“La nostra voce”, è il tema scelto quest’anno dalle Nazioni Unite per la Giornata
internazionale dei disabili che si celebra oggi per richiamare l’attenzione su quante
persone sono afflitte da handicap: uomini, donne, bambini, anziani con pari dignità,
pari diritti e pari aspettative di benessere, che è compito di ogni società cercare
di soddisfare.
In tutto il mondo si stima siano oltre mezzo miliardo gli invalidi
fisici, senza contare altre forme di handicap mentale. Una Giornata per fare un bilancio
anche in vista della chiusura ufficiale dell’Anno europeo 2003, dedicato proprio ai
disabili, e che si svolgerà con una Conferenza a Roma, dal 5 al 7 dicembre, cui sono
attesi 500 delegati da tutto il Continente.
Dunque a che punto è il cammino
di integrazione dei disabili nelle società europee? Roberta Gisotti lo ha chiesto
all’avvocato Salvatore Nocera, vicepresi-dente della Federazione italiana per il superamento
dell’handicap (Fish):
R. – In Europa, il movimento per l’integrazione è molto
forte. Certamente, è più sviluppato per quanto riguarda gli aspetti della mobilità,
un po’ meno per quelli del lavoro, nel senso che ancora ci sono molti laboratori protetti
e, per quanto riguarda l’integrazione scolastica, l’Italia è l’unico Paese – non solo
in Europa, ma al mondo – ad averla praticata in modo generalizzato. Ci sono delle
realtà, soprattutto in Catalogna, qualcosa in Francia, qualcosa in Inghilterra e anche
– mi pare – in Danimarca, e comunque sono statisticamente molto pochi gli alunni,
mentre in Italia abbiamo quest’anno 156 mila alunni con disabilità frequentanti le
scuole comuni di ogni ordine e grado, più circa 10 mila studenti frequentanti l’università.
D.
– Lei è convinto che l’integrazione scolastica delle persone disabili sia fondamentale,
poi, per accedere ad altri tipi di diritti?
R. – Dopo 30 anni e più di esperienza
italiana, dobbiamo dire che le persone con disabilità hanno tratto enormi vantaggi
– a livello psicologico, a livello sociale, a livello economico, a livello di immagine
– dall’integrazione scolastica, perché è già lì che ci si abitua da bambini a vivere
insieme e a dismettere delle abitudini che potrebbero essere solo determinate e rafforzate
dallo stare insieme solo tra handicappati.
D. – Il movimento delle persone
‘disabili’ in senso lato, che cosa si aspetta di più dall’Europa?
R. – Noi
ci stiamo battendo per una direttiva europea nella quale venga chiaramente detto che
non vi debbono essere discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità,
in tutte le leggi degli Stati. Ora, questa direttiva europea è pronta, solo che c’è
la discussione se debba essere approvata a maggioranza o all’unanimità. Noi sosteniamo
la tesi che basti la maggioranza; se invece prevarrà la norma dell’unanimità, allora
si comprende che basta uno Stato contrario, la norma non passerà più!