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Sommario del 13/09/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: vincere l’indifferenza, costruire la cultura dell’incontro

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Lavoriamo per costruire una vera cultura dell’incontro che vinca la cultura dell’indifferenza. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha messo l’accento sull’incontro di Dio con il suo popolo, ed ha messo in guardia da quelle cattive abitudini che, anche in famiglia, ci distolgono dall’ascolto dell’altro. Il servizio di Alessandro Gisotti

La Parola di Dio, ha esordito il Papa, ci fa oggi riflettere su un incontro. Spesso, ha osservato, le persone si “incrociano fra loro, ma non si incontrano”. Ognuno, ha detto con rammarico, “pensa a sé, vede ma non guarda, sente ma non ascolta”:

“L’incontro è un’altra cosa, è quello che il Vangelo oggi ci annuncia: un incontro; un incontro fra un uomo e una donna, fra un figlio unico vivo e un figlio unico morto; fra una folla felice, perché aveva incontrato Gesù e lo seguiva, e un gruppo di gente, piangendo, accompagnava quella donna, che usciva da una porta della città; incontro fra quella porta di uscita e la porta di entrata. L’ovile. Un incontro che ci fa riflettere sul modo di trovarci fra noi”.

Nel Vangelo, ha proseguito, leggiamo che il Signore fu preso “da grande compassione”. Questa compassione, ha ammonito, “non è lo stesso che noi facciamo quando andiamo sulla strada, per esempio, e vediamo una cosa triste: ‘Peccato!’” Gesù non passa oltre, viene preso da compassione. Si avvicina alla donna, la incontra davvero e poi fa il miracolo.

L’incontro con Gesù vince l’indifferenza e restituisce dignità
Di qui, ha detto il Papa, vediamo non solo la tenerezza ma pure “la fecondità di un incontro”. “Ogni incontro – ha ripreso – è fecondo. Ogni incontro restituisce le persone e le cose al suo posto”:

“Noi siamo abituati ad una cultura dell’indifferenza e dobbiamo lavorare e chiedere la grazia di fare una cultura dell’incontro, di questo incontro fecondo, di questo incontro che restituisca ad ogni persona la propria dignità di figlio di Dio, la dignità di vivente. Noi siamo abituati a questa indifferenza, quando vediamo le calamità di questo mondo o le piccole cose: ‘Ma, peccato, povera gente, quanto soffrono’, e andare avanti. L’incontro. E se io non guardo – non è sufficiente vedere, no: guardare - se io non mi fermo, se io non guardo, se io non tocco, se io non parlo, non posso fare un incontro e non posso aiutare a fare una cultura dell’incontro”.

La gente, ha sottolineato Francesco, “è presa dal timore e glorificava Dio, perché aveva fatto l’incontro fra Dio e il suo popolo”. A me, ha soggiunto, “piace vedere anche qui l’incontro di tutti i giorni fra Gesù e la sua sposa”, la Chiesa, che attende il Suo ritorno.

Anche in famiglia viviamo il vero incontro, a tavola ascoltiamoci tra noi
“Questo – ha ribadito – è il messaggio di oggi: l’incontro di Gesù con il suo popolo”, tutti siamo “bisognosi della Parola di Gesù”. Abbiamo bisogno dell’incontro con Lui:

“A tavola, in famiglia, quante volte si mangia, si guarda la tv o si scrivono messaggi al telefonino. Ognuno è indifferente a quell’incontro. Anche proprio nel nocciolo della società, che è la famiglia, non c’è l’incontro. Che questo ci aiuti a lavorare per questa cultura dell’incontro, così semplicemente come l’ha fatto Gesù. Non solo vedere: guardare. Non solo sentire: ascoltare. Non solo incrociarsi: fermarsi. Non solo dire ‘peccato, povera gente’, ma lasciarsi prendere dalla compassione. E poi avvicinarsi, toccare e dire nella lingua che ad ognuno viene in quel momento, la lingua del cuore: ‘Non piangere’, e dare almeno una goccia di vita”.

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Papa Francesco celebrerà Messa per padre Hamel e comunità di Rouen

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Domani, Papa Francesco celebrerà la Messa alle 7 di mattina nella cappella di Casa Santa Marta in segno di vicinanza ai familiari di padre Jacques Hamel e di tutta la comunità di Rouen. Un gruppo di 80 pellegrini della diocesi di Rouen, insieme al loro vescovo, mons. Dominique Lebrun - informa una nota del direttore della Sala Stampa vaticana, Greg Burke - assisteranno alla Messa di suffragio per il sacerdote ucciso il 26 luglio nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray. La celebrazione sarà ripresa e diffusa in diretta dal Centro Televisivo Vaticano.

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Assisi: "Sete di pace", 30 anni dopo prima Giornata di preghiera

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“Sete di Pace. Religioni e Culture in dialogo”. A 30 anni dalla prima Giornata mondiale di preghiera per la pace, convocata da San Giovanni Paolo II, si terrà ad Assisi dal 18 al 20 settembre, un Incontro interreligioso organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla diocesi della città umbra e dalle Famiglie Francescane. Attesi 450 tra leader religiosi e rappresentanti di istituzioni e del mondo della cultura, di ogni angolo del pianeta. Nella giornata conclusiva interverrà – come già annunciato - Papa Francesco. L’evento è stato presentato stamane nella Sala Marconi della nostra emittente. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Sete di pace coniugata con le grandi sfide, che impediscono o minacciano oggi la pacifica convivenza tra Paesi, popoli, religioni. Un programma fittissimo di dialoghi su cristiani, ebrei, musulmani, religioni asiatiche, culture a confronto, in Asia, Africa, Europa, su ecumenismo, e poi sul terrorismo che nega Dio, ed ancora i grandi temi economici, sociali, ambientali, disuguaglianze, povertà, migranti, rifugiati, anche due focus sulla guerra in Iraq e sulla Tunisia a 5 anni dalla "Rivoluzione dei Gelsomini", e sul ruolo dei media nelle guerre. E, grande è l’attesa per l’arrivo di Papa Francesco. Mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo di Assisi:

R. - È la terza volta che accogliamo Papa Francesco: naturalmente siamo molto grati. Oggi lo accogliamo con una speranza ulteriore, perché lo spazio e l’orizzonte si allargano in un mondo che è diventato sempre più globalizzato, ma anche sempre più attraversato da tanti dialettiche e spinte che fanno temere per il nostro futuro. Davvero quest’esperienza di unità, che il Papa sigilla con la sua autorevolezza, ci può dare un cammino di speranza.

