Europa alla prova dopo il voto della Svezia e in Estonia
Europa sì, euro no. Queste le sentenze decretate dai due referendum in Estonia e Svezia.
Mentre per il Paese baltico ci si attendeva l’entusiastico assenso all’ingresso nell’Unione,
l’esito negativo del voto svedese ha destato più d’una perplessità nell’area comunitaria.
In
molti pensavano che l’effetto emozione per l’omicidio del ministro Lindh, fautore
dell’adesione all’Europa, avrebbe fatto pendere la bilancia per i “sì”. Così non è
stato, e la Svezia entrerà nell’euro, come previsto, solo nel 2013.
Sull’esito
di questi due referendum, Giancarlo La Vella ha intervistato Federiga Bindi, docente
di organizzazione internazionale all’Università di Firenze:
********** R.
– In Estonia il voto era ampiamente atteso; devo dire che tra tutti i referendum nei
nove Paesi che l’hanno fatto, era quello – tra virgolette – più facile, cioè, è il
Paese che più velocemente è tornato ad essere ricco, il Paese che più velocemente
si sta sviluppando, il Paese che veramente non vedeva l’ora di rientrare nell’Unione
Europea. Per quanto riguarda la Svezia, ci si aspettavano più “sì”, anche se il timore
del “no” c’era. Bisogna dire una cosa: gli scandinavi hanno una digestione molto lenta:
è stato così nel 1995 con la Norvegia... Probabilmente, sarebbe stato più saggio rimandare
il referendum di un paio di mesi. Credo che sia stato percepito un po’ come una forzatura,
questa cosa di dover tenere il referendum a tutti i costi e per questo credo che abbia
prevalso un sentimento di paura e il risentimento rispetto a questo referendum mandato
avanti a tutti i costi rispetto al calcolo nazionale che alla Svezia conviene entrare
nell’euro. D. – In Svezia non ha funzionato, come molti si attendevano, l’effetto
emozionale per l’omicidio del ministro Lindh; ci sono comunque però altri motivi per
lo scetticismo nei confronti dell’Europa?
R. – I motivi sono sempre i soliti,
cioè la paura di perdere il benessere che hanno, la paura di essere trascinati in
un continente più insicuro, il timore del poco conosciuto o comunque del diverso...
D.
– Dopo il voto svedese, il presidente della Commissione europea Prodi ha affermato
che Stoccolma non può pretendere, a questo punto, di contare nell’Unione quanto vorrebbe.
Quali saranno gli effetti del “no” della Svezia all’euro?
R. – Ma, mi sembra
un’espressione veramente poco felice. Cosa c’entra? Non faranno parte di Euro-Dodici,
cioè non faranno parte del Consiglio economico e finanziario che regola l’Euro.
D.
– Torniamo invece all’Estonia. Una situazione economica abbastanza florida, quasi
in controtendenza rispetto agli altri Paesi dell’Est europeo...
R. – L’Estonia
è un Paese piccolo, molto aiutato dai Paesi scandinavi, anche economicamente, quindi
è stato molto più facile per l’Estonia riqualificarsi; hanno puntato su un settore,
quello dell’high tech, nel quale sono all’assoluta avanguardia, in Europa. Quindi,
diciamo, molto più facile rimodernizzare rispetto ad un Paese largo ed essenzialmente
agricolo come per esempio la Polonia.
D. – Ma ci sono ancora conseguenze sull’Estonia
del lungo periodo trascorso sotto il regime sovietico? R. – Gli estoni sono stati
tra i primi a ri-adottare i propri usi e costumi, le proprie tradizioni: per loro
è una liberazione, per loro è chiudere un conto con il passato di cui vogliono ricordarsi
il meno possibile.