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Sommario del 04/01/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: nella vita spesso le lacrime sono semi di speranza

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Nella catechesi all’udienza generale, stamattina nell’Aula Paolo VI, proseguendo il tema della speranza cristiana, Francesco presenta la figura biblica di Rachele che  piange i suoi figli in esilio e il suo pensiero va a quanti anche oggi sono lontani dalla patria. L’evangelista Matteo cita il brano del profeta Geremia per descrivere la “strage degli innocenti” e il Papa ricorda la triste attualità a causa del potere che ancora disprezza e sopprime la vita. Adriana Masotti

Una figura di donna che parla della speranza vissuta nel pianto: è Rachele, la sposa di Giacobbe che muore nel dare alla luce il suo secondogenito. Nel brano biblico di oggi, da cui prende spunto la catechesi del Papa, il profeta Geremia cita Rachele rivolgendosi agli Israeliti in esilio per consolarli e attraverso Rachele presenta una realtà, dice Francesco, “di dolore e di pianto, ma insieme con una prospettiva di vita impensata”. Rachele piange per i figli che in un certo senso sono morti andando in esilio:

"Davanti alla tragedia della perdita dei figli, una madre non può accettare parole o gesti di consolazione, che sono sempre inadeguati, mai capaci di lenire il dolore di una ferita che non può e non vuole essere rimarginata. Un dolore proporzionale all’amore. Ogni madre sa tutto questo; e sono tante, anche oggi, le madri che piangono, che non si rassegnano alla perdita di un figlio".

Rachele, prosegue il Papa, non vuole essere consolata e questo ci insegna anche quanta delicatezza ci viene chiesta davanti al dolore altrui:

"Per parlare di speranza a chi è disperato, bisogna condividere la sua disperazione; per asciugare una lacrima dal volto di chi soffre, bisogna unire al suo il nostro pianto. Solo così le nostre parole possono essere realmente capaci di dare un po’ di speranza. E se non posso dire parole così, con il pianto, con il dolore, meglio il silenzio. La carezza, il gesto e niente parole”.

La madre, che aveva accettato di morire al momento del parto, perché il figlio potesse vivere, con il suo pianto è ora principio di vita nuova per i figli esiliati, prigionieri, lontani dalla patria:

"Al dolore e al pianto amaro di Rachele, il Signore risponde con una promessa che adesso può essere per lei motivo di vera consolazione: il popolo potrà tornare dall’esilio e vivere nella fede, libero, il proprio rapporto con Dio. Le lacrime hanno generato speranza. E questo non è facile da capire, ma è vero. Tante volte, nella vita nostra, le lacrime seminano speranza, sono semi di speranza".

Il testo di Geremia, dice ancora il Papa, viene ripreso dall’evangelista Matteo è applicato alla strage degli innocenti mettendoci di fronte alla tragedia dell’uccisione di esseri umani indifesi, all’orrore del potere che disprezza e sopprime la vita. "I bambini di Betlemme morirono a causa di Gesù". E Lui, Agnello innocente, sarebbe poi morto, a sua volta, per tutti.

"Il Figlio di Dio è entrato nel dolore degli uomini: non dimenticare, questo. Quando qualcuno si rivolge a me e mi fa domande difficili, per esempio: 'Ma mi dica, Padre: perché soffrono i bambini?', davvero, io non so cosa rispondere. Soltanto dico: 'Ma guarda il Crocifisso: Dio ci ha dato il Suo Figlio, Lui ha sofferto, e forse lì troverai una risposta. Ma risposte di qua [indica la testa], non ci sono. Soltanto guardando l’amore di Dio che dà Suo Figlio che offre la sua vita per noi, può indicare qualche strada di consolazione”. E per questo diciamo che il Figlio di Dio è entrato nel dolore degli uomini; ha condiviso ed ha accolto la morte; la sua Parola è definitivamente parola di consolazione, perché nasce dal pianto".

Tanti i bambini ancora vittime di conflitti e violenze: nei saluti ai pellegrini di lingua araba, il Papa si rivolge in particolare a quelli provenienti dalla Giordania, dall’Iraq e ‎dal ‎Medio Oriente dove si continua a morire. Infine, ai pellegrini polacchi ricorda che dopodomani sarà l’Epifania del Signore. “Per le strade delle vostre città e di molte località, dice, sfileranno solenni cortei dei Magi. Partecipando a queste manifestazioni ricordate a tutti che Gesù, nato a Betlemme è presente nel mondo, è vicino a noi, ci porta la salvezza e vuole abitare nel cuore di ciascuno.

