2003-04-17 15:36:58

LA CATTURA DI ABU ABBAS OCCUPA LE CRONACHE DELLA GUERRA IN IRAQ


E’ la cattura di Abu Abbas, leader dell’Flp, il Fronte per la liberazione della Palestina, l’ultimo risvolto di rilievo dell’Operazione angloamericana Iraqi Freedom. Responsabile nell’85 del dirottamento della nave da crociera italiana Achille Lauro e della morte di un cittadino americano ebreo paraplegico, Leon Klinghoffer, ucciso e gettato in mare - Abbas è stato arrestato ieri nel corso di un blitz delle forze speciali americane, che lo hanno sorpreso nella sua abitazione alla periferia di Baghdad. Mentre il Centcom, il Comando alleato in Qatar, definiva l’avvenimento “un'altra vittoria nella guerra globale contro il terrorismo”, tra le proteste dell’Autorità nazionale palestinese, l’Italia, per voce del suo ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha annunciato che chiederà l’estradizione di Abbas, giacché sul suo capo pende dall’87 una condanna all’ergastolo. La cattura di Abbas può essere considerata una prova dei legami tra il terrorismo islamico e il decaduto regime iracheno?

Ecco il parere dell’inviato a Gerusalemme del Corriere della sera, Guido Olimpio, intervistato da Andrea Sarubbi:

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R. - In qualche modo sì, perché Abu Abbas rilasciava addirittura interviste quando stava a Baghdad, e soprattutto - in maniera pubblica - il suo gruppo, assieme ad altri, è stato il ‘canale’ attraverso il quale Saddam Hussein ha fatto arrivare le ricompense per le famiglie dei kamikaze e le famiglie di coloro che hanno avuto feriti o morti nell’Intifada.

D. - Oltre al Fronte di liberazione della Palestina, ci sono altri gruppi di attivisti palestinesi che Saddam Hussein ha appoggiato?

R. - C’è un altro gruppo, il Fronte di liberazione arabo, che è presente in Iraq ed è anche presente, in misura minore, nei Territori occupati. Ma Baghdad dà ospitalità anche ad un altro personaggio coinvolto nel primo attacco alle Torri Gemelle, quello del febbraio del ’93. Ritengo che gli americani cercheranno di catturarlo. Poi, in misura minore l’Iraq ha aiutato dei movimenti in Estremo Oriente. Ma diciamo che l’appoggio di Saddam Hussein ai gruppi terroristici si era ridotto moltissimo negli ultimi anni.
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A 28 giorni dall’inizio della guerra, il generale Tommy Franks, comandante in capo dell’offensiva alleata in Iraq, ha fatto il suo ingresso in Baghdad. La notizia è stata confermata da un portavoce del Comando anglo-americano. Ma con la conclusione delle operazioni militari su larga scala, i problemi principali dell’Iraq post-bellico restano quelli della sicurezza delle città e degli interventi umanitari. Mossul, località del nord, è stata teatro di ripetute sparatorie, l’ultima delle quali - stamattina - ha provocato almeno tre morti tra i civili e diversi feriti. Sempre oggi, a Baghdad, le Forze speciali americane hanno fatto irruzione nella casa di Rahib Taha - un microbiologo iracheno che sotto il regime di Saddam Hussein sarebbe stato a capo di un laboratorio segreto dove si produceva antrace - ed hanno sequestrato, secondo l'agenzia saudita Spa, numerosi scatoloni pieni di documenti. L’inviata Mediaset Anna Migotto, che abbiamo contattata mentre era in viaggio verso Tikrit, ci aggiorna sugli sviluppi nella capitale irachena:

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R. - Baghdad questa mattina era apparentemente calma, anche se bisognerà vedere nel corso della giornata come evolverà la situazione. Ieri, erano ancora in corso dei saccheggi, nonostante la polizia irachena abbia incominciato a pattugliare alcune zone insieme ai marine. Abbiamo assistito al saccheggio, piuttosto violento, dell’ex Fiera di Baghdad, già bombardata. Io mi sto dirigendo verso Tikrit dove la situazione dovrebbe essere sotto controllo. Lungo la strada non abbiamo visto nulla di particolare, nel senso che la gente appare tranquilla: si ferma per salutare, tutti sembrano molto disponibili.

D. - Quali echi si sono avuti nella capitale, del vertice di Nassiriya?

R. - In realtà, nella capitale non si sono avuti particolari echi. Ieri ho trascorso la giornata nelle aree sciite da Kerbala a Saddam City e ho sentito da parte di tutti le stesse opinioni, sia degli imam che della popolazione comune: no ad una gestione americana del Paese e no ad Ahmed Chalabi, che nessuno ritiene poter rappresentare degnamente questo Paese. E’ sì un iracheno ed uno sciita, ma è fuggito quando era giovanissimo, è sempre vissuto in esilio e quindi - come mi hanno detto molte persone: non ha sofferto con noi.
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Lo sforzo di individuare un compromesso tra le forze irachene uscite dall’ombra di un’opposizione senza voce ed ora chiamate a tracciare la strada verso la democrazia si intreccia con le urgenze contingenti, rappresentate dai bisogni più basilari della popolazione. Nel sud dell’Iraq, si moltiplicano gli arrivi dei convogli umanitari – un centinaio solo quelli dell’Unicef - ma l’emergenza idrica e sanitaria rimane grave. Anche l’Unione europea sta preparando l’invio in Iraq di ospedali da campo, medicine ed acqua e ieri è partito il primo aereo di aiuti distribuiti attraverso la Croce Rossa. In prima linea, accanto ai civili, c’è ovviamente la Chiesa irachena, pronta a distribuire i primi soccorsi umanitari provenienti dall’estero. Ascoltiamo il nunzio apostolico a Baghdad, mons. Fernando Filoni, intervistato da Roberto Piermarini:

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R. - A Bassora, sono già arrivati i primi aiuti italiani, consegnati all’arcivescovo locale, mons. Kassab, che ne sta organizzando di persona la distribuzione attraverso le parrocchie e la diocesi, ma anche attraverso alcune moschee con cui è in amicizia. Conosce bene l’imam, per cui la collaborazione andrà a buon fine. A Baghdad, per il momento, non abbiamo ricevuto nulla. I vescovi hanno creato un comitato ad hoc. Quanto alle medicine, saranno consegnate all’ospedale San Raffaele, l’unica struttura sanitaria in tutta Baghdad in grado di funzionare a pieno regime, fino al completo sfinimento dei medici. Sono loro che si sono detti disposti a ricevere questi medicinali e ovviamente li useranno per il loro ospedale, ma andranno anche in tutte quelle altre strutture che potranno ricominciare a funzionare.






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