2005-06-04 17:01:02

Radiodomenica: speciale referendum fecondazione artificiale.
Non una questione cattolica (testo)


di Massimiliano Menichetti
con la collaborazione di Paolo Ondarza e Isabella Piro
 
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Noi non siamo impegnati “per gli interessi cattolici ma per l’uomo, creatura di Dio”. Benedetto XVI nel Suo discorso ai vescovi italiani, per 54ª assemblea generale della CEI, ha rimarcato senza mezzi termini la centralità della vita, lodato l’impegno della Chiesa italiana in tal senso e alla vigilia del referendum ha ribadito:
 
“In merito alla legge sulla procreazione assistita, proprio nella sua chiarezza e concretezza, questo vostro impegno è segno della sollecitudine di veri pastori buoni per ogni essere umano che non può mai venire ridotto a un mezzo, ma è sempre un fine, come ci insegna il Signore Gesù Cristo nel Vangelo”. (applausi)

Quindi il Pontefice ha assicurato la sua vicinanza spirituale ai presuli italiani in questa che viene definita la battaglia per la vita:

“Vi sono vicino con la parola e con la preghiera, confidando nella luce e nella grazia dello Spirito che agisce nelle coscienze e nei cuori. E qui non lavoriamo per interessi cattolici, ma sempre per l’uomo, Creatura di Dio”. (applausi)
 
Quattro i quesiti proposti dal cosiddetto fronte del si, il quinto quesito quello sull’abrogazione totale della norma, seppur presentato, non è stato accettato dalla Corte Costituzionale che ha rimarcato l’indispensabilità della legge attuale, la prima in questo settore che ha messo ordine al caos preesistente. Isabella Piro ha raccolto il commento del presidente del Movimento per la Vita Carlo Casini:
 
R. – C’era il far west ..., che non era soltanto una situazione di fatto ma una situazione di diritto. Tutto quello che avveniva prima era assolutamente permesso e come tale protetto dalla legge. Quindi, una legge era assolutamente necessaria.
D. – Come venivano trattati gli embrioni prima della legge 40?

R. – Prima si usavano, la selezione, il congelamento, il magazzinaggio nei frigoriferi, la riduzione fetale, il congelamento stesso, e così via.

D. – La legge 40 non è una legge cattolica, però pone ugualmente dei punti fermi fondamentali?

R. – E’ chiaro che la visione antropologica cristiana è piena di riserve nei confronti della fecondazione artificiale umana che mette le mani nel mistero straordinario della Creazione. Ma in definitiva, almeno, l’idea è stata di introdurre nel dibattito anche i diritti del concepito, il suo diritto alla vita, il suo diritto alla famiglia in modo particolare. Credo che questa legge sia stata il massimo possibile raggiungibile in questo momento ed è stato raggiunto in tanti anni di lavoro parlamentare ma anche di impegno popolare. Alla fine, siamo arrivati a questa legge. Una legge non perfetta che non rispecchia pienamente l’antropologia cristiana ma che almeno dice: “Se proprio volete ricorrere alla procreazione artificiale, almeno lasciate una speranza, una possibilità di vita ad ogni figlio e garantitegli un padre ed una madre certi, veri, come figli riconosciuti. Questa è essenzialmente la legge. E quindi questa legge va difesa perché almeno raggiunge un livello rilevante nel panorama mondiale di tutela della vita e di tutela della famiglia.

D. – Cosa succederà se vincerà il fronte del “sì” al referendum?

R. – Se passano i referendum si torna alla possibilità di clonare, selezionare, congelare, ammassare nei frigoriferi, restringere un aborto selettivo, sperimentare sugli embrioni distruggendoli, tornare a non garantire più genitori sicuri ai figli ... cioè, si torna al far west. E nell’uomo, quando è piccolo e sta ancora o nella pancia della mamma o addirittura nella provetta, è uguale a tutti gli esseri umani: questo è il punto fondamentale che si vuole distruggere!
 
