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Sommario del 01/01/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: Maria libera da orfanezza spirituale, madri antidoto contro chiusure

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Accogliere Maria Madre di Dio ci libera dalla “orfanezza spirituale”, quando si perdono i legami e il senso di appartenenza, e così l’uomo degrada gli altri, Dio e se stesso. Lo sottolinea il Papa nell’omelia alla Messa celebrata stamani nella Basilica vaticana, nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e nella  50.ma Giornata Mondiale della pace. Francesco ricorda le madri che, perfino nei momenti peggiori, sanno testimoniare la forza della speranza. Il servizio di Debora Donnini

Maria, Madre di Dio, e le tante mamme che danno la vita per i propri figli, sono al centro dell’omelia di Francesco nella prima Messa dell’Anno 2017, in una giornata  intiepidita da un sole splendente e rallegrata dal cielo terso.

Una società senza madri sarebbe una società senza pietà
“Celebrare la maternità di Maria come Madre di Dio e madre nostra all’inizio di un nuovo anno” significa ricordare che “non siamo orfani”, sottolinea Francesco. Per spiegare concretamente questo, il Papa richiama l’esperienza delle madri che sono “l’antidoto più forte” contro le chiusure:

“Una società senza madri sarebbe non soltanto una società fredda, ma una società che ha perduto il cuore, che ha perduto il ‘sapore di famiglia’. Una società senza madri sarebbe una società senza pietà, che ha lasciato il posto soltanto al calcolo e alla speculazione. Perché le madri, perfino nei momenti peggiori, sanno testimoniare la tenerezza, la dedizione incondizionata, la forza della speranza”.

Le madri danno la vita per i loro figli
Tra le preghiere della Messa anche una dedicata proprio alle mamme. Il Papa le ricorda, le tante madri che “non si arrendono”, “dando letteralmente la vita”:

“Ho imparato molto da quelle madri che, avendo i figli in carcere o prostrati in un letto di ospedale o soggiogati dalla schiavitù della droga, col freddo e il caldo, con la pioggia e la siccità, non si arrendono e continuano a lottare per dare loro il meglio. O quelle madri che, nei campi-profughi, o addirittura in mezzo alla guerra, riescono ad abbracciare e a sostenere senza vacillare la sofferenza dei loro figli”.

L’orfanezza spirituale: quando si spegne il senso ci appartenenza e degradiamo tutti
Quindi “iniziare l’anno facendo memoria della bontà di Dio nel volto materno di Maria, nel volto materno della Chiesa”, nei volti delle nostre madri, protegge “dalla corrosiva malattia della ‘orfanezza spirituale”, che l’anima vive quando “si spegne in noi il senso di appartenenza” a una famiglia, a un popolo, “al nostro Dio”, rammenta Francesco. Un’orfanezza che trova spazio nel “cuore narcisista” che sa guardare solo i propri interessi e dimentica che la vita è dono. L’orfanezza autoreferenziale è quella di Caino che si chiede: “Sono forse io il custode di mio fratello?”, cioè non lo riconosce:

“Un tale atteggiamento di orfanezza spirituale è un cancro che silenziosamente logora e degrada l’anima. E così ci degradiamo a poco a poco, dal momento che nessuno ci appartiene e noi non apparteniamo a nessuno: degrado la terra perché non mi appartiene, degrado gli altri perché non mi appartengono, degrado Dio perché non gli appartengo… E da ultimo finisce per degradare noi stessi perché dimentichiamo chi siamo, quale ‘nome’ divino abbiamo. La perdita dei legami che ci uniscono, tipica della nostra cultura frammentata e divisa, fa sì che cresca questo senso di orfanezza e perciò di grande vuoto e solitudine”.

Non siamo merce, siamo popolo di Dio: bisogna creare spazi comuni
“La mancanza di contatto fisico (e non virtuale) fa perdere la capacità della compassione, l’orfanezza spirituale “ci fa perdere la memoria” di cosa significhi essere figli, nipoti, genitori, nonni, amici, credenti. Quando si perde la memoria del valore del riso, del riposo e della gratuità. Invece celebrare la festa della Santa Madre di Dio, “ci fa spuntare di nuovo il sorriso” perché sentiamo di appartenere:

“Di sapere che soltanto dentro una comunità, una famiglia le persone possono trovare il ‘clima’, il ‘calore’ che permette di imparare a crescere umanamente e non come meri oggetti invitati a ‘consumare ed essere consumati’. Celebrare la festa della Santa Madre di Dio ci ricorda che non siamo merce di scambio o terminali recettori di informazione. Siamo figli, siamo famiglia, siamo popolo di Dio”.

E quindi è una festa che spinge a creare spazi comuni che ci facciano “sentire a casa dentro le nostre città.

