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Sommario del 23/02/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa a S. Marta: abbandonare doppia vita, non rimandare conversione

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Non scandalizzare “i piccoli” con la doppia vita, perché lo scandalo distrugge. E’ l’invito del Papa nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta. Francesco esorta quindi a non rimandare la conversione. Il servizio di Debora Donnini

“Tagliati la mano”, “togliti l’occhio”, ma “non scandalizzare i piccoli” cioè i giusti, “quelli che si fidano del Signore, che semplicemente credono nel Signore”. Le parole del Papa nell’omelia partono dal Vangelo odierno. Per il Signore, infatti, lo scandalo è distruzione:

“Ma cosa è lo scandalo? Lo scandalo è dire una cosa e farne un’altra; è la doppia vita, la doppia vita. La doppia vita in tutto: io sono molto cattolico, io vado sempre a Messa, appartengo a questa associazione e a un’altra; ma la mia vita non è cristiana, non pago il giusto ai miei dipendenti, sfrutto la gente, sono sporco negli affari, faccio riciclaggio del denaro … doppia vita. E tanti cattolici sono così, E questi scandalizzano. Quante volte abbiamo sentito – tutti noi, nel quartiere e in altre parti – ‘ma per essere cattolico come quello, meglio essere ateo’. E’ quello, lo scandalo. Ti distrugge. Ti butta giù. E questo succede tutti i giorni, basta vedere il telegiornale o guardare i giornali. Sui giornali ci sono tanti scandali, e anche c’è la grande pubblicità degli scandali. E con gli scandali si distrugge”.

E il Papa fa l’esempio di una ditta importante, che era sull’orlo del fallimento. La gente non aveva i soldi per i bisogni quotidiani perché non riceveva lo stipendio. Le autorità volevano evitare uno sciopero giusto, ma che non avrebbe fatto bene e volevano parlare con i vertici della ditta. E il responsabile, un cattolico, stava facendo le vacanze d’inverno su una spiaggia in Medio Oriente e la gente lo ha saputo anche se non è uscito sui giornali. “Questi sono gli scandali”, dice Francesco:

“Gesù dice, nel Vangelo, su questi che fanno lo scandalo, senza dire la parola scandalo, ma si capisce: ‘Ma tu arriverai in Cielo e busserai alla porta e: ‘Sono io, Signore!’ – ‘Ma sì, non ti ricordi? Io andavo in chiesa, ti ero vicino, appartenevo a tale associazione, faccio questo … non ti ricordi di tutte le offerte che ho fatto?’ – ‘Sì, ricordo. Le offerte, quelle le ricordo: tutte sporche. Tutte rubate ai poveri. Non ti conosco’. Quella sarà la risposta di Gesù a questi scandalosi che fanno la doppia vita”.

“La doppia vita viene dal seguire le passioni del cuore, i peccati capitali che sono le ferite del peccato originale”, dice il Papa. Proprio la prima Lettura esorta infatti a non assecondarle e a non confidare nelle ricchezze,  non dire: “basto a me stesso”. E Francesco invita dunque a non rimandare la conversione:

“A tutti noi, a ognuno di noi, farà bene, oggi, pensare se c’è qualcosa di doppia vita in noi, di apparire giusti, di sembrare buoni credenti, buoni cattolici ma da sotto fare un’altra cosa; se c’è qualcosa di doppia vita, se c’è un’eccessiva fiducia: ‘Ma, sì, il Signore mi perdonerà poi tutto, ma io continuo …’. Se c’è qualcosa di dire: ‘Sì, questo non va bene, mi convertirò, ma oggi no: domani’. Pensiamo a questo. E approfittiamo della Parola del Signore e pensiamo che il Signore in questo è molto duro. Lo scandalo distrugge”.