II promotori del referendum presentano il primo quesito come utile a favorire la cura di malattie come l’Alzheimer, il Parkinson, le sclerosi, il diabete, le cardiopatie, i tumori e vorrebbero a tal fine modificare la legge permettendo la sperimentazione sugli embrioni. “Così si uccidono uomini per un falso”, obiettano molti scienziati. Il genetista Bruno Dallapiccola:
 
R. – No: questo è uno dei tanti slogan che i proponenti del referendum stanno tirando fuori in questi giorni, evidentemente per cercare di convincere l’opinione pubblica. La realtà è che non c’è un singolo esempio al mondo di malattia umana che sia stata curata con le cellule staminali dell’embrione. E questo è dovuto probabilmente alle intrinseche caratteristiche di queste cellule che hanno una capacità di dividersi, cioè una capacità policreativa, drammatica per cui se come tali uno le impiantasse nel cervello di una persona, quelle cellule diventerebbero nel giro di pochi giorni un tumore o un teratoma. Allora, il problema è quello di cercare di governare questa divisione cellulare ma dopo circa sette-otto anni di esperienze e di esperimenti su queste cellule, nessuno è riuscito a fare tutto questo. Quindi, abbiamo questo drammatico confronto tra oltre una sessantina di protocolli a livello mondiale di guarigione, di trattamento di pazienti con cellule staminali dell’adulto, compreso ovviamente il cordone ombelicale, di fronte al niente delle cellule staminali dell’embrione.

 
Affermato con forza, a sostegno del referendum, che la ricerca scientifica non deve avere limiti...

R. – No. Io mi oppongo totalmente a questo tipo di affermazione, quando il riferimento della ricerca è l’uomo, io penso che in questo caso occorra una libertà moralmente vigilata. Cioè, in altri termini: non è possibile fare tutto. Io penso che sia davvero disumano pensare di usare l’uomo, l’embrione nelle sue origini, per fare ricerca, anche se finalizzata a curare una persona malata.

 
Per trovare un punto di inserimento sull’embrione si parla anche di morula e pre-embrione, ma dove inizia l’uomo? Ancora Bruno dalla Piccola:

 
R. – Su questo non c’è dubbio, la risposta la può dare chiunque vada a leggere attentamente un libro di embrionologia. In altri termini, non c’è dubbio che la vita incomincia dalla prima cellula nel momento del concepimento, e questo ce lo evidenziano sia le zone di tipo morfologico, quando la cellula spermatozoo entra nella cellula uovo e c’è un segnale che parte dalla cellula uomo che emette una struttura che si chiama “secondo globulo polare”; e questo indica che questi due “pro-nuclei” – quello maschile e quello femminile – stanno già dialogando: appena inizia questa fase! Secondariamente, ci sono delle reazioni di tipo biochimico: ad esempio, cito per tutte, l’attivazione dei canali del calcio. Ma ci sono una serie di reazioni biochimiche che dicono che questi due pro-nuclei sono in dialogo tra di loro. Punto terzo: dopo l’entrata dello spermatozoo, il genoma dello spermatozoo e quello del nucleo cellula-uovo, modificano le loro caratteristiche genetiche, cioè attivano un processo che si chiama epigenesi. Quindi, non c’è dubbi: oggi noi dobbiamo fare fermamente riferimento a dati biologici che sono dati verificabili e incontestabili e ci dicono: la vita incomincia nel momento del concepimento, quando si forma un progetto umano unico, irripetibile e questo progetto va avanti in forma continua da quella prima cellula fino alla vita post-natale, quando la persona adulta finirà il suo programma di vita e morirà. Quindi, le barriere le mettono gli uomini e le mettono in maniera artificiosa, senza nessun fondamento scientifico.
E’ la tutela della donna il punto centrale del secondo quesito esposto dai fautori del referendum che chiedono che sia possibile produrre un numero illimitato di embrioni e di non procedere all’impianto se si è cambiata idea, la biologa Olimpia Tarzia:
 