La tenerezza non è una virtù dei deboli ma dei forti
Maria infatti è la donna che sa custodire nel suo cuore il passaggio di Dio nella vita del suo popolo, che ha imparato a essere madre e “in quell’apprendistato”, ha donato a Gesù la bella esperienza di sapersi Figlio. Nei Vangeli Maria non fa grandi discorsi ma custodisce la missione del Figlio e tutto quello che Lui ama, e accompagna “le croci caricate nel silenzio del cuore dei suoi figli”:

“Tante devozioni, tanti santuari e cappelle nei luoghi più reconditi, tante immagini sparse per le case ci ricordano questa grande verità. Maria ci ha dato il calore materno, quello che ci avvolge in mezzo alle difficoltà; il calore materno che permette che niente e nessuno spenga in seno alla Chiesa la rivoluzione della tenerezza inaugurata dal suo Figlio. Dove c’è una madre, c’è tenerezza. E Maria con la sua maternità ci mostra che l’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, ci insegna che non c’è bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti”.

Accogliere Maria per essere liberati dall’orfanezza spirituale
Il Papa invita, in conclusione, ad accogliere il suo sguardo materno, che libera dall’orfanezza, che ricorda che siamo fratelli, che ci insegna “a prenderci cura della vita nello stesso modo e con la stessa tenerezza con cui lei se n’è presa cura”:

“Seminando speranza, seminando appartenenza, seminando fraternità. Celebrare la Santa Madre di Dio ci ricorda che abbiamo la Madre; non siamo orfani, abbiamo una madre. Professiamo insieme questa verità! E vi invito ad acclamarla in piedi tre volte come fecero i fedeli di Efeso: Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio!".

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Papa all'Angelus: vicino a popolo turco, affrontare piaga del terrorismo

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Dopo la Messa il Papa ha recitato la preghiera dell’Angelus insieme ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro, ricordando l’odierna Giornata mondiale della pace ed esprimendo il proprio dolore per l’attentato di Capodanno a Istanbul. Il servizio di Sergio Centofanti

Papa Francesco è sgomento per la nuova strage che ha colpito la Turchia: almeno 39 persone uccise e oltre 60 ferite da uno o più attentatori travestiti da Babbo Natale mentre festeggiavano in discoteca il Capodanno:

“Purtroppo, la violenza ha colpito anche in questa notte di auguri e di speranza. Addolorato, esprimo la mia vicinanza al popolo turco, prego per le numerose vittime e per i feriti e per tutta la Nazione in lutto, e chiedo al Signore di sostenere tutti gli uomini di buona volontà che si rimboccano coraggiosamente le maniche per affrontare la piaga del terrorismo e questa macchia di sangue che avvolge il mondo con un’ombra di paura e di smarrimento”.

Oggi - ricorda il Pontefice - si celebra la Giornata Mondiale della Pace, voluta 50 anni fa dal beato Paolo VI “per rafforzare l’impegno comune di costruire un mondo pacifico e fraterno”. Nel suo Messaggio per questa ricorrenza, propone di assumere “la nonviolenza come stile per una politica di pace”. Quindi rivolge i suoi auguri di buon anno:

“L’anno sarà buono nella misura in cui ognuno di noi, con l’aiuto di Dio, cercherà di fare il bene giorno per giorno. Così si costruisce la pace, dicendo ‘no’ – con i fatti – all’odio e alla violenza e ‘sì’ alla fraternità e alla riconciliazione”.

Il Papa esprime la sua riconoscenza per le “tante iniziative di preghiera e di impegno per la pace che si svolgono in ogni parte del mondo”, ricordando in particolare la marcia nazionale di ieri sera a Bologna, promossa da Cei, Caritas, Azione Cattolica e Pax Christi, con il sostegno della Diocesi e del Comune di Bologna. E saluta i partecipanti alla manifestazione “Pace in tutte le terre”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio.

Quindi, ringrazia il Presidente della Repubblica Italiana per le espressioni augurali che gli ha rivolto ieri sera, durante il suo Messaggio alla Nazione:

“Ricambio di cuore, invocando la benedizione del Signore sul popolo italiano affinché, con il contributo responsabile e solidale di tutti, possa guardare al futuro con fiducia e speranza”.

Prima dell’Angelus, il Papa aveva sottolineato che Maria ha dato “la sua disponibilità ad essere coinvolta nell’attuazione del piano di salvezza di Dio, che “ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore” e “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”:

“Dio chiede a Maria non solo di essere la madre del suo Figlio unigenito, ma anche di cooperare con il Figlio e per il Figlio al piano di salvezza, affinché in lei e attraverso di lei, umile serva, si compiano le grandi opere della misericordia divina”.