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Francesco al Rabbino Skorka: la Torah dono di dialogo

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Un incontro intorno alla Torah, attorno al dono del Signore, alla Sua rivelazione, alla Sua parola. Il Papa, con queste parole, ha accolto oggi una delegazione di esponenti ebraici di un Gruppo editoriale, guidati dal Rabbino argentino Abraham Skorka, amico di Francesco dai tempi di Buenos Aires, che a lui hanno presentato una nuova edizione della Torah. Francesca Sabatinelli 

La Torah è alleanza con Dio, manifesta l’amore paterno e viscerale del Signore, fatto di parole e di gesti concreti che, appunto diviene alleanza. Il Papa ringrazia così il Rabbino Abraham Skorka, che lui stesso definisce "fratello e amico":

“E proprio questa parola alleanza è ricca di risonanze che ci accomunano. Dio è il più grande e fedele Alleato. Egli ha chiamato Abramo per formare da lui un popolo che diventasse benedizione per tutti i popoli della terra, e sogna un mondo in cui gli uomini e le donne siano alleati con Lui e quindi vivano in armonia fra di loro e con il creato”.

In mezzo a tante parole umane che portano a divisione e competizione, le parole divine di alleanza aprono per tutti “ vie di bene da percorre insieme”. E anche la Torah, spiega Francesco, è il frutto di alleanza tra persone di differenti nazionalità, età e confessioni religiose che hanno saputo lavorare insieme.

“Il dialogo fraterno e istituzionale tra ebrei e cristiani è ormai consolidato ed efficace, attraverso un confronto continuo e collaborativo. Questo vostro dono odierno si inserisce pienamente in tale dialogo, che non si esprime solo attraverso le parole, ma anche nei gesti”.

Un atteggiamento di dialogo che il Papa legge sia nella “parte introduttiva aggiunta al testo” sia  “nella nota dell’Editore”, che “esprimono una visione culturale aperta, nel rispetto reciproco e nella pace, in sintonia con il messaggio spirituale della Torah.” Francesco, quindi, rende merito alle “importanti personalità religiose” che hanno curato con attenzione anche la dimensione letteraria della nuova edizione, nonché le tavole a colori che, conclude, aggiungono ulteriore valore alla pubblicazione. "Ogni edizione della Sacra Scrittura, conclude il Papa, contiene un valore spirituale che supera infinitamente quello materiale".

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Papa al Villareal: calcio immagine della vita, pensare a squadra fa bene a tutti

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“Il calcio, come gli altri sport, è l’immagine della vita e della società”: così il Papa ricevendo stamane in Vaticano i calciatori e i dirigenti della squadra spagnola del Villareal. Il servizio di Roberta Gisotti: 

“Si se juega pensando en el bien del grupo...”
Se si gioca pensando al bene del gruppo, allora è più facile ottenere la vittoria”, ha osservato il Papa:

“Esto es posible si se actúa con espíritu de compañerismo...”
Questo è possibile se si agisce con spirito di cameratismo, lasciando da parte individualismo o aspirazioni personali. Infatti “il calcio come gli altri sport è immagine della vita e della società”.

“Por otra parte, cuando ustedes juegan al futbol...” 
D’altra parte quando i calciatori giocano allo stesso tempo - ha  evidenziato il Papa  -  “educano e trasmettono valori”, poiché “molte persone, specialmente giovani,  li ammirano e li osservano”. Loro trasmettono “un modo di essere a quelli che li seguono”, e “questa è una responsabilità”, che deve motivarli per dare il meglio di se stessi e far si che quei valori che il calcio rappresenta siano palpabili: “il cameratismo, lo sforzo personale, la bellezza del gioco, il gioco di squadra”.

Altro aspetto – sottolineato da Francesco – della buona sportività è “la gratitudine”, che anche deve accompagnare la nostra vita, verso tutti quelli che ci hanno aiutato e senza i quali non saremo qui:

“Sentir de este modo nos ayuda a crecer como personas,.....
“Sentire in questo modo – ha concluso il Papa - ci aiuta a crescere come persone, perché il nostro ‘gioco? Non è solo il nostro, ma anche degli altri, che in qualche modo sono parte della nostra vita.”

