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Sommario del 24/01/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa a media: sì a logica buona notizia, no a spettacolarizzazione del male

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Spezzare la spirale delle notizie negative, dando spazio alla logica della buona notizia. E’ l’esortazione rivolta dal Papa ai comunicatori nel Messaggio per la 51.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, incentrato sul tema “Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”. Il documento, pubblicato oggi, esorta i comunicatori cristiani ad essere “canali viventi” del Vangelo, la “Buona Notizia” che illumina anche le situazioni più drammatiche della storia. Il servizio di Alessandro Gisotti

Favorire una “comunicazione costruttiva” che rifiuti “i pregiudizi verso l’altro” e “favorisca una cultura dell’incontro”. Papa Francesco incoraggia tutti i comunicatori a spezzare il “circolo vizioso dell’angoscia” che si fissa sulle “cattive notizie”, scegliendo invece la logica della “buona notizia”. Ogni giorno, si legge nel Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali, vengono “macinate” tante informazioni. Sta dunque ai comunicatori “offrire un pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei frutti della loro comunicazione”.

Non ignorare dramma del male, ma non spettacolarizzarlo
Francesco sottolinea con forza che bisogna arginare la “spirale della paura”, “frutto dell’abitudine a fissare l’attenzione sulle cattive notizie”. Certo, prosegue il Papa, “non si tratta di promuovere una disinformazione in cui sarebbe ignorato il dramma della sofferenza” né tanto meno di “scadere in un ottimismo ingenuo che non si lascia toccare dallo scandalo del male”. Francesco chiede invece che si cerchi di “oltrepassare” il sentimento del “malumore e di rassegnazione”. Del resto, annota, “in un sistema comunicativo dove vale la logica che una buona notizia non fa presa e dunque non è una notizia”, “si può essere tentati di anestetizzare la coscienza o di scivolare nella disperazione”. Tanto più, rileva, considerando che “il dramma del dolore e il mistero del male vengono facilmente spettacolarizzati”.

Spazio a logica della buona notizia, usare occhiali giusti per leggere realtà
In tale contesto, dunque, il Messaggio propone “un contributo alla ricerca di uno stile comunicativo aperto e creativo, che non sia mai disposto a concedere al male un ruolo da protagonista”, ma cerchi piuttosto “di mettere in luce le possibili soluzioni, ispirando un approccio propositivo e responsabile nelle persone a cui si comunica la notizia”. Di qui l’appello ad offrire all’umanità del nostro tempo “narrazioni contrassegnate dalla logica della buona notizia”. Il Papa evidenzia che la realtà “non ha un significato univoco”. Tutto infatti dipende “dallo sguardo con cui viene colta, dagli occhiali con cui scegliamo di guardarla”. Quali sono allora gli “occhiali giusti” per raccontare la realtà? Per i cristiani, risponde Francesco, “l’occhiale adeguato per decifrare la realtà non può” che partire dalla “Buona Notizia per eccellenza: il Vangelo di Gesù”.

Grazie al Vangelo, ogni evento può diventare scenario di una buona notizia
Questa “buona notizia” che “è Gesù stesso”, si legge nel Messaggio, “non è buona perché priva di sofferenza, ma perché anche la sofferenza è vissuta in un quadro più ampio”. In Cristo, infatti, “Dio si è reso solidale con ogni situazione umana”. Francesco riprende Isaia: “Non temere, perché io sono con te”. Questa, commenta, “è la parola consolante di un Dio che da sempre si coinvolge nella storia del suo popolo”. Da qui nasce una speranza, una luce che fa sì che ogni “nuovo dramma” nella storia possa diventare “scenario di una possibile buona notizia”, dal momento che “l’amore riesce sempre a trovare la strada della prossimità”. Il Papa mette così l’accento sull’importanza delle immagini e delle metafore “per comunicare la potenza umile del Regno”, come faceva Gesù con le parabole. E sottolinea che, anche oggi, le “immagini, più che i concetti” sono la via privilegiata per “comunicare” la “vita nuova” in Cristo.

Comunicatori siano “canali viventi” della Buona Notizia per gli uomini di oggi
Francesco avverte inoltre che “la fiducia nel seme del Regno di Dio e nella logica della Pasqua non può che plasmare anche il nostro modo di comunicare”. Una fiducia, prosegue, che “ci rende capaci” di “scorgere” la “buona notizia presente nella realtà di ogni storia e nel volto di ogni persona”. Anche oggi, evidenzia il Papa, lo Spirito continua “a seminare in noi il desiderio del Regno, attraverso tanti canali viventi”. Attraverso quelle persone cioè che “si lasciano condurre dalla Buona Notizia in mezzo al dramma della storia, e sono come dei fari nel buio di questo mondo”. Fari, conclude il Papa, “che illuminano la rotta e aprono sentieri nuovi di fiducia e speranza”.

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Viganò: Papa non invita a ingenuità ma ad aprire spiragli di speranza

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Centrale è lo sguardo di chi racconta, perché la realtà non ha un significato univoco. Così mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, che stamani ha presentato in Sala Stampa vaticana il Messaggio del Papa per la 51.ma Giornata delle Comunicazioni Sociali. Francesco chiede sostanzialmente una comunicazione costruttiva, la logica della buona notizia, che non significa raccontare il mondo di Heidi, spiega mons. Viganò, ma aprire spiragli di speranza. Sentiamo lo stesso mons. Viganò nell’intervista di Debora Donnini

R. – Spezzare la spirale di una comunicazione negativa, che porta anche alla anestetizzazione della coscienza, significa che certo la storia è fatta di grigio, di nero a volte, ma che trattiene sempre degli spiragli che aprono su un orizzonte di speranza, di vicinanza, di prossimità. Questo è quello che siamo chiamati a fare: far sì che non ci sia mai il male come protagonista vincente.

D. – Anche tragedie come il terremoto, le valanghe, le catastrofi naturali possono essere, in qualche modo, scenario di alcune buone notizie?

