In India gli estremisti indù convertono con la forza 600 dalit cristiani
(3 maggio 2005 - RV) Circa 600 Dalit cristiani dell’Orissa, stato a nordest dell’India,
sono stati “riconvertiti” all’induismo durante una cerimonia spirituale organizzata
dal Vishwa Hindu Parishad (VHP), l’ala religiosa oltranzista del Bharatiya Janata
Party (BJP), partito al governo locale. Per assicurare lo svolgimento pacifico della
cerimonia, nella città di Bijepur, 2 sezioni di poliziotti armati e 5 ufficiali di
pubblica sicurezza sono stati distaccati nella zona. La legge per la libertà religiosa
dell’Orissa (OFRA) prevede che chiunque voglia cambiare religione, lo comunichi alle
autorità: secondo il VHP, i “convertiti” hanno tutti compilato gli affidavit, atti
legali che contengono una deposizione giurata, in cui esprimono la loro scelta. Mons.
Lucas Kerketta, vescovo della diocesi di Sambalpur, denuncia che gli estremisti indù
della zona approfittano della condizione di povertà, ignoranza e discriminazione in
cui vivono i Dalit cristiani: “Ogni giorno il VHP cerca di circuirli offrendo loro
denaro e vestiti – spiega – e quando questa tattica non funziona passa alle vie pesanti:
intimidazioni, violenze e minacce di perdere il posto di lavoro”. Ad approfittarsi
di questi tribali non sono, però, solo gli estremisti indù: “Spesso – commenta mons.
Kerketta – alcuni attivisti della Chiesa pentecostale offrono a questa gente vestiti,
cibo e denaro, regalano Bibbie e opuscoli e organizzano degli incontri in cui leggono
alcuni passi del Vangelo, dove viene promessa una terra libera da malattie e povertà”.
Sono questi atteggiamenti, secondo il vescovo, che provocano le accuse di proselitismo
mosse contro la Chiesa. “Questi pentecostali, infatti, sono penetrati in tutto lo
Stato – spiega – e ogni volta che tengono i loro incontri, i fondamentalisti indù
si mobilitano con accuse alla Chiesa e cerimonie di ‘riconversione’”.