Infine, un plauso al ruolo del portiere nel calcio:

"Porque tiene...."
“Perché deve bloccare la palla là dove viene calciata, non sa da dove arriverà. E la vita è così”.

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Cordoglio del Papa per la morte del card. irlandese Desmond Connell

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Papa Francesco ha espresso il suo cordoglio per la morte, avvenuta tra il 20 e il 21 febbraio, del cardinale irlandese Desmond Connell, arcivescovo emerito di Dublino: aveva 90 anni.

In un telegramma inviato a mons. Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino, ricorda “con gratitudine gli anni di generoso ministero sacerdotale ed episcopale” del porporato e “i suoi numerosi contributi alla Chiesa in Irlanda, specialmente nell’ambito degli studi filosofici”.

Il cardinale Desmond Connell, era nato a Phibsboro il 24 marzo 1926. Ordinato sacerdote nel 1951, è stato  professore di Metafisica generale presso la University College Dublin. Ha scritto su temi filosofici e teologici. Nel 1981 per le sue pubblicazioni è stato insignito del Dottorato in Lettere dalla National University of Ireland. È stato membro della Commissione teologica della Gerarchia Irlandese e del comitato diocesano sull'ecumenismo e inoltre c Cappellano in tre comunità di suore contemplative, le Clarisse Povere (Clarisse dell'Immacolata Concezione), a Donnybrook (1953-55), le Carmelitane a Drumcondra (1955-1966) e le Carmelitane a Blackrock dal 1966.

Il 21 gennaio 1988 viene nominato da San Giovanni Paolo II arcivescovo di Dublino, ricevendo l’ordinazione episcopale il 6 marzo successivo. Il suo motto episcopale era “Secundum Verbum Tuum”. Tra le sue opere e pubblicazioni: The Vision in God: Malebranche's Scholastic Sources (Lovanio 1967) (La visione di Dio: Fonti scolastiche di Malebranche); Essays in Metaphysics (Dublino, 1996) (Saggi di Metafisica); Christ our Life (Dublino 1995) (Cristo nostra vita); vari articoli su temi filosofici e teologici.

San Giovanni Paolo II lo aveva creato cardinale nel Concistoro del 21 febbraio 2001, del Titolo di San Silvestro in Capite.

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Papa fa acquistare per i poveri prodotti delle zone terremotate

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Su espressa indicazione del Papa, l'Elemosineria Apostolica si è recata in questi giorni nelle zone terremotate dell'Italia centrale per acquistare dai piccoli rivenditori, fortemente in difficoltà a causa del sisma, prodotti alimentari tipici delle aree colpite. Lo rende noto, con un comunicato, lo stesso ufficio della Santa Sede che esercita la carità verso i poveri a nome del Pontefice.

L’accordo con i vescovi delle zone terremotate
In accordo con i vescovi di Rieti, mons. Domenico Pompili, di Ascoli Piceno, mons. Giovanni D'Ercole, di Camerino-San Severino Marche, mons. Francesco Giovanni Brugnaro, e di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, sono stati individuati alcuni gruppi di contadini, agricoltori e produttori “le cui aziende - si legge nella nota - rischiano di chiudere a causa dei danni provocati dal terremoto”.

Un aiuto alle aziende in difficoltà
L'Elemosineria Apostolica - si spiega - ha provveduto a comprare una grande quantità dei loro prodotti “con l'intenzione, espressa dal Santo Padre, di aiutarli ed incoraggiarli nel proseguire nelle loro attività”. Un gesto in linea con il magistero di Papa Francesco che - si ricorda - spesso nei suoi incontri ha ricordato che “quando non si guadagna il pane, si perde la dignità”. Tutti i prodotti acquistati sono stati “immediatamente distribuiti a diverse mense caritative della città di Roma” per la preparazione dei pasti donati quotidianamente alle persone bisognose e senza fissa dimora.

