PER LA PRIMA VOLTA DOPO LA GUERRA UN SACERDOTE CALDEO È NEL CONSIGLIO PROVINCIALE,
ORGANO ESECUTIVO NELLA CITTÀ DI MOSUL: “LA PACE DIPENDE DAGLI SFORZI DI TUTTI”
Mosul
(Agenzia Fides) – La città di Mosul, la storica Ninive, dove la presenza cristiana
è sempre stata ben marcata, ha nel Consiglio provinciale, l’organo di governo civile
dell’area, un sacerdote cattolico Caldeo. È don Louis Sako, parroco a Mosul, impegnato
nella pastorale giovanile e del dialogo islamo-cristiano. Don Sako è anche Consultore
del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. L’Agenzia Fides gli ha rivolto
alcune domande sul suo impegno sociale e sulla situazione in Iraq.
Cosa pensa
dell’attuale situazione in Iraq? La gente vive meglio oggi rispetto al passato? Prima
della guerra tutto l’Iraq era come una grande caserma piena di soldati e armi:
nessuno poteva criticare o manifestare, la vita era militarizzata. Oggi invece,
sebbene ci siano tanti problemi, la gente ha ripreso a vivere, si respira un clima
di libertà e democrazia. Il popolo può scegliere i loro rappresentanti liberamente,
si possono fare manifestazione nelle strade, pubblicare giornali. Certo, dopo la
guerra ancora non c’è la sicurezza che noi vogliamo, ma pian piano tutto si risolverà:
la pace è un progetto che richiede tempo e dipende dagli sforzi di tutti. Oggi
c’è nel paese una nuova atmosfera: per questo sono molto ottimista per un futuro
migliore.
Nel ricoprire l’incarico all’interno del Consiglio non ha paura di attentati
terroristici, come è successo di recente con la sig.ra Akila Al Hashmi a Baghdad? Non
ho paura perché difendo i poveri e gli oppressi, e cerco di fare del bene a cristiani
e musulmani: e vedo che tutti mi apprezzano. Il Consiglio mi aveva proposto di
usufruire di cinque guardie del corpo, ma io ho rifiutato, perché secondo me, occorre
dare un esempio di fiducia: sono convinto che Dio è sempre con me e mi protegga,
perché quello che sto facendo è per il servizio alla comunità civile di Mosul.
Come
riesce a coniugare il ministero di parroco con il nuovo incarico civile? Ogni sacerdote
deve organizzare il proprio tempo tra il servizio sacerdotale e altri servizi.
Nella parrocchia ho tanti laici che mi aiutano. E poi il mio impegno politico vale
per questo periodo di transizione: ho accettato questo incarico per dare un contributo
a preparare un futuro di pace e serenità, di cui potranno beneficiare anche i cristiani
iracheni.
Quanti rappresentanti cristiani ci sono in Consiglio provinciale
a Mosul? Il Consiglio è formato da 24 membri: 16 sono arabi, 3 cristiani, 3 curdi,
1 turcmeno. I membri sono distribuiti in tante commissioni: io mi occupo della
Commissione per la Cultura. Università e beni religiosi. Devo dire che la mia esperienza
di dialogo con intellettuali e leader musulmani ha reso più facile il lavoro nel
Consiglio municipale, dove tutti mi chiamano “Abuna”, che significa “Padre”.
Quali
attività svolgete all’interno del Consiglio? Vi sono in particolare opere a favore
della comunità cristiana? Lavoriamo per il bene dell’intera comunità di Mosul,
e i problemi che affrontiamo dipendono spesso dal fatto che c’è stato in Iraq un
cambiamento repentino, con il crollo del regime, e la gente deve ancora abituarsi
alla nuova situazione. Nel Consiglio, inoltre, lavoro per tutelare i diritti, sociali,
politici e religiosi della comunità cristiana. Oggi i cristiani possono pubblicare
giornali (a Mosul ve ne sono già cinque) e stanno cercando di avere un rete di
Tv e radio. Stiamo inoltre cercando di recuperare tutti i terreni che avevano i
Monaci Caldei attorno al Monastero di San Giorgio a Mosul, che il regime di Saddam
aveva espropriato con la forza, e d far rientrare tutti coloro che erano stati
cacciati dalle loro case o dai villaggi. Inoltre in alcune città a maggioranza
cristiana, Il Consiglio, che ha anche giurisdizione sulla provincia, ha scelto
un sindaco cristiano per cittadine circostanti come Alqosh, Karakosh, Telkef. (BM)
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