Radiodomenica: speciale referendum fecondazione artificiale. Non una questione
cattolica (testo)
di Massimiliano Menichetti con la collaborazione di Paolo Ondarza e Isabella Piro
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Radiodomenica
Noi non siamo
impegnati “per gli interessi cattolici ma per l’uomo, creatura di Dio”. Benedetto
XVI nel Suo discorso ai vescovi italiani, per 54ª assemblea generale della CEI,
ha rimarcato senza mezzi termini la centralità della vita, lodato l’impegno della
Chiesa italiana in tal senso e alla vigilia del referendum ha ribadito:
“In merito alla legge sulla procreazione assistita, proprio nella sua chiarezza e
concretezza, questo vostro impegno è segno della sollecitudine di veri pastori buoni
per ogni essere umano che non può mai venire ridotto a un mezzo, ma è sempre un fine,
come ci insegna il Signore Gesù Cristo nel Vangelo”. (applausi)
Quindi
il Pontefice ha assicurato la sua vicinanza spirituale ai presuli italiani in questa
che viene definita la battaglia per la vita:
“Vi sono vicino con la
parola e con la preghiera, confidando nella luce e nella grazia dello Spirito che
agisce nelle coscienze e nei cuori. E qui non lavoriamo per interessi cattolici, ma
sempre per l’uomo, Creatura di Dio”. (applausi)
Quattro i quesiti
proposti dal cosiddetto fronte del si, il quinto quesito quello sull’abrogazione totale
della norma, seppur presentato, non è stato accettato dalla Corte Costituzionale che
ha rimarcato l’indispensabilità della legge attuale, la prima in questo settore che
ha messo ordine al caos preesistente. Isabella Piro ha raccolto il commento del presidente
del Movimento per la Vita Carlo Casini:
R. – C’era il far west
..., che non era soltanto una situazione di fatto ma una situazione di diritto. Tutto
quello che avveniva prima era assolutamente permesso e come tale protetto dalla legge.
Quindi, una legge era assolutamente necessaria. D. – Come venivano trattati
gli embrioni prima della legge 40?
R. – Prima si usavano, la selezione,
il congelamento, il magazzinaggio nei frigoriferi, la riduzione fetale, il congelamento
stesso, e così via.
D. – La legge 40 non è una legge cattolica, però pone
ugualmente dei punti fermi fondamentali?
R. – E’ chiaro che la visione antropologica
cristiana è piena di riserve nei confronti della fecondazione artificiale umana che
mette le mani nel mistero straordinario della Creazione. Ma in definitiva, almeno,
l’idea è stata di introdurre nel dibattito anche i diritti del concepito, il suo diritto
alla vita, il suo diritto alla famiglia in modo particolare. Credo che questa legge
sia stata il massimo possibile raggiungibile in questo momento ed è stato raggiunto
in tanti anni di lavoro parlamentare ma anche di impegno popolare. Alla fine, siamo
arrivati a questa legge. Una legge non perfetta che non rispecchia pienamente l’antropologia
cristiana ma che almeno dice: “Se proprio volete ricorrere alla procreazione artificiale,
almeno lasciate una speranza, una possibilità di vita ad ogni figlio e garantitegli
un padre ed una madre certi, veri, come figli riconosciuti. Questa è essenzialmente
la legge. E quindi questa legge va difesa perché almeno raggiunge un livello rilevante
nel panorama mondiale di tutela della vita e di tutela della famiglia.
D.
– Cosa succederà se vincerà il fronte del “sì” al referendum?
R. – Se passano
i referendum si torna alla possibilità di clonare, selezionare, congelare, ammassare
nei frigoriferi, restringere un aborto selettivo, sperimentare sugli embrioni distruggendoli,
tornare a non garantire più genitori sicuri ai figli ... cioè, si torna al far west.
E nell’uomo, quando è piccolo e sta ancora o nella pancia della mamma o addirittura
nella provetta, è uguale a tutti gli esseri umani: questo è il punto fondamentale
che si vuole distruggere!
