La Comunità Internazionale ha espresso viva soddisfazione per il voto unanime con
il quale ieri i 15 membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno approvato
la nuova risoluzione sull’Iraq. Si tratta del documento 1546, messo a punto da Stati
Uniti e Gran Bretagna.
Nel Paese del Golfo, tuttavia, la situazione resta difficile.
Scontri e attacchi di guerriglieri si sono, infatti, verificati in varie località:
dalla città sunnita di Falluja, dove 12 persone hanno perso la vita in un conflitto
a fuoco tra un gruppo di guerriglieri e le forze della polizia irachena, a quella
sciita di Kerbala, alla periferia di Baghdad. Sabotate anche le arterie petroliferie
di Kirkuk.
Il nuovo Iraq è nato ieri sera, almeno sulla carta. Con 15 mani
alzate il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha dato il via libera alla risoluzione 1546,
nella quale è tratteggiato il futuro iracheno dal 30 giugno 2004 al gennaio 2006.
La risoluzione stabilisce, quindi, la “piena sovranità” del nuovo governo ad interim,
segna le tappe del processo politico che dovrà portare “verso un Iraq federale, democratico,
pluralista e unificato” e stabilisce le modalità per la presenza della forza multinazionale
e per la gestione delle operazioni militari a partire dal 30 giugno prossimo. Nel
documento, che fa riferimento anche “all’eredità archeologica, storica, culturale
e religiosa” del Paese, si riafferma poi “il diritto del popolo iracheno a determinare
liberamente il proprio futuro politico e il controllo sulle proprie risorse naturali”.
Lo
strumento-chiave, che ha permesso il superamento delle residue riserve di Francia
e Germania, è un nuovo organismo che nascerà a Baghdad. Si tratta del Comitato ministeriale
per la sicurezza nazionale, dove lavoreranno spalla a spalla i vertici del governo
iracheno, delle forze armate dell’Iraq, dell’intelligence di Baghdad e della Forza
Multinazionale.
Dinanzi alla tanto attesa risoluzione Onu la Comunità Internazionale
ha espresso la propria soddisfazione. “Un mondo unito e riunificato - ha commentato
il premier inglese, Tony Blair, facendo eco alle dichiarazioni di soddisfazione del
presidente statunitense, George Bush - ha parlato con una sola voce sull’Iraq”. “Crediamo
che questo ampio sostegno internazionale - ha sottolineato, invece, il premier irlandese
Bertie Ahern, presidente di turno dell’Unione Europea - contribuirà alla restaurazione
della pace e della stabilità in Iraq”.
All’ottimismo generalizzato, seppur
arginato dalla Russia, si frappone, tuttavia, la posizione dei curdi, che minacciano
di uscire dal governo. Il testo, infatti, non contiene alcun riferimento alla costituzione
provvisoria firmata nel marzo scorso che garantiva loro l’autonomia.
Sulla
risoluzione votata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU ascoltiamo il commento del
nunzio apostolico a Baghdad mons. Fernando Filoni:
********** R. – Mi pare
di poter dire che la posizione, tante volte invocata dal Santo Padre, trova finalmente
concretezza, nel senso che le Nazioni Unite entrano a far parte di questo processo,
nel senso che vengono presi in considerazione aspetti importanti come il rispetto
della sovranità di questo Paese, la responsabilità di un governo locale. Dunque, in
un processo che certamente non è idealistico ma deve essere concreto, questo primo
atto è veramente molto importante. Speriamo ora che porti gradualmente a quella normalità
che il popolo iracheno si attende. **********
Sul voto dell’ONU ascoltiamo
ora la riflessione di Al Saadi Latif, giornalista iracheno residente da alcuni anni
in Italia. ********** R. – Noi consideriamo questa risoluzione un altro passo
avanti su una strada difficile verso un Iraq democratico, federale ed unito. Rimane
il fatto di come realizzare la piena sovranità. Per noi ci sono due punti fondamentali:
il controllo economico sulla risorsa petrolifera e la sicurezza. Io comunque concludo
dicendo che è stato fatto un passo avanti verso le elezioni libere sotto l’osservazione
della comunità internazionale.
D. – Lei citava la gestione del greggio, del
petrolio, certificata da un organismo internazionale che non avrà potere di controllo
sulla spesa. Siete soddisfatti rispetto a questo controllo?
R. – Sì, perchè
noi abbiamo chiesto di partecipare, di mettere l’amministrazione del fondo dello sviluppo
per la ricostruzione dell’Iraq nelle mani degli iracheni, ovviamente con la partecipazione
della comunità internazionale, dell’Onu.
D. – Negli ultimi giorni però si sono
susseguite manifestazioni contro alcuni punti di questa risoluzione. Ieri sono scesi
in piazza gli sciiti, oggi i curdi non appagati, in quanto non si prende in considerazione
la questione del Kurdistan…
R. – Dopo 35 anni del regime di Saddam Hussein
è normale che ci sia la volontà di partecipare alla vita politica in Iraq. E questa
per noi è una cosa molto positiva. Per questo motivo ci sono idee diverse. Oggi i
gruppi sciiti vogliono avere il potere. Non mi stupisce e non mi fa paure questa manifestazione.
Io personalmente avrei voluto almeno che fosse citato per esempio il diritto del popolo
curdo ad avere una sua autonomia. Perché i curdi, dopo le persecuzioni di questi anni,
hanno paura e vogliono una garanzia.
D. – La risoluzione dell’Onu rappresenta
una ritrovata unione tra Europa e Stati Uniti…
R. – Per noi far entrare l’Europa
vuol dire rafforzare le decisioni collettive che riguardano l’Iraq. Aumentare cioè
il ruolo dell’Onu, non solo in Iraq ma in tutto il Medio Oriente.