R. – Questo non significa cedere all’ingenuità irenica di un racconto inesistente della realtà. Ma, ad esempio, raccontare il mondo di bene che fa fiorire una situazione così tragica: penso al fatto che uomini e donne concretamente e personalmente si mostrino vicini a questa situazione. E’ come dire: “Guarda la situazione è difficile, però con te faccio qualche tratto di strada insieme”.

D. – Conosciamo tutti la viralità delle cattive notizie, specialmente sui Social Media e anche la difficoltà di fare debunking, cioè smentire quando sono false. Francesco chiede ai comunicatori di essere canali viventi della Buona Notizia. I media vaticani come possono realizzare questo?

R. – I media vaticani possono aiutare i media internazionali soprattutto mostrando i processi e i contesti entro i quali si situano e si collocano gli annunci e i messaggi del Santo Padre, perché molto spesso vengono decontestualizzati e quindi perdono anche quella forza propria, quella pertinenza propria che invece hanno.

D. – Come si può fare questo? Offrendo anche uno sguardo sulla storia, aiutando a capire la realtà?

R. – Assolutamente sì, perché ogni intervento di un Pontefice non è mai un ripartire da zero, ma è un inserirsi in una successione apostolica che – non dimentichiamo – è sempre una storia dello Spirito Santo: quando prima Benedetto e oggi Papa Francesco richiamano ad un criterio per leggere la vicenda della Chiesa, è il criterio di una ermeneutica spirituale.

D. – Nel Messaggio si sottolinea che immagini e metafore, più che concetti, sono la via privilegiata per comunicare “la vita nuova” in Cristo. Questo risponde proprio allo stile stesso di Papa Francesco: la sua comunicazione è spirituale e non sociologica. Questo perché un linguaggio che comunica con i gesti è più inclusivo?

R. – Ciò che è spirituale non è inconsistente. Lo spirituale ha a che fare con la storia, con la densità del fango di cui è intrisa la vicenda dell’uomo e l’uomo è fatto di una comunicazione che sa usare molto bene non solamente nell’aspetto logico argomentativo-concettuale, ma anche i gesti e la prossimità. E i gesti e la prossimità dicono il calore, l’inclusività. Quindi credo che Papa Francesco in questo sia un grande maestro, probabilmente per tradizione culturale, per formazione propria. Ma credo, appunto, che l’idea di una comunicazione così metaforica - che è appunto parabola, racconto – dice anche come sia possibile avere delle comunicazioni che siano delle relazioni, relazioni anche di prossimità.

Nel giorno in cui la Chiesa ricorda San Francesco di Sales, Patrono dei giornalisti, mons. Dario Edoardo Viganò, ha presieduto la Messa nella cappella di Palazzo Pio. “Chiediamo che il nostro lavoro sia sempre uno strumento di costruzione”, ha detto, “che sappia respingere la tentazione di fomentare lo scontro”, ma favorisca “la cultura dell’incontro”.

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Papa: a Dio piace se ci arrabbiamo con Lui perché siamo veri

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Fare la volontà di Dio non significa non discutere o non arrabbiarsi col Signore, importante è essere veri e non finti e alla fine dirgli il nostro “Eccomi”: è questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti

La storia della salvezza è una storia di "Eccomi"
Al centro dell’omelia del Papa è la Lettera agli Ebrei proposta dalla liturgia odierna. Quando Cristo viene nel mondo, dice: “Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato. Ecco, io vengo a fare la Tua volontà”. Questa parola di Gesù – spiega il Papa - chiude una storia di “eccomi” concatenati: “la storia della salvezza” è “una storia di “Eccomi”. Dopo Adamo, che si nasconde perché aveva paura del Signore, Dio comincia a chiamare e a sentire la risposta di quegli uomini e donne che dicono: “Eccomi. Sono disposto. Sono disposta”. Dall’Eccomi di Abramo, Mosè, Elia, Isaia, Geremia, fino ad arrivare al grande “Eccomi” di Maria e all’ultimo “Eccomi”, quello di Gesù. “Una storia di ’Eccomi’, ma non automatici”, perché “il Signore dialoga con quelli che invita”:

“Il Signore dialoga sempre con quelli che invita a fare questa strada e a dire l’eccomi. Ha tanta pazienza, tanta pazienza. Quando leggiamo il Libro di Giobbe, tutti questi ragionamenti di Giobbe, che non capisce, e le risposte, e il Signore che gli dice, lo corregge … e alla fine, qual è l’eccomi di Giobbe? ‘Ah, Signore, Tu hai ragione: io soltanto ti conoscevo per sentito dire; adesso i miei occhi ti hanno visto’. L’eccomi, quando c’è la volontà, eh? La vita cristiana è questo: un eccomi, un eccomi continuo di fare la volontà del Signore. E uno dietro l’altro … E’ bello leggere la Scrittura, la Bibbia, cercando le risposte delle persone al Signore, come rispondevano, e trovare quelle è tanto bello. ‘Eccomi, io sono per fare la Tua volontà’”.

Non fingere mai con Dio
La liturgia odierna ci esorta a riflettere: come va il mio “Eccomi” al Signore?:

“Vado a nascondermi, come Adamo, per non rispondere? O, quando il Signore mi chiama, invece di dire ‘eccomi’ o ‘cosa vuoi da me?’, fuggo, come Giona che non voleva fare quello che il Signore gli chiedeva? O faccio finta di fare la volontà del Signore, ma soltanto esternamente, come i dottori della legge che Gesù condanna duramente? Facevano finta: ‘Tutto bene … niente domande: io faccio questo e niente di più’. O guardo da un’altra parte come hanno fatto il levita e il sacerdote davanti a quel pover’uomo ferito, picchiato dai briganti, lasciato mezzo morto? Come è la mia risposta al Signore?”.