II promotori del referendum presentano il
primo quesito come utile a favorire la cura di malattie come l’Alzheimer, il Parkinson,
le sclerosi, il diabete, le cardiopatie, i tumori e vorrebbero a tal fine modificare
la legge permettendo la sperimentazione sugli embrioni. “Così si uccidono uomini per
un falso”, obiettano molti scienziati. Il genetista Bruno Dallapiccola:
R.
– No: questo è uno dei tanti slogan che i proponenti del referendum stanno tirando
fuori in questi giorni, evidentemente per cercare di convincere l’opinione pubblica.
La realtà è che non c’è un singolo esempio al mondo di malattia umana che sia stata
curata con le cellule staminali dell’embrione. E questo è dovuto probabilmente alle
intrinseche caratteristiche di queste cellule che hanno una capacità di dividersi,
cioè una capacità policreativa, drammatica per cui se come tali uno le impiantasse
nel cervello di una persona, quelle cellule diventerebbero nel giro di pochi giorni
un tumore o un teratoma. Allora, il problema è quello di cercare di governare questa
divisione cellulare ma dopo circa sette-otto anni di esperienze e di esperimenti su
queste cellule, nessuno è riuscito a fare tutto questo. Quindi, abbiamo questo drammatico
confronto tra oltre una sessantina di protocolli a livello mondiale di guarigione,
di trattamento di pazienti con cellule staminali dell’adulto, compreso ovviamente
il cordone ombelicale, di fronte al niente delle cellule staminali dell’embrione.
Affermato
con forza, a sostegno del referendum, che la ricerca scientifica non deve avere limiti...
R.
– No. Io mi oppongo totalmente a questo tipo di affermazione, quando il riferimento
della ricerca è l’uomo, io penso che in questo caso occorra una libertà moralmente
vigilata. Cioè, in altri termini: non è possibile fare tutto. Io penso che sia davvero
disumano pensare di usare l’uomo, l’embrione nelle sue origini, per fare ricerca,
anche se finalizzata a curare una persona malata.
Per
trovare un punto di inserimento sull’embrione si parla anche di morula e pre-embrione,
ma dove inizia l’uomo? Ancora Bruno dalla Piccola:
R.
– Su questo non c’è dubbio, la risposta la può dare chiunque vada a leggere attentamente
un libro di embrionologia. In altri termini, non c’è dubbio che la vita incomincia
dalla prima cellula nel momento del concepimento, e questo ce lo evidenziano sia le
zone di tipo morfologico, quando la cellula spermatozoo entra nella cellula uovo e
c’è un segnale che parte dalla cellula uomo che emette una struttura che si chiama
“secondo globulo polare”; e questo indica che questi due “pro-nuclei” – quello maschile
e quello femminile – stanno già dialogando: appena inizia questa fase! Secondariamente,
ci sono delle reazioni di tipo biochimico: ad esempio, cito per tutte, l’attivazione
dei canali del calcio. Ma ci sono una serie di reazioni biochimiche che dicono che
questi due pro-nuclei sono in dialogo tra di loro. Punto terzo: dopo l’entrata dello
spermatozoo, il genoma dello spermatozoo e quello del nucleo cellula-uovo, modificano
le loro caratteristiche genetiche, cioè attivano un processo che si chiama epigenesi.
Quindi, non c’è dubbi: oggi noi dobbiamo fare fermamente riferimento a dati biologici
che sono dati verificabili e incontestabili e ci dicono: la vita incomincia nel momento
del concepimento, quando si forma un progetto umano unico, irripetibile e questo progetto
va avanti in forma continua da quella prima cellula fino alla vita post-natale, quando
la persona adulta finirà il suo programma di vita e morirà. Quindi, le barriere le
mettono gli uomini e le mettono in maniera artificiosa, senza nessun fondamento scientifico. E’
la tutela della donna il punto centrale del secondo quesito esposto dai fautori
del referendum che chiedono che sia possibile produrre un numero illimitato di embrioni
e di non procedere all’impianto se si è cambiata idea, la biologa Olimpia Tarzia: “Il secondo e il terzo quesito del referendum sono posti volendo
far credere che la legge è contraria ed è rischiosa per la salute della donna. Invece,
addirittura la legge pone come numero di ovuli da produrre solamente come massimo
tre. Questo vuol dire che il dosaggio ormonale è estremamente limitato. Cancellando
questa parte, si tornerebbe ad una situazione che era prima della legge, e cioè che
la donna veniva sottoposta ad un bombardamento ormonale che doveva liberare fino a
15-20 ovuli. Questo comporta, per la salute della donna, dei seri rischi: le ovaie
tendono ad ingrossarsi, si può andare incontro a blocco renale, ci sono stati casi
di morte per sindrome da iper-stimolazione ovarica. La legge prevede una gradualità,
quindi ha tolto la donna da quello che era un precedente accanimento procreativo.
