Fin da allora il Santo Padre si interrogava sui destini della Polonia: “non abbiamo forse il diritto – dichiarava all’omelia nella prima Messa in Piazza della Vittoria a Varsavia – di pensare che la Polonia è diventata, nei nostri tempi, terra di una testimonianza particolarmente responsabile?” “Ma quanti doveri ed obblighi nascono! – aggiungeva - Ne siamo capaci?” Allora, “bisogna continuamente ritornare a questa domanda, - scrive oggi Giovanni Paolo II - affinché la libertà mal utilizzata non porti a una soggezione interiore degli individui e dell’intera Nazione.” Bisogna rinnovare continuamente menti e cuori, “perché siano riempiti di amore e giustizia, onestà e dedizione, rispetto per gli altri e preoccupazione per il bene comune, specialmente per quel bene che è la Patria libera”. “Solo un impegno solidale” può dare “un felice presente e futuro” a tutti i polacchi, e sviluppare la cultura nazionale profondamente radicata nel Cristianesimo, arginando nell’Europa unita “gli influssi dell’ideologia laicista che – ha denunciato ancora una volta il Papa - misconosce le radici cristiane del Vecchio Continente”.
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