Plauso di "Giustizia e Pace" al G8 per la cancellazione del debito estero dei Paesi
poveri
(14 giugno 2005 - RV) Il Pontificio consiglio “Giustizia e Pace” plaude all’iniziativa
del G8 per la cancellazione del debito dei Paesi in via di sviluppo. In un comunicato
diffuso oggi, il dicastero vaticano presieduto dal cardinale Renato Raffaele Martino
ricorda come la Chiesa e Giovanni Paolo II, in particolare, abbia sempre messo l’accento
sul peso che il debito estero rappresenta per le speranze di sviluppo di molti popoli.
Un appello espresso con straordinario vigore da Papa Wojtyla nell’Anno del Grande
Giubileo. Il servizio di Alessandro Gisotti: Quale il significato
di questa decisione? Lo abbiamo chiesto al segretario del Pontificio Consiglio Cor
Unum, mons. Karel Kasteel: R. – Il significato
è molto importante, perché si tratta di una parte consistente del debito ed è un segnale
interessante per questi 18 Paesi che sono per la maggior parte africani. Ricordo che
negli ultimi 10 anni in tutte le riunioni di agenzie di sviluppo cattoliche si è parlato
di questo problema e sempre si è tentato di fare tutto il possibile per ottenere questa
volontà politica internazionale che, finalmente, ha deciso questa bella notizia. Noi
speriamo che la voce delle agenzie cattoliche venga ascoltata sempre di più, perché
sappiamo quanto siamo vicini noi, Chiesa cattolica, alla gente e soprattutto ai più
poveri. Comunque, questa decisione è una tappa di un processo da continuare, non è
la conclusione. Bisogna auspicare ulteriori remissioni di debiti almeno di una ventina
di Paesi. Quello che potrebbe essere interessante è anche pensare alla dimensione
sociale dello sviluppo dei programmi educativi, sanitari, anche della promozione delle
persone. D. – Quali responsabilità hanno, dal canto loro, i Paesi in via di sviluppo?
R.
– Di monitorare molto attentamente le nuove rimesse, i nuovi aiuti che avranno, in
modo che vi sia sempre più trasparenza e che il popolo, non solo del Paese dove si
deve aiutare, ma anche altri popoli, possano vedere che effettivamente si tratta di
aiutare le persone a sviluppare la nazione e creare maggiori basi per la pace, per
la giustizia e anche per la concordia.
D. – Tuttavia, le guerre e il commercio
delle armi vanificano i tanti sforzi che sono intrapresi sul fronte dello sviluppo.
Cosa fare?
R. – In alcuni Paesi sì, purtroppo questo esiste, ma non dappertutto.
Io conosco molti luoghi dove non esiste questo traffico d’armi e quindi dobbiamo fare
tutto il possibile per promuovere la pace mediante la concordia nazionale. Queste
guerre, in genere, hanno come origine la divisione dei beni, dei beni nazionali. Quindi,
nella misura in cui si potrà ottenere una maggiore concordia nazionale, anche queste
brutte guerre potranno diminuire molto.