La legge impedisce anche la diagnosi pre-impianto prevista nel secondo quesito. La
diagnosi pre-impianto è qualcosa di terribile: sul piano biologico, una parte degli
embrioni muore a seguito della diagnosi; un’altra parte sviluppa anomalie dovute alla
diagnosi; i rimanenti embrioni non possono considerarsi per certo immuni da malattie
genetiche, perché a quell’epoca di sviluppo moltissime non si possono diagnosticare
...”. Il secondo referendum vuole permettere l’accesso alle tecniche di fecondazione
artificiale anche se non è stata accertata la sterilità e senza tentare cure preliminari,
la ginecologa Valeria Navarretta: “Le uniche, vere indicazioni mediche
a queste metodiche sarebbero il fattore tubarico, cioè tube chiuse o assenti, e spermatozoi
assenti o molto deboli nel liquido seminale, ma presenti nei testicoli. La maggior
parte delle altre cause di sterilità è risolvibile semplicemente studiando con accuratezza
la coppia, curando le infezioni e i dismetabolismi presenti. Io stessa ho diverse
pazienti che, sottoposte senza successo a ICSI o a FIVET hanno poi concepito spontaneamente
e avuto figli solo grazie ad uno studio e ad una terapia più adeguati”.
Il
terzo quesito referendario combinato al precedente mira ad abrogare completamente
l’articolo 1, della legge 40, considerato di fatto l’architrave della norma perché
“assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito“. Francesco
D’agostino presidente del Comitato Nazionale di Bioetica:
“L’embrione
non ha uno statuto giuridico esplicitamente definito dal nostro ordinamento. Ciò,
però, che viene sottaciuto sistematicamente dal movimento dei referendari è che esiste
una importantissima sentenza della Corte Costituzionale italiana, la n. 37 del 1997,
che venne redatta da Giuliano Vassalli, illustre uomo politico della sinistra, come
tutti sanno, nella quale si affermava che esistono ragioni costituzionali per affermare
che il concepito ha diritto alla vita e che il diritto alla vita del concepito nel
nostro ordinamento trova un limite solo attraverso la legge che legalizza l’aborto
e quindi solo nel caso di conflitto della salute del nascituro con quella della madre.
Poiché nel caso della procreazione assistita non esiste questo conflitto perché la
donna attiva la fecondazione assistita in una situazione di piena salute fisica, io
ritengo, da giurista, che sia assolutamente coerente l’affermazione dell’articolo
1 della legge 40 che dice che i centri di fecondazione assistita devono tener conto
dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, ivi compresi i diritti del concepito”.
"I
quesiti referendari propongono in realtà solo illusioni” è la denuncia di Enzo
Tiezzi, ordinario di Chimica fisica all’Università di Siena. Fabio Colagrande
lo ha intervistato:
“La manipolazione dell’embrione - che è già vita
- e la manipolazione genetica dà grandi illusioni alle donne. In realtà questo non
è un referendum a favore delle donne, ma a favore di manipolatori genetici, i quali
spingeranno questa scienza sempre più tecnocratica, nella direzione di dare delle
illusioni, perché poi i risultati che abbiamo, anche in Inghilterra, questa spinta
di fare figli con embrioni manipolati, porta in moltissimi casi a malformati, a bambini
con malattie genetiche, ad aborti e via dicendo. Sostanzialmente, quindi, si dà anche
l’illusione alle donne di poter aver un bambino a tutti i costi contro natura e spesso
questo non avviene”.