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Appello del Papa: il carcere sia luogo di reinserimento

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Al termine della catechesi, il Papa ha espresso "dolore" per il massacro avvenuto nel carcere di Manaus in Brasilia, dove un violento scontro tra bande rivali ha causato decine di morti. Questo l'appello di Francesco

"Invito a pregare per i defunti, per i loro familiari, per tutti i detenuti di quel carcere e per quanti vi lavorano. E rinnovo l’appello perché gli istituti penitenziari siano luoghi di rieducazione e di reinserimento sociale, e le condizioni di vita dei detenuti siano degne di persone umane. Vi invito a pregare per questi detenuti morti e vivi, e anche per tutti i detenuti del mondo, perché le carceri siano per reinserire e non siano sovraffollate; siano posti di reinserimento. Preghiamo la Madonna, Madre dei detenuti: Ave o Maria, …"

Francesco chiede dunque maggiore reinserimento per i detenuti. Una questione che investe anche l'Italia. Alessandro Guarasci ha sentito don Raffaele Grimaldi, Ispettore dei cappellani: 

R. – C’è sempre il grande dramma di come vivere questo reinserimento, per tanti motivi. All’interno del carcere ci si lavora: attraverso corsi per imparare un mestiere, attraverso il volontariato, attraverso noi cappellani… Cerchiamo veramente di aiutare i carcerati. Il grosso dramma per l’inserimento è quando escono fuori. Viviamo anche una situazione molto precaria di lavoro e già questo influisce negativamente sul pieno inserimento di un detenuto quando esce dal carcere. Ma soprattutto la nostra società dovrebbe avere un’attenzione particolare a coloro che hanno sbagliato: usare misericordia senza chiudere il cuore alle opportunità che si potrebbero dare.

D. – Lei in questo momento vede una situazione di sovraffollamento nelle carceri italiane? Questo era vero fino a un paio di anni fa, poi c’è stata in sostanza una deflazione: c'è un ritorno a una carcerazione "facile"?

R. – Certamente un detenuto che esce e che non trova lavoro e che non trova inserimento, più facilmente rischia di rientrare in carcere... C’è una situazione anche di fragilità umana, che vivono i carcerati quando escono.

D. - Ritiene che in Italia si percorra in modo serio la strada delle pene alternative? Sappiamo che se non si è in carcere, è più difficile una recidiva…

R. – Partiamo dal fatto che comunque le leggi ci sono. Il problema è attuarle, questo è tutto. I magistrati dovrebbero chiaramente dare più fiducia, puntare molto sulla responsabilità del detenuto, anche con rischi - questo è vero - ma sappiamo che il detenuto quando esce ha bisogno di essere accolto dalle comunità. Questo lo aiuta a non ricadere più negli stessi errori.

D. – Secondo lei, la figura del cappellano è valorizzata in modo adeguato nelle carceri?

R. – Certamente è un punto di riferimento sia per i detenuti, sia per la polizia penitenziaria, sia per il volontariato. Chiaramente, in questo ultimo periodo, un po’ per tante situazioni, la figura del sacerdote, del cappellano, viene messa in ombra. Dipende però anche da noi cappellani, da come lavoriamo all’interno, da come ci impegniamo, come ci rapportiamo con la Direzione, con i detenuti, con i volontari. Io penso che se siamo anche noi capaci di interagire positivamente con impegni forti, la figura del cappellano viene ben riconosciuta, all’interno della struttura penitenziaria.

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Domani dal Papa le persone colpite da terremoto. Vescovo Ascoli: grande conforto

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Domani Papa Francesco incontrerà in Aula Paolo VI le popolazioni colpite dal terremoto, tante persone che, da un Centro Italia ferito, verranno ad ascoltare una parola di conforto. Nell'intervista di Giulia Angelucci  la gioia per questo incontro di mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno: 

R. - Verranno quasi tutti i terremotati, quelli che possono. Saremo una decina di pullman, quindi cercheremo di portare la loro presenza. La parola del Papa, che è ci è stato sempre vicino, sarà sicuramente di grande conforto. Anche questi sono gesti che incoraggiano e danno speranza.

D. Quali misure si stanno adottando per la popolazione con l’arrivo dell’inverno?

R. – Intanto i nostri cittadini non sono nelle tende, si trovano negli alberghi o nelle case. Ci stiamo assicurando che tutti possano avere un tetto e la possibilità di essere riparati dal freddo che ormai sta arrivando. Tutto questo è possibile grazie alla collaborazione delle Istituzioni e dei comuni che mostrano impegno; si sta realizzando un’ottima sinergia tra tutte le istituzioni per affrontare queste emergenze che continuano.

D. - Come hanno vissuto le feste i terremotati?

R. - Con una certa tristezza, ma anche con grande solidarietà perché noi abbiamo cercato di stare con loro. Ho celebrato la Messa della notte di Natale con loro; abbiamo messo in atto varie iniziative perché non si sentissero soli e, vedere spuntare un sorriso sul volto di persone anziane che rimpiangevano le loro case distrutte o di bambini che si trovano spaesati magari negli alberghi fuori dai loro contesti, per noi è stato il segno che qualcosa insieme si può fare.