“Il secondo e il terzo quesito del referendum sono posti volendo far credere che la legge è contraria ed è rischiosa per la salute della donna. Invece, addirittura la legge pone come numero di ovuli da produrre solamente come massimo tre. Questo vuol dire che il dosaggio ormonale è estremamente limitato. Cancellando questa parte, si tornerebbe ad una situazione che era prima della legge, e cioè che la donna veniva sottoposta ad un bombardamento ormonale che doveva liberare fino a 15-20 ovuli. Questo comporta, per la salute della donna, dei seri rischi: le ovaie tendono ad ingrossarsi, si può andare incontro a blocco renale, ci sono stati casi di morte per sindrome da iper-stimolazione ovarica. La legge prevede una gradualità, quindi ha tolto la donna da quello che era un precedente accanimento procreativo. La legge impedisce anche la diagnosi pre-impianto prevista nel secondo quesito. La diagnosi pre-impianto è qualcosa di terribile: sul piano biologico, una parte degli embrioni muore a seguito della diagnosi; un’altra parte sviluppa anomalie dovute alla diagnosi; i rimanenti embrioni non possono considerarsi per certo immuni da malattie genetiche, perché a quell’epoca di sviluppo moltissime non si possono diagnosticare ...”.
Il secondo referendum vuole permettere l’accesso alle tecniche di fecondazione artificiale anche se non è stata accertata la sterilità e senza tentare cure preliminari, la ginecologa Valeria Navarretta:
“Le uniche, vere indicazioni mediche a queste metodiche sarebbero il fattore tubarico, cioè tube chiuse o assenti, e spermatozoi assenti o molto deboli nel liquido seminale, ma presenti nei testicoli. La maggior parte delle altre cause di sterilità è risolvibile semplicemente studiando con accuratezza la coppia, curando le infezioni e i dismetabolismi presenti. Io stessa ho diverse pazienti che, sottoposte senza successo a ICSI o a FIVET hanno poi concepito spontaneamente e avuto figli solo grazie ad uno studio e ad una terapia più adeguati”.
 
Il terzo quesito referendario combinato al precedente mira ad abrogare completamente l’articolo 1, della legge 40, considerato di fatto l’architrave della norma perché “assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito“. Francesco D’agostino presidente del Comitato Nazionale di Bioetica:
 
“L’embrione non ha uno statuto giuridico esplicitamente definito dal nostro ordinamento. Ciò, però, che viene sottaciuto sistematicamente dal movimento dei referendari è che esiste una importantissima sentenza della Corte Costituzionale italiana, la n. 37 del 1997, che venne redatta da Giuliano Vassalli, illustre uomo politico della sinistra, come tutti sanno, nella quale si affermava che esistono ragioni costituzionali per affermare che il concepito ha diritto alla vita e che il diritto alla vita del concepito nel nostro ordinamento trova un limite solo attraverso la legge che legalizza l’aborto e quindi solo nel caso di conflitto della salute del nascituro con quella della madre. Poiché nel caso della procreazione assistita non esiste questo conflitto perché la donna attiva la fecondazione assistita in una situazione di piena salute fisica, io ritengo, da giurista, che sia assolutamente coerente l’affermazione dell’articolo 1 della legge 40 che dice che i centri di fecondazione assistita devono tener conto dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, ivi compresi i diritti del concepito”.
   
"I quesiti referendari propongono in realtà solo illusioni” è la denuncia di Enzo Tiezzi, ordinario di Chimica fisica all’Università di Siena. Fabio Colagrande lo ha intervistato:
 
“La manipolazione dell’embrione - che è già vita - e la manipolazione genetica dà grandi illusioni alle donne. In realtà questo non è un referendum a favore delle donne, ma a favore di manipolatori genetici, i quali spingeranno questa scienza sempre più tecnocratica, nella direzione di dare delle illusioni, perché poi i risultati che abbiamo, anche in Inghilterra, questa spinta di fare figli con embrioni manipolati, porta in moltissimi casi a malformati, a bambini con malattie genetiche, ad aborti e via dicendo. Sostanzialmente, quindi, si dà anche l’illusione alle donne di poter aver un bambino a tutti i costi contro natura e spesso questo non avviene”.

