Lettera delle Chiese dello Zimbabwe nel 25° anniversario dell'indipendenza del Paese
africano
(13 luglio 2005 - RV) “Una chiamata alla coscienza”: è il titolo della Lettera diffusa
dai leader della Chiese dello Zimbabwe, in occasione del 25.mo anniversario dell’indipendenza
del Paese africano dalla dominazione britannica, nel 1980. Nel documento, firmato
dal presidente della Conferenza episcopale del Paese, del Concilio della Chiese, della
Confraternita degli evangelici e dei leader delle altre confessioni cristiane, si
sottolinea che “per essere pienamente umani, occorre essere liberi”. “Sarebbe stato
meglio – si legge nel messaggio – riacquistare la nostra libertà con metodi non violenti,
ma ogni tentativo si è trasformato in frustrazione”. Anche dopo l’indipendenza, si
legge, “la violenza ha continuato ad abitare in mezzo a noi”, generando una “violenta
guerra civile”, “rapine”, “furti”, stupri” e la conseguente “diffusione dell’AIDS/HIV”,
specie tra le donne. Ma accanto ai fallimenti, nel corso di questi 25 anni sono stati
fatti anche molti progressi nel campo dei servizi sanitari, dell’industria, dell’agricoltura,
dei servizi pubblici. Il “Giubileo d’argento è allora un’occasione di “riposo”, per
guardarsi indietro e, allo stesso tempo, per proiettarsi nel futuro, affidandosi al
“Dio delle Sorprese”. “Quanto è successo – si legge nel documento – è avvenuto perché
non abbiamo ascoltato la nostra coscienza, che è la voce di Dio dentro di noi”. “Noi
abbiamo seppellito la nostra coscienza – continua il testo – perché era troppo scomodo
vivere con essa. Per sopravvivere, siamo ricorsi alla bugia, all’inganno e all’equivoco.
Abbiamo obbedito a degli ordini senza chiederci se ciò fosse giusto o sbagliato. Abbiamo
partecipato a pratiche commerciali che emarginavano i poveri”. I rappresentanti delle
Chiese dello Zimbabwe fanno allora un appello alla riconciliazione, “ascoltando lo
Spirito di Dio che dimora nei nostri cuori”. Riconciliarsi con il passato significa,
allora, intensificare le relazioni tra i due più grandi gruppi del Paese, i Ndebele
e gli Shona; superare le ostilità e il sospetto tra bianchi e neri; accogliere e rispettare
le minoranze. Il documento si chiude con un forte invito alla speranza, dopo la grave
crisi economica degli ultimi 5 anni nel Paese: “Mentre il governo giocherà la sua
parte nel favorire la creazione di una Costituzione secondo le esigenze del popolo,
considerando le esperienze positive degli ultimi 25 anni, le Chiese dovranno impegnarsi
ad accompagnare il Paese verso la costruzione della pace, seguendo gli insegnamenti
del Vangelo”.