D. - La Diocesi ha in mente qualcosa da proporre alle famiglie che purtroppo continuano periodicamente ad essere colpite dal terremoto?

R. – C’è una presenza costante di volontari – sono più di 150 – che stanno incessantemente accanto a loro. Stiamo accogliendo vari gruppi che vengono da ogni parte di Italia a trascorrere alcuni giorni qui. Sono venuti tanti giovani dalla Puglia, dalla Lombardia, dall’Emilia Romagna… Stiamo mettendo in atto dei progetti che non siano interventi momentanei, ma che facciano parte di un percorso che duri per tutto l’anno e anche oltre. Ad esempio, stiamo mettendo in atto la “bottega della speranza” che raggruppa varie iniziative che riguardano i bambini, i giovani, gli adulti, gli anziani e anche coloro che hanno degli handicap. Per ognuno di loro stiamo lavorando per trasformare il terremoto da un disastro geologico e morale, che ha distrutto le persone, in un’opportunità per creare qualcosa di nuovo. Sto vedendo che le comunità accolgono fratelli delle altre comunità terremotate… Insomma si sta creando un clima che spero possa mantenersi e possa essere segnale di una ripartenza, di un nuovo modo di stare insieme. Il terremoto ha distrutto, ma grazie al Signore stiamo cercando di ripartire insieme. Ci troviamo sempre nella precarietà: una precarietà condivisa dove la gente terremotata percepisce sempre più che non è sola. E se anche i riflettori della grande stampa, dei media ci stanno abbandonando – ma è anche un fatto comprensibile – a livello locale si sta creando una sinergia per cui si lavora sempre di più insieme. È un aspetto che mi piace mettere in luce: i terremotati non sono delle persone da assistere ma sono dei protagonisti che insieme ai volontari costruiscono qualcosa di nuovo per loro stessi.

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Card. Baldisseri: pastorale delle famiglie nell’Amoris laetitia

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La «Chiesa in uscita» è contemporaneamente «anche la Chiesa dalle porte aperte». È questa la realtà emergente dal cammino sinodale sulla famiglia che ha trovato piena espressione pastorale nell’esortazione apostolica Amoris laetitia. Lo ha spiegato il card. Lorenzo Baldisseri in una conferenza tenuta a Civitavecchia: le parole chiave del documento «accogliere, accompagnare, discernere e integrare», ha detto il segretario generale del Sinodo dei vescovi, sono un messaggio di speranza per tutte le famiglie, anche per quelle che vivono situazioni di difficoltà e di crisi, segnate dalla fragilità o dalle ferite. 

Usato il metodo del discernimento
Il porporato ha spiegato nei dettagli l’intero cammino sinodale, dalla consultazione del popolo di Dio recepita nell’instrumentum laboris, alla discussione «aperta e franca» delle due assemblee che ha portato alla relatio finalis, fino al documento del Pontefice. Un iter che è stato «l’attuazione pratica della maniera in cui Papa Francesco intende la sinodalità come esercizio permanente nella vita ecclesiale». Il metodo usato,è quello del "discernimento" che è stato la linea guida per affrontare gli innumerevoli casi che si sono presentati di fronte ai padri sinodali. 

La normativa e la Dottrina della Chiesa non subisce variazioni
«Amoris laetitia — ha sottolineato il segretario generale del Sinodo — usa il verbo discernere soprattutto nel capitolo ottavo, collocandolo nel titolo in mezzo ad altri due verbi: accompagnare e integrare la fragilità». Infatti «quando l’amore non corrisponde più alla forma del sacramento nuziale, la Chiesa si prende cura di queste persone ferite, perché possano ritrovare la via del Vangelo, alla luce del primato della grazia di Dio che mai abbandona». Di qui la dimensione dell’accoglienza. Ciò non significa, ha precisato il porporato, che «la normativa e la dottrina della Chiesa» subiscano variazioni o che essa non tenga conto «della riflessione morale tradizionale». Vale però il fatto che tenendo conto della «norma generale», le «situazioni particolari devono essere considerate nella loro specificità».