Ma quale bilancio del cammino di pace in 30 anni? Non bisogna dimenticare i passi avanti. Padre Enzo Fortunato, direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi:

R. – Noi portiamo nel cuore quello che è accaduto negli anni precedenti. Nel 1986, Guerra Fredda: il Papa sceglie Assisi e dopo alcuni anni c’è la Caduta del Muro di Berlino, l’emblema della Guerra Fredda. Nel 1993, la guerra in Bosnia ed Erzegovina: il Papa di nuovo ad Assisi, all’ombra di San Francesco, con San Francesco e da lì a poco avremo i Trattati di Dayton. Ancora nel 2002, dopo l’attentato alle Twin Towers, una corale preghiera di tutte le fedi religiose ad Assisi a pochi mesi dall’11 settembre e dopo alcuni anni la caduta di Al Qaeda, del terrorismo di Al Jazeera. Ora, noi abbiamo di fronte una nuova sfida: la sfida del terrorismo – dell’Is –  e Assisi è la risposta al terrore. Queste edizioni precedenti ci dicono che la forza debole della preghiera, come l’ha chiamata il cardinale Parolin, è la risposta più imponente, più importante, alla risposta prepotente delle armi.

Si tratta, dunque, di accettare con coraggio le nuove sfide. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio:

R. - Più che il mondo è peggiorato, il mondo vive nuove sfide, perché siamo entrati nel tempo della globalizzazione, che ci fa vivere insieme, e del terrorismo che invece ci vuole dividere. E allora saremo ad Assisi proprio per dire, cercare questa unità contro chi ci vuole dividere.

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Tweet Papa: chiediamo una fede che ci faccia sempre fidare di Dio

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"Chiediamo una fede che ci permetta di fidarsi di Dio in qualsiasi circostanza della vita". E' il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex in 9 lingue.

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P. Zollner chiarisce: incontro del Papa con due rappresentanti vittime abusi

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In riferimento alla dichiarazione di padre Hans Zollner, contenuta nell’intervista alla Radio Vaticana trasmessa ieri 12 settembre, a proposito dell’incontro di Papa Francesco con due vittime italiane di abuso durante l’udienza giubilare di sabato scorso, lo stesso padre Zollner chiarisce che “non si tratta di due vittime di abuso, ma di due rappresentanti delle vittime di abuso in Italia, che hanno consegnato al Santo Padre due libri sulla drammatica esperienza di violenza subita da parte di membri del clero”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina un editoriale di Manuel Nin: Un albero riapre il paradiso. L’Esaltazione della croce secondo Romano il Melodo.

Matteo e Marco letti dal Papa: le introduzioni di Santi Grasso e di Alessandra Peri ai libri che raccolgono le riflessioni di Papa Francesco.

Santiago Madrigal: Sant'Ignazio e don Chisciotte nella lettura di Miguel de Unamuno.

Vicente Cárcel Ortí: Censurato dagli uni e dagli altri. Il 14 settembre 1936 Pio XI parlò a tutta la Spagna.

Hermann Geissler: Nella Bibbia il modello a cui ispirarsi. L’identità dei cristiani secondo Newman.

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Oggi in Primo Piano



Tregua sotto controllo in Siria. Onu: più garanzie per invio aiuti

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La Siria è al suo primo giorno di tregua scattata ieri al tramonto secondo gli accordi Usa-Russia. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, voce delle opposizioni, stima in circa 300mila morti il bilancio di questi oltre 5 anni di conflitto. Ora per gli aiuti umanitari si aprono nuovi varchi, ma le Nazioni Unite chiedono maggiori garanzie. Intanto la tensione resta alta. Il servizio di Gabriella Ceraso

L’accordo Usa-Russia che sta consentendo la tregua in Siria potrebbe essere sottoposto all’approvazione dell’Onu. Lo chiede Mosca nel primo giorno in cui non ci sono vittime anche se bombardamenti e razzi hanno colpito comunque il nord di Aleppo e la zona centrale di Hama e il confine turco. Per fornire aiuti servono più sicurezza e più garanzie dice l’Onu pronta comunque ad inviarli. Intanto a farlo è la Turchia con oltre 20 tir entrati stamani in Siria carichi di vestiti, cibo e giocattoli. Ma a cosa dovrebbe condurre la tregua e con quali prospettive? Ne abbiamo parlato con Matteo Legrenzi direttore del master in Studi strategici e Sicurezza internazionale alla Cà Foscari di Venezia 

R. – Dovrebbe condurre ad una soluzione politica. Purtroppo, però, abbiamo visto che, già in passato, altre tregue sono sfociate nel nulla. Diciamo che l’elemento positivo per ora è quello umanitario, dove c’è una situazione drammatica. Trasformare, però, questa tregua in un accordo politico sarà difficilissimo.

D. – Un accordo politico che, comunque, è fatto tra agenti esterni: Russia e Stati Uniti?

R. – Esatto. Gli agenti esterni giocano un ruolo fondamentale, purtroppo sia negativo che positivo. Positivo, perché è molto difficile che le azioni in campo, locali, trovino un accordo dopo anni e anni di guerra così tremenda. Negativo, perché purtroppo gli agenti esterni hanno le loro agende regionali e globali e talvolta queste non combaciano con quella che dovrebbe essere una soluzione politica in primis per il popolo siriano.

D. – La presenza di Assad potrebbe avere un ruolo diverso da come si era pensato in passato, proprio nella fase politica successiva alla tregua?

R. – Si era partiti chiedendo l’esautorazione preventiva di Assad. Adesso questo sembra molto difficile. Che ruolo egli possa giocare nella fase di transizione è quello su cui effettivamente si tratta.