Anche arrabbiarsi con Dio è pregare
Il Signore ci chiama tutti i giorni e ci invita a dire il nostro “Eccomi” – conclude il Papa – ma possiamo “discutere” con Lui:

“A Lui piace discutere con noi. Qualcuno mi dice: ‘Ma, Padre, io tante volte quando vado a pregare, mi arrabbio con il Signore …’: ma anche questo è preghiera! A Lui piace, quando tu ti arrabbi e gli dici in faccia quello che senti, perché è Padre! Ma questo è anche un 'Eccomi' … O mi nascondo? O fuggo? O faccio finta? O guardo da un’altra parte? Ognuno di noi può rispondere: come è il mio 'Eccomi' al Signore, per fare la Sua volontà sulla mia vita. Come è. Che lo Spirito Santo ci dia la grazia di trovare la risposta”.

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Siria: verso nuova tregua. Delegazione Santa Sede ad Aleppo

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Secondo giorno di colloqui sulla crisi siriana ad Astana, in Kazakistan, mentre sul terreno continuano gli scontri. Russia, Turchia e Iran hanno raggiunto un accordo su un meccanismo per il monitoraggio del cessate il fuoco. Intanto regge la tregua ad Aleppo, da cui è appena tornata la delegazione della Santa Sede. Massimiliano Menichetti

I colloqui ad Astana
Alle 14 ora di Astana, le 19 in Italia, una conferenza stampa dell'inviato speciale Onu per la Siria, Staffan de Mistura dovrebbe chiudere i colloqui di pace promossi da Russia, Turchia e Iran. Si cerca di porre fine ad un conflitto iniziato sei anni fa, degradato in una guerra senza quartiere che ha provocato oltre 300 mila morti, sei milioni di sfollati interni e quattro milioni di rifugiati nei Paesi vicini. In queste ore l'unico punto d'incontro tra le delegazioni di Damasco e dell'opposizione armata è quello di voler consolidare la tregua umanitaria, in vigore dal 30 dicembre scorso, anche se più volte violata. In armi infatti rimangono i jihadisti dell’Is e diversi gruppi autonomi e di conseguenza i bombardamenti di risposta. 

Accordo trilaterale
Le delegazioni di Russia, Turchia e Iran comunque hanno raggiunto un accordo su un meccanismo per il monitoraggio del cessate il fuoco che prevede la creazione di una commissione trilaterale formata proprio da Mosca, Teheran e Ankara. Per il momento però rimane il “no” alla firma del documento finale della delegazione dell'opposizione al regime siriano. 

Delegazione vaticana ad Aleppo
Intanto dalla devastata città di Aleppo oggi è rientrata la delegazione della Santa Sede, inviata dal Papa. Il segretario delegato del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, mons. Giampietro Dal Toso - informa un comunicato dell’organismo vaticano - insieme al cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, e al consigliere della Nunziatura, mons. Thomas Habib, ha incontrato le comunità cristiane, visitato istituzioni di carità cattoliche e ad alcuni campi di rifugiati. E’ stato avviato anche “un centro di assistenza umanitaria gestito da Caritas Aleppo nel quartiere di Hanano”. Sono state verificate le condizioni di alcune strutture ospedaliere cattoliche, in vista di progetti di “ricostruzione e rimessa in opera”. Tante le urgenze riscontrate: mancanza di cibo, vestiti, la necessità di avviare progetti per “l’educazione, l’assistenza sanitaria e gli alloggi”. 

Incontro ecumenico e dialogo con esponenti musulmani
Nel corso della missione che si è svolta dal 18 al 23 gennaio la delegazione ha partecipato anche ad un “momento di preghiera ecumenico” e vi sono stati incontri con “rappresentanti dell’Islam, durante i quali si è sottolineata la responsabilità delle religioni nell’educare alla pace e alla riconciliazione”. “Nel corso della visita – precisa il comunicato del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale - le autorità civili e religiose hanno reso omaggio alla delegazione, manifestando particolare gratitudine per il gesto del Santo Padre di elevare alla dignità cardinalizia il Rappresentante Pontificio nel Paese e riconoscendo in esso la speciale vicinanza del Papa alla martoriata popolazione siriana”.

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Mons. Fernando Ocáriz è il nuovo prelato dell'Opus Dei

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Papa Francesco, confermando l’elezione avvenuta ieri, ha nominato mons. Fernando Ocáriz nuovo prelato dell'Opus Dei. Succede a mons. Javier Echevarría morto lo scorso 12 dicembre. Mons. Ocáriz è nato a Parigi 72 anni fa in una famiglia spagnola fuggita in Francia durante la Guerra civile in Spagna. Finora era vicario ausiliare della prelatura: è il terzo successore di San Josemaría Escrivá.

Laureato in Fisica presso l'Università di Barcellona (1966), ha ottenuto la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense nel 1969 e il dottorato presso l'Università di Navarra nel 1971, anno in cui è stato ordinato sacerdote. Nei suoi primi anni di sacerdozio si è dedicato specialmente alla pastorale dei giovani e degli universitari.

È consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede (dal 1986) e di altri dicasteri della Curia di Roma: Congregazione per il Clero (dal 2003) e Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (dal 2011). È membro della Pontificia Accademia Teologica dal 1989. Negli anni ’80 è stato tra quelli che hanno iniziato il lavoro dell’Università Pontificia della Santa Croce (a Roma) in cui è stato professore ordinario di Teologia Fondamentale e dove ora è professore emerito.

Tra le sue pubblicazioni troviamo libri sulla cristologia come: The mystery of Jesus Christ: a Christology and Soteriology textbook; Hijos de Dios en Cristo. Introducción a una teología de la participación sobrenatural. Altri suoi testi trattano temi di natura teologica e filosofica come Amor a Dios, amor a los hombres o Natura, grazia e gloria, che contiene anche una prefazione del cardinale Ratzinger. Nel 2013 è stata pubblicata un'ampia intervista a cura di Rafael Serrano con il titolo La Chiesa, mondo riconciliato. Tra le sue opere ci sono anche due studi di filosofia dal titolo Il marxismo: teoria e pratica di una rivoluzione; Voltaire; Tratado sobre la tolerancia. Inoltre è coautore di numerose monografie e autore di molti articoli teologici e filosofici.