E conclude con una preghiera di ringraziamento a Maria per aver dato al mondo il Salvatore:   

"Grazie, o Santa Madre del Figlio di Dio Gesù! Grazie per la tua umiltà che ha attirato lo sguardo di Dio; grazie per la fede con cui hai accolto la sua Parola; grazie per il coraggio con cui hai detto 'eccomi', dimentica di te, affascinata dall’Amore Santo, fatta un tutt’uno con la sua speranza. Grazie, o Santa Madre del Figlio di Dio Gesù! Prega per noi, pellegrini nel tempo; aiutaci a camminare sulla via della pace. Amen".

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50 mila fedeli in Piazza San Pietro: più amore e meno egoismo

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Tanti, circa 50 mila, i fedeli in Piazza San Pietro che hanno partecipato in una fredda ma splendida giornata di sole all’Angelus del Papa. In questi giorni sono stati numerosi i pellegrini che sono giunti in Vaticano per le festività natalizie. Quali i loro auguri per il 2017? Francesco Gnagni ha raccolto qualche voce: 

R. – Il mio augurio sicuramente è che tutti dobbiamo essere meno egoisti e accontentarci di quello che abbiamo. Ai politici auguro di essere più onesti, prima verso le loro coscienze e poi con i cittadini.

R. – Che sia un anno migliore rispetto a quello che è passato, soprattutto sul fronte della Siria: credo che la pace si possa raggiungere. Però ci vuole l’impegno, non solo dei politici italiani, ma soprattutto dei politici americani e russi.

D. – Se li avesse davanti, che cosa direbbe loro?

R. – Ecco: di smettere di vendere le armi! Per quanto possa essere un’utopia, però bisogna farlo …

D. – Nel mondo ci sono tanti Paesi in guerra: come iniziare per costruire la pace? Da dove cominciare?

R. – Secondo me bisogna veramente fare un esame di coscienza. Cioè, ogni persona – soprattutto i nostri leader, i leader del mondo – deve capire che così non si può più andare avanti!

D. – Però, come ci dice Francesco, la speranza non la perdiamo …

R. – No, per niente. Assolutamente no. Dobbiamo sempre sperare.

D. – Qual è il tuo augurio per un nuovo anno di pace?

R. – Imparare ad amarsi. Cosa c’è di meglio dell’amore per riuscire ad avere un po’ di pace, in questo mondo?

D. – Da dove si inizia per costruire la pace nel mondo?

R. – Dal cominciare a offrire la colazione a chi non se lo può permettere; un pasto caldo, visto che fa freddo …

D. – L’indifferenza di cui ci parla Francesco?

R. – Ecco, metterla da parte. Incominciare ad accorgersi degli altri.

D. – Tu ci speri in un anno di pace, di maggiore pace?

R. – Certo: tutti ci sperano. Come fare a non sperarci?

D. – Oltre alla speranza, come si fa a costruire la pace? Dove si inizia?

R. – Aiutando la gente che ha bisogno, no? Nel nostro piccolo … e seguire la strada di Gesù!

R. – Eh, ma tutto dovrebbe partire anche da noi stessi, dalle persone semplici …

D. – Un saluto al Papa …

R. – Tanti auguri!

R. – Ti vogliamo bene!

R. – (Un bambino) Auguri Papa! Viva la pace nel mondo!

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Tweet: affidiamo a Maria il nuovo anno perché crescano pace e misericordia

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Nella odierna Solennità il Papa ha pubblicato un nuovo tweet sull’account @pontifex in nove lingue: “Affidiamo a Maria Santissima Madre di Dio il nuovo anno, perché crescano la pace e la misericordia in tutto il mondo”.

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Te Deum. Francesco: ridare speranza ai giovani, non emarginarli

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Impegnarsi affinché i giovani siano protagonisti attivi della nostra società, affinché abbiano lavori dignitosi. E’ l’esortazione levata da Papa Francesco alla celebrazione dei Primi Vespri e del Te Deum nella Basilica Petrina, nell’ultimo giorno dell’anno 2016, alla vigilia della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Dal Papa anche l’esortazione a superare le logiche che portano ad escludere il prossimo. Al termine della celebrazione, il Papa ha salutato brevemente il sindaco di Roma, Virginia Raggi, presente in Basilica. Quindi, accolto da tantissimi fedeli festanti, Francesco si è recato in visita al presepe in Piazza San Pietro, dinnanzi al quale si è raccolto per alcuni istanti in preghiera. Il servizio di Alessandro Gisotti

Sostare davanti al presepe per fare memoria di un anno che si è concluso e ringraziare il Signore per quello che ci ha donato. Nell’ultimo giorno del 2016, Francesco ricorda innanzitutto che, in Cristo, Dio “non si è mascherato da uomo” ma ha davvero condiviso “in tutto la nostra condizione”. Il presepe, ha affermato nella sua omelia per i Primi Vespri della Solennità di Maria Madre di Dio, “ci invita a fare nostra la logica divina”: una logica che rifiuta il privilegio, le concessioni e i favoritismi. E’ una logica, prosegue, che si basa sull’incontro, la vicinanza e la prossimità.