 
L’abolizione del divieto alla fecondazione eterologa è l’obiettivo del quarto quesito. Se passasse il referendum, quindi, si potrebbe utilizzare materiale genetico esterno alla coppia per ottenere un embrione. “Se la norma venisse abrogata – afferma Giovanni Giacobbe preside della facoltà di giurisprudenza presso l’Università Lumsa di Roma - si lederebbe il diritto del bambino ad avere genitori certi”
 
“Prima dell’entrata in vigore di questa legge, la Cassazione aveva ritenuto che il Figlio poi non potesse procedere alla ricerca del padre, però questo rappresenta appunto una delle ragioni fondamentali per cui l’inseminazione eterologa non può essere ammessa: perché si viene a creare un rapporto gentoriale inesistente e invece ogni soggetto ha diritto ad avere il collegamento con i propri genitori”.

 
Gravi anche i riflessi psicologici sul bambino, una volta conosciuta la matrice eterologa della propria nascita, la neuropsichiatra infantile, Paola Binetti:
 
“Ci sono degli interrogativi forti perché questo bambino, da una parte, potrebbe alimentare un senso di ipertrofia dell’io: l’idea di dire: ‘Io sono stato scelto perché ero migliore degli altri’, ma d’altra parte può alimentare anche dei forti sensi di colpa, perché – come dire – ‘la mia vita è stata ottenuta selezionando e quindi in qualche modo eliminando quelli che avrebbero potuto essere i miei fratelli potenziali”.

 
“L’eterologa è un tipo di fecondazione incapace di essere sostegno all’interno della coppia”, sottolinea Antonio Maria Baggio docente di etica politica presso l’Università Gregoriana di Roma
 
“Ci sono conseguenze sia per il bambino sia per i genitori. Il bambino ha diritto di avere genitori certi e conosciuti. Invece, il donatore vuole rimanere sconosciuto. Un bambino nato dall’eterologa e magari ha una malattia tale per cui il medico che gli sta davanti gli chiede se la causa della malattia viene da fuori o se è una cosa ereditaria, perché cambia il modo in cui lo deve curare, la risposta non c’è perché il padre non si conosce! Accettiamo di mettere al mondo un figlio sapendo già di dovergli negare i diritti essenziali. Francamente, questa non è giustizia! E poi, ci sono conseguenze pesanti, spesso anche per i genitori. Quando la coppia attraversa un periodo di difficoltà e di incomprensione, normalmente il figlio è qualcuno che unisce i due. Quando si è avuto un bambino con l’eterologa, il padre comincia a pensare che quel figlio è figlio soltanto della moglie e non suo, e in molti casi questi padri chiedono il disconoscimento del figlio, poi è un figlio – questo – che non eredita ... Invece, per la donna può succedere che appaia il fantasma di quest’uomo che è il padre biologico del bambino che l’ha fecondata ma che non c’è ...”.

I quattro quesiti riaprono quindi il dibattito sulla liceità della ricerca scientifica che secondo alcuni non deve avere limiti, ancora Antonio Maria Baggio:

 
R. – La ricerca scientifica è una delle azioni più alte e nobili dell’attività umana però questa sua nobiltà non si misura soltanto con l’utilità dei risultati che consegue; è importante anche il modo con il quale li consegue. Allora, il primo limite è che deve rimanere un’attività umana, che non strumentalizzi altri esseri umani per ottenere dei risultati, altrimenti anche i cosiddetti medici-scienziati dei lager nazisti sarebbero stati autorizzati a ottenere risultati nel modo bestiale in cui l’hanno fatto. C’è da segnalare che alcuni Paesi che hanno introdotto l’eterologa, stanno ritornando sui loro passi. Parlo di Gran Bretagna, di Svezia ... E allora, perché noi dovremmo mettere l’eterologa, che grandi Paesi che l’hanno fatto prima, hanno riconosciuto che è un errore?