E’ stato nominato vicario generale della Prelatura dell'Opus Dei il 23 aprile 1994 e vicario ausiliare nel dicembre 2014. Durante gli ultimi 22 anni ha accompagnato il prelato precedente, mons. Javier Echevarría, nelle sue visite pastorali in più di 70 nazioni. Negli anni 60, mentre stava studiando teologia, ha vissuto con san Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei. Sin da giovane è appassionato di tennis, uno sport che continua a praticare.

Nei prossimi giorni il nuovo prelato proporrà ai congressisti i nomi dei suoi vicari e dei membri dei nuovi consigli che lo assisteranno durante i prossimi 8 anni.

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Nomine

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Per le nomine odierne del Papa consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Oggi in Primo Piano



Rigopiano. Vescovo Pescara: rispettare il dolore dei familiari

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Nessun superstite tra i sei passeggeri a bordo dell'elicottero del 118 precipitato oggi in un canalone nei pressi di Casamaina, nell'Aquilano. I soccorsi hanno raggiunto a piedi il velivolo dopo molte difficoltà a causa delle cattive condizioni meteo, presumibilmente all'origine della sciagura. E' intanto salito a 15 il numero delle vittime della slavina sull’Hotel Rigopiano, un corpo è stato estratto stamane dai vigili del fuoco, scende così a 14 il numero dei dispersi. Francesca Sabatinelli

E’ un drammatico elenco di sciagure che continua ad arrivare dall’Abruzzo, la regione probabilmente più martoriata in questi giorni di calamità naturali. Al ritrovamento di altre vittime tra le macerie dell’Hotel Rigopiano, si aggiungono i 5 morti nei comuni colpiti dal maltempo e quelli a bordo dell’elicottero del 118 caduto nella zona compresa fra Campo Felice e L’Aquila. Il velivolo stava trasportando in ospedale uno sciatore rimasto ferito sulle piste, al momento della sciagura vi erano molta nebbia e nuvole basse. I soccorritori continuano intanto a scavare tra i resti dell’Albergo Rigopiano, mentre le condizioni meteo, in miglioramento, permettono il sorvolo da parte della protezione civile sia della zona di Rigopiano che della diga di Campotosto che tiene alta l’attenzione. Stamattina, a Farindola, si è svolto il primo funerale di una delle vittime della slavina, Alessandro Giancaterino, il maître dell’albergo. Gremita la chiesa di San Nicola Vescovo per la celebrazione delle esequie da parte del parroco don Andrea Di Michele che ha sottolineato come “tanta umanità è una risposta: la condivisione del dolore, l’esserci”. Il vescovo di Pescara, mons. Tommaso Valentinetti:

R. – Secondo me, ci sono tre chiavi da utilizzare. La prima è sicuramente quella che ha detto don Andrea Di Michele a Farindola questa mattina, che è il vicario foraneo della zona: stare insieme, accompagnare, essere presenti. Ho voluto che fossero proprio i parroci a celebrare le esequie di queste persone, prima di tutto perché le famiglie avessero il volto – direi – del pastore del luogo, in cui riconoscersi. È il pastore del luogo che li accompagna in questa realtà del dolore, la realtà del loro essere nel lutto e nella fatica dell’attraversamento del mistero, che è il mistero della morte, di una morte difficile, molto difficile, che resta sempre un enigma. Poi ci sono altre due chiavi da adottare in questo momento: quella del silenzio, perché di fronte al mistero dell’enigma della morte bisogna fare silenzio, bisogna avere il coraggio di tacere, di non cercare parole inutili o pretesti per poter trovare delle soluzioni a quello che una soluzione non ha: perché il mistero della morte non ha mai una soluzione in questa vita, ce l’ha nell’altra. E la terza chiave è la preghiera. Ed  è per questo che, in questo giorno, ho deciso di ritirarmi in preghiera, di vivere così questo tempo in cui queste famiglie stanno vivendo la soluzione del lutto attraverso la celebrazione delle esequie. E lo farò anche nei giorni prossimi: vivere un tempo più lungo di preghiera, di ascolto della parola, per penetrare il mistero, per aiutare questi fratelli, non tanto con le mie forze umane, quanto con la grazia e il dono dello Spirito Santo; entrare dentro questo mistero della morte, e saper scoprire – purtroppo – il difficile enigma della morte.

D. – Lei ha parlato del silenzio, tuttavia ciò che sta accadendo attorno a tutta questa vicenda è tutt’altro, poiché è difficile riuscire a mantenere un silenzio equilibrato…

R. – Eh, ci si deve provare. Io credo che forse un’esortazione, più esortazioni, siano più che doverose, più che necessarie; anche per mantenere il segreto, la discrezione di una realtà che tocca l’intimo, che tocca il privato, che non può essere assolutamente messa in piazza. Il dolore di queste famiglie che hanno perso delle persone care non è da pubblicizzare, non è da sbandierare; è un dolore che deve rimanere nella loro esistenza, rispettato, accompagnato - questo sì - ma nel silenzio di chi non va a fare notizia sul dolore degli altri. C’è poi la richiesta di giustizia, che in questo momento può essere più che giusta e più che legittima, ammesso e non concesso che ci possano essere delle responsabilità in questa situazione. Ma su questo forse devo fare eco al presidente del Consiglio, il quale dice giustamente che se ci sono delle responsabilità, queste saranno accertate, devono essere accertate. Ma questo momento è il momento della solidarietà, dell’accompagnamento, di un dolore che è molto molto grande.

D. – Lei è stato da subito vicino sia ai parenti sia alle persone che sono state poi portate in ospedale a Pescara. Immediatamente lei ha portato loro una parola di conforto. Nei giorni prossimi continuerà a stare loro accanto?