D. – In queste primissime ore, da Damasco, da Aleppo arrivano osservazioni di questo genere. Ogni volta che c’è la cessazione delle ostilità i ribelli traggono vantaggio dalla situazione, aumentano uomini e armi e poi riprendono a colpire…

R. – Questo è probabile, nel senso che tutte le forze in campo poi sfruttano queste tregue per rinforzarsi. La vera questione è che i ribelli si rafforzano. Anche questo iato, infatti, tra la tregua e poi quelle che dovrebbero essere operazioni congiunte contro lo Stato Islamico, dà la possibilità anche allo Stato Islamico di rinforzarsi

D. – Finora hanno detto quasi tutti “ok” e si è partiti, tranne qualche voce contraria proprio tra le frange dei ribelli. La ritiene una cosa significativa questa defezione?

R. – E’ significativa sì, perché poi quello che veramente conta è quello che succede sul terreno. Anche in passato vi erano state delle affermazioni positive da parte di leadership che talvolta sono in esilio, ma quello che accade sul terreno è quello che poi determinerà il successo o meno della tregua. Quindi queste sono voci sicuramente preoccupanti.

D. – Si può pensare ad una prossima Ginevra a breve? Risedersi al tavolo, quindi, sarà il passaggio successivo?

R. – Due passaggi successivi. Abbiamo questa tregua che deve tenere e poi abbiamo operazioni congiunte tra Russia e Stati Uniti contro lo Stato Islamico che devono iniziare e solo successivamente si può pensare ad una nuova Ginevra 3. Diciamo quindi che siamo ancora molto lontani dal poter tenere una conferenza internazionale con qualche prospettiva di successo.

D. – Ritiene questa un’occasione veramente unica, l’ultima che avrà questo Paese?

R. – No, unica no, perché c’è sempre un altro giorno. Però, forse, in maniera ottimista, io spero che la situazione si sia evoluta in maniera tale che le potenze esterne abbiano trovato un accordo e riescano a lavorare insieme. Sarebbe molto importante, sarebbe significativo, però realisticamente devo dire che già in passato vi erano state queste speranze. 

 

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Corea del Nord: aumentano le tensioni con gli Stati Uniti

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Non accenna a diminuire la tensione nella penisola coreana. Alcuni giorni dopo il quinto test nucleare del regime di Pyongyang, gli Stati Uniti hanno annunciato l’invio in Corea del Sud di due bombardieri con capacità nucleare, in funzione di deterrente verso il regime di Kim Jong Un. Sembra, inoltre, che un sesto test possa essere imminente. Andrea Walton ha chiesto a Francesco Sisci, corrispondente a Pechino per il Sole24ore, se le attuali vicende possano degenerare in un conflitto armato: 

R. – E’ difficile fare previsioni per quanto riguarda la Nord Corea, perché per i decenni passati Pyongyang si è rivelata assolutamente imprevedibile! Certo, quello che si vede oggi è un aumento di tensione tra Nord e Sud Corea, ma anche un aumento di tensione nel quadro generale del Nord Asia, che – tra l’altro – è causa ed effetto di questa tensione: parlo cioè di una maggiore tensione tra Cina da una parte e Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone dall’altra. Cosa, questa, che non è assolutamente buona per la pace mondiale.

D. – Quali potrebbero essere le prossime mosse di Pyongyang?

R. – Quello che Pyongyang vorrebbe avere è un dialogo a due con gli Stati Uniti. Ma gli Stati Uniti non sono assolutamente disposti a questo, perché questo significherebbe scavalcare Sud Corea e Giappone e significherebbe anche, in qualche modo, delegittimare Seul. Però quello che sta accadendo, in realtà, è che Pyongyang ha avuto il fiuto di vedere che in questa tensione attuale tra Cina e Stati Uniti, la Cina non ha voglia di fare troppe pressioni su Pyongyang per risolvere la questione. E quindi, in questa situazione, gioca ad aumentare ulteriormente la tensione per avere carte di scambio sia con Washington, da una parte, ma anche con Pechino dall’altra.

D. – E quale ruolo, dunque, potranno ricoprire gli Stati Uniti e la Cina nell’evoluzione delle vicende?

R. – Il problema dei problemi è un buon rapporto tra di loro. Se c’è un buon rapporto tra Stati Uniti e Cina, gli spazi di manovra di Pyongyang oggettivamente si riducono. In realtà l’ideatore di questo progetto, che è l’ambasciatore Joseph De Trani, pensava probabilmente proprio a questo e cioè alla Nord Corea come una prova, un terreno di prova per migliorare i rapporti tra Cina e Stati Uniti.

D. – Può essere impedito in modo pacifico al regime di Kim Jong-un di sospendere il proprio programma nucleare o l’unica opzione potrà essere quella dell’intervento militare?

R. – La Nord Corea ha oggi migliaia di cannoni puntati contro Seul: quindi, seppure un'azione militare potrebbe eliminare le basi nucleari, le basi missilistiche e impedire una invasione come quella del 1950 del Nord contro il Sud, sarebbe impossibile impedire un bombardamento massiccio contro Seul, una città di 10 milioni di abitanti. Avremo decine, se non centinaia di migliaia di vittime civili ed un disastro economico per tutta l’Asia orientale e per tutto il mondo. Senz’altro deve essere trovata una soluzione pacifica! Come può essere trovata? Ecco, lì, l’unica chiave è un rapporto migliore e più diretto tra Cina e Stati Uniti.

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Afghanistan: verso accordo di pace con Hekmatyar

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In Afghanistan il presidente Ashraf Ghani ha rivelato che sarebbe prossimo un accordo di pace con il cosiddetto “signore della guerra”, Gulbuddin Hekmatyar. Secondo il capo dello Stato l’intesa potrebbe aprire la strada per un ritorno alla politica di Hekmatyar. Il passo annunciato, nelle speranze di Ghani, costituisce un tassello importante nel processo di pacificazione del Paese. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Margherita Paolini, responsabile del master on line della rivista di Geopolitica, “Limes”: 

R. - Hekmatyar è sempre stato nell’ombra, pronto a rientrare in uno senario politico afghano da cui era uscito diversi anni fa; anche il suo movimento si era ormai disperso. È un’icona come vecchio mujaheddin, però è anche molto screditato per tutto quello che è accaduto subito dopo il ritiro dei russi. Basta ricordare i bombardamento di Kabul che per quattro anni ha prodotto un numero di vittime superiore a tutta la guerra.

