2003-09-02 18:58:34

Nuovo segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese


Rafforzare l’unità tra le Chiese e la coscienza ecumenica specie tra i giovani, promuovere il dialogo interreligioso e la spiritualità per rispondere alle maggiori sfide: sono tra le priorità del nuovo segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, il pastore metodista Samuel Kobia, eletto la scorsa settimana. In Vaticano la notizia della sua nomina è stata accolta molto positivamente. “Sono conosciute le sue grandi qualità tra cui spicca profonda spiritualità e preparazione teologica”, ha dichiarato mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Si prospetta quindi una proficua continuazione della collaborazione tra il Consiglio mondiale delle Chiese e la Chiesa cattolica.
Il pastore Kobia, 56 anni, sposato, padre di 4 figli, succede al pastore evangelico tedesco Konrad Raiser che alla fine di dicembre 2003, dopo 11 anni, terminerà il suo mandato. Sarà la prima volta che alla guida di questo organismo ecumenico a cui aderiscono ben 342 Chiese delle diverse tradizioni cristiane, vi è un africano. Sarà questo un fatto che avrà di certo un’incidenza sul ruolo che il Consiglio ecumenico è chiamato a svolgere nell’attuale cammino verso la piena unità visibile delle Chiese.

Ma ascoltiamo lo stesso pastore Kobia, al microfono di Catherine Smibert:

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R. – THE FIRST PRIORITY …
Prima priorità per me sarà impegnarmi a rafforzare l’unità tra le Chiese che costituiscono il Consiglio Mondiale delle Chiese. Vorrei sottolineare l’importanza di lavorare insieme, camminare insieme, perché è solo così che possiamo rafforzare la nostra unità. Seconda cosa: vorrei promuovere una coscienza ecumenica nelle Chiese ed in particolare nelle giovani generazioni. Terzo, il dialogo interreligioso. Oggi, infatti le religioni hanno un ruolo importante. Il dialogo interreligioso è un mezzo importante per superare la violenza, promuovere la riconciliazione e la tolleranza. Quarto: il cambiamento del tessuto familiare nel mondo di oggi è un punto critico. Perciò, i problemi familiari costituiscono anch’essi una delle priorità. Ancora: vorrei stabilizzare le finanze del Consiglio.
D. - Durante la Conferenza stampa, tenutasi venerdì, ha menzionato che spera di portare uno speciale “tocco” africano al Consiglio Mondiale delle Chiese. Gli ha dato un nome, “ubuntu”. Cosa significa esattamente?
R. – WHAT I REALLY MEAN BY BRINGING AFRICAN …
Quello che veramente intendevo è che gli africani hanno un modo speciale di trasformare i loro problemi in opportunità e nel creare speranza. Credono fortemente che non bisogna lasciarsi sopraffare dai problemi o dalle sfide che incontrano. Tutto questo permette di avere una veduta ottimistica del mondo. Altro elemento è poi la promozione dei rapporti umani. Le relazioni interpersonali in Africa, infatti, sono estremamente importanti. E’ quanto noi africani esprimiamo con il termine “ubuntu”. E’ ciò che vorrei portare al Consiglio Mondiale delle Chiese come africano.
D. - Nel suo primo discorso lei ha anche sottolineato l’importanza della spiritualità nel mondo di oggi…

R. – FOR ME THE WORLD TODAY IS GOING THROUGH…
Secondo me il mondo oggi sta attraversando problemi che considero essere più di natura spirituale che politica o economica, perché è in questione il senso della vita, crollano le sicurezze. Sebbene possano sembrare questioni politiche sono invece questioni profondamente spirituali e morali.
D. - Riguardo ai rapporti con il Papa, con la Chiesa cattolica, quali sono i suoi programmi?
R. – IT IS VERY MUCH IN MY AGENDA…
E’ un aspetto che è certamente nei miei programmi. Vorrei rafforzare i rapporti con il Vaticano. Sono già diverse le aree in cui cooperiamo insieme, come sapete. Lavoriamo, ad esempio, in gruppi di lavoro con il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e nell’ambito delle missioni. Vorrei rafforzare però i nostri rapporti e la nostra corrispondenza anche in prima persona, appena inizierò il mio ufficio.







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