2003-09-02 18:55:52

Concluso lo speciale Anno Mariano nel Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa.


Le Lacrime della Madonna suscitano ovunque “commozione ed entusiasmo spirituale”. Lacrime misteriose che “parlano di dolore e di tenerezza, di conforto e di misericordia divina” e “sono il segno di una presenza materna, un appello a convertirsi a Dio, abbandonando la via del male per seguire fedelmente Gesù Cristo”. All’Angelus di domenica scorsa, con queste parole ricche d’emozione, Giovanni Paolo II ha ricordato lo straordinario evento della lacrimazione della Madonna di Siracusa, avvenuta proprio 50 anni fa - dal 29 agosto al primo settembre del 1953 - da un quadretto di gesso raffigurante il Cuore Immacolato di Maria.

I fedeli della città siciliana hanno vissuto con grande partecipazione questo Anno Mariano, che ieri ha avuto come atto conclusivo l’incoronazione della Madonna da parte del cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo di Palermo, inviato speciale del Papa.
E proprio il porporato sottolinea – al microfono di Alessandro Gisotti – il legame profondo, la devozione del popolo siciliano per la figura di Maria:
R. - E’ stata una grande emozione, non solo per la partecipazione, numerosissima, ma anche per la partecipazione così devota. Si vede che nel popolo siciliano l’amore verso la Madonna è grande. E verso la Madonna delle Lacrime è ancora più grande, proprio perché coglie i sentimenti più intimi del nostro popolo siciliano. Posso dire che è davvero stato un richiamo forte da parte della Madre, non soltanto per la preghiera, ma anche per l’ascolto della parola di Dio, con il culmine poi della celebrazione eucaristica.

D. – Le Lacrime di Maria sono lacrime di dolore ma anche di gioia. Lei ha parlato anche di temi molto forti, legati alla Sicilia…

R. – In questi 50 anni c’è una riflessione, che io ho cercato di condurre anche nell’ottica della realtà presente. Certo, sono lacrime di dolore, in modo particolare per l’aggravarsi della crisi della famiglia. Non è senza significato che la lacrimazione sia avvenuta in un quartiere povero di Siracusa, in una casa semplicissima dove una mamma era in attesa di un bimbo e dove il padre era in attesa di lavoro. Quindi, lacrime di dolore per quello che sta accadendo ai danni della famiglia. C’è preoccupazione per il fatto che si abbassi sempre di più la soglia anagrafica delle devianze giovanili. In particolare, questo deve far riflettere tutti, specie chi ha responsabilità nello Stato ed anche da parte nostra, nella Chiesa, chi ha responsabilità educative. Lacrime di preoccupazione per la disoccupazione, per gli immigrati che vengono sbattuti sulle nostre coste. Lacrime anche di afflizione per la mancanza di pace nel mondo, per i terrorismi, le guerre, le guerriglie e per quanto riguarda la nostra terra, anche la perversa espressione della criminalità organizzata, soprattutto mafiosa. Ho parlato delle lacrime come espressione di dolore, ma anche come espressione di gioia ed i motivi sono per noi il riemergere, anche se spesso inavvertito o non confessato, del bisogno di Dio. Poi, nella nostra regione almeno, il fiorire delle vocazioni al sacerdozio ministeriale. Stiamo vivendo una stagione veramente splendida sotto questo profilo.

D. – Servire il Vangelo della speranza, come Maria - ha affermato ieri nell’omelia - significa servire l’uomo nella società. Come dare attuazione a questo richiamo?

R. – Maria ci ha dato l’esempio, mettendosi al servizio prima della cugina Elisabetta, poi alle nozze di Canaa, e quindi la testimonianza operosa della carità diventa l’espressione anche più bella del servizio al Vangelo della speranza. Ho voluto richiamare in modo particolare quanto il Santo Padre ha indicato nella bellissima esortazione “Ecclesia in Europa”, per dire che la Madonna ci affida, attraverso la voce del Papa, questa missione, che riguarda tutti, ma in modo particolare noi vescovi e sacerdoti: essere servitori del Vangelo della speranza, donandoci di più agli ultimi. Ho voluto celebrare lì anche il mio giubileo sacerdotale ed è stata una cosa magnifica stare a pranzo con tutti questi diseredati, immigrati, barboni, con i miei sacerdoti, segno allora che quando noi siamo accanto a loro, non soltanto diamo, ma riceviamo.







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