D. - Quale ruolo può avere in Afghanistan oggi Hekmatyar?

R. - È un personaggio ambiguo ma che può svolgere un ruolo. Ghani non è riuscito a venire a capo di un accordo con i talebani. Tutto il gruppo pashtun non si riesce a mettere insieme un accordo con il governo; quindi può svolgere un ruolo di mediatore. Naturalmente se c’è un vantaggio per Ghani di trovare qualcuno nel trattare con i vari gruppi, c’è anche un vantaggio per Hekmatyar di rientrare. Secondo me, con questo accordo un passo in avanti è stato fatto.

D. - Guardando al Paese globalmente è possibile pensare oggi ad un Afghanistan in cammino verso la pacificazione?

R. - L’Afghanistan è un Paese con una grande tradizione culturale nazionale. Ma purtroppo in questo momento è un pezzo di territorio inserito in uno scenario in cui abbiamo l’Iran, il Pakistan, l’India e le repubbliche centroasiatiche. Purtroppo questo Paese è la cartina di tornasole dei rapporti tra tutte queste potenze confinanti, perché comunque la contrapposizione Pakistan-India nonostante gli sforzi continua ad esserci, il discorso dell’Afghanistan come possibile trampolino di forze eversive nei confronti dell’Asia centrale e poi c’è il discorso dell’Iran che comunque tende a bilanciare: se perde qualcosa ad Ovest verso la Siria, nelle sue possibilità cerca di avere un controllo della situazione ad Est.

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Pakistan. Mons. Coutts: cristiani ancora vittime di violenze

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Difficile è la vita per i cristiani del Pakistan, spesso vittime di ingiustizie e di attacchi da parte di gruppi islamici estremisti. Intanto è ancora in discussione la revisione sulla legge sulla blasfemia. Ascoltiamo il commento di mons. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza episcopale pakistana, al microfono di Marina Tomarro:

R. – The basic problem we are facing in Pakistan at the moment…
Il problema principale che ci troviamo ad affrontare, in questo momento, in Pakistan, è quello legato all’estremismo di alcuni gruppi islamici, che sono soliti usare la violenza, il terrore, i bombardamenti, che uccidono. E questo è qualcosa che non riguarda unicamente i cristiani, ma che caratterizza l’intero Paese. Tutto il Paese, allo stato attuale, è preoccupato proprio da questi gruppi estremisti, da questi gruppi violenti. La questione è affrontata in modo molto forte, con l’aiuto dell’esercito pachistano: sono ormai due anni che è stata lanciata una operazione militare per combattere le roccaforti di questi gruppi e distruggere le loro armi ed i loro rifugi. Quindi la situazione – grazie proprio a questa operazione militare – è certamente migliore rispetto a come fosse qualche anno fa.

D. – Ci sono novità riguardo alla situazione di Asia Bibi? Ormai sono tanti mesi che non ci arrivano neanche più notizie…

R. – Blasphemy victims are many …
Le vittime della legge sulla blasfemia sono tante! Non c’è soltanto Asia Bibi… La questione è ancora in discussione. Penso che la cosa positiva sia, però, che la Corte Suprema abbia detto recentemente – qualche mese fa – che criticare la legge sulla blasfemia non è la stessa cosa che essere giudicati blasfemi. Per voi questo potrebbe, forse, sembrare un po’ semplicistico: ma non lo è! Io credo che sia, invece, un importantissimo passo, perché alcune persone sono state uccise soltanto per aver criticato la legge sulla blasfemia. Il governatore del Punjab – ad esempio - è stato ucciso dalla sua guardia del corpo, istigato dal fanatismo estremista: lui non aveva parlato contro il Profeta, non era stato blasfemo: aveva soltanto criticato la legge in quanto tale. Adesso, però, la Corte Suprema ha detto che non è più considerato blasfemo criticare questa legge. Sono tanti i pachistani – anche molti musulmani – che sostengono che questa legge non venga ben applicata e che alcuni cambiamenti devono essere fatti. Non è ancora chiaro, però, come questo possa essere fatto o cosa possa essere fatto. Ma il fatto importante è che si è cominciato a parlare e questo rappresenta certamente un positivo passo avanti.

D. – Perché è importante che i cristiani ci siano e non vadano via dal suo Paese?

R. – You see these news of people leaving the country: is not only christians…
Guardi queste notizie di persone che lasciano il Paese non riguardano solo i cristiani. Coloro che prendono questa decisione lo fanno per diversi motivi. Ci sono alcuni che sono perseguitati e questo è vero! Ma ci sono anche tanti altri - anche tanti musulmani - che vogliono lasciare il Paese per ragioni politiche. C’è poi chi lo fa per ragioni economiche: c’è una migrazione economica a causa della povertà. E questo perché non vedono alcuna possibilità nel loro Paese e cercano una vita migliore, cercano maggiori e migliori possibilità. Purtroppo, però, hanno questa percezione errata che all’estero tutto andrà bene e che tutto sarà ok.