R. – Credo che interromperò domani questo mio momento di preghiera. Domani pomeriggio mi recherò all’obitorio per pregare per quelle persone che sono state già riconosciute dai loro parenti e dirò con loro una preghiera, se sarà possibile. E poi, ancora una volta per poter stare vicino a loro, ai parenti, un po’ di tempo, un quarto d’ora, dieci minuti, mezz’ora – non so – il tempo che mi sarà concesso, di poter stringere una mano, magari in silenzio, solo stringere una mano… ma magari in silenzio. 

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Bagnasco: aiutare subito poveri e famiglie

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Un appello all’unità per alleviare le sofferenze delle popolazioni colpite dal terremoto, attenzione alle iniziative di sostegno ai più poveri come il reddito di cittadinanza e preoccupazione per alcune proposte legislative sul fine vita: è quanto espresso dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, nella  prolusione che ha aperto il Consiglio episcopale permanente della Cei, in programma a Roma dal 23 al 25 gennaio. Il servizio di Marco Guerra

“Il nostro sguardo non può che partire dalla cronaca pesante e perdurante che in questi mesi ha interessato il Centro Italia”. Il presidente della Cei apre il suo intervento al Consiglio permanente ricordando le drammatiche condizioni delle popolazioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria flagellate da continue scosse  e eccezionali nevicate. Il cardinale Bagnasco attinge quindi alle parole usate dal Papa nella visita ai luoghi terremotati per ringraziare “i parroci che non hanno lasciato la terra”, i volontari, i vigli del fuoco e anche le comunità cristiane che hanno risposto alla colletta della Cei con la raccolta di 22 milioni di euro. Soldi che attraverso le Caritas diocesane sono stati utilizzati per i bisogni primari. Oltre ai 300mila euro messi a disposizione di ogni diocesi per interventi su edifici ecclesiastici, destinati al culto e alla pastorale. Un grazie convinto rivolto anche alle istituzioni insieme all’assicurazione che la Chiesa continuerà a offrire un contributo concreto:

“Facciamo nostre le parole del Capo dello Stato che ha chiesto “grande unità e responsabilità per contribuire ad alleviare le sofferenze delle persone coinvolte”,

Povertà e reddito di inclusione
Il pensiero del presidente della Cei va quindi al tema della povertà e in particolare alle difficili condizioni in cui versa una fascia sempre più ampia di popolazione italiana. Dall’inizio della crisi - evidenzia - le persone in povertà assoluta sono aumentate del 155% e migliaia di famiglie hanno trovato una prima risposta nelle parrocchie. Per questo motivo il card. Bagnasco reputa necessario “prestare la massima attenzione alla legge delega di introduzione del Reddito d’Inclusione (REI) e alla predisposizione del Piano nazionale contro la povertà”. Tuttavia il presidente della Cei nota con rammarico una discussione politica concentrata su altri versanti, quali ad esempio il fine vita:

“Ci preoccupano non poco le proposte legislative che rendono la vita un bene ultimamente affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo, sbilanciando il patto di fiducia tra il paziente e il medico. Sostegni vitali come idratazione e nutrizione assistite, ad esempio, verrebbero equiparate a terapie, che possono essere sempre interrotte”.

Il porporato ribadisce dunque che la tutela costituzionale della salute e della vita deve restare non solo quale riferimento ideale, bensì quale impegno concreto di sostegno e accompagnamento.

Immigrazione e minori non accompagnati
Non meno attento lo sguardo rivolto ai drammi che continuano a consumare popoli interi e che portano a misurarci “con la situazione dei minori non accompagnati ed esposti a ogni sorta di abuso”. Si tratta di una realtà che interpella fortemente la coscienza civile del nostro Paese e le sue istituzioni e che chiede una risposta sul piano legislativo:

“In questa prospettiva, diventa importante sia il riconoscimento della cittadinanza ai minori che hanno conseguito il primo ciclo scolastico, sia la possibilità di affidare i minori non accompagnati a case famiglia: le centinaia di esperienze promosse nelle nostre parrocchie costituiscono una conferma circa la direzione su cui andare”.

Uno sguardo alla nostra Chiesa
La seconda e ultima parte della prolusione è dedicata ai temi di natura più ecclesiale. Il cardinale Bagnasco ha ribadito che l’anno giubilare ha portato tanti a diventare loro stessi strumenti di misericordia. Il pensiero del presidente della Cei è poi andato grato e fiducioso ai presbiteri:

“Episodi di infedeltà al ministero e di oggettivo scandalo sono motivo di dolore, ma non fanno comunque venir meno la stima e l’ammirazione per il Presbiterio nel suo complesso”.

Il porporato ricorda poi che “Il rinnovamento del clero a partire dalla formazione permanente, più che un’esigenza di aggiornamento e qualificazione”, deve rimandare “a un mistero di vocazione che trascende l’uomo”. Bagnasco si sofferma quindi su alcuni ambiti sui quali investire con convinzione:

“Innanzitutto, la relazione di amicizia con il Signore: non esiste un pascere il gregge che non sia sostanziato dall’incontro personale con Gesù Cristo e dal permanere in Lui […].L’anima del ministero rimane la carità pastorale, segno di un sacerdozio consacrato a essere presenza di Gesù buon Pastore”.

Verso il sinodo dei vescovi sui giovani
Dai presbiteri ai giovani. Il cardinale Bagnasco spiega che “il volto bello della Chiesa è riflesso anche e soprattutto nelle nuove generazioni”. In questa luce, il porporato si dice grato al Santo Padre di aver scelto come tema della prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi proprio ‘I giovani, la fede e il discernimento vocazionale’. Secondo il cardinale è fondamentale coinvolgere i ragazzi in esperienze di servizio:

“Accanto a loro, per loro e con loro, intendiamo testimoniare ragioni di vita, affascinandoli alla fede in Gesù e a cercare risposta alle domande più profonde del cuore, quelle che la cultura dominante vorrebbe distrarre o liquidare con l’offerta di strade menzognere”.