L’abolizione del divieto alla fecondazione eterologa
è l’obiettivo del quarto quesito. Se passasse il referendum, quindi, si potrebbe
utilizzare materiale genetico esterno alla coppia per ottenere un embrione. “Se la
norma venisse abrogata – afferma Giovanni Giacobbe preside della facoltà di giurisprudenza
presso l’Università Lumsa di Roma - si lederebbe il diritto del bambino ad avere genitori
certi”
“Prima dell’entrata in vigore di questa legge, la Cassazione aveva
ritenuto che il Figlio poi non potesse procedere alla ricerca del padre, però questo
rappresenta appunto una delle ragioni fondamentali per cui l’inseminazione eterologa
non può essere ammessa: perché si viene a creare un rapporto gentoriale inesistente
e invece ogni soggetto ha diritto ad avere il collegamento con i propri genitori”.
Gravi
anche i riflessi psicologici sul bambino, una volta conosciuta la matrice eterologa
della propria nascita, la neuropsichiatra infantile, Paola Binetti:
“Ci
sono degli interrogativi forti perché questo bambino, da una parte, potrebbe alimentare
un senso di ipertrofia dell’io: l’idea di dire: ‘Io sono stato scelto perché ero migliore
degli altri’, ma d’altra parte può alimentare anche dei forti sensi di colpa, perché
– come dire – ‘la mia vita è stata ottenuta selezionando e quindi in qualche modo
eliminando quelli che avrebbero potuto essere i miei fratelli potenziali”.
“L’eterologa
è un tipo di fecondazione incapace di essere sostegno all’interno della coppia”, sottolinea
Antonio Maria Baggio docente di etica politica presso l’Università Gregoriana
di Roma
“Ci sono conseguenze sia per il bambino sia per i genitori.
Il bambino ha diritto di avere genitori certi e conosciuti. Invece, il donatore vuole
rimanere sconosciuto. Un bambino nato dall’eterologa e magari ha una malattia tale
per cui il medico che gli sta davanti gli chiede se la causa della malattia viene
da fuori o se è una cosa ereditaria, perché cambia il modo in cui lo deve curare,
la risposta non c’è perché il padre non si conosce! Accettiamo di mettere al mondo
un figlio sapendo già di dovergli negare i diritti essenziali. Francamente, questa
non è giustizia! E poi, ci sono conseguenze pesanti, spesso anche per i genitori.
Quando la coppia attraversa un periodo di difficoltà e di incomprensione, normalmente
il figlio è qualcuno che unisce i due. Quando si è avuto un bambino con l’eterologa,
il padre comincia a pensare che quel figlio è figlio soltanto della moglie e non suo,
e in molti casi questi padri chiedono il disconoscimento del figlio, poi è un figlio
– questo – che non eredita ... Invece, per la donna può succedere che appaia il fantasma
di quest’uomo che è il padre biologico del bambino che l’ha fecondata ma che non c’è
...”.
I quattro quesiti riaprono quindi il dibattito sulla liceità della
ricerca scientifica che secondo alcuni non deve avere limiti, ancora Antonio Maria
Baggio:
R. – La ricerca scientifica è una delle azioni
più alte e nobili dell’attività umana però questa sua nobiltà non si misura soltanto
con l’utilità dei risultati che consegue; è importante anche il modo con il quale
li consegue. Allora, il primo limite è che deve rimanere un’attività umana, che non
strumentalizzi altri esseri umani per ottenere dei risultati, altrimenti anche i cosiddetti
medici-scienziati dei lager nazisti sarebbero stati autorizzati a ottenere risultati
nel modo bestiale in cui l’hanno fatto. C’è da segnalare che alcuni Paesi che hanno
introdotto l’eterologa, stanno ritornando sui loro passi. Parlo di Gran Bretagna,
di Svezia ... E allora, perché noi dovremmo mettere l’eterologa, che grandi Paesi
che l’hanno fatto prima, hanno riconosciuto che è un errore?
