiesa e
mediante la Chiesa raggiungerete Cristo che vi aspetta.
Arrivando oggi
a Colonia per partecipare con voi alla XX Giornata Mondiale della Gioventù, mi è spontaneo
ricordare con emozione e riconoscenza il Servo di Dio tanto amato da tutti noi Giovanni
Paolo II, che ebbe l’idea luminosa di chiamare a raccolta i giovani del mondo intero
per celebrare insieme Cristo, unico Redentore del genere umano. Grazie al dialogo
profondo che si è sviluppato nel corso di oltre vent’anni tra il Papa e i giovani,
molti di loro hanno potuto approfondire la fede, stringere legami di comunione, appassionarsi
alla Buona Novella della salvezza in Cristo e proclamarla in tante parti della terra.
Questo grande Papa ha saputo capire le sfide che si presentano ai giovani di oggi
e, confermando la sua fiducia in loro, non ha esitato ad incitarli ad essere coraggiosi
annunciatori del Vangelo e intrepidi costruttori della civiltà della verità, dell’amore
e della pace.
Oggi tocca a me raccogliere questa straordinaria eredità spirituale
che Papa Giovanni Paolo II ci ha lasciato. Lui vi ha amati, voi l’avete capito e lo
avete ricambiato con lo slancio della vostra età. Ora tutti insieme abbiamo il compito
di metterne in pratica gli insegnamenti. Con questo impegno siamo qui a Colonia, pellegrini
sulle orme dei Magi. Secondo la tradizione, i loro nomi in lingua greca erano Melchiorre,
Gaspare e Baldassarre.
Nel suo Vangelo, Matteo riporta la domanda che
ardeva nel cuore dei Magi: “Dov’è il Re dei Giudei che è nato?” (Mt 2,2). La ricerca
di Lui era il motivo per cui avevano affrontato il lungo viaggio fino a Gerusalemme.
Per questo avevano sopportato fatiche e privazioni senza cedere allo scoraggiamento
e alla tentazione di ritornare sui loro passi. Ora che erano vicini alla meta, non
avevano da porre altra domanda che questa. Anche noi siamo venuti a Colonia perché
sentivamo urgere nel cuore, sebbene in forma diversa, la stessa domanda che spingeva
gli uomini dall’Oriente a mettersi in cammino.
E’ vero che noi oggi non cerchiamo
più un re; ma siamo preoccupati per la condizione del mondo e domandiamo: Dove trovo
i criteri per la mia vita, dove i criteri per collaborare in modo responsabile all’edificazione
del presente e del futuro del nostro mondo? Di chi posso fidarmi – a chi affidarmi?
Dov’è Colui che può offrirmi la risposta appagante per le attese del cuore? Porre
simili domande significa innanzi tutto riconoscere che il cammino non è concluso fino
a quando non si è incontrato Colui che ha il potere di instaurare quel Regno universale
di giustizia e di pace a cui gli uomini aspirano, ma che non sanno costruire da soli.
Porre tali domande significa poi cercare Qualcuno che non si inganna e non può ingannare
ed è perciò in grado di offrire una certezza così salda da consentire di vivere per
essa e, nel caso, anche di morire.
Quando all’orizzonte dell’esistenza tale
risposta si profila bisogna, cari amici, saper fare le scelte necessarie. E’ come
quando ci si trova ad un bivio: quale strada prendere? Quella suggerita dalle passioni
o quella indicata dalla stella che brilla nella coscienza? I Magi, udita la risposta:
“A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta” (Mt 2,5), scelsero
di continuare la strada e di andare fino in fondo, illuminati da questa parola. Da
Gerusalemme andarono a Betlemme, ossia dalla parola che indicava loro dov’era il Re
dei Giudei che stavano cercando fino all’incontro con quel Re che era al contempo
l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Quella parola è detta anche per noi.
Anche noi dobbiamo fare la nostra scelta. In realtà, a ben pensare, è proprio questa
l’esperienza che facciamo nella partecipazione ad ogni Eucaristia. In ogni Messa,
infatti, l’incontro con la Parola di Dio ci introduce alla partecipazione al mistero
della croce e risurrezione di Cristo e così ci introduce alla Mensa eucaristica, all’unione
con Cristo. Sull’altare è presente Colui che i Magi videro steso sulla paglia: Cristo,
il Pane vivo disceso dal cielo per dare la vita al mondo, il vero Agnello che dà la
propria vita per la salvezza dell’umanità. Illuminati dalla Parola, è sempre a Betlemme
- la “Casa del pane” - che potremo fare l’incontro sconvolgente con l’inconcepibile
grandezza di un Dio che si è abbassato fino al punto di mostrarsi nella mangiatoia,
di darsi come cibo sull’altare.