La delicata questione dei divorziati e risposati civilmente
In questo senso l’Amoris laetitia traccia linee ben chiare riguardo, ad esempio, «la delicata questione dei divorziati e risposati civilmente», con le indicazioni sulla «possibilità della riconciliazione sacramentale e della recezione dell’eucaristia». Si tratta sempre di un «cammino» che favorisce «la maturazione di una coscienza illuminata». Ancora una volta, ha sottolineato il card. Baldisseri, si capisce come «un autentico processo di discernimento» sia «decisivo affinché l’accogliere e l’accompagnare, elementi tipici della Chiesa in uscita, non si limitino a una generica vicinanza alle persone, che — per quanto importante — lascia comunque ognuno nella propria situazione di partenza». Il discernimento, invece, «rende possibile che l’accogliere e l’accompagnare siano finalizzati al compimento di un cammino da percorrere insieme», con l’obiettivo «di “integrare” nella vita della Chiesa tutti coloro che essa avvicina o che le si avvicinano, secondo le possibilità, le tappe e le modalità proprie di ciascuno».

L'importanza della preparazione dei fidanzati al matrimonio
Aspetto conseguente di questa impostazione è poi la cura da mettere nella «preparazione dei fidanzati al sacramento nuziale» e nel loro accompagnamento dopo le nozze. È questo un elemento fondamentale per «evitare la deriva o il fallimento del matrimonio e della famiglia». Quello del «camminare insieme» è, del resto, proprio lo stile necessario in ogni situazione, anche in quelle più difficili nelle quali è richiesto di «accompagnare la fragilità e curare le ferite». (T.C.)

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Oggi in Primo Piano



Turchia: identificato l'attentatore della strage di Capodanno

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Le autorità turche sono riuscite a stabilire l'identità dell'attentatore che la notte di Capodanno ha fatto 39 vittime nel club Reina di Istanbul. Cresce intanto il numero degli arrestati con l’accusa di essere coinvolti nella strage. Il servizio di Giancarlo La Vella

Si stringe il cerchio attorno all’autore dell’attentato di Istanbul. L’annuncio è stato fatto stamani direttamente dal ministro degli Esteri di Ankara, Cavusoglu. Dell’uomo identificato non vengono per ora fornite generalità e provenienza. Sarebbe giunto a Istanbul diversi giorni prima dell’attentato e avrebbe dimenticato, prima della strage, i documenti in un taxi. Effettuati anche cinque arresti nei confronti di persone che avrebbero avuto un contatto con il terrorista. Smentita, invece, ogni responsabilità del 28enne kirghiso arrestato nei giorni scorsi. Una cinquantina le persone finora fermate. Intanto, nel Paese è stato prorogato di tre mesi lo stato d’emergenza. Sulla questione terrorismo ha parlato il presidente Erdogan nel suo primo discorso pubblico del 2017. “Lo scopo principale degli attacchi terroristici – ha detto – è quello di distruggere il nostro equilibrio, di metterci gli uni contro gli altri”. Richiamando alla responsabilità tutta la popolazione turca, Erdogan afferma ancora: “La Turchia non si arrenderà al terrorismo e non permetterà che i terroristi sfruttino le differenze nella società, provocando la sua polarizzazione. Abbiamo la capacità di far fronte a questi attacchi".

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Pakistan: accuse di blasfemia per figlio governatore del Punjab ucciso

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Pakistan. Rischia di essere incriminato a causa di un video ritenuto offensivo dai gruppi integralisti del Pakistan, Shaan Taseer figlio di Salman, ex governatore del Punjab, di cui oggi ricorre il sesto anniversario della morte per aver difeso la donna cristiana Asia Bibi. L’uomo nel filmato ha chiesto alle persone di pregare per coloro che sono in carcere a causa della legge sulla blasfemia. Ascoltiamo la riflessione di prof. Mobeen Shahid, presidente dell’Associazione dei Pakistani Cristiani in Italia raccolta da Marina Tomarro

R. – Le accuse contro Shaan Taseer sono legate al fatto che il padre aveva chiamato questa legge la “legge nera” e Shaan ha criticato questa legge proprio raccontando il  fatto che questa legge non rispetta in nessuna maniera i diritti umani. Prima di tutto, infatti, è solo per una religione e la condanna è a morte: non c’è la possibilità di far vedere la propria innocenza. Un esempio reale molto conosciuto è quello di Asia Bibi ma, a prescindere da questo, ci sono molti casi dove l’accusato viene ucciso ancora prima che si possa arrivare in tribunale. La reale situazione per i cristiani del Pakistan è effettivamente tanto discriminante e c'è un forte  abuso di potere contro questa minoranza religiosa: si è trasformata in una persecuzione dei cristiani.

D. – Asia Bibi rischia nuovamente un’incriminazione dovuta proprio al messaggio di perdono lanciato a Natale, cosa sta succedendo in questo caso?

R. – La situazione è molto grave perché dopo il pensionamento del presidente della Corte suprema il rischio è che ci sia ancora molto più ritardo per istituire la nuova commissione giudiziaria per decidere al riguardo. Infatti è la commissione stessa che dovrebbe dare un’altra data per l’udienza. Quindi i tempi di prigionia si allungano per Asia Bibi e intanto è possibile che qualche altra prigioniera la attacchi oppure qualcuno che sorveglia, della polizia, preso dal sentimento religioso, attacchi Asia Bibi e la uccida nella prigione.