Unità dei cristiani
Infine il presidente della Cei ricorda che in questi giorni la Chiesa vive la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Un’unità definita “decisiva” affinché il “mondo creda”. A tale scopo il cardinale Bagnasco ricorda il viaggio del Santo Padre in Svezia, in occasione del quinto centenario della Riforma luterana e incoraggia tutte le comunità italiane “a compiere ogni passo, pur piccolo, che aiuti a progredire verso la comunione fraterna”.

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Trump cambia politica commerciale: no a Tpp, rinegoziare Nafta

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Inizia a prendere forma la politica del neopresidente americano Donald Trump. Tra le prime misure, la limitazione dei fondi per le organizzazioni che praticano l’aborto e nel settore del commercio internazionale, il ritiro di Washington dal Partenariato Trans-Pacifico (TPP), che regola gli investimenti degli Usa con altri 11 Paesi dei continenti americano e asiatico, e la volontà di rinegoziare il NAFTA, il Trattato di libero scambio con Canada e Messico. Sul significato di queste decisioni, Giancarlo La Vella ha intervistato Mattia Diletti, docente di Politica Internazionale americana, all’Università La Sapienza di Roma: 

R. – Sono trasformazioni importanti e stiamo vivendo un’epoca importante. Va visto in che direzione va il mondo e in che direzione vanno le relazioni tra i Paesi: perché non è un presidente isolazionista. E’ vero che è un presidente protezionista, ma lo è relativamente, nel senso che la sua idea è quella che sostanzialmente nel sistema si vada "liberi tutti", adesso. Gli Stati Uniti declinano la posizione di pivot della gestione degli accordi commerciali globali, con i quali danno e prendono ma comunque danno indirizzo; e questo "liberi tutti" genererà reazioni in tutte le capitali mondiali, vale a dire: lo stesso Messico, adesso può pensare di andare a cercarsi i cinesi; non siamo più nel ’94, quando si fece l’accordo in cui gli Stati Uniti erano l’unica potenza … c’è veramente un mondo in movimento, e i cinesi faranno la loro politica più aggressiva nella ricerca di accordi bilaterali. Non è solo l’America, ma tutti cercheranno accordi tra Paesi – le medie e le grandi potenze – e quindi avremo un momento quantomeno interessante, da osservare.

D. – Una situazione che rischia di far fuori l’Europa, in questo momento di crisi nel dialogo interno di Bruxelles …

R – L’Europa deve decidere che fare, perché tutti i Paesi hanno la potenzialità e l’occasione per fare politiche diverse; bisogna scegliere di farle. Si capirà quanto conti la dimensione europea, quanto conti la dimensione nazionale, quanto conti la dimensione tedesca; se gestita male è un colpo per l’economia europea, se gestita in modo intelligente si possono limitare i danni. Poi, con l’Europa, in questo momento c’è un discorso aperto sulla questione delle spese economiche, anche in termini di difesa …

D. – La politica estera che sta disegnando Donald Trump, rischia di creare un futuro di contrapposizioni, soprattutto tra le grandi potenze?

R. – Non c’è dubbio. Non sappiamo a che livello, non sappiamo in che modalità; aspettiamo di vedere come verranno gestiti alcuni passaggi di crisi, se è vero o meno – per esempio – che i coreani vogliono testare un altro missile e dirigerlo verso gli Stati Uniti per vedere l’effetto che fa; non sappiamo bene cosa accadrà … Però, Trump ha anche un approccio realista perché è uno che sostanzialmente vuole fare gli affari che considera migliori per il suo Paese. Quindi probabilmente in alcuni frangenti ci sorprenderà. E’ più pragmatico che ideologico. Quindi, vedremo quale sarà poi la vera modalità di gestione delle crisi.

D. – E’ plausibile, secondo lei, un confronto che alcuni osservatori fanno tra Donald Trump e il Reagan prima maniera, o addirittura Bush padre, altri presidenti dell’area repubblicana?

R. – No, perché loro erano atlantisti, il contesto della Guerra Fredda era un contesto troppo diverso; Trump è una cosa nuova, è una cosa nuova il momento storico che stiamo vivendo … Chissà se hanno ragione quegli economisti che dicono che il centro di accumulazione capitalistica mondiale, quello dell’Asia – l’America sta cercando di frenare questa inversione di tendenza – era un mondo diverso e quei repubblicani erano molto più simili ad alcuni democratici di quanto non sia Trump simile a quei repubblicani.

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Vescovi Congo: se non c'è presto l'accordo "è finita"

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Entro il 28 gennaio dovrà essere firmato l’accordo di attuazione delle intese raggiunte il 31 dicembre 2016 tra maggioranza ed opposizioni nella Repubblica Democratica del Congo avvertono i vescovi congolesi, che continuano a mediare tra le parti per risolvere la grave crisi politico e istituzionale del Paese. Lo riferisce l’Agenzia Fides.

“Stiamo per perdere un mese per organizzare le elezioni. L’accordo doveva essere applicato fin dalla sua firma” ha affermato mons. Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Mbandaka-Bikoro e vice-presidente della Conferenza Episcopale. “Noi partiamo il 29 gennaio per Ginevra. Se entro sabato 28 l’accordo d’attuazione non sarà firmato è finita”. Mons. Ambongo ha anche criticato “la cattiva fede dei politici” che “mette a dura prova la nostra pazienza di pastori”.

Il cosiddetto “Accordo di San Silvestro”, raggiunto il 31 dicembre 2016 grazie alla mediazione della locale Conferenza Episcopale (CENCO), prevede il mantenimento al potere del Presidente Joseph Kabila per un altro anno (il suo mandato era scaduto il 20 dicembre), la nomina di un Premier designato dall’opposizione e la creazione di un Consiglio nazionale di sorveglianza dell’accordo e del processo elettorale (Conseil national de suivi de l’accord et du processus électoral CNSAP) guidato dallo storico oppositore Étienne Tshisekedi. I punti in discussione riguardano la nomina del primo ministro, dei suoi Vice e dei componenti del Consiglio nazionale di sorveglianza. Vi sono divisioni sia all’interno del vasto schieramento dell’opposizione, sia tra questo e la maggioranza presidenziale.