Far ripartire l’economia
Già da qualche tempo anche presso l'Annona, il supermercato presente all'interno della Città del Vaticano e riservato ai dipendenti vaticani, è possibile acquistare alcuni prodotti tipici delle zone terremotate “contribuendo così a sostenere e a far ripartire” l'economia di quella parte dell'Italia centrale ancora in difficoltà. (A cura di Giada Aquilino)

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Altre udienze

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Per le altre udienze odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Tweet: l'esempio vale più di migliaia di "likes"

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Nuovo tweet del Papa: "Non sottovalutiamo il valore dell’esempio perché ha più forza di mille parole, di migliaia di “likes” o  retweets, di mille video su youtube".

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Biblioteca Apostolica Vaticana: prosegue la diplomazia del libro

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Dopo le ultime intese di cooperazione culturale con Serbia, Cuba e Turchia, nuovi accordi in programma per la Biblioteca Apostolica e l’Archivio Segreto Vaticano. Mentre si sta definendo con successo l’organizzazione di una mostra a Pechino di rari manoscritti dell’ultima dinastia cinese conservati presso la Biblioteca Vaticana, mons. Jean-Louis Bruguès, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, in questi mesi ha stretto rapporti proficui anche con Russia e Romania. Federico Piana lo ha intervistato: 

R. – Sono stati tanti i viaggi effettuati ed altri ancora sono in previsione. A novembre dell’anno scorso sono stato invitato dal direttore federale dell’Archivio russo. Sono stato invitato prima a Mosca e dopo a San Pietroburgo. Lo scopo dell’incontro era organizzare una mostra dal titolo “I Romanoff e la Santa Sede“, dunque la dimensione diplomatica da Pietro Il il Grande fino a Nicola II. Per una settimana abbiamo parlato, ci siamo confrontati e abbiamo raggiunto un accordo. A dicembre di quest’anno, l’Archivio Nazionale – che adesso si trova sotto la responsabilità diretta del capo di Stato – organizzerà a Mosca una mostra per manifestare la collaborazione nel passato e nel presente tra l’Archivio della Santa Sede e l’Archivio nazionale russo.

D. - Mi pare che sia la prima volta – se non sbaglio – che l’Archivio Segreto fa una cosa di questo tipo …

R. - Sì. Abbiamo aperto una porta e, credo, una strada nuova.

D. - Ci sono in cantiere altri viaggi di questo tipo?

R. - Ci sono due viaggi in previsione. Il primo a maggio, in Romania, per organizzare una mostra su una diocesi locale, quella di Maramureş. Questa è una Chiesa che ha sofferto molto durante il comunismo e dunque vogliamo dare a questa diocesi giovane, risalente al secolo scorso, la possibilità di sistemare una vetrina per far conoscere naturalmente ai cattolici, ma anche all’intera società, la storia di questa diocesi. Tutto questo in una prospettiva di riconoscimento sociale e anche, naturalmente, ecclesiale. A giugno c’è un viaggio previsto in Armenia. Il governo, tramite l’ ambasciatore, mi ha invitato a conoscere il Paese, che ancora non conosco, e prevedere una mostra con la biblioteca.

D. - Quanto è importante questa diplomazia della cultura del libro che sta portando avanti la Biblioteca Apostolica Vaticana?

R. - Possiamo dire che la diplomazia del libro è antica come il libro se stesso. Ma adesso, nel contesto attuale politico ed anche sociale, mi sembra che il libro sia capace di costruire ponti, quando diverse attività umane farebbero piuttosto muri, ostacoli e divisioni. Secondo me il libro è la promessa di una vera fratellanza universale.