Ricorrentemente, gli scienziati chiedono libertà, nel senso che non vogliono alcuna
forma di controllo su ciò che fanno. E’ un dovere dello Stato stabilire delle piste
all’interno delle quali la ricerca scientifica si deve tenere. La figura dello scienziato
pazzo è nata per far ridere, forse in qualche fumetto, in qualche film, però può riprodursi
in certe forme anche nella realtà. La libertà di ricerca intesa assolutamente in realtà
non esiste, perché per fare ricerche molto avanzate occorrono forti investimenti;
i soggetti che hanno la possibilità di investire sono grosse industrie private oppure
lo Stato. Quindi, noi dobbiamo decidere se deve essere un ristretto numero di potentati
economici a decidere l’orientamento della ricerca o se invece non vogliamo avere una
parola noi, cittadini, attraverso le istituzioni, per far sì che la ricerca porti
un bene comune”.
Non bisogna avere esitazioni “Ci viene proposto qualcosa
che non è sottoponibile a referendum”. E’ l’appello di mons. Elio Sgreccia
sui criteri che muovono al “non voto”, all’astensione, per i quattro quesiti referendari.
Il presidente della Pontificia accademia per la vita, in riferimento all’embrione,
ha ribadito che “è il momento di schierarsi, e dire se l'uomo è dove inizia davvero
o dove lo vogliamo mettere noi”
“Di fronte a queste scelte qui, che rispettano
l’individuo umano nel momento del suo sorgere o non lo rispettano di fronte alla selezione
degli individui umani, è necessario prendere posizione. Io credo che saremmo colpevoli
di fronte al futuro, alle generazioni future, se non dicessimo chiaramente in questo
momento il valore che spetta all’uomo”.
Serrato il dibattito sul referendum
e di fatto due i fronti in campo: il “si” e l’astensione. Ancora il preside della
facoltà di giurisprudenza presso l’Università Lumsa di Roma, Giovanni Giacobbe
che sottolinea: “la Costituzione non prevede per il referendum abrogativo il dovere
civico del voto, principio invece contemplato per il voto politico: R.
– Rispetto ad un referendum abrogativo, non c’è una disposizione che prevede che sia
un dovere civico. Anzi: avendo la Costituzione richiesto il quorum, la mancata partecipazione
a questo referendum è una possibile scelta proprio per contestare l’utilizzazione
del referendum in questa determinata materia. Nel caso di specie, chi si astiene non
è che se ne lava le mani, come si dice, o peggio ancora, mette in opera un trucco,
addirittura una scorrettezza costituzionale.
D. – Ma allora perché astenersi
e non votare “no” direttamente?
R. – Dunque, il problema è l’attenzione
ad un duplice significato. Primo, di contestare la legittimità di un referendum in
una materia così delicata e complessa; secondo, di esprimere la contrarietà all’abrogazione
della legge. E quindi, rappresenta – l’astensione – una doppia manifestazione di volontà,
diretta ad impedire che la legge venga modificata, anche attraverso il mancato raggiungimento
del quorum.
I quotidiani nazionali, le trasmissioni radio e Tv continuano
a presentare le ragioni del “si” e dell'astenzione, i limiti della ricerca scientifica,
i diritti del nascituro, della coppia; eppure molti lamentano un’informazione sbilanciata
e carente. Luigi Amicone direttore del settimanale Tempi :
“Un’informazione
a senso unico per quanto riguarda le maggiori testate; a senso unico, chiaramente,
per il ‘sì’. In questo senso, mi è parsa evidente una manipolazione che è sorta non
tanto costruita, elaborata a tavolino, ma proprio la pigrizia intellettuale: si è
visto il conformismo. Tant’è che chi sono i personaggi che hanno giocato in questa
informazione che io chiamo ‘virtuale’, perché non c’è stata vera informazione sui
contenuti? Hanno giocato alcuni testimonial, ha giocato l’oncologo di fama, ha giocato
la soubrette di fama, il presentatore, il tenutario di talk-show, qualcosa di assolutamente
superficiale, emozionale e preconfezionato”.
