SEOUL - La Chiesa sud-coreana cambia strategia nella lotta contro
la piaga dell’aborto. A trentuno anni dalla sua legalizzazione in Corea del Sud, il
ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza continua, infatti, ad essere
drammaticamente in crescita nel paese, con circa un milione e mezzo di aborti all’anno,
ovvero una media di 4mila al giorno. Un fenomeno contro cui a nulla sono sinora valse
le condanne e gli appelli della Chiesa per l’abrogazione della controversa legge del
1972. Per questo essa ha deciso di lanciare una nuova campagna di sensibilizzazione,
impostata però in chiave positiva. A promuoverla è “Vita 31”, un movimento nato lo
scorso febbraio, appunto nel 31° anniversario della legalizzazione dell’aborto in
Corea del Sud, per chiedere l’abrogazione della legge del 1972, ma anche della pena
di morte e il divieto alla clonazione di embrioni umani. “Dalle campagne negative
che denunciano i misfatti dell’aborto - spiega alla rivista “Eglises d’Asie” delle
Missioni Estere di Parigi il responsabile dell’organizzazione, padre Jean Bosco Hong
Chang-jin – siamo passati a una campagna a favore della cultura della vita”. L’obiettivo
è, infatti, di creare un movimento di opinione pro-vita. Lo scorso 8 novembre il movimento
ha lanciato a Seoul l’iniziativa intitolata “Per una vita in più” che vuole coinvolgere
parrocchie, associazioni, scuole e luoghi pubblici. Alla manifestazione sono intervenuti
anche l’arcivescovo di Seoul, il cardinale Kim Sou-hwan, e l’ordinario militare della
Corea del Sud, Mons. Lee Ki-heon. “Se una sola persona nella strada ci presta attenzione
e apprezza il senso della parola ‘vita’, i nostri sforzi non saranno stati vani“,
ha detto il cardinale ai presenti. (Apic/EdA: 28 nov-1dic. – ZENGARINI)