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Amatrice: primo giorno di scuola, la speranza più forte del sisma

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E’ suonata  anche ad Amatrice, questa mattina alle 8.30 la campanella della scuola. Per i 170 ragazzi del paese terremotato è iniziato, infatti, regolarmente l’anno scolastico grazie alla nuova scuola provvisoria allestita nella vicina frazione di Villa San Cipriano dalla Protezione Civile della Provincia autonoma di Trento. Il servizio di Marina Tomarro: 

Una scuola sicura e colorata con 12 aule da 35 metri quadri ciascuna, più altri moduli dedicati ai servizi, per una superficie coperta complessiva di circa 600 metri quadri, per 170 alunni dai 3 ai 18 anni. Vuole ripartire da questa costruzione, la vita quotidiana di Amatrice per riprendere nella sua normalità lì dove si era interrotta, in quella terribile notte del 24 agosto. A costruirla in appena una settimana è stata la Protezione Civile della Provincia autonoma di Trento. Il commento del presidente della Provincia Autonoma Ugo Rossi:

R - Le caratteristiche ideali – direi – per ospitare, in maniera veloce, 200 ragazzi. Sono dei moduli prefabbricati che avevamo in disponibilità. Sono collegati assieme e dotati di riscaldamento, aria condizionata e di tutti i servizi; gli arredi sono forniti dal Ministero. Abbiamo avuto la fortuna di "avere in casa" questi moduli e noi facciamo molto volentieri questo gesto… Non è una inaugurazione: è l’apertura dell’anno scolastico nel giorno che era stato stabilito fin dall’inizio. Vuole essere un segnale di disponibilità del Trentino, assieme alla Protezione Civile Nazionale e assieme al Ministero, per dire che – nonostante tutto – è possibile immaginare una ripartenza e pronunciare una parola, che è importante in questi momenti, che è la parola speranza. Penso che l’Italia abbia dimostrato davvero una grande generosità! Si tratta adesso di saperla incanalare nel modo giusto, evitando sovrapposizioni; ma si tratta anche soprattutto di fidarsi delle strutture nazionali: il commissario Errani è una garanzia in questo senso. Noi siamo a completa disposizione”.

La nuova scuola, ospiterà gli alunni della scuola dell'infanzia, della primaria, della media inferiore e del Liceo scientifico di Amatrice e Accumoli. Mentre gli alunni della vicina Cittareale, circa venti, frequenteranno la scuola nel loro comune, in una tenda attrezzata. Alla cerimonia ha partecipato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. “Questa scuola è un miracolo – ha detto il ministro – perciò sia la vostra casa e il simbolo della speranza, della voglia di ripartire e di vincere la paura. Amatrice riavrà tutto quello che ha perso". Anche il vescovo di Rieti , mons. Domenico Pompili, citando don Milani, ha voluto ricordare che "La scuola non é un diritto ma un privilegio per tutti. Vogliamo benedire chi da qui ricomincia". Ascoltiamo il commento di don Fabio Gammarota parroco di Cittareale e Posta, al microfono di Fabio Colagrande:

R - Sono quei germogli di speranza che finalmente riaccendono il tessuto sociale, sfilacciato e devastato dagli eventi drammatici che abbiamo percepito sulla nostra pelle. Questa data segna in qualche modo, un punto fisso d’ora innanzi, sul quale possiamo fare riferimento nel calendario della speranza, dandoci proprio delle scadenze. Ci tengo a sottolineare che da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, del Miur, degli organi preposti alla Protezione Civile era stata fatta questa promessa nei tempi oscuri e grigi, laddove la speranza era accecata dal dolore: eccoci, invece, tutti quanti qui, nella riapertura e nel vedere nuovamente questi ragazzi oggi in classe, finalmente tra i banchi. E’ la prima ricucitura del grande strappo generato dal sisma!

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Giornata internazionale del lascito solidale: trend in crescita

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Oggi, nella Sala della Regina, presso la Camera dei Deputati, si è svolto un convegno in occasione della IV Giornata internazionale del lascito solidale. La conferenza è stata promossa dal Comitato Testamento Solidale, formato da 16 associazioni appartenenti al mondo del no profit e sostenuto dal patrocinio del Consiglio Nazionale del Notariato. Nell’incontro, attraverso la presentazione di due ricerche, si è dimostrato come quello del lascito solidale sia un trend in crescita nel nostro Paese. Infatti, in questi quattro anni di azione del Comitato, gli italiani che hanno deciso di fare un lascito solidale sono aumentati del 55%. Lucas Duran ha intervistato Rossano Bartoli, portavoce del Comitato Testamento Solidale 

R. – Sempre di più, anche in Italia, c’è un’attenzione verso il fare testamento; e, nel fare testamento, verso lo scrivere anche qualcosa che vada a beneficio della collettività, del mondo del non-profit, con – appunto - un lascito solidale. Naturalmente questo è un concetto che è passato negli ultimi anni grazie anche ad una forte attività di comunicazione sviluppata proprio dal Comitato “Testamento Solidale”; e ci si accorge che interessa un po’ tutti i cittadini. Parlare di testamento significa parlare di futuro e non necessariamente di solitudine, isolamento: pensare al futuro in termini positivi e lasciare un ricordo positivo di sé rispetto ad un aiuto importante a cause sociali. Quindi è un qualcosa che, credo, a distanza di qualche anno dalla nascita del Comitato “Testamento solidale”, ci dà un certo tipo di soddisfazione: vedere che c’è una maggiore attenzione e propensione a fare testamento.

D. – Tra l’altro, il Comitato “Testamento Solidale” è al centro proprio della Giornata del 13 settembre. Vogliamo comunque in generale ricordare, Rossano Bartoli, le iniziative più importanti che prevedete?

R. – Innanzitutto, da quando è stato costituito il Comitato, c’è il sito, testamentosolidale.org, dove noi raccogliamo tutte le informazioni; quindi chiunque può accedere al sito per avere un’informazione su cosa significa fare testamento: è proprio una guida pratica, e presenta anche quali sono stati alcuni esempi di aiuto concreto grazie a lasciti testamentari. Oggi, proprio in occasione della quarta Giornata internazionale del testamento solidale, il Comitato ha organizzato un convegno, peraltro in una sala prestigiosa – la Sala della Regina presso la Camera dei Deputati – proprio per fare una riflessione che può essere una sorta di consuntivo di quanto successo in questi ultimi anni. Il convegno ha anche il fine di dare indicazioni sulle prospettive: dove, in sintesi, emerge una maggiore attenzione dell’opinione pubblica rispetto al fare testamento, e una crescita quindi del sostegno che arriva alle organizzazioni non-profit tramite lasciti testamentari, che si traducono in un miglioramento delle condizioni di vita di tante persone che hanno disabilità, problematiche serie di salute, o di tutti quegli interventi che vengono effettuati in vari Paesi del mondo, compresa naturalmente la ricerca.