D.  – Perché tutto questo accanimento contro di lei, contro il suo caso?

R. – Contro Asia Bibi perché è diventata il caso singolo. Fino alla morte di Salman Taseer, Shabaz Bhatti, e l’appello della comunità internazionale, il caso di Asia Bibi non aveva nessuna visibilità. Ora, uccidere Asia Bibi diventa ancora più importante per i gruppi fondamentalisti perché non sono riusciti a difendere Mumtaz Qadri, la guardia del corpo di Salman Taseer, che lo uccise, e che poi è stato condannato a morte. L’esecuzione è avvenuta solo qualche mese fa. Ancora di più sono accaniti contro Asia Bibi proprio per portarla alla condanna a morte e creare il caso singolo per far vedere la propria influenza nella vita dello Stato del Pakistan.

D. – Qual è in questo momento la situazione dei cristiani in Pakistan? C’è qualche speranza che vada a migliorare la loro situazione?

R. – Ci sono due possibilità.  Primo, grazie anche al lavoro del ministro federale Kamran Michel, ci sono stati vari momenti a Natale dove i musulmani sono andati anche a fare gli auguri nella Chiesa ai cristiani e i cristiani hanno potuto incontrare i musulmani anche nelle moschee. Ma, in particolare, vorrei attirare l’attenzione sul fatto che la fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre” sta finanziando progetti per lo sviluppo e la protezione delle donne in Pakistan: dalla Chiesa cattolica vengono assistite le donne che sono vittime di abusi sessuali, abusi anche di conversione forzate, per arrivare a un certo punto, se è possibile, ma con molta difficoltà, alla reintegrazione di queste donne nella società.

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Usa. Trump volta pagina su Obama: no alla chiusura di Guantanamo

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Negli Stati Uniti è scontro tra Trump e Obama su Guantanamo. Il Presidente eletto è pronto a bloccare le scarcerazioni dalla base americana. Inoltre, ieri il nuovo Congresso a maggioranza repubblicana ha introdotto una risoluzione per cancellare la riforma sanitaria voluta da Obama, mentre la Ford annuncia lo stop di una nuova fabbrica di auto in Messico. Trump rilancia anche la questione del muro al confine con il Paese latino-americano. Sulla reale concretezza dei progetti di Trump, Giancarlo La Vella ha intervistato Fernando Fasce, già docente di Storia americana all’Università di Genova: 

R. - È indubbia la determinazione del neo Presidente; si tratta di vedere quanto effettivamente questo potrà essere realizzato. È vero che i repubblicani hanno il Presidente, la Camera e il Senato; tuttavia al Senato non hanno quella maggioranza che li garantisca da un possibile ostruzionismo democratico. A sua volta, al Presidente non mancano problemi con l’establishment repubblicano.

D. – Decisioni, soprattutto quella sul passo indietro sullo smantellamento di Guantanámo oppure dei rapporti commerciali con il Messico, che potrebbero porre gli Stati uniti su un piano diverso anche in campo internazionale …

R. - Sicuramente. La questione di Guantanámo ha talmente infiammato l’opinione pubblica statunitense e internazionale  - sulla quale si sono appuntate poi le critiche a Obama per non essere riuscito a chiudere la base - che è difficile pensare che non scateni di nuovo delle forti polemiche. Quanto alla questione dei rapporti con il Messico, e in generale i rapporti di interdipendenza economica, si è parlato addirittura di possibili guerre commerciali e se e come gli Stati Uniti se le possano permettere.

D. - Quali i rischi di una cancellazione dell’ObamaCare, ovvero la riforma sanitaria voluta dal Presidente Obama?

R. - I rischi sono pesanti, perché l’ObamaCare è molto discussa e tuttavia sono indubbi i risultati: venti milioni in più di americani hanno avuto l’assistenza sanitaria. La gente, in qualche modo, si sta abituando all’idea della sanita come un diritto, sia pur parziale.

D. - In campo internazionale si va delineando una sorta di alleanza tra Stati Uniti e Russia, ma frizioni con la Cina …

R. - Sì, questo è un problema serio anche tenendo conto che la Cina non solo è una superpotenza economica, non solo detiene una parte consistente del debito pubblico statunitense, ma è anche cresciuta come potenza militare. Questo, decisamente, dovrebbe indurre la neo amministrazione statunitense a riflettere seriamente.