Ricorrentemente, gli scienziati chiedono libertà, nel senso che non vogliono alcuna forma di controllo su ciò che fanno. E’ un dovere dello Stato stabilire delle piste all’interno delle quali la ricerca scientifica si deve tenere. La figura dello scienziato pazzo è nata per far ridere, forse in qualche fumetto, in qualche film, però può riprodursi in certe forme anche nella realtà. La libertà di ricerca intesa assolutamente in realtà non esiste, perché per fare ricerche molto avanzate occorrono forti investimenti; i soggetti che hanno la possibilità di investire sono grosse industrie private oppure lo Stato. Quindi, noi dobbiamo decidere se deve essere un ristretto numero di potentati economici a decidere l’orientamento della ricerca o se invece non vogliamo avere una parola noi, cittadini, attraverso le istituzioni, per far sì che la ricerca porti un bene comune”.


Non bisogna avere esitazioni “Ci viene proposto qualcosa che non è sottoponibile a referendum”. E’ l’appello di mons. Elio Sgreccia sui criteri che muovono al “non voto”, all’astensione, per i quattro quesiti referendari. Il presidente della Pontificia accademia per la vita, in riferimento all’embrione, ha ribadito che “è il momento di schierarsi, e dire se l'uomo è dove inizia davvero o dove lo vogliamo mettere noi”
 
“Di fronte a queste scelte qui, che rispettano l’individuo umano nel momento del suo sorgere o non lo rispettano di fronte alla selezione degli individui umani, è necessario prendere posizione. Io credo che saremmo colpevoli di fronte al futuro, alle generazioni future, se non dicessimo chiaramente in questo momento il valore che spetta all’uomo”.
 
Serrato il dibattito sul referendum e di fatto due i fronti in campo: il “si” e l’astensione. Ancora il preside della facoltà di giurisprudenza presso l’Università Lumsa di Roma, Giovanni Giacobbe che sottolinea: “la Costituzione non prevede per il referendum abrogativo il dovere civico del voto, principio invece contemplato per il voto politico:
 
R. – Rispetto ad un referendum abrogativo, non c’è una disposizione che prevede che sia un dovere civico. Anzi: avendo la Costituzione richiesto il quorum, la mancata partecipazione a questo referendum è una possibile scelta proprio per contestare l’utilizzazione del referendum in questa determinata materia. Nel caso di specie, chi si astiene non è che se ne lava le mani, come si dice, o peggio ancora, mette in opera un trucco, addirittura una scorrettezza costituzionale.

D. – Ma allora perché astenersi e non votare “no” direttamente?

R. – Dunque, il problema è l’attenzione ad un duplice significato. Primo, di contestare la legittimità di un referendum in una materia così delicata e complessa; secondo, di esprimere la contrarietà all’abrogazione della legge. E quindi, rappresenta – l’astensione – una doppia manifestazione di volontà, diretta ad impedire che la legge venga modificata, anche attraverso il mancato raggiungimento del quorum.

 
I quotidiani nazionali, le trasmissioni radio e Tv continuano a presentare le ragioni del “si” e dell'astenzione, i limiti della ricerca scientifica, i diritti del nascituro, della coppia; eppure molti lamentano un’informazione sbilanciata e carente.
Luigi Amicone direttore del settimanale Tempi :
 
“Un’informazione a senso unico per quanto riguarda le maggiori testate; a senso unico, chiaramente, per il ‘sì’. In questo senso, mi è parsa evidente una manipolazione che è sorta non tanto costruita, elaborata a tavolino, ma proprio la pigrizia intellettuale: si è visto il conformismo. Tant’è che chi sono i personaggi che hanno giocato in questa informazione che io chiamo ‘virtuale’, perché non c’è stata vera informazione sui contenuti? Hanno giocato alcuni testimonial, ha giocato l’oncologo di fama, ha giocato la soubrette di fama, il presentatore, il tenutario di talk-show, qualcosa di assolutamente superficiale, emozionale e preconfezionato”.
 