D. – Un elemento sicuramente di interesse è anche il posizionamento dei giovani: evidentemente parlare di testamento – di lascito solidale – quando una persona è in giovane età sembra quasi una contraddizione. Tanta contraddizione poi non c’è: perché?

R. – Perché sta aumentando la sensibilità verso il sociale – le questioni sociali – che appassionano sicuramente i giovani, e verso quell’impegno che va dall’essere volontari fino a diventare sostenitori o animatori all’interno delle organizzazioni. Abbiamo notato che quest’attenzione si manifesta anche in un valorizzare molto l’idea di pensare un domani a fare un testamento all’interno del quale prevedere un lascito solidale. Ripeto: questo è un qualcosa che è alla portata di tutti, perché noi possiamo lasciare patrimoni sia grandi che piccoli, un bene mobile di valore, una somma di denaro… Ci sono tante opportunità, ed è anche un qualcosa che dà un respiro diverso rispetto al futuro, e quindi un approccio sicuramente positivo, di fiducia, per continuare a fare del bene anche quando magari noi non ci siamo più.

D. – Del Comitato fanno parte sedici importanti organizzazioni non-profit: i lasciti a queste organizzazioni di fatto cosa permettono di fare, e in favore di chi?

R. – In favore di bambini, di persone che soffrono; al fine di promuovere la ricerca scientifica, migliorare le condizioni di vita di una persona disabile e difendere i diritti umani. Quindi sono interventi che vanno a beneficio delle persone, di coloro che hanno bisogno di essere aiutati. Sono tutte cose molto concrete e anche facili da verificare, che danno proprio la misura dell’importanza di fare testamento, all’interno del quale prevedere un lascito solidale. 

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Nella Chiesa e nel mondo



Venezuela. Appello dei sacerdoti: aprire corridoi umanitari

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“Bisogna aprire quanto prima un corridoio umanitario”: questo l’appello lanciato da don Erwin Guerrero, della diocesi venezuelana di San Cristoforo, in visita presso la sede romana di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). Denunciando le sofferenze della popolazione venezualana, il sacerdote sottolinea che nel Paese “mancano cibo e medicine, la crisi economica e monetaria sono peggiorate, ma il governo nega sistematicamente questa situazione”, cercando, al contrario di attaccare al Chiesa locale che  “si è attivata per far affluire gli aiuti umanitari” all’interno della nazione.

Mancano cibo e medicine, a rischio soprattutto i più poveri
“La diocesi di San Cristoforo – spiega don Guerrero, in una nota diffusa da Acs - ha un seminario con 350 studenti, e siamo stati costretti a farli tornare a casa in anticipo per mancanza di cibo”. Lo stesso accade per gli anziani nelle case di riposo. E “la situazione è ancora peggiorata, basti pensare alla gravissima crisi monetaria” in corso. Vi sono poi altri problemi che riguardano specificamente le relazioni fra Stato e Chiesa: ad esempio, spiega il sacerdote, la convenzione in merito all’educazione fa sì che lo Stato possa minacciare di revocare parte dei finanziamenti riguardanti circa 900 istituzioni educative gestite dalla Chiesa, mettendo a rischio la formazione di quasi un milione di alunni, appartenenti soprattutto alle fasce più povere della popolazione.

Il mondo non si dimentichi del Venezuela
​“Il popolo venezuelano – ribadisce il sacerdote - vede nella Chiesa l’istituzione più credibile, e sa che essa può ricevere aiuti dall’estero”. Di qui, l’appello affinché “si continui a parlare di questa situazione e tutti conoscano la miseria del popolo venezuelano”. “Gli aiuti disponibili, anche quelli di Acs, devono arrivare ai poveri – conclude don Guerrero - e per far questo è necessaria l’immediata apertura di un corridoio umanitario”. (I.P.)

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Incontro ecumenico Gruppo di lavoro Chiesa cattolica-Wcc

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Si è aperto oggi, presso l’Istituto ecumenico di Bossey, in Svizzera, l’incontro del Gruppo di lavoro congiunto tra la Chiesa cattolica ed il Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc). L’evento, che si concluderà il 17 settembre, vuole fare il punto sulle relazioni ecumeniche. A moderare il Gruppo di lavoro sono il metropolita Nifon di Targoviste, rappresentante della Chiesa ortodossa romena, un membro del Wcc e l’arcivescovo cattolico di Dublino, mons. Diarmuid Martin.

Rifugiati, pace, famiglia, Creato tra i temi in agenda
Nell’agenda dei cinque giorni di incontro ci sono: la cooperazione nelle relazioni inter-religiose, la questione dei rifugiati e dei migranti, il tema della giustizia e la pace. Focus specifici saranno dedicati anche alle Esortazioni apostoliche di Papa Francesco “Evangelii Gaudium” e “Amoris Laetitia”, così come alla sua Enciclica “Laudato si’ sulla cura della Casa comune”. Ulteriori riflessioni verteranno su missione ed evangelizzazione, matrimonio e famiglia, le minacce ambientali al Creato, lo sviluppo del cammino ecumenico.

L’incoraggiamento di Papa Francesco
​Istituito nel 1965, dopo gli sviluppi del cammino ecumenico incoraggiati dal Papa Giovanni XXIII e dal Concilio Vaticano II, il Gruppo di lavoro congiunto ha celebrato, nel 2015, il suo 50.mo anniversario. Per l’occasione, in un messaggio inviato ad Olav Fykse Tveit, Segretario generale del Wcc, Papa Francesco ha esortato l’organismo a “diventare sempre più un “gruppo di esperti”, aperto a tutte le opportunità e le sfide che le Chiese devono affrontare oggi nella loro missione di accompagnare l’umanità sofferente nel cammino verso il Regno, permeando la società e la cultura delle verità e dei valori del Vangelo”. (I.P.)