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Cona, migranti trasferiti. Anci: dai sindaci sì all'accordo

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Sono un centinaio i migranti trasferiti in Emilia Romagna dal Centro di accoglienza di Cona, teatro delle proteste dei giorni scorsi dopo la morte, per cause naturali, di una giovane donna ivoriana. Intanto si apre la polemica sulle politiche da adottare. La necessità di una accoglienza diffusa è stata ribadita dal presidente dell’Anci, l’Associazione dei Comuni, nonché sindaco di Bari, Antonio Decaro, che risponde ai prefetti per i quali non tutti i sindaci sarebbero pronti ad ospitare. “I comuni che accolgono i migranti, a oggi, sono davvero troppo pochi”, è l’avvertimento dei prefetti, al quale però si oppone Decaro, che si dice fiducioso che i primi cittadini saranno pronti a sottoscrivere l’accordo che l’Anci ha firmato con il Viminale e quindi ad accogliere un certo numero di migranti. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato: 

R. – Non sono sicuro dell’adesione da parte di tutti i sindaci, sono sicuro che però i sindaci saranno invogliati, nel senso che l’accordo prevede 2,5 migranti per ogni mille abitanti ed è chiaro che situazioni come quella di qualche giorno fa (nella struttura di Cona ndr) dove, in una comunità di 3 mila persone è stata utilizzata una caserma per ospitare 1.400 migranti, con la clausola di salvaguardia non potranno più accadere. Nel senso che in quel Comune con 3 mila abitanti e quella percentuale ci saranno al massimo 8 migranti che verranno accolti direttamente dalla comunità, dal sindaco, attraverso un progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e scatterà la cosiddetta clausola di salvaguardia. Nessuna prefettura potrà utilizzare caserme, edifici pubblici o strutture ricettive, aumentando il numero di migranti in quella comunità. Il problema che abbiamo vissuto in questi anni è legato all’impatto di un numero elevato di migranti rispetto alla comunità che ospita: quando il numero dei migranti è eccessivo è chiaro che si possono creare problemi per i migranti,  perché tutti all’interno di una stessa struttura. Ci sono poi problemi di impatto sulla comunità che ospita, perché in un comune di 3 mila abitanti portare 1.400 persone è chiaro che crea un problema anche nella gestione dei servizi.

D. – Lei ha già dato la sua approvazione, è favorevole all’accordo Sprar e ci crede molto. Molto meno crede alla riapertura dei Cie (Centri di identificazione e di espulsione) …

R. – Credo al fatto che i sindaci ci mettono la faccia e decidono di fare l’accoglienza: la fanno loro, sono loro a spiegare alla loro comunità, ai propri cittadini, da dove vengono queste persone e quindi si stabiliscono delle regole, si possono utilizzare i servizi sociali, i servizi sanitari, insomma c’è un minimo di integrazione. Per quanto riguarda i Cie, se devono diventare strutture dove collocare per un massimo di 90 giorni persone che abbiano commesso dei reati e quindi debbano essere poi espulse, va bene. Ma se devono diventare dei ghetti, come è avvenuto in passato, noi su questo non siamo d’accordo.

D. – Una questione – anche estremamente delicata – è quella delle cooperative che gestiscono queste strutture. In un passato recente abbiamo visto non poco malaffare nella gestione di queste cooperative. Come si può bypassare anche questo problema?

R. – Facendo dei controlli! E’ chiaro che dove ci sono soldi, dove c’è l’economia, arrivano le aziende e molte aziende magari non si comportano correttamente. E’ un settore molto delicato e andrebbero probabilmente incrementati i controlli. Quello che abbiamo letto sui giornali, visto in televisione o ascoltato in radio, dimostra che in questo settore si sono infilate delle aziende che non hanno scrupoli e questa attività non va confusa con il volontariato: sono due cose diverse. Ci sono cooperative o aziende che lavorano in questo settore, tante e molto brave.  C’è il terzo settore con le cooperative sociali private che fanno un lavoro straordinario, ma ci sono cooperative e aziende che invece cercano di lucrare sulla pelle dei migranti. E’ chiaro che se c’è un’accoglienza diffusa non hai 1.400 persone concentrate nella stessa struttura con una gara che ha fatto la prefettura, ma quelle 1.400 persone vengono distribuite su territorio provinciale con tante piccole gare che fanno i comuni utilizzando piccole strutture ricettive: appartamenti, locali di proprietà del Comune… Non c’è una concentrazione, sono diverse piccole gare e non c’è una concentrazione di migranti, quindi è difficile che arrivi l’azienda che specula sulla vita di queste persone che scappano, nella maggior parte dei casi, dalla guerra e dalla fame.

