Il processo di unificazione europea e il cammino ecumenico, al centro della 12.ma
Assemblea delle Chiese cristiane che si apre stasera in Norvegia. Con noi, il pastore
Luca Negro
Da questa sera sono riuniti a Trondheim in Norvegia gli oltre 700 partecipanti della
12. ma Assemblea della Conferenza delle Chiese Europee (Kek). Rappresentano 126 Chiese
di tradizione ortodossa, protestante, anglicana. Non mancano rappresentanti della
Chiesa cattolica e di altri organismi ecumenici. Di particolare attualità il tema
scelto: “Gesù Cristo guarisce e riconcilia. La nostra testimonianza in Europa”. L’assemblea
si svolge infatti sullo sfondo dell’attuale processo di integrazione europea. E’
proprio la vocazione a costruire ponti tra le Chiese e i Paesi di questo continente
che ha fatto sorgere questo organismo ecumenico nel 1959, in piena guerra fredda.
Una vocazione di sempre maggiore attualità. Lasciamo la parola al pastore Luca Negro,
segretario per le comunicazioni della Kek, nel servizio di Carla Comignoli:
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“Ci sono ancora delle enormi barriere tra le diverse parti d’Europa, e quindi noi
crediamo che la nostra vocazione sia ancora oggi quella di creare dei ponti. Creare
dei ponti, ad esempio, tra chi fa parte dell’Europa allargata, che ne fa già parte
o sta per entrare come nuovo Paese membro, e per esempio tutti quei Paesi che per
il momento sono esclusi dall’integrazione europea. Noi crediamo che il processo di
integrazione europea sia un processo che deve essere aperto a tutti i Paesi dell’Europa”.
Il processo di unificazione europea è chiamato a guardare oltre i propri orizzonti.
Come è iscritto nella dichiarazione di Robert Schuman che ha ispirato la fondazione
dell’Unione Europea, questo continente ha un dovere di solidarietà verso gli altri
popoli …
“Non è un caso che il discorso principale che avremo sul tema dell’Assemblea sia stato
affidato non ad un europeo, ma ad un leader di un Paese africano, l’ex presidente
fondatore, potremmo dire della Zambia, Kenneth Kaunda, proprio per cercare di dare
questa visione che va al di là dei confini stessi di questa Europa che appunto non
può essere una fortezza chiusa in se stessa”.
Di fronte ad un processo di unificazione che sembra dominato dal fattore economico,
quale il contributo delle Chiese?
“Crediamo in una Europa dei valori, questi valori si chiamano pace, si chiamano giustizia,
si chiamano solidarietà e il contributo che le Chiese voglio-no dare appunto alla
costruzione dell’Europa è quello di dare in qualche modo, per riprendere un’espressione
che in realtà viene da Jacques Delhors, un’anima all’Europa, nel senso di contribuire
a fondare veramente questa Europa su valori condivisi”.
E’ questo un ruolo che imprime un’ulteriore accelerazione all’ecumenismo…
“Le Chiese devono riflettere sulle loro lacerazioni interne e devono cercare di superarle
e direi che questo è l’altro grande tema dell’Assemblea in cui ci sarà una valutazione
del processo della cosiddetta ‘Charta Ecumenica’, che potremmo dire sia una sorta
di best seller ecumenico, perché è stata tradotta in 30 lingue e sta veramente aiutando
a fare un’opera di alfabetizzazione ecumenica in Paesi in cui il movimento ecumenico
sta ancora compiendo i primi passi”.