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Iraq: anche i vescovi caldei in Georgia per accogliere il Papa

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“Andremo anche noi a Tbilisi per ricevere il Papa. Dopo aver celebrato il nostro Sinodo, almeno 13 vescovi caldei saranno presenti all'incontro che il Vescovo di Roma avrà in Georgia con la comunità assiro-caldea”. Così riferisce all'agenzia Fides il Patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Raphael Sako. “Per tutti noi” aggiunge il Primate della Chiesa caldea “l'incontro con il Successore di Pietro sarà un momento forte, e lo vivremo per essere confermati nella fede, nella speranza e anche nella scelta di perseverare e rimanere nella nostra terra martoriata”.

L'incontro con il Papa nella chiesa di San Simone Bar Sabbae
Nel programma ufficiale della prossima visita in Georgia, nel tardo pomeriggio di venerdì 30 settembre, compare anche l'incontro tra Papa Francesco e la comunità assiro-caldea presente nella Repubblica ex sovietica. L'incontro avverrà nella chiesa di San Simone Bar Sabbae. “In Georgia” riferisce a Fides il Patriarca Louis Raphael “vivono circa 10mila fedeli della nostra Chiesa. In quell'occasione, oltre ai vescovi, anche tanti sacerdoti e fedeli viaggeranno dall'Iraq a Tbilisi per vedere il Papa. Lui non può venire da noi per la situazione complicata e drammatica che stiamo vivendo, e allora noi andiamo da lui”.

Prima del viaggio in Georgia il Sinodo caldeo a Erbil
​Prima di trasferirsi a Tbilisi, i vescovi caldei parteciperanno al Sinodo della loro Chiesa, in programma a Erbil (Kurdistan iracheno) dal 21 al 28 settembre, dove si confronteranno su questioni importanti come il fenomeno dell'emigrazione dei cristiani dal Medio Oriente, la beatificazione dei martiri caldei, il futuro politico e amministrativo della Piana di Ninive. Il Sinodo sarà preceduto da un ritiro spirituale - a cui sono stati invitati tutti i sacerdoti caldei presenti in Iraq - che avrà per filo conduttore la riflessione e il discernimento spirituale sul tema della misericordia, nell'Anno Santo ad essa dedicato. (G.V.)

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Italia. Congresso eucaristico: giovedì la Messa del card. Bagnasco

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Da giovedì 15 a domenica 18 settembre si svolgerà a Genova il 26° Congresso eucaristico nazionale. L’Eucaristia sorgente della missione: “Nella tua Misericordia a tutti sei venuto incontro” è il tema attorno al quale si ritroveranno, nel capoluogo ligure, delegazioni provenienti dalle diocesi di tutta Italia. Alle ore 20.30 di giovedì 15 settembre – ricorda l’Ufficio comunicazioni sociali della Cei – avrà luogo, in piazza Matteotti, la Messa di apertura del Congresso, che sarà presieduta dal card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e inviato speciale del Santo Padre per l’evento. 

Sabato solenne Adorazione eucaristica nella cornice del Porto Antico di Genova
Il programma del giorno seguente, nello spirito dell’Anno Giubilare - riporta l'agenzia Sir - sarà caratterizzato dalla visita dei delegati a 46 luoghi simbolici, dove le 14 opere di misericordia spirituale e corporale vengono esercitate quotidianamente: carceri, ospedali, centri di accoglienza e di ascolto, scuole, mense per i poveri. Particolarmente suggestivo si annuncia l’appuntamento principale di sabato 17: a partire dalle ore 16.45 si svolgerà una solenne Adorazione eucaristica nella cornice del Porto Antico. Il Ss.mo Sacramento sarà portato a bordo di una motovedetta della Capitaneria di Porto che nei mesi scorsi è stata impegnata in missioni di soccorso ai profughi.  La Messa conclusiva, preceduta dalla processione delle Confraternite italiane, si svolgerà in piazzale Kennedy alle ore 10.30 di domenica 18 e sarà presieduta dal card. Bagnasco. 

Legame Eucaristia-carità con la colletta per i terremotati
La presidenza della Cei, per evidenziare lo stretto legame tra l’Eucarestia e la carità vissuta, ha scelto proprio questa data perché si tenga in tutte le parrocchie italiane la Colletta nazionale a beneficio delle popolazioni colpite dal sisma dello scorso 24 agosto. 

Il Congresso segnato da iniziative spirituali e culturali
Le giornate del Congresso eucaristico saranno segnate dall’alternarsi di proposte spirituali (tra cui le catechesi di 8 vescovi, celebrazioni penitenziali e l’adorazione eucaristica notturna nella chiesa di San Matteo) e culturali (visite guidate alla città). Nelle due serate di venerdì 16 e sabato 17 sono in programma rispettivamente un concerto presso il Teatro Carlo Felice e una serata in piazza Matteotti animata dai giovani delle diocesi liguri. (R.P.)

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Caritas Regno Unito: muro di Calais non è la soluzione

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La Caritas inglese – Csan (Caritas Social Action Network) – si dice “profondamente preoccupata” per la proposta di costruire un muro nei pressi del campo profughi di Calais. “Riconosciamo – si legge in un comunicato, ripreso dall’agenzia Sir – il diritto degli Stati di proteggere i loro confini, ma noi crediamo che investire più soldi nella sicurezza del porto e sotto il tunnel della Manica non fornirà una soluzione a lungo termine ai crescenti problemi a Calais”.

Rispettare dignità umana dei profughi
“Nei mesi scorsi – fa notare la Caritas inglese - il campo profughi di Calais è cresciuto. Si stima che circa 9.000 persone vivano in condizioni precarie nel campo, sperando di trovare un modo per costruire di nuovo le loro vite”. Sul campo sono fortemente impegnate le organizzazioni della Caritas in collaborazione tra la Francia e l’Inghilterra. “Rinnoviamo il nostro invito all’Ue – scrive ancora Csan – perché dia risposte alla situazione a Calais che siano in rispetto della dignità umana dei residenti del campo”.