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Conferita a p. Lombardi la Legione d’Onore, massima onorificenza di Francia

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Una carriera dedicata alla comunicazione al servizio della Santa Sede e l’attenzione alla francofonia, attraverso il prezioso impegno per la trasmissione in tutto il mondo di programmi in lingua francese della Radio Vaticana. Sono queste le motivazioni del conferimento ieri sera della Legione d’Onore, la massima onorificenza di Francia, a padre Federico Lombardi, attualmente presidente della Fondazione Joseph Ratzinger e già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, della Radio Vaticana e del Centro Televisivo Vaticano. Il servizio di Amedeo Lomonaco

Nella sede dell’ambasciata di Francia presso la Santa Sede si è vissuta una serata densa di emozioni. Padre Lombardi, senza nascondere la propria commozione, ha legato ricordi lontani e recenti a sentimenti profondi. Dopo aver ripercorso gli anni dell’adolescenza e della gioventù, in cui le origini piemontesi si sono saldate all’amore per la familiare terra di Francia, si è soffermato sul lungo cammino al servizio della Santa Sede. Padre Lombardi ha sottolineato che la Legione d’Onore è un riconoscimento non tanto al suo impegno ma a quello delle persone che hanno collaborato con lui in diverse istituzioni. E proprio a questa composita comunità di lavoro, che nel corso degli anni ha reso un encomiabile servizio anche alla Francia, ha dedicato la prestigiosa onorificenza. In particolare, padre Lombardi ha menzionato il lavoro della Radio Vaticana:

“Abbiamo cercato di far giungere efficacemente in Francia e in tutte le regioni della francofonia mondiale la voce del Papa, l’eco della vita della Chiesa universale e anche l’informazione sull’attualità del mondo come premessa indispensabile per la comprensione delle preoccupazioni e dei messaggi della Chiesa nel nostro tempo”.

Dai tempi della Seconda guerra mondiale – ha detto padre Lombardi – si è cercato di raggiungere gli ascoltatori di lingua francese prima con le onde corte poi da Santa Maria di Galeria e con i satelliti e infine con internet, entrando nel mondo della multimedialità. L’augurio di tutto cuore – ha concluso – è che questo servizio “continui e si sviluppi in futuro nelle forme più adatte al progresso dei tempi”.

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Oggi in Primo Piano



Egitto: uccisi due cristiani. L'Is: i copti, "nostra preda favorita"

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Orrore e sgomento in Egitto. Altri due cristiani sono stati uccisi nella Penisola del Sinai dagli estremisti del sedicente Stato islamico. I jihadisti avevano minacciato in un recente video di voler colpire i copti. Il servizio di Sergio Centofanti

Due cristiani, un padre e un figlio, di 65 e 45 anni: si chiamavano Medhat e Saad. Sono stati trucidati nel Nord-Est della Penisola del Sinai infestata dagli integralisti del cosiddetto Stato islamico (Is). Il corpo del figlio è stato trovato bruciato, non si sa se da vivo. Le due uccisioni seguono le minacce di colpire i cristiani egiziani fatte dai jihadisti attraverso un video farneticante che diceva: i copti sono la nostra "preda favorita". Dall’inizio dell’anno in Egitto sono stati uccisi 5 cristiani. Nel dicembre scorso ne sono morti 27 nell’attentato contro una chiesa del Cairo.

E’ "solo l'inizio" della persecuzione contro gli "infedeli", affermano gli islamisti. Ma sotto i loro colpi cadono anche i musulmani moderati. I copti rappresentano circa il 10% della popolazione egiziana e la più grande comunità cristiana del Medio Oriente. Chiedono maggiore protezione da parte delle autorità. L'Is aveva già colpito i copti nel febbraio 2015 sgozzando in riva al mare a Sirte, in Libia, 20 egiziani di fede cristiana che prima di morire avevano invocato il nome di Gesù perdonando i loro assassini. 

