2003-12-05 12:28:42

Cristo nel cinema


Cristo nel cinema è stato il tema affrontato da un Convegno di Studi che si è svolto ieri, a Roma, nell’ambito della settima edizione del Festival del cinema spirituale Tertio Millennio.

Un segnale inequivocabile di coscienza del fatto che il cinema è diventato un veicolo primario e irrinunciabile per fare cultura ed evangelizzare.
Il servizio di Luca Pellegrini.


Dai fratelli Lumière a Mel Gibson: sono più di cento anni di storia del cinema, ed in questa storia primeggia la figura di Cristo. Da Hollywood a Pasolini, da Zeffirelli al musical di LLoyd Webber e Tim Rice, ai tentativi di Scorsese e D’Alatri: culture e produzioni diverse hanno affrontato la figura di Cristo con quella tensione, e spesso libertà, tipiche dell’arte cinematografica. La figura di Gesù, quella che il cinema ha spesso chiamato “la più grande storia mai raccontata”, attraversa dunque l’intera storia del cinema. Ed è stato questo il tema del Convegno che si è svolto ieri all’Università Urbaniana nell’ambito della settima edizione del Festival del cinema spirituale Tertio Millennio. Tutti i film su Gesù fanno teologia. Chiediamo allora al cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che insieme a quello delle Comunicazioni Sociali patrocina il Festival, se è davvero possibile oggi, nell’era della comunicazione globale, parlare di cristologia cinematografica.

“In questo senso, ovvio che parlare di Cristologia vuol dire avere una certa visione di Cristo. Nessun uomo può fuggire dall’avere una certa visione di Dio, che sia l’uomo della strada, un grande filosofo, un cosiddetto teologo nel senso specifico della parola o una persona che faccia cinema. Se fa cinema, trasmette attraverso il film che presenta una sua immagine, una sua idea che ha di Cristo, una convinzione di fede, o come talvolta è successo nella storia del cinema se non la ha”.

Insomma, la Chiesa ha bisogno del cinema, ma il cinema ha bisogno della Chiesa...

“Io direi veramente di sì, perché la tecnica del cinema, con le sue immense possibilità può essere di aiuto formidabile, straordinario, per trasmettere una buona notizia. Ma il cinema ha bisogno della Chiesa, perché se fa a meno della Chiesa perde l’essenziale e non trasmette più niente. Una storia che non ha niente a che vedere con la vera storia può giustamente offendere quelli che sono fedeli a questa storia. E cosa ne risulta? Nulla. Quindi, c’è una complementarietà tra la Chiesa che dà il messaggio dellabuona novella e l’arte cinematografica, capace, se lo vuole, di trasmetterla in modo stupendo”.

Riferimento all’attualità e alle dinamiche che reggono l’industria cinematografica, come spiega Andrea Piersanti, Presidente dell’Ente dello Spettacolo e Direttore della Rivista del Cinematografo, che individua la meta del Festival.
“Il grande tema, il tema eterno, il tema che ha caratterizzato tutti i nostri incontri è quello del dialogo. Esiste una contrapposizione culturale fra il mondo del cinema e il mondo della Chiesa. Gran parte del mondo del cinema, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche in Italia e in Europa, vive immerso in una cultura di tipo laico. Non parlerei di ateismo, ma sicuramente c’è un atteggiamento poco sensibile ai temi della spiritualità. Da parte della Chiesa c’è un dovere etico che è quello di trovare e cercare con determinazione, con convinzione, tutti i possibili spazi di dialogo. Non tanto, perché sia la Chiesa ad averne bisogno, come ogni tanto si dice, secondo me sbagliando, ma perché è il cinema ad averne bisogno. Ne ha bisogno non soltanto in senso religioso stretto, ma ne ha bisogno anche in termini più squisitamente professionali e culturali. Quando i film parlano della vera storia dell’uomo, quando descrivono l’uomo in tutte le sue sfaccettature, compreso l’aspetto religioso e spirituale, allora quei film normalmente hanno successi planetari. Quando non fanno questo, normalmente i film non hanno un successo planetario. Per cui dovrebbe essere interesse del cinema cercare questi spazi di dialogo”.







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