I popoli sono un'unica, grande famiglia: così il Papa all'Incontro Interreligioso
di Aachen
La vocazione delle religioni è quella di essere l’acqua che spegne il fuoco della
guerra, e non quella di essere benzina sugli incendi perché divampino più forti e
brutali. La causa della pace ha bisogno delle religioni e le religioni non possono
sottrarsi al servizio alla pace. E’ questo lo spirito di Assisi che si rinnova qui
in questi giorni ad Aquisgrana (Aachen): lo ha sottolineato Andrea Riccardi, fondatore
di Sant’Egidio che ieri ha aperto i lavori di questo 17.mo appuntamento. Combattere
il dilagante pessimismo e la mancanza di fiducia nel dialogo che tocca sia le religioni
sia le relazioni internazionali: sono queste le sfide che vengono lanciate qui. Su
tutte ne prevale però una: testimoniare che è la pace il destino di tutti gli uomini,
ciò che chiede il Papa nel suo messaggio inviato al meeting di Sant’Egidio, affidato
al delegato pontificio, il cardinale Etchegaray. Assieme alle Torri Gemelle di New
York, è l’amara constatazione del Papa, sembrano essere crollate anche molte speranze
di pace.
Ad Assisi nel 1986 prendeva forma quella grande visione che aveva nel cuore il beato
Giovanni XXIII quando scrisse l’enciclica Pacem in terris, ma quell’anelito, scrive
il Papa, non è stato raccolto con prontezza e sollecitudine e troppo poco si è investito
per difendere la pace e per sostenere il sogno di un mondo libero dalle guerre. In
questi anni, continua il messaggio, si è assistito allo sviluppo di passioni egocentriche
per i propri confini, per la propria etnia, guerre e conflitti continuano ad avvelenare
la vita di tanti popoli, alimentati dalle ingiustizie e dalle disparità del nostro
pianeta e in questo modo non si facilita certo il processo di pace. Che fare quindi?
Come affermare la pace in questi tempi di guerre? Una risposta concreta a queste domande,
per il Papa, è da ricercare proprio in questi incontri organizzati da Sant’Egidio
e poi sottolinea quello che è uno dei grandi interrogativi di questo meeting: che
tipo di Europa si vuole costruire? La preoccupazione di Giovanni Paolo II, e dei presenti
ad Aachen, è che si dimentichino le radici spirituali e cristiane che, scrive il Santo
Padre, non sono una memoria di esclusivismo religioso, ma un fondamento di libertà
perché rendono l’Europa un crogiuolo di culture e di esperienze differenti. E l’Europa
è chiamata a recuperare la consapevolezza delle sue radici più profonde. Tanto più
si ancorerà alle sue radici, tanto più l’Europa accelererà il processo di unione interna
e offrirà il suo indispensabile contributo per il progresso e la pace tra tutti i
popoli della terra.