Priorità ai ricongiungimenti familiari e alla tutela di donne e bambini
In particolare, l’organismo caritativo sollecita l’Unione Europea, la Francia e il Regno Unito affinché provvedano “ai bisogni fondamentali dei migranti, compresi quelli in transito, per garantire la loro dignità umana; migliorino la solidarietà e la condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri dell’Ue” nella ripartizione dei richiedenti asilo; “diano priorità al ricongiungimento familiare dei richiedenti asilo a Calais con i familiari che si trovano nel Regno Unito, in particolare i minori non accompagnati; privilegino la protezione delle persone vulnerabili, con particolare attenzione alle donne e bambini”. (I.P.)

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Card. Erdő: Ccee al servizio del continente

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“Il Ccee non è un organo decisionale, né un’autorità gerarchica continentale. La sua vocazione consiste nell’aiutare lo scambio, il dialogo e la fratellanza tra i vescovi del Continente”. Lo scrive il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Eszterdom-Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) dal 2006, nell’editoriale che apre il rapporto della Chiesa in Europa “Ecclesia in Europa” disponibile online sul sito del Ccee .

Accrescere comunione e scambio tra vescovi europei
Mentre i presidenti delle Conferenze episcopali in Europa si apprestano a celebrare la loro prossima Assemblea plenaria nel Principato di Monaco (6-9 ottobre ) incentrata sul tema della missione del Ccee al servizio della Chiesa in Europa - riferisce l'agenzia Sir - il card. Erdő coglie l’occasione per ripercorrere nel suo editoriale le numerose iniziative organizzate in 10 anni alla guida del Consiglio: dalla Terza Assemblea ecumenica europea di Sibiu al Forum europeo cattolico-ortodosso, dalle Giornate sociali europee organizzate insieme alla Comece ai numerosi incontri volti a fare crescere la comunione e lo scambio dei doni tra le Conferenze episcopali.

Sfide della Chiesa in Europa: famiglia, giovani, migrazioni
“Quando dieci anni fa a San Pietroburgo l’Assembla plenaria del Ccee ha voluto scegliere un vescovo ‘dell’Oriente europeo’ come presidente’ – scrive il porporato, citato dall’agenzia Sir – era manifesta l’intenzione di promuovere lo scambio delle esperienze di fede, di vita ecclesiale e la condivisone fraterna che comprende tutti dall’Atlantico fino agli Urali, e ben oltre, fino all’Oceano Pacifico, poiché la Conferenza episcopale della Russia rappresenta le comunità cattoliche anche della parte asiatica di questo Paese”. Diverse le sfide per le Chiese e le società in Europa: tra queste la famiglia, i giovani, le migrazioni. Di qui il richiamo ai Sinodi del 2014 e 2015 e ad “Amoris Laetitia”, alla Gmg di Cracovia, alla canonizzazione di madre Teresa, “eroe della carità cristiana”. (I.P.)

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Loppianolab su povertà delle ricchezze e ricchezza delle povertà

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La povertà delle ricchezze e la ricchezza delle povertà” il tema di “Loppianolab 2016” che si terrà da venerdì 30 settembre a domenica 2 ottobre a Loppiano (Fi). Ricco il programma degli appuntamenti economici della manifestazione, a cui parteciperanno Luigino Bruni, Stefano Zamagni, Silvia Vacca, Elisa Della Rosa, Steni Di Piazza, Leonardo Becchetti, Chiara Pacino, Marta Cagnola e Giuseppe Frangi. Si spazierà - riporta l'agenzia Sir - dalla convention sui 25 anni del progetto di Economia di comunione ai laboratori su imprese e integrazione. E poi “progetti pilota contro le povertà e inclusione sociale, micro-credito per un’economia civile in Italia, giovani e futuro”. 

Povertà è mancanza di speranza e di entusiasmo
“La povertà prima in Italia è la mancanza di speranza e di entusiasmo civile. Manca la ‘fame di futuro’”, spiega Luigino Bruni, coordinatore internazionale del progetto di Economia di comunione, per il quale “non a caso la settima edizione di LoppianoLab porta un titolo ambivalente”. “Da una parte c’è un’Italia che vuole ripartire, dall’altra le stime ci dicono che la povertà assoluta è in aumento”, aggiunge Bruni, secondo cui “c’è voluta la tragedia del terremoto in Centro Italia per mostrarci, ancora una volta, che il senso di comunità, di solidarietà e la capacità di far rete proprio in situazioni estreme resta la nostra più grande risorsa nazionale”. 

Mettere a reddito il senso di comunità
“Insomma, la prima ricchezza di un popolo è la sua capacità di saper individuare le povertà”, prosegue l’economista, per il quale “se saremo capaci di mettere a reddito il senso di comunità in un modo non nostalgico, né conservatore, torneremo a guardare avanti e penso che verso il 2020 possa verificarsi ‘l’esplosione’ della ripresa”. (R.P.)

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Premio alla Radio Vaticana per una trasmissione sull'Alzheimer

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A Milano, presso la Sala Alessi di Palazzo Marino, sede del Comune, si è tenuto il convegno sul tema “Dalla ricerca medico scientifica alle Comunità amiche delle persone con demenza” organizzato dalla Federazione Alzheimer Italia in occasione della XXIII Giornata Mondiale Alzheimer. Celebrata in tutto il mondo il 21 settembre, la Giornata rappresenta il culmine del Mese mondiale Alzheimer, ideato 5 anni fa da Alzheimer’s Disease International (Adi) con l’obiettivo di contrastare l’emarginazione sociale legata alla malattia. 

'Premio Alzheimer' a Lucas Duran
​Nel corso dell’evento, Lucas Duran, collaboratore della redazione 105 di Radio Vaticana, è stato insignito del Premio “Alzheimer: informare per conoscere - cura, ricerca, assistenza”, istituito dalla Federazione Alzheimer Italia e dall’Unamsi. Questa la motivazione del riconoscimento: “Per 'Affrontare l'Alzheimer insieme a testa alta', trasmissione di Radio Vaticana dedicata interamente alla malattia. In essa l'autore affronta con sensibilità il tema dell'Alzheimer, raccontandolo attraverso testimonianze  di esperti e parenti di malati, i problemi delle famiglie e la situazione dell'assistenza in Italia”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 257

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.