Possiamo immaginare lo stupore dei Magi
davanti al Bambino in fasce! Solo la fede permise loro di riconoscere nei tratti di
quel bambino il Re che cercavano, il Dio verso il quale la stella li aveva orientati.
In Lui, colmando il fossato esistente tra il finito e l’infinito, tra il visibile
e l’invisibile, l’Eterno è entrato nel tempo, il Mistero si è fatto conoscere consegnandosi
a noi nelle membra fragili di un piccolo bambino. “I Magi sono pieni di stupore davanti
a ciò che vedono; il cielo sulla terra e la terra nel cielo; l’uomo in Dio e Dio nell’uomo;
vedono racchiuso in un piccolissimo corpo chi non può essere contenuto da tutto il
mondo” (San Pietro Crisologo, Sermone 160, n. 2). Durante queste giornate, in quest’“Anno
dell’Eucaristia”, ci volgeremo con lo stesso stupore verso Cristo presente nel Tabernacolo
della misericordia, nel Sacramento dell’Altare.
Cari giovani, la felicità
che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha un nome, un volto: quello
di Gesù di Nazareth, nascosto nell’Eucaristia. Solo lui dà pienezza di vita all’umanità!
Con Maria, dite il vostro “sì” a quel Dio che intende donarsi a voi. Vi ripeto oggi
quanto ho detto all’inizio del mio pontificato: “Chi fa entrare Cristo [nella propria
vita] non perde nulla, nulla - assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera,
bella e grande. No, solo in questa amicizia si spalancano le porte della vita. Solo
in questa amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione
umana. Solo in questa amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera”
(Omelia per l’inizio del ministero di Supremo Pastore, 24 aprile 2005). Siatene pienamente
convinti: Cristo nulla toglie di quanto avete in voi di bello e di grande, ma porta
tutto a perfezione per la gloria di Dio, la felicità degli uomini, la salvezza del
mondo.
In queste giornate vi invito ad impegnarvi senza riserve a servire
Cristo, costi quel che costi. L’incontro con Gesù Cristo vi permetterà di gustare
interiormente la gioia della sua presenza viva e vivificante per poi testimoniarla
intorno a voi. Che la vostra presenza in questa città sia già il primo segno di annuncio
del Vangelo mediante la testimonianza del vostro comportamento e della vostra gioia
di vivere. Facciamo salire dal nostro cuore un inno di lode e di azione di grazie
al Padre per i tanti benefici che ci ha concesso e per il dono della fede che celebreremo
insieme, manifestandolo al mondo da questa terra posta al centro dell’Europa, di un’Europa
che molto deve al Vangelo e ai suoi testimoni lungo i secoli.
Mi farò
ora pellegrino alla cattedrale di Colonia per venerarvi le reliquie dei santi Magi,
che hanno accettato di lasciare tutto per seguire la stella che li guidava al Salvatore
del genere umano. Anche voi, cari giovani, avete già avuto, o avrete, l’occasione
di fare lo stesso pellegrinaggio. Queste reliquie non sono che il segno fragile e
povero di ciò che essi furono e di ciò che essi vissero tanti secoli or sono. Le reliquie
ci indirizzano a Dio stesso: è Lui infatti che, con la forza della sua grazia, concede
ad esseri fragili il coraggio di testimoniarlo davanti al mondo. Invitandoci a venerare
i resti mortali dei martiri e dei santi, la Chiesa non dimentica che, in definitiva,
si tratta sì di povere ossa umane, ma di ossa che appartenevano a persone visitate
dalla potenza trascendente di Dio. Le reliquie dei santi sono tracce di quella presenza
invisibile ma reale che illumina le tenebre del mondo, manifestando il Regno dei cieli
che è dentro di noi. Esse gridano con noi e per noi: “Maranatha!” - “Vieni Signore
Gesù!”. Carissimi, con queste parole vi saluto e vi do appuntamento alla veglia di
sabato sera.