No alla logica dei privilegi che escludono il prossimo
Certo, ha riconosciuto il Papa, “da varie parti siamo tentati di vivere in questa logica del privilegio che ci separa-separando, che ci esclude-escludendo, che ci rinchiude-rinchiudendo i sogni e la vita di tanti nostri fratelli”:

“Oggi, davanti al bambino Gesù, vogliamo ammettere di avere bisogno che il Signore ci illumini, perché non sono poche le volte in cui sembriamo miopi o rimaniamo prigionieri di un atteggiamento marcatamente integrazionista di chi vuole per forza far entrare gli altri nei propri schemi”.

Evitare protagonismi e lotte per apparire
“Sostiamo davanti al presepe – ha ripreso – per contemplare come Dio si è fatto presente durante tutto questo anno e così ricordarci che ogni tempo, ogni momento è portatore di grazia e di benedizione”. Il presepe, ha ribadito, “ci sfida a non dare nulla e nessuno per perduto”:

“Guardare il presepe significa trovare la forza di prendere il nostro posto nella storia senza lamentarci e amareggiarci, senza chiuderci o evadere, senza cercare scorciatoie che ci privilegino. Guardare il presepe implica sapere che il tempo che ci attende richiede iniziative piene di audacia e di speranza, come pure di rinunciare a vani protagonismi o a lotte interminabili per apparire”.

Società ha privilegiato le speculazioni al futuro dei giovani
Francesco ha, quindi, rivolto il pensiero ai giovani, osservando che “non si può parlare di futuro” senza “assumere la responsabilità” che abbiamo verso le nuove generazioni. Più che responsabilità, ha precisato, “la parola giusta è debito”, un “debito” con i giovani che ci spinge a “pensare a come ci stiamo interessando al posto” che “hanno nella nostra società”:

“Abbiamo creato una cultura che, da una parte, idolatra la giovinezza cercando di renderla eterna, ma, paradossalmente, abbiamo condannato i nostri giovani a non avere uno spazio di reale inserimento, perché lentamente li abbiamo emarginati dalla vita pubblica obbligandoli a emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono o che non permettono loro di proiettarsi in un domani. Abbiamo privilegiato la speculazione invece di lavori dignitosi e genuini che permettano loro di essere protagonisti attivi nella vita della nostra società”.

Non priviamo i giovani di un lavoro dignitoso, puntiamo sul loro futuro
“Ci aspettiamo da loro ed esigiamo che siano fermento di futuro – ha detto ancora – ma li discriminiamo e li ‘condanniamo’ a bussare a porte che per lo più rimangono chiuse”. Ha così esortato ad “aiutare i nostri giovani a ritrovare, qui nella loro terra, nella loro patria, orizzonti concreti di un futuro da costruire":

“Non priviamoci della forza delle loro mani, delle loro menti, delle loro capacità di profetizzare i sogni dei loro anziani (cfr Gl 3,1). Se vogliamo puntare a un futuro che sia degno di loro, potremo raggiungerlo solo scommettendo su una vera inclusione: quella che dà il lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale (cfr Discorso in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno, 6 maggio 2016)".

“Guardare il presepe – ha concluso Francesco – ci sfida ad aiutare i nostri giovani perché non si lascino disilludere davanti alle nostre immaturità, e stimolarli affinché siano capaci di sognare e di lottare per i loro sogni”.

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Oggi in Primo Piano



Attacco in un club di Istanbul: almeno 39 morti, forse opera dell'Is

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Un attacco armato è stato compiuto in un noto night club di Istanbul, in Turchia: almeno 39 morti - tra cui un poliziotto - e 69 feriti. Tra le vittime ci sarebbero 15 stranieri. Non c'è stata alcuna rivendicazione, ma si pensa alla mano dei jihadisti del sedicente Stato Islamico.

L'attacco è avvenuto verso l'1.30 ora locale nell'affollatissima discoteca Reina, nel distretto europeo di Besiktas. L’attentato forse è stato compiuto da più assalitori travestiti da Babbo Natale, aprendo il fuoco a caso sulla folla. 

Il presidente turco Erdogan ha commentato così la nuova strage: "Stanno cercando di creare caos, demoralizzare il nostro popolo, destabilizzare il nostro Paese con attacchi abominevoli che prendono di mira i civili. Manterremo il sangue freddo come nazione e resteremo più uniti che mai e non  cederemo mai a questi sporchi giochi". “Come nazione - ha aggiunto - lotteremo non solo contro gli attacchi armati dei gruppi terroristici, ma anche contro i loro attacchi economici, politici e sociali". Condanna unanime per l'attentato hanno espresso le cancellerie di tutto il mondo.

