Il Natale e la pace, intervista con il card.Martini a Betlemme
In queste ore difficili per la Terra Santa è in pellegrinaggio a Betlemme anche il
cardinale Carlo Maria Martini. Fabio Colagrande lo ha raggiunto telefonicamente
per chiedergli il senso della preghiera per la pace che si leva da molte parti del
mondo per il Medio Oriente. R. – Significa promuovere, soprattutto, quelle azioni
di intesa, di dialogo e linee comuni. E anche noi cerchiamo di portare a Betlemme
un segno di pace.
D. – Il Natale è occasione di scambio di auguri, come quelli
che si rivolgono molte persone in queste giornate di festa. Passato il periodo natalizio,
cosa resterà di questa euforia, di questa allegria? R. – Certamente molte di queste
cose sono un po’ retoriche, perché si pensa che il momento del Natale abbia in sé
qualche cosa di risolutivo, che invece non ha. Il Natale vale come memoria di ciò
che Dio ha fatto per il bene dell’umanità e come premessa ed attesa di ciò che Dio
farà quando metterà a posto ogni cosa, quando vi saranno cieli e terra nuovi dove
abiterà stabilmente la giustizia. Allora, tutti i gesti che vanno in quel senso, rimarranno:
tutti i gesti che vanno nel senso della giustizia e della riconciliazione porteranno
frutto ed avranno un seguito. Tutte le parole vane, invece, passeranno.
D.
– In questo senso, che augurio fa ai nostri ascoltatori per questo Natale?
R.
– Anzitutto un augurio di pace interiore con se stessi e di riconciliazione con Dio,
nella famiglia e con gli amici. E un augurio a guardare a chi è diverso da noi con
occhio attento e benevolo: così faremo un buon cammino.