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Caso tribunale Milano. Gambino: aberrante la maternità surrogata

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“La maternità surrogata è aberrante”, “la vita è ridotta ad una cosa”. Così il giurista Alberto Gambino, presidente nazionale dell’associazione pro-life Scienza & Vita, sul caso della Corte d’appello di Milano. I giudici in sostanza, ribaltando una precedente sentenza, hanno concesso l’iscrizione all’anagrafe di due gemelli riconoscendoli figli di due padri. I piccoli sono nati negli Stati Uniti da una madre surrogata, usando ovociti acquistati e il materiale genetico della coppia italiana. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso Alberto Gambino: 

R. – Il primo commento è che è una decisione che contrasta con almeno due norme del nostro Stato: una che riguarda la surrogazione di maternità, che è vietata dalla legge 40, e l’altra che riguarda proprio la legge Cirinnà, che non estende ai genitori dello stesso sesso la possibilità di adottare, di avere un figlio che non gli appartiene. Queste due norme, con un’interpretazione piuttosto creativa, sono state aggirate.

D.  – A questo punto quali sono le conseguenze?

R. – Intanto è da vedere l’iter giudiziario perché la sentenza arriverà in Cassazione e bisognerà vedere se la giurisprudenza di legittimità, cioè l’ultima istanza, ripristinerà, secondo il principio di legalità, il rispetto delle norme. Le conseguenze immediate sono che in Italia avremo due genitori dello stesso sesso che hanno due gemelli, contro, in particolare, il principio che da noi invece la madre è colei che ha partorito. Nel caso specifico colei che ha partorito è una donna alla quale è stata commissionata una gravidanza, una cosa aberrante. Il nostro ordinamento, infatti, lo vieta perché non è un libero contratto, ma è un contratto dove si sfrutta l’indigenza di una donna la quale per necessità porta in grembo un feto che è stato creato con gameti anche di altri soggetti per poi vederselo estirpato nel momento della nascita, cosa totalmente innaturale e, ripeto, aberrante.

D. – alcuni dicono che non si può parlare sempre di “utero in affitto” perché ci sono casi solidaristici…

R. – Una palese falsità. Voglio veramente vedere quali sono le donne in giro per il mondo che per libertà, per un atto di amore, di solidarietà, rinunciano a quello che c’è di più caro, cioè la vita umana, dentro il proprio grembo. Stiamo attenti su questo, dobbiamo essere intransigenti: è un palese sfruttamento dell’indigenza e talvolta della disperazione di donne.

D. – Un discorso che vale questo sia per le coppie omosessuali sia per le coppie eterosessuali sterili?

R.  – Non c’è dubbio, su questo bisogna essere altrettanto rigorosi.

D. – In sostanza ancora una volta il soggetto più debole, ovvero il bambino, è ignorato come persona e diventa oggetto di desiderio…

R. – E’ così. E tra l’altro qui c’è un’ipocrisia e i giudici si rifanno al “migliore interesse del minore”: ma il migliore interesse del minore dovrebbe essere il minore a esprimerlo! Non gli adulti o addirittura i giudici. E io non sono affatto convinto che il migliore interesse del minore sia quello di avere due papà.

D. – Prof. Gambino, volendolo sottolineare, le tecniche di fecondazione assistita comportano pesanti conseguenze per la salute della donna, la creazione di embrioni soprannumerari, e spesso anche la selezione: cioè, si congela o si sopprime una vita…

R.  – Tutta la produzione della vita extrauterina, e quindi in provetta, mette a repentaglio la vita dell’embrione stesso. Questo embrione di fatto si sta trasformando in qualcosa che assomiglia più a una res, a un bene, a una cosa, che non a un soggetto e quindi poi se ne può purtroppo disporre come se fosse un oggetto.

D.  – Perché secondo lei questa società contemporanea sembra non orientarsi verso il bene dell’altro, penso alle adozioni, e magari si scelgono tecniche che manipolano la vita stessa?

R.  – Perché c’è una concezione ormai serpeggiante molto individualistica, molto legata al diritto del singolo e non alla solidarietà. E la solidarietà significa andare anche contro quella cultura dello scarto che Papa Francesco da più tempo sta reclamando ad alta voce. Qui c’è tanto lavoro da fare.

D. - E questa sarebbe una via di costruzione rispetto ad una mera via di sbarramento che nel tempo sembra retrocedere sempre più…

R. – E’ il tema dell’emergenza educativa: dai banchi di scuola dovremmo recuperare questa cultura della solidarietà. Lo si sta facendo, ci si sta provando, ma alla fine le leggi sono lo specchio della società, per certi versi anche i magistrati sono lo specchio della cultura che serpeggia nella società, quindi a monte il lavoro è davvero culturale prima ancora che giuridico o legislativo.