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Burundi: assassinato ministro dell'Ambiente

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Il ministro dell'Ambiente del Burundi, Emmanuel Niyonkuru, è  stato ucciso a colpi d'arma da fuoco nella capitale Bujumbura. Lo rende noto la polizia locale. Il ministro, 54 anni, è stato assassinato mentre si recava nella sua abitazione nel quartiere di Rohero, poco dopo la mezzanotte. Una  donna è stata arrestata con l'accusa di essere coinvolta  nell'omicidio.

Si tratta del primo omicidio di un ministro da quando il Burundi è entrato in una grave crisi politica nel 2015, dopo la rielezione, per un terzo mandato consecutivo, del Presidente Pierre Nkurunziza. L'opposizione, che ha boicottato le elezioni, lo ha accusato di aver violato la costituzione che prevede un massimo di due mandati. Nel 2016 il capo di Stato burundese ha promosso l'uscita del Paese dalla giurisdizione della Corte Penale Internazionale (Cpi) dopo che l'organo giudiziario aveva aperto un esame preliminare sulle violenze avvenute dal 2015. Il 14 ottobre 2016 il parlamento che lo sostiene a grande maggioranza ha adottato il provvedimento di uscita dal Cpi.

L’omicidio del ministro arriva due giorni dopo che Nkurunziza aveva detto di non escludere di correre per un quarto mandato "se la gente lo chiede". Almeno 500 persone sono state uccise e 300.000 hanno scelto l'esilio dall'inizio della crisi politica nel 2015.

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Le prospettive del nuovo anno nell'analisi di Fulvio Scaglione

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Il 2017 si apre con la strage di Istanbul e l'assassinio del ministro dell'Ambiente in Burundi. Un nuovo anno che sembra proseguire sulla scia di sangue dell'anno appena passato. Siria, Libia, Iraq: è lunga, infatti, la lista dei Paesi che con le loro guerre e atrocità hanno tenuta alta l’attenzione nel 2016. Un anno che ha contato ben 13 attentati terroristici in tutto il mondo, partendo nel gennaio scorso da Istanbul e arrivando a quello di un paio di settimane fa a Berlino, passando per Nizza, per Monaco di Baviera, per Orlando, per Kabul, per Baghdad, il peggiore per numero di vittime con 324 morti. Eppure, al pari di altri anni, anche il 2016 merita di essere raccontato in positivo e così sperare che il nuovo anno sia diverso. Francesca Sabatinelli

Doveva essere il 2016 l’anno della pace in Siria ma, ad oggi, che possa diventarlo il 2017 appare ancora solo un miraggio. Il conflitto in quel Paese resta il paradigma di tutte le guerre e il mondo sembra più a rischio, sopraffatto dalla violenza e dalla paura del terrorismo. Il Global Peace Index, mesi fa, ha stilato un elenco in cui i Paesi che vivono in pace nel mondo: si contano su due mani. Ovunque, è evidente, cresce il livello di allerta. Tranne in quei 10 Paesi esenti da conflitti e laddove si sono aperti spiragli di pacificazione. Chi ne porta i segni visibili è senz’altro il continente americano, a cominciare dal disgelo tra Cuba e Usa, sancito dalla visita di Barack Obama sull’isola, nel marzo scorso, che ha  messo fine a 55 anni di ‘guerra fredda’. Altra svolta: quella in Colombia, dove l’accordo di pace tra governo e guerriglia, per mettere fine a 52 anni di sanguinoso conflitto, nei giorni scorsi ha fatto ulteriori passi in avanti con l’approvazione, da parte del Parlamento del Paese, della legge di amnistia per le Farc, che garantisce smobilitazione e disarmo delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Il giornalista Fulvio Scaglione, esperto di politica internazionale:

R. – Da dieci anni consecutivi, ogni anno, lo stato della pace nel mondo, chiamiamolo così, si degrada: ogni anno un pochino di più. E, ad essere onesti, andando a guardare questi Paesi che sono in pace, se alcuni sono grandi, importanti, come il Giappone, per altri, come le Mauritius, la pace deriva soprattutto dal fatto che, con il massimo rispetto per i mauriziani, il loro Paese non è certamente uno dei principali negli equilibri del mondo. Detto questo, però, non dobbiamo abbandonare la speranza che le cose possano migliorare. Qualche indizio lo abbiamo pure avuto nel 2016: pensiamo – per esempio – al riavvicinamento tra Cuba e gli Stati Uniti, dopo oltre 50 anni di embargo economico, che peraltro è ancora in vigore; pensiamo alla Colombia, all’accordo di pace tra il governo e le Farc dopo decenni di una guerra civile latente, che ha fatto centinaia di migliaia di vittime. Qualche indizio c’è, aggrappiamoci a questi indizi e cerchiamo di costruire qualcosa su di essi.

D. – In Colombia è passata la legge sull’amnistia per i membri delle Farc il che segna un’apertura al disarmo. Garantisce un altro passo avanti in un definitivo processo di stabilizzazione e pacificazione?