Molti i personaggi noti del
mondo dello spettacolo, schierati sul referendum, Paola Saluzzi, giornalista
e presentatrice, ribadisce il dovere di una corretta informazione e la necessità di
ridimensionare la credibilità del cosiddetto ”mondo delle immagini” :
“Credo
che i veri volti noti che possano parlare siano solo quelli dei ricercatori. Qui si
sta parlando di medicina e ricerca ad altissimo livello. Io credo che la gente debba
ascoltare, capire, indagare su quanto le viene detto e, sulla base di questo, decidere.
La faccia nota, la faccia famosa ha valore fino ad un certo punto: guardate, parlo
contro me stessa, in questo momento. Intendo dire: è il cittadino più famoso degli
altri che dice la sua; ma è molto importante ascoltare il punto di vista medico”.
A
parlare di informazione resa volutamente incomprensibile è il direttore del quotidiano
il Foglio, Giuliano Ferrara, per il quale gli scienziati devono convincersi
che non possono mettere le mani sulla vita umana e che i quesiti referendari in fondo
sono riconducibili ad un “si” o un “no” al rispetto della vita : “La posizione
che io ritengo moralmente sbagliata si afferma attraverso la deformazione della sostanza
del problema, e la sostanza del problema è: per far nascere dei bambini artificialmente,
possiamo usare, come se fossero strumenti, degli esseri umani chiamati embrioni? Questo
è il problema! Ed è un problema semplicissimo. E la risposta, secondo me, è ‘no’;
un ‘no’ che si può declinare come ‘no’ o come astensione se si punta all’efficienza
maggiore del voto”.
Intanto il mondo politico in maniera trasversale
ha costituito il comitato “Non votare” una delle molteplici iniziative che raccoglie
esponenti di tutti gli orientamenti politici. Il presidente del Comitato, onorevole
Luca Volontè : “Tutti gli esponenti del ‘sì’ considerano gli esperimenti
sull’embrione umano meno di quanto non siano gli esperimenti sui topolini o sul mais
transgenico. Il principio di precauzione vale per il mais, che mangiamo, vale per
il pomodoro, vale per il topolino, ma non può valere – dal loro punto di vista – per
l’embrione umano, cioè per l’inizio della vita mia e di chiunque ci ascolti! Questo
è francamente sconvolgente!”.
Netta la denuncia dell’onorevole Francesca
Martini, tra le fondatrici del Comitato “Non votare”: “Ingannano le donne
perché sfruttano quella fragilità, che è strettamente collegata al desiderio di avere
dei figli. Lo sfruttano poi soprattutto raccontando che la diagnosi pre-impianto è
l’unica strada per avere dei figli sani; sfrutta tutte quelle persone portatrici di
patologia, disabili o le persone timorose di contrarre patologie, dicendo che solo
la ricerca sulle cellule staminali sarà quella che potrà salvare la loro vita”.
L’astensione
non è disimpegno. Lo ha ribadito più volte il presidente dei vescovi, cardinale
Camillo Ruini, che ha dedicato un intero capitolo della sua prolusione, alla 54esima
assemblea della Cei, al referendum del 12 e 13 giugno : “E’ ormai molto vicino
il referendum riguardante la procreazione assistita. La nostra posizione in merito
è nota ed è quella indicata anche dal Comitato “Coscienza e Vita”. Siamo, cioè, per
una consapevole non partecipazione al voto che ha il significato di un doppio ‘no’:
ai contenuti dei quesiti sottoposti a referendum che peggiorano irrimediabilmente
e svuotano la legge, riaprendo in larga misura la porta a pericolosi vuoti normativi;
e all’uso dello strumento referendario in una material tanto complessa e delicata.
Non si tratta dunque in alcun modo di una scelta di disimpegno, ma al contrario, di
opporsi in maniera netta ed efficace ad una logica che, a prescindere dalle intenzioni
dei suoi sostenitori, mette in pericolo i fondamenti umani e morali della nostra civiltà”.
Quindi
ha rimarcato:
“L’unica via, per opporsi effettivamente al peggioramento
della legge, è quella della non partecipazione al voto. Mentre il votare ‘no’, dato
che contribuisce al raggiungimento del quorum, di fatto è un aiuto – sia pure involontario
– ai sostenitori del referendum”.