Sui motivi di quella che sta diventando una vera e propria persecuzione per la comunità cristiana in Egitto, Giancarlo La Vella ha intervistato Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre: 

R. – Purtoppo in Egitto la situazione è terribilmente caotica come in altre realtà di quell’area del Medio Oriente nello specifico, perché le primavere arabe poi non hanno sortito tutti quegli effetti straordinari che pensavamo potessero sortire. E in Egitto, in maniera particolare, la comunità cristiana copta in questo momento viene accusata in modo anche cruento, violento da parte degli uomini della comunità islamista più estrema - faccio riferimento quindi ad Al Qaeda, ad alcuni appartenenti dei Fratelli musulmani e allo stesso Daesh - di aver cospirato nel 2013 per la destituzione dell’allora presidente Morsi, leader dei Fratelli musulmani. La comunità cristiana copta non votò per Morsi, perché intravedeva i rischi di islamizzazione del Paese. La comunità cristiana copta soffre dal 2013, da quando cioè fu destituito Morsi e fu eletto il nuovo capo dello Stato egiziano.

D. - In che modo è possibile essere vicini alla comunità cristiana egiziana in questo momento?

R. - Innanzitutto con la preghiera, poi con l’informazione; se non siamo informati su quello che avviene in Egitto come in altri Paesi del Medio Oriente, non saremo mai in condizioni di agire. Infine, con quella generosità materiale di cui la Chiesa copta in Egitto necessita. Racconto solo un aneddoto: nell’ottobre 2015 ricevemmo una forte sollecitazione da una piccola comunità cattolica copta. Pregavano - non avendo un luogo idoneo - ritrovandosi di fronte ad una Croce disegnata sul muro. Chiedevano finalmente di avere un dignitoso luogo di preghiera. Oggi lo hanno grazie alla generosità, soprattutto dei benefattori italiani di Aiuto alla Chiesa che soffre.

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Siria. P. Ibrahim: dialogo inizia da gesti quotidiani di apertura

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E’ in corso a Ginevra il quarto round di colloqui, mediati dall'Onu, tra governo e opposizioni siriane. C’è molto scetticismo e nulla si sa delle modalità degli incontri. Intanto sul terreno continua la lotta al sedicente Stato islamico, specie nel Nord, dove i ribelli e l’esercito turco hanno liberato definitivamente dai jihadisti la città di Al-Bab. Ma nel cuore della popolazione siriana la speranza della pace non si affievolisce: “il cambiamento nasce dai semplici gesti quotidiani” dice, al microfono di Gabriella Ceraso, padre Ibrahim Alsabagh, parroco latino di Aleppo, commentando l’odierna fase di colloqui in Svizzera: 

R. – Sicuramente, ogni tentativo di dialogo e ogni appuntamento tra le diverse parti per noi è un grande segno di speranza. Siamo realisti, sappiamo quante sfide ci sono … abbiamo saputo che le rappresentanze di alcune parti sono composte solo di poche persone ma, dall’altra parte, rimane un segno di speranza per un futuro migliore.

D. – Padre Ibrahim, tra due settimane sarà il sesto anniversario dello scoppio prima delle proteste e poi di tutta una serie di eventi che hanno poi portato alla catastrofe della guerra. Lei che risultati vede, oggi?

R. – Sicuramente, vediamo la gente più sofferente, più appesantita, più povera. Ad esempio, ad Aleppo abbiamo grande difficoltà con l’acqua, perché l’Is ha tagliato le condutture verso la città; l’elettricità non esiste e per tutti, significa mancanza di lavoro. E tutto questo sempre con i prezzi alle stelle. E’ una situazione diciamo “post-guerra”, anche se non è finita per Aleppo, ma questo post-guerra significa sempre sofferenza e tante attese.

D. – Uno dei posti dove ancora si lotta, ad esempio, è Idlib: c’è stato un allarme dell’Unicef per i bambini, che torna a farci pensare quanto siano stati protagonisti in questi sei anni. Ecco, l’infanzia ad Aleppo: come stanno i bambini? Hanno ripreso la scuola? Sono rimasti, i bambini?

