BANGKOK - La risoluzione pacifica degli attuali conflitti in Asia passa attraverso
una migliore comprensione della loro natura ed origine ed una più stretta collaborazione
tra le religioni. Così si potrebbe sintetizzare la conclusione di un seminario sulle
tecniche di prevenzione e gestione dei conflitti che ha visto riuniti dal 12 al 14
dicembre a Bangkok, in Tailandia, una quarantina di studiosi ed esponenti religiosi
cristiani e musulmani di 17 paesi asiatici. L’incontro è stato organizzato dall’Ufficio
per gli affari interreligiosi della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia
(Fabc-Oiea), insieme alla Conferenza cristiana dell’Asia (Cca), e alla “Asian Muslim
Action Network” (Aman), un’associazione di musulmani progressisti impegnati nella
promozione del dialogo religioso e dei diritti umani nel continente. “Lo studio della
trasformazione della pace e del conflitto nel contesto asiatico” era appunto il titolo
del seminario articolato in tre fasi: la prima di analisi dell’attuale situazione
socio-politica nei vari paesi asiatici; la seconda dedicata specificamente alle varie
tecniche di risoluzione dei conflitti e la terza, infine, all’esame delle singole
esperienze di peace-building oggi in atto nelle varie aree conflittuali in Asia. Nel
corso dei dibattiti sono stati, in particolare, illustrati i vari fattori politici,
economici, sociali, religiosi storici e psicologici che hanno scatenato gli attuali
conflitti locali dal Medio all’Estremo Oriente. Conflitti, ha sottolineato nel suo
intervento il padre gesuita indiano Rudy Heredia, in cui negli ultimi anni hanno inciso
in modo determinate la globalizzazione e le tensioni geopolitiche internazionali.
Nell’ultima giornata di lavori si è passati all’illustrazione di alcune iniziative
concrete di pacificazione promosse da organizzazioni religiose in paesi asiatici dove
sono in atto guerre intestine. I partecipanti hanno convenuto sul fatto che dietro
alle tensioni religiose che oggi minacciano la stabilità di diverse parti dell’Asia
vi siano in realtà motivazioni politiche e sulla necessità di promuovere la diffusione
nel continente della conoscenza delle tecniche di peace-building per ridurre le situazioni
conflittuali. (Ucan: 16 e 17 dic – ZENGARINI)