R. – Sì, certamente è un passo avanti ed è un passo avanti importante, perché come abbiamo visto storicamente, anche in altri contesti, pensiamo per esempio al Sudafrica, la riconciliazione è un momento fondamentale: non c’è pace senza riconciliazione tra coloro che sono stati in guerra. Che questa sia poi la garanzia assoluta della soluzione di tutti i problemi, ovviamente, non possiamo dirlo, ma è certamente un passo importante che prima o poi, forse adesso è troppo presto, bisognerà fare anche in Siria.

D. – Usa e Cuba: il cambio di guardia alla Casa Bianca sta ponendo degli interrogativi non da poco. Questo 2017 cosa può portare?

R. – Il 2017 è ricco di speranze, ma anche di incognite. L’incognita più grande, in questo momento, è certamente il nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. La situazione di Cuba rispetto all’embargo, che è poi il vero metro della riconciliazione tra i due Paesi, in realtà era piuttosto complicata anche prima di Trump, perché la maggioranza al Congresso è repubblicana e solo il Congresso può votare una legge che elemini l’embargo e non c’era assolutamente aria tra i repubblicani di volerla votare, a dispetto di tutte le pressioni del presidente Obama. Quello che Trump vorrà fare sarà indubbiamente molto importante, parlando di pace in diversi Paesi, non solo per Cuba, e Trump non sembra esattamente un fan della riconciliazione con Cuba. Sarà importante anche per quanto riguarda la Siria, per quanto riguarda l’Iraq, per quanto riguarda l’Afghanistan, per quanto riguarda la Libia. Alcuni di questi fronti sono stati aperti molti anni fa e non sono stati chiusi, come in Afghanistan, vorrei ricordare che purtroppo in Afghanistan, nel primo semestre di quest’anno, c’è stato un record di vittime civili e quindi la situazione, paradossalmente, è peggiorata. Oppure sono fronti che sono stati aperti con delle decisioni abbastanza folli proprio lo scorso anno, o negli ultimi tempi penso, per esempio, alla Libia, che è veramente un fronte che è stato aperto senza che alcuno davvero ne sentisse la necessità…

D. – Se dovessimo puntare l’attenzione su un processo di pacificazione un po’ più in sordina, ma che potrebbe comunque rivelarsi davvero un esempio, a cosa penseresti?

R. – E’ lontano da noi geograficamente e anche, com’è inevitabile, spiritualmente però, certamente, quanto sta avvenendo in Myanmar è da tenere molto d’occhio. C’è stato questo avvicendamento al potere, i generali hanno aperto ad un potere civile, hanno aperto all’avvento del Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi. Certamente sta succedendo qualcosa di importante, certo con dei problemi, con dei travagli, come la discriminazione della minoranza musulmana, e quindi sicuramente non gratis, ma lì sta avvenendo qualcosa di importante che varrebbe la pena di tener d’occhio.

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Mattarella: l'invito del Papa alla nonviolenza è prezioso

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Il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno ha rivolto “gli auguri più sinceri a Papa Francesco, auspicando che il messaggio del Giubileo, e i suoi accorati appelli per la pace, vengano ascoltati in un mondo lacerato da conflitti e sfidato da molte incognite". Quindi ha inviato al Pontefice un messaggio in occasione della Giornata mondiale della pace osservando che il suo invito alla “non nonviolenza” come “stile della politica per la pace", costituisce “una nuova, preziosa, occasione per riflettere su alcuni principi fondanti della convivenza fra popoli”.

“Pienamente attuale – scrive Mattarella - suona il richiamo alle parole di Papa Paolo VI, che nel 1968, istituendo questa felice ricorrenza, legava inscindibilmente il progresso umano alla pace, nella convinzione che tutte le controversie internazionali fossero risolvibili «per le vie della ragione», e non già attraverso l'uso della forza. Da uno sguardo globale sulla molteplicità dei conflitti aperti nel mondo «in modi e a livelli diversi», che inducono a definirne l'insieme - come Vostra Santità ha ricordato - una «guerra mondiale a pezzi», la non violenza emerge come la sintesi di una forza attiva, più potente del conflitto”.

“Il percorso di responsabilità costruttiva, a partire dall'ambito primario della famiglia, indicato da Vostra Santità – prosegue il capo di Stato - esorta positivamente cittadini ed istituzioni a divenire «artigiani di pace» e contribuire alla costruzione di un mondo libero dalla violenza, promuovendo la sollecitudine verso coloro che si trovano nel bisogno o sono «vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura»”. Il presidente ricorda quindi come  il ripudio della guerra come "strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", e la disponibilità "alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni", siano al centro della Costituzione della Repubblica italiana” e che “a questi orientamenti si è costantemente ispirata l'azione” del Paese.