R. – Sì, ci sono i bambini sempre con i segni della sofferenza, di tanti shock psicologici, ma non solo i bambini. Vediamo anche tantissime donne con disturbi, tantissimi uomini anche mutilati; vediamo questo ogni giorno e sappiamo che se ad Aleppo è così, allora anche in ogni luogo della Siria.

D. – Prima, la Siria era il luogo del dialogo; ora a Ginevra si combatte per ricostruirlo, questo dialogo. Secondo lei, c’è spazio, oggi, con quello che è accaduto, per tornare a stare insieme?

R. – Sicuramente, per noi c’è sempre la possibilità di un dialogo, di ricucire questa bellissima società-mosaico che è stata lesa nella sua unità.Quello che cerchiamo di fare noi è di andare incontro all’altro: non importa cosa l’altro abbia fatto ieri, noi gli andiamo incontro con tutto quello che possiamo fare, nonostante le nostre ferite, i nostri limiti come Chiesa locale. Per me è molto facile ricucire o aprire un dialogo: basta uscire in strada, basta dire buongiorno a una persona, soffermarsi ad ascoltare la sofferenza, basta bussare alla porta di un capo religioso e fare una visita.

D. – Si può tradurre in politica, questo?

R. – Le cose grandi iniziano dalle cose piccole, dalle cose più semplici: da una stretta di mano, da un sorriso, da un saluto dal cuore … Abbiamo tanta speranza che questi semi facciano veramente grandi miracoli. E noi riusciamo a vederli, specialmente quando si tratta delle Chiese: noi possiamo oggi fare molto, molto di più di quello che i canali istituzionali possono fare.

D. – Lei dice quindi anche a livello di dialogo interreligioso?

R. – Certo. Come concittadini, come persone, come responsabili di un cammino possiamo fare tanto. La Chiesa qua, per esempio, ha una grande influenza, un grande potere morale che può, spesso, cambiare anche il camino di un popolo. Noi sentiamo questa forza, oggi, e cerchiamo di approfittare proprio di questa nostra autorità morale per riprendere in mano il timone e cercare di guidare il Paese verso il dialogo, verso la pace.

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Caso San Camillo: assunzioni pro aborto grave discriminazione

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La legge non prevede assunzioni per non obiettori. Così il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, sulla decisione dell’ospedale San Camillo-Forlanini di Roma di assumere, attraverso concorso, due medici per praticare l’aborto. Una “grave discriminazione” per l'Associazione medici cattolici italiani, mentre per la Cei “si snatura l'impianto della Legge 194”. Il servizio di Massimiliano Menichetti

E’ polemica serrata dopo la decisione dell’ospedale romano San Camillo-Forlanini di bandire un concorso finalizzato all’assunzione di due ginecologi dedicati all'interruzione di gravidanza, per far fronte alle richieste di aborto e superare il problema dell’obiezione di coscienza che in Italia è invocata da 7 medici su dieci e nel Lazio da 8 su dieci. “Bisogna semplicemente seguire la legge, in cui l'obiezione di coscienza è rispettata” ha ribadito, da Bruxelles, il ministro della Salute Lorenzin:

“La legge non prevede questo tipo di selezione, prevede invece, qualora una struttura abbia problemi di fabbisogno per quanto riguarda singoli specifici servizi, di poter chiedere alla Regione di poter attingere, anche in mobilità, ad altro personale”.

Intanto, nel contratto predisposto dall’ospedale San Camillo-Fornalini è presente una clausola rescissoria, che impedisce al ginecologo di appellarsi all’articolo 9 della Legge 194 sull’aborto, che prevede proprio l’obiezione di coscienza. Fatto questo che, secondo don Carmine Arice, direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Conferenza episcopale italiana "snatura l'impianto della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza che non aveva l'obiettivo di indurre all'aborto ma prevenirlo”. Per l'Associazione medici cattolici italiani, “in un panorama sanitario nazionale che va sempre più in frantumi”, il concorso è “discriminatorio” e “assolutamente inaccettabile". E in punto di diritto il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli ribadisce che “un concorso che esclude coloro che sono obiettori è di dubbia legittimità''.