Molti i personaggi noti del mondo dello spettacolo, schierati sul referendum, Paola Saluzzi, giornalista e presentatrice, ribadisce il dovere di una corretta informazione e la necessità di ridimensionare la credibilità del cosiddetto ”mondo delle immagini” :
 
“Credo che i veri volti noti che possano parlare siano solo quelli dei ricercatori. Qui si sta parlando di medicina e ricerca ad altissimo livello. Io credo che la gente debba ascoltare, capire, indagare su quanto le viene detto e, sulla base di questo, decidere. La faccia nota, la faccia famosa ha valore fino ad un certo punto: guardate, parlo contro me stessa, in questo momento. Intendo dire: è il cittadino più famoso degli altri che dice la sua; ma è molto importante ascoltare il punto di vista medico”.

 
A parlare di informazione resa volutamente incomprensibile è il direttore del quotidiano il Foglio, Giuliano Ferrara, per il quale gli scienziati devono convincersi che non possono mettere le mani sulla vita umana e che i quesiti referendari in fondo sono riconducibili ad un “si” o un “no” al rispetto della vita :
“La posizione che io ritengo moralmente sbagliata si afferma attraverso la deformazione della sostanza del problema, e la sostanza del problema è: per far nascere dei bambini artificialmente, possiamo usare, come se fossero strumenti, degli esseri umani chiamati embrioni? Questo è il problema! Ed è un problema semplicissimo. E la risposta, secondo me, è ‘no’; un ‘no’ che si può declinare come ‘no’ o come astensione se si punta all’efficienza maggiore del voto”.

 
Intanto il mondo politico in maniera trasversale ha costituito il comitato “Non votare” una delle molteplici iniziative che raccoglie esponenti di tutti gli orientamenti politici. Il presidente del Comitato, onorevole Luca Volontè :
“Tutti gli esponenti del ‘sì’ considerano gli esperimenti sull’embrione umano meno di quanto non siano gli esperimenti sui topolini o sul mais transgenico. Il principio di precauzione vale per il mais, che mangiamo, vale per il pomodoro, vale per il topolino, ma non può valere – dal loro punto di vista – per l’embrione umano, cioè per l’inizio della vita mia e di chiunque ci ascolti! Questo è francamente sconvolgente!”.
 
Netta la denuncia dell’onorevole Francesca Martini, tra le fondatrici del Comitato “Non votare”:
“Ingannano le donne perché sfruttano quella fragilità, che è strettamente collegata al desiderio di avere dei figli. Lo sfruttano poi soprattutto raccontando che la diagnosi pre-impianto è l’unica strada per avere dei figli sani; sfrutta tutte quelle persone portatrici di patologia, disabili o le persone timorose di contrarre patologie, dicendo che solo la ricerca sulle cellule staminali sarà quella che potrà salvare la loro vita”.

 
L’astensione non è disimpegno. Lo ha ribadito più volte il presidente dei vescovi, cardinale Camillo Ruini, che ha dedicato un intero capitolo della sua prolusione, alla 54esima assemblea della Cei, al referendum del 12 e 13 giugno :
“E’ ormai molto vicino il referendum riguardante la procreazione assistita. La nostra posizione in merito è nota ed è quella indicata anche dal Comitato “Coscienza e Vita”. Siamo, cioè, per una consapevole non partecipazione al voto che ha il significato di un doppio ‘no’: ai contenuti dei quesiti sottoposti a referendum che peggiorano irrimediabilmente e svuotano la legge, riaprendo in larga misura la porta a pericolosi vuoti normativi; e all’uso dello strumento referendario in una material tanto complessa e delicata. Non si tratta dunque in alcun modo di una scelta di disimpegno, ma al contrario, di opporsi in maniera netta ed efficace ad una logica che, a prescindere dalle intenzioni dei suoi sostenitori, mette in pericolo i fondamenti umani e morali della nostra civiltà”.

Quindi ha rimarcato:

“L’unica via, per opporsi effettivamente al peggioramento della legge, è quella della non partecipazione al voto. Mentre il votare ‘no’, dato che contribuisce al raggiungimento del quorum, di fatto è un aiuto – sia pure involontario – ai sostenitori del referendum”.
 
 







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