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Pakistan: iniziato dibattito per emendare la legge sulla blasfemia

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E' iniziato nel Senato pakistano il dibattito per emendare la controversa "legge sulla blasfemia", composta dagli articoli del Codice penale che puniscono con l'ergastolo o la pena di morte il vilipendio all'islam. E' stato il senatore musulmano Farhatullah Baber, membro del Pakistan People's Party e rappresentante della speciale Commissione del Senato pakistano sui diritti umani, a introdurre nell’assise il tema della ricerca di strade per fermare l'abuso di quella legge . Lo riferisce l’Agenzia Fides.

Il nuovo tentativo di discutere la questione in Parlamento giunge un decennio dopo che il parlamentare Minocher Bhandara, un zoroastriano, aveva presentato nel 2007 una proposta di legge con emendamenti alla legge sulla blasfemia. La proposta fu subito bloccata dall'allora ministro degli affari parlamentari, Sher Afgan Niazi, per il timore di urtare i sentimenti dei musulmani, appellandosi al principio per cui "nessuna legge deve contraddire le legge islamica". 

Nel 2010, poi, fu la parlamentare Sherry Rehman del Pakistan People's Party a presentare un nuovo disegno di legge per modificare la legge sulla blasfemia, ma fu minacciata di morte e costretta a ritirarlo. Dopo gli omicidi eccellenti del governatore del Punjab, Salmaan Taseer, e del ministro federale cattolico, Shahbaz Bhatti, che si erano esposti in difesa della cristiana Asia Bibi, condannata a morte per blasfemia, il dibattito venne del tutto messo a tacere. Ora è il senatore Farhatullah Baber a reintrodurre il tema in Parlamento.

Si registrano però subito dei tentativi per fermare la possibilità di emendare la legge: l'avvocato Nadeem Siddiqi ha presentato ieri un ricorso all'Alta Corte di Lahore criticando il senatore Babar e chiedendo alla Corte di fermare il dibattito, in quanto "il Parlamento non può fare una legge in contrasto con i principi islamici". La Corte dovrebbe rispondere entro due settimane. "L'uso improprio della blasfemia fa soffrire tanti innocenti, di ogni fede, e spesso si ritorce contro i cristiani e le altre minoranze religiose. Centinaia di cittadini pakistani languono nelle carceri per anni per crimini che non hanno mai commesso. Asia Bibi è forse l'esempio più noto del modo in cui questa legge è utilizzata per colpire le minoranze" afferma una nota dell'Ong “Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement” (CLAAS) , inviata a Fides.

"La legge sulla blasfemia viola chiaramente i diritti umani internazionali, come il diritto alla vita, alla libertà di credo, alla libertà di parola e di coscienza: è urgente riallineare la legge pakistana con i trattati internazionali ratificati dal governo pakistano" afferma l'avvocato cristiano Nasir Saeed, responsabile di CLAAS. "Tutti noi che ci opponiamo alla legge sulla blasfemia in Pakistan - osserva - siamo chiamati a pregare per la protezione di quanti si espongono in Parlamento, perché gli sforzi della Commissione siano fecondi e il governo si impegni a modificare la legge sulla blasfemia, fermandone l'uso improprio. Riformando questa legge, il Pakistan dimostrerà al mondo di essere una nazione responsabile che si preoccupa delle minoranze e crede e promuove a uguaglianza, la pace e la giustizia".

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India: pastore evangelico arrestato perché distribuiva bibbie

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In India, il pastore K.A. Swamy è stato arrestato nella zona di Tankbund a Hyderabad, nel Telangana, mentre distribuiva copie della Bibbia. La notizia – ripresa dall’Agenzia AsiaNews - viene diffusa da Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), che spiega: “L’uomo è stato aggredito da un gruppo di fanatici che gli hanno ordinato di bloccare la distribuzione e lo hanno incolpato di proselitismo con false accuse”. In seguito il pastore è stato condotto presso la stazione di polizia locale, dove è stato tenuto in custodia per tutto il giorno e sottoposto a tortura mentale e fisica. Nonostante tutto, “è rimasto fermo nella sua fede e ha dichiarato che egli stava esercitando un suo diritto fondamentale”. Rilasciato in serata, è stato colpito da una paralisi e trasportato d’urgenza al Kamineni Hospital. Lì i medici hanno diagnosticato una grave emorragia cerebrale. Ad oggi le sue condizioni sono critiche ed è ricoverato per ulteriori accertamenti.

Sajan K George parla delle persecuzioni contro i cristiani, frequenti ancora oggi. “Mentre ricordiamo nella preghiera il brutale omicidio del pastore Graham Staines e dei due figli più piccoli – dice – è importante osservare che il loro sangue che scorreva a fiotti non è stato versato invano, ma è insieme al sangue dei martiri di Kandhamal”. Ricordando la morte del missionario australiano avvenuta nel 1999, preludio delle persecuzioni subite dai cristiani dell’Orissa nel 2008, il leader cristiano ortodosso sostiene che il sacrificio del pastore anglicano e quello dei 100 martiri di Kandhamal non hanno frenato la spinta alle vocazioni, in aumento nello Stato indiano.

Il presidente del Gcic riferisce che “il movimento vigila sul rispetto della libertà religiosa ed è attento alla salvaguardia delle garanzie costituzionali per la minuscola minoranza cristiana dell’India, che rappresenta poco più del 2% della popolazione totale”. “Dobbiamo ringraziare Gesù Cristo – continua – per il miracolo avvenuto a Kandhamal e in tutta l’Orissa, dove il sangue dei martiri è stato versato nel suo nome”.