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Cile: la Caritas in prima linea dopo l’incendio a Valparaíso

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La diocesi di Valparaíso, in collaborazione con la Caritas cilena, ha avviato ieri la Campagna “Valparaíso: la Iglesia siempre contigo” per soccorrere le famiglie colpite dal gravissimo incendio che il 2 gennaio ha colpito la parte collinare della città costiera, provocando forti danni: 50 ettari di terreno in fumo, almeno un centinaio di case distrutte, centinaia di persone evacuate,19 feriti. Per fortuna non ci sono state vittime.

Colletta straordinaria promossa in tutta la diocesi nel fine settimana
Ieri in episcopato - riferisce l'agenzia Sir - si è tenuta una prima riunione tra i soggetti interessati, per avviare i primi soccorsi alle popolazioni, decidendo che una colletta straordinaria sarà promossa in tutta la diocesi nel fine settimana. La Caritas del Cile aiuterà la diffusione della Campagna in tutto il Paese. Si raccolgono in queste ore anche generi alimentari e per l’igiene personale per aiutare coloro che hanno perso la propria abitazione. 

Progetti di prevenzione specifici per gli incendi nelle periferie, tra zone urbane e rurali
Secondo Lorenzo Figueroa, direttore di Caritas Cile, oltre ai primi solleciti soccorsi “è necessario pensare fin da subito a progetti di prevenzione specifici per questi fatti che accadono nelle periferie, tra zone urbane e rurali, con grave danno per le popolazioni colpite. La vicinanza tra i boschi e zone urbane molto precarie genera un rischio che è necessario affrontare attraverso una rete di collaborazione tra organismi pubblici e la società civile, con la partecipazione attiva della comunità”. (R.P.)

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Ccee: a Parigi il quinto Forum europeo cattolico-ortodosso

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Si terrà a Parigi dal 9 al 12 gennaio il 5° Forum europeo cattolico-ortodosso, promosso dal Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa). “Si tratta – si legge nel sito dell’organismo ecclesiale presieduto dal card. Angelo Bagnasco – della quinta edizione del Forum che vedrà la partecipazione di 12 rappresentanti di Chiese ortodosse in Europa e di 12 delegati della Chiesa cattolica”. L’Europa – è il contesto attuale – “affronta oggi la paura del terrorismo e la sfida del fondamentalismo”. Il Forum - riferisce l'agenzia Sir - porterà la riflessione sull’attualità, sul ruolo del cristianesimo e del dialogo ecumenico, sul “valore della persona e la libertà religiosa”.

I numeri del Ccee
Il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa conta 39 membri: alle 33 Conferenze episcopali si aggiungono gli arcivescovi del Lussemburgo e del Principato di Monaco, l’arcivescovo di Cipro dei Maroniti, il vescovo di Chişinău (Moldavia), il vescovo dell’eparchia di Mukachevo e l’amministratore apostolico dell’Estonia. “In totale i membri del Ccee sono 39, sparsi su un territorio che comprende 45 Paesi”. La sede del segretariato Ccee si trova a San Gallo (Svizzera). (R.P.)

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Polonia: celebrazioni per 300° incoronazione Madonna Czestochowa

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Il parlamento polacco – riferisce l’agenzia Sir - in sedute separate di entrambe le Camere ha approvato la risoluzione relativa alle celebrazioni del 300.mo anniversario dell’incoronazione della Vergine di Czestochowa come Regina di Polonia. La Camera bassa (Sejm), ricordando quella prima incoronazione di una effige della Vergine al di fuori di Roma avvenuta l’8 settembre del 1717, sottolinea quanto la celebrazione “unì tutti i ceti sociali e divenne una manifestazione di fede nazionale” e rileva la convinzione dei parlamentari riguardo alla “particolare importanza del culto mariano per l’intero Paese”.

L'evento una lezione del patrimonio storico nazionale e un sostegno educativo per le nuove generazioni
Il priore del santuario di Jasna Gora, padre Marian Waligora, dove da 600 anni è custodita l’immagine della Madonna Nera, si dice convinto che “il ricordo dell’evento storico del 1717 porterà un contributo significativo alla propagazioni delle tradizioni patriottiche e religiosi polacche, costituendo una lezione del patrimonio storico nazionale e un importante sostegno educativo per le nuove generazioni”. 

Il 70% di polacchi considera la fede cattolica un importante criterio di appartenenza nazionale
Secondo le analisi del Pew Research Center, la Polonia è il Paese più omogeneo etnicamente e religiosamente tra gli Stati Ue e oltre il 70% di polacchi considera la fede cattolica un importante criterio di appartenenza nazionale. Gli studiosi di tematiche sociali sottolineano inoltre che rispetto ad altri Paesi Ue, in Polonia la Chiesa cattolica gode di una grande fiducia (del 70% circa dei cittadini) e la società nel suo complesso è assai più religiosa che altrove. (R.P.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 4

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.