“Vivi e lascia vivere” questa la sfida dell’odierna giornata mondiale di lotta contro
l’AIDS, istituita dalle Nazioni Unite nel 1988. Il tema della campagna di quest’anno
riprende quello per il 2002–2003 e punta ad eliminare la discriminazione considerata
tra i principali ostacoli alla prevenzione e alla cura di una malattia, che secondo
le stime dell’Unicef-Unaids nel 2010 avrà reso orfani almeno 25 milioni di bambini.
Il servizio di Massimiliano Menichetti.
********** “Il virus avanza inesorabilmente
ed il mondo non fa ancora abbastanza contro l’Aids”. Così, in sintesi, il segretario
generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel messaggio per la giornata odierna, ha
sottolineato l’urgenza di un maggiore impegno da parte di tutti i governi per debellare
questa piaga dell’umanità. Sono circa 40 milioni, secondo l’ultimo rapporto delle
Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le persone nel mondo che
hanno contratto la patologia. Le popolazioni più colpite: quelle dell’Africa subsahariana
e l’Asia. Preoccupante anche la situazione dell’Europa dell’est. La speranza adesso
viene dall’Italia. E’ infatti in sperimentazione un nuovo vaccino. Ma si potrà debellare
la patologia? Rainard Gluck, virologo e consulente dell’Oms:
“C’è sempre una
speranza. Deve esserci una speranza. Penso che sia molto importante questa sperimentazione
che hanno iniziato gli italiani. E’ una via alternativa. Ma dobbiamo essere cauti,
perché questo molto probabilmente è solo il primo passo”.
Il tema della Giornata
di quest’anno è incentrato sulla solidarietà e la non discriminazione nei confronti
di chi ha contratto il virus. Ma quale significato hanno iniziative come questa? Ancora
Rainard Gluck:
“Penso sia importante avere una tale Giornata, perché tanti
hanno dimenticato il gran pericolo di questo virus. Pensiamo di averlo sottocontrollo
attraverso queste medicine, ma non è affatto vero. Miglioriamo solo lo stato di questi
pazienti, ma sono sempre malati”.
In Europa ed in America il numero dei morti
da Aids è in costante diminuzione e questo grazie ai farmaci che prolungano l’aspettativa
di vita. Ma nei Paesi poveri il dato è in costante aumento. Aldo Morrone, primario
del San Gallicano di Roma, più volte in missione in Africa:
“Dobbiamo avere
più coraggio. Le aziende farmaceutiche internazionali, le politiche economiche dei
Paesi ricchi devono darsi una scrollata, devono avere più coraggio nel decidere che
investire sulla salute di questi Paesi vuol dire investire sulla salute di tutto
il pianeta. sulla salute di tutto il pianeta. Finché quest’idea non sarà chiara,
ci sarà sempre una mancanza di coraggio”.