Sul concorso indetto dall'ospedale San Camillo-Fornalini, abbiamo intervistato Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita: 

R. – Questa è una cosa che ci interroga da tre punti di vista, tutti gravi. Il primo è il significato stesso della Legge 194: dovrebbe avere come fine quello di prevenire un male, ovvero l’aborto, oppure l’aborto stesso è un diritto da esigere magari sotto la porta di casa? La Legge dice chiaramente che dovrebbe servire a prevenire il male e prevenirlo significa dare alternative. Punto due, gravissimo: il problema della pressione sul medico. Qui si vuole trasformare il medico in un esecutore di regime. Il medico è un professionista che agisce in scienza e coscienza. Infine c’è un altro punto fondamentale: attorno a una cosa del genere si rischia - e questo è un aspetto ancor più grave secondo me - di favorire politiche occupazionali che sono pilotate su base di connivenza politica o di convenienza sindacale o consorterie di tipo ideologico.

D. – Mentre parliamo di aborto, di diritto del medico all’obiezione di coscienza, non sullo sfondo ma in primo piano c’è l’essere umano…

R. – Abbiamo a che fare con esseri umani ad uno stadio di sviluppo che è diverso da quello che abbiamo io e lei… Ma probabilmente anche tra me e lei è diverso, per ragioni di età; è diverso tra me e mio padre; tra me ed un’altra persona … Lo stadio di sviluppo non incide sulla natura dell’uomo. L’embrione umano, il feto umano, sono esseri umani, in uno stadio di sviluppo, che noi sopprimiamo. In Italia, nonostante tutto, ne vengono legalmente soppressi circa 90 mila: è una città intera. A questi 90 mila poi bisogna aggiungere tutti coloro che sono soppressi con le moderne tecniche, propagandate tra l’altro anche dallo Stato, di aborto chimico. C’è infatti tutto un ritorno all’aborto fai da te attraverso la chimica.

D. – Cosa si fa realmente per prevenire, che vuol dire aiutare le donne a tenere un bambino, a proseguire una gravidanza? Cosa si dovrebbe fare? Il vostro impegno è pilota in questo senso…

R. - Questo è il dramma. Il nostro impegno è chiaramente volontaristico, quindi senza mezzi e ciò nonostante tira fuori da questa condizione circa 10 mila donne all’anno. Il problema è che quando una donna va a chiedere di abortire non le viene chiesto probabilmente neanche perché lo fa. C’è una quota di donne che probabilmente lo farebbe comunque. C’è una quota di donne, però, che lo fa per costrizione di ordine economico, per situazione pesante di ordine sociale, per la paura magari di un rischio malformativo che è esagerata… se fossero rassicurate, aiutate con provvedimenti di ordine sociale, messe al riparo da situazioni di pressione o di violenza, eviterebbero di fare quello che fanno. Questa è l’esperienza che abbiamo con i nostri 350 Centri di aiuto alla vita. Perché lo Stato non si impegna in questa direzione? Perché si è voluto fare dell’aborto un diritto civile, non una sconfitta della società. E non riusciamo a capire come questa tendenza radicale abbia invaso, pervaso e condizionato addirittura forze politiche che dovrebbero essere paladine di altro, cioè di esigenze di giustizia sociale. Torni indietro il presidente della Regione Lazio, Zingaretti (che ha appoggiato il bando n.d.r), perché quello che sta facendo è anticostituzionale e illiberale: dimostra ancora una volontà politica di voler coartare le coscienze alla quale noi ci ribelleremo. L’essere umano ha diritto alla vita sempre, l’aborto è comunque una sconfitta. 

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 54

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.