Il Gcic, conclude, “piange le vittime di Kandhamal e continua negli sforzi affinché sia data giustizia ai parenti e ai sopravvissuti. Allo stesso tempo, celebriamo la loro fede eroica e il bene che Dio ci ha donato dopo tutto quel male. Preghiamo inoltre per il pastore K.A. Swamy, le cui condizioni sono serie. Possa il sangue dei martiri essere il seme dei futuri cristiani e dell’unità ecumenica”.

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I vescovi del Perù: no a teoria del gender nelle scuole

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“I principi dell'istruzione di base nel Paese dovrebbero seguire quanto stabilito dalla Legge generale dell'Istruzione e dalla Costituzione. Riconoscendo molti aspetti positivi del programma di studi, richiamiamo l’attenzione sul fatto che il Ministero della Pubblica Istruzione abbia incluso nozioni che non provengono dalla Costituzione ma dalla cosiddetta ideologia di genere. Questa procedura capovolge seriamente l'ordinamento giuridico costituzionale: una normativa di livello inferiore non può essere al di sopra di una legge o contraddire la Carta fondamentale dello Stato". E’ quanto si legge nel comunicato diffuso dai vescovi del Perù, a conclusione della 109 Assemblea ordinaria della Conferenza Episcopale, che riguarda i principi della pubblica istruzione nel Paese.

"E’ stato creato un clima di confusione tra i peruviani per quanto riguarda il ruolo tutelare dello Stato nei confronti della famiglia e del matrimonio - continua il testo pervenuto a Fides - ed è stato violato il diritto dei genitori di scegliere il tipo di educazione che vogliono per i loro figli". "Per il bene dei nostri bambini, degli adolescenti e delle famiglie peruviane, fino a quando non si raggiunge un accordo secondo l'ordine costituzionale stabilito, sollecitiamo l'eliminazione nel nuovo programma di studi delle nozioni sull'ideologia di genere" concludono i vescovi.

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Al Senato il ddl sul sostegno ai familiari di disabili gravi

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Maggiori tutele sul fronte del lavoro, sulla salute e l’assistenza per chi si prende cura di disabili gravi. E’ quanto per anni hanno chiesto i familiari di tante persone che sperano nel disegno di legge sui "caregiver", la cui discussione oggi comincia in Senato. Vite immancabilmente cambiate dall’irrompere della malattia e costrette a combattere anche con i ritardi delle istituzioni. Ma chi sono i "caregiver"? Al microfono di Benedetta Capelli risponde Loredana Ligabue, segretaria di Carer, associazione caregiver famigliare dell’Emilia Romagna: 

R. – La definizione di “caregiver” identifica il familiare del convivente, la persona amica, che si prende cura per ragioni affettive di una persona cara che si trova in condizioni di non autonomia o di limitazioni fisiche e cognitive.

D. – Qual è la situazione in Italia da questo punto di vista?

R. – Prima di tutto abbiamo dei dati che da una rilevazione – l’unica fatta in Italia – dell’Istat del 2010, ci dicono che i caregiver primari, che hanno quindi una responsabilità primaria di cura nei confronti di un loro familiare sono 3 milioni e 325 mila. Ma se analizzassimo anche quelli non primari arriveremmo assolutamente a delle cifre ancora più importanti e rilevanti.

D. – Quali sono le necessità più urgenti per i caregiver familiari?

R. – Che si giunga ad un riconoscimento giuridico del ruolo del familiare che si prende cura, che sia cioè data cittadinanza e visibilità a questo difficile compito e funzione che riguarda milioni di persone del nostro Paese, che hanno bisogno in primo luogo - noi riteniamo - di supporto, di aiuto e di servizi per affrontare una problematica complessa, difficile, che cambia significativamente la loro vita.

D. – Si arriva ad un impoverimento relazionale, ma anche professionale, quando bisogna prendersi carico di una persona vicino a noi…

R. – Quando il carico di cura richiede di avere continuità cambia significativamente la vita del familiare che si prende cura: inizia, prima di tutto, la necessità di dover assumere questa responsabilità e su questa la problematica della conciliazione tra la propria vita, la vita della persona cara, il lavoro, il nucleo familiare. C'è poi da dire che sono in primo luogo le donne nel nostro Paese che affrontano questa problematica: e in questo contesto il primo passaggio da fare è quello con il lavoro, che porta purtroppo molto persone a dover passare al part-time, al dover poi arrivare a lasciare e ad abbandonare il lavoro. Poi si perdono le relazioni spesso amicali, le relazioni sociali: quindi si tende a vivere in un contesto che diventa sempre più chiuso tra la propria realtà e quella della persona che si assiste. Si perde anche da un punto di vista economico, perché vengono meno delle entrate, le entrate del lavoro, e aumentano i costi. La non autosufficienza costa! Le problematiche della disabilità costano! E questo perché occorrono ausili, occorrono farmaci, occorrono visite specialistiche…

D. – Abbiamo parlato di tutto quello che si perde. C’è qualcosa che, invece, si guadagna nell’assistere un familiare?

R. – Sì! I familiari con cui abbiamo rapporto ci dicono: “Si!”. Certamente ci sono delle perdite, delle perdite importanti; ma c’è anche un cambiamento profondo di valori, di priorità; c’è anche il senso importante e rilevante di sapere che si sta agendo per dare affetto, cura e amore ad una persona che ti ha dato: che ti ha dato la vita, che ti ha dato amore, che ti ha dato affetto… Quindi c’è una compensazione affettiva importante in questa direzione e c’è indubbiamente anche una acquisizione di competenze, perché questa esperienza di cura che si prolunga nel tempo porta anche a questo. Tutto quello che stiamo dicendo in termini di valori positivi non deve però essere un alibi per non guardare a tutto il resto: e cioè il bisogno di aiuto, il bisogno di supporto, che queste persone – per continuare a svolgere questa loro funzione – hanno. Non si può essere caregiver per 24 ore al giorno ed essere in questo tipo di direzione senza avere supporti e senza avere aiuti.

 

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 24

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.