“Nella certezza di farmi interprete dei sentimenti del popolo italiano – conclude il messaggio di Mattarella - Le rivolgo, Santità, un fervido e sincero augurio per il nuovo anno e per la prosecuzione della Sua alta missione apostolica”.

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Da gennaio nuove misure di sostegno alle famiglie italiane

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Il 2017 si apre con una buona notizia per le famiglie italiane, l’entrata in vigore cioè di nuove norme di sostegno in particolare alla natalità. 600 i milioni di euro stanziati nell’ultima  legge di bilancio per finanziare un pacchetto che, oltre a confermare  il bonus bebè e il voucher baby sitter, introduce tre novità: l’assegno di 800 euro una tantum “Mamma domani” fruibile già al 7.mo mese di gravidanza; il “bonus nido” di 1000 euro annuali e il Fondo prestiti agevolati. Su queste nuove misure Adriana Masotti  ha raccolto la soddisfazione di Emma Ciccarelli, vicepresidente del Forum delle Associazioni Familiari: 

R. – Soddisfazione sì, e comunque sono dei segnali, un inizio, l’importante è che poi vengano realizzati perchè la famiglia esce con le ossa rotte da questa crisi economica e finanziaria che ha fatto crollare la speranza, in questi anni.

D. – Le novità sono: “Mamma domani”, un assegno di 800 euro una tantum, a partire dal settimo mese di gravidanza; il buono-nido e il fondo prestiti, prestiti agevolati per sostenere le spese legate alla nascita di un bambino. Le sembrano misure utili?

R. – Sicuramente sono importantissime, anche perché finora le famiglie che decidevano di mettere al mondo un figlio erano completamente ignorate; ogni bimbo che nasce comunque è stato considerato, per la cultura che si è instaurata in Italia, solo come un beneficio per la famiglia quando in realtà è un investimento per l’intero Paese. Bisogna cambiare ottica, bisogna entrare nell’ordine di idee che ogni bimbo che nasce costituisce futuro per tutto il Paese. Altre Nazioni hanno già fatto questo passo, con coraggio, e stanno ottenendo risultati.

D. – E che cosa pensa del fatto che l’assegno di 800 euro verrà erogato a prescindere dal reddito della famiglia?

R. – Questo dovrebbe diventare una prassi, perché proprio nell’ottica di un sostegno alle giovani generazioni, sono – queste – vere e proprie politiche familiari. L’errore che si è fatto negli ultimi 40 anni di politica italiana è quello di confondere le politiche familiari con le politiche assistenziali, ossia di dare il supporto economico, il sostegno solo laddove c’era una carenza di reddito, un’incapienza. In realtà, sostenere la famiglia significa sostenerla in tutte le sue fasi di sviluppo e sostenere la maternità a prescindere dal reddito. Quindi, il segnale che si vuole dare in questo senso è che è bello avere dei bambini, è bello permettere a una coppia di avere dei figli e dare loro la possibilità di mantenerli.

D. – Il buono-nido servirà a pagare anche una parte delle rette dei nidi privati, oltreché pubblici. Ecco, è importante questo, vista la scarsità dei nidi pubblici in Italia …

R. – E’ importantissimo! Consideri che oggi noi donne, soprattutto le donne che lavorano, hanno necessità di veder garantito il controllo e la gestione dei bambini, e siccome non è più facile contare sul supporto dei nonni che ancora fino a 67 lavorano, è importante avere una rete di aiuti che supporti la gestione dei bambini. Quindi, ben vengano queste misure che alleviano un po’ le fatiche dei genitori e che permettono anche una migliore conciliazione tra famiglia e lavoro. Non bisogna dimenticare, infatti, che ancora oggi le politiche di flessibilità lavorativa in Italia stentano a decollare e sono sviluppate solo a macchia di leopardo e solo dalle aziende più illuminate. Bisogna che le politiche di conciliazione siano attivate in modo più sistematico su tutte le imprese, a partire da quelle medio-piccole.

D. – Cos’altro vi augurate e vi impegnerete a chiedere ancora per la famiglia come associazioni familiari?

R. – Noi stiamo lavorando su diversi fronti. Il primo è un fisco a misura di famiglia, perché ci sembra che sia un’ineguaglianza sociale molto grave, quella per cui il fattore-famiglia ancora non sia stato varato. Ho letto che il ministro Costa oggi ha fatto delle promesse e già nell’Osservatorio per la famiglia ci si sta attivando per vedere come applicare lo strumento del fattore-famiglia, fattore che le famiglie attendono da quando è nata la Costituzione. E poi le politiche di contrasto alla denatalità; e ancora, tutto quello che riguarda il sostegno alla vita e la promozione della famiglia come soggetto sociale, come un interlocutore sociale molto importante per tutta la collettività.

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Filippine: il 2017 sarà l’Anno delle parrocchie

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“L’Anno delle parrocchie, comunione di comunità”: sarà questo il tema scelto dalla Conferenza episcopale filippina (Cbcp) per l’anno pastorale 2017. L’iniziativa, lanciata già nei giorni scorsi, rientra nei preparativi alle celebrazioni per il 500° anniversario di evangelizzazione del Paese, che ricorrerà nel 2021.

Parrocchia non è obsoleta, ma centro di creatività missionaria
“La parrocchie – spiega il presidente della Cbcp, l’arcivescovo Socrates Villegas – sono una comunità di comunità, centro e sorgente di missionarietà e di zelo per una nuova evangelizzazione, fulcro di ricerca missionaria”. “Papa Francesco – sottolinea ancora il presule - insiste sul fatto che la parrocchia non è un’istituzione obsoleta, ma possiede una grande flessibilità che dipende dall’apertura e dalla creatività missionaria e creativa del parroco e la comunità”.

I “Nove anni per l’evangelizzazione”
Da ricordare che, in preparazione alle celebrazioni del 2021, la Chiesa filippina sta portando avanti l’iniziativa “Nove anni per l’evangelizzazione”. Iniziati nel 2013, in coincidenza con l’Anno della Fede indetto da Benedetto XVI, i “Nove anni” hanno riflettuto, tra il 2013 ed il 2014, sulla formazione integrale alla fede e sul ruolo dei laici, intesi come “agenti di evangelizzazione”. Il 2015, invece, è stato dedicato ai poveri, mentre il 2016 ha riflettuto sul legame tra Eucaristia e famiglia, anche in coincidenza del Congresso eucaristico internazionale svoltosi a Cebu a fine gennaio.

Ogni fedele sia un missionario
Dopo il 2017, dedicato appunto alla parrocchia, sacerdoti e giovani saranno i protagonisti del biennio 2018-2019. Nel 2020, invece, i vescovi filippini rifletteranno su ecumenismo e dialogo interreligioso per promuovere “i grandi valori della pace e dell’armonia soprattutto nelle aree di conflitto. Infine, il 2021, sarà riservato alla “missio ad gentes”, affinché ciascun fedele sia spinto a “diventare missionario”. (I.P.)

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La Chiesa in Australia si prepara all'Anno della gioventù

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“Aprire nuovi orizzonti per diffondere la gioia: i giovani, la fede ed il discernimento vocazionale”: sarà questo il tema dell’Anno della gioventù che la Conferenza episcopale australiana ha deciso di indire dal 3 dicembre 2017, prima domenica di Avvento, al 25 novembre 2018.

Nel 2018, anche un Sinodo dedicato ai giovani
La scelta del 2018 non è causale: tale data, infatti, celebra il 10.mo anniversario della “Giornata mondiale della gioventù”, svoltasi a Sydney nel 2008 e vedrà lo svolgimento della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi proprio sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.

I giovani vogliono rendere il mondo un posto migliore
“Nel corso della storia – scrive nel messaggio di presentazione dell’iniziativa l’arcivescovo Denis Hart, presidente della Conferenza episcopale australiana – spesso sono stati i giovani ad inspirare il rinnovamento ed il cambiamento nell’evangelizzazione. E molti giovani adulti sono diventati Santi”. Di qui, il richiamo di mons. Hart al fatto che i ragazzi “hanno una grande capacità di affrontare le ingiustizie e di creare nuove opportunità per diffondere la gioia e la speranza”. Non solo: “Oggi – aggiunge il presule – molti giovani vogliono avere la possibilità di rendere il mondo un posto migliore”.

La Chiesa ascolti i giovani
Per questo, l’appello della Chiesa australiana è che i suoi stessi esponenti “continuino ad ascoltare i giovani, sostenendoli nel discernimento vocazionale e nell’identificazione del loro compito nel mondo ed all’interno delle loro comunità di vita”. “Aprite i vostri cuori a Cristo – scrive mons. Hart rivolgendosi direttamente ai ragazzi – Voi avete dei sogni per il vostro futuro. Anche Gesù ha dei sogni per voi. E noi vescovi vogliamo accompagnarvi nel discernimento del percorso che Dio ha in serbo per voi”. Con Lui accanto, infatti, i ragazzi potranno “compiere passi avanti coraggiosi nella costruzione di una civiltà dell’amore” secondo il Vangelo.

Diventare discepoli missionari nel mondo di oggi
​Ricordando, poi, un ulteriore evento dedicato ai ragazzi, ovvero il Festival della gioventù cattolica australiana, in programma a Sydney dal 7 al 9 dicembre 2017, mons. Hart esorta i giovani a “non aver paura di porsi domande profonde sulla propria vita”, così da “portare a compimento la propria chiamata battesimale” ed a “diventare discepoli missionari nel mondo contemporaneo”. (I.P.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 1

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.