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Sommario del 03/09/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa ai volontari: il cristiano non "passa oltre" le miserie

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La misericordia di Dio non è mai “una bella idea”, ma sempre un’azione concreta che rende visibile l’amore di Dio soprattutto tra i più poveri. È uno dei pensieri-chiave nel discorso di Papa Francesco che questa mattina ha incontrato in Piazza San Pietro circa 40 mila appartenenti del mondo del volontariato, nel giorno del loro Giubileo e alla vigilia della Canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta. Il servizio di Alessandro De Carolis

Piazza San Pietro per un giorno è casa di quelli che non cambiano marciapiede perché più avanti al varco c’è l’immigrato col bicchiere di monetine in mano o la nomade con lo sguardo implorante e il bimbo seminudo in braccio o l’irriducibile richiesta di elemosina del “barbone” che importuna chiunque. Piazza San Pietro per un giorno è degli esseri umani in senso proprio, quelli che hanno il cuore che batte non solo per mandare avanti sé stessi ma per anche aiutare, gratis, chi da solo resterebbe indietro.

Certezza incrollabile
Il Papa abbraccia con affetto e riconoscenza i volontari delle cento sigle e cento mondi che si stendono tra le due braccia del Colonnato – persone giunte da Hong Kong alle due Americhe, dall’Indonesia fino al Canada, alcuni con la tuta appena lavata dalle macerie del terremoto in centro Italia. “Artigiani della misericordia”, li chiama, che stanno al Giubileo di quest’anno come un diamante che rifrange in tanti modi e rende visibile con tante sensibilità la luce di una “certezza incrollabile”:

“L’amore di Dio non verrà mai meno nella nostra vita e nella storia del mondo. E’ un amore che rimane sempre giovane, attivo, dinamico e attrae a sé in maniera incomparabile. E’ un amore fedele che non tradisce, nonostante le nostre contraddizioni. E’ un amore fecondo che genera e va oltre ogni nostra pigrizia”.

Il cristiano non “passa oltre”
Niente paura, dunque. Né vergogne o calcoli come quelli del levita e del sacerdote nella parabola del buon samaritano che cambiano lato della strada per evitare il minimo contatto col dramma di quel “mezzo morto” a terra davanti a loro:

“Non si può distogliere lo sguardo e voltarsi dall’altra parte per non vedere le tante forme di povertà che chiedono misericordia. E questo voltarsi dall’altra parte per non vedere: la fame, le malattie, le persone sfruttate… Questo è un peccato grave! Anche, è un peccato moderno, è un peccato di oggi! Noi cristiani non possiamo permetterci questo. Non sarebbe degno della Chiesa né di un cristiano “passare oltre” e supporre di avere la coscienza a posto solo perché abbiamo pregato o perché sono andato a Messa la domenica! No”.

Là dove c’è il male
Il volontario è abitante di un “gigantesco mondo” – come lo aveva definito presentandolo a Francesco mons. Fischella – che si è sentito “misericordiare” e ha deciso di fare altrettanto. Primo perché, rimarca il Papa, il “Calvario è sempre attuale” e non “un bel dipinto nelle nostre chiese”. E soprattutto perché ha scoperto e capito che l’amore di Dio “non è qualcosa di astratto e di vago”:

“Non mi stancherò mai di dire che la misericordia di Dio non è una bella idea, ma un’azione concreta: non c’è misericordia senza concretezza; la misericordia non è un fare il bene di passaggio. E’ coinvolgersi lì dove c’è il male, dove c’è la malattia, dove c’è la fame, dove ci sono tanti sfruttamenti umani. e Anche la misericordia umana non diventa tale – cioè, umana – è misericordia, fino a quando non ha raggiunto la sua concretezza nell’agire quotidiano”.

La mano tesa di Cristo
Prima di parlare, Papa Francesco aveva ascoltato la storia agghiacciante e straordinaria di un ex bancario italiano falsamente accusato di estorsione, spaccio, usura, finito nell’incubo del carcere accanto a veri boss della mala e risorto grazie alla decisione di dedicare il suo tempo al sostegno dei detenuti. E anche la storia di una suora Missionaria della carità, figlia di Madre Teresa, gigante della misericordia alla vigilia della Canonizzazione:

“Voi siete artigiani di misericordia: con le vostre mani, con i vostri occhi, con il vostro ascolto, con la vostra vicinanza, con le vostre carezze… Artigiani… Voi esprimete il desiderio tra i più belli nel cuore dell’uomo, quello di far sentire amata una persona che soffre. Nelle diverse condizioni del bisogno e delle necessità di tante persone, la vostra presenza è la mano tesa di Cristo che raggiunge tutti. Voi siete la mano tesa di Cristo: avete pensato questo?”.

La solidarietà è concreta
La “credibilità della Chiesa – insiste Francesco – passa in maniera convincente anche attraverso il vostro servizio verso i bambini abbandonati, gli ammalati, i poveri senza cibo e lavoro, gli anziani, i senzatetto, i prigionieri, i profughi e gli immigrati, quanti sono colpiti dalle calamità naturali…”. Voi, afferma, “toccate la carne di Cristo con le vostre mani”:

“Siate sempre pronti nella solidarietà, forti nella vicinanza, solerti nel suscitare la gioia e convincenti nella consolazione. Il mondo ha bisogno di segni concreti, di segni concreti di solidarietà, soprattutto davanti alla tentazione dell’indifferenza, e richiede persone capaci di contrastare con la loro vita l’individualismo, il pensare solo a sé stessi e disinteressarsi dei fratelli nel bisogno”.

“A me non tocca, a me non importa”
Il pensiero che conclude è fatto in silenzio. Francesco invita la piazza a pregare per “gli scartati della società” e per chi li aiuta. E anche per chi vede la miseria e gira le spalle perché dentro ha un’altra voce che continua a dirgli: “A me non tocca, a me non importa”.

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La gioia dei volontari: felici di vivere per gli altri

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Migliaia i volontari che hanno riempito, in un clima di festa, Piazza San Pietro per il Giubileo degli Operatori di Misericordia. Salvatore Tropea ha raccolto alcune testimonianze:  

R. – E’ bello rivedere innanzitutto le altre organizzazioni, ascoltare la voce del Papa, il messaggio che ci dà, mostrare che come riceviamo la misericordia di Dio così noi possiamo ridonarla agli altri. Servendo gli altri. Stare qui è bellissimo perché vediamo tanti colori: tanti colori perché ognuno ha il proprio colore: io ho il giallo, un altro è celeste perché di un’altra associazione; ci sono i sanvincenziani, ci sono quelli della Croce Rossa e siamo in un unico abbraccio intorno al Papa. Quindi, è una gioia grandissima!

R. – Noi siamo venuti in bicicletta dal Friuli; abbiamo fatto 800 km. Siamo arrivati qui … questa è una bellissima circostanza! Siamo operatori in Friuli: due-tre volte alla settimana, un bell'impegno … Ho trovato qui altri amici che fanno lo stesso nostro servizio e stare col Papa è stata una gioia!

D. – Il Santo Padre, citando San Paolo, ha parlato di amore, di carità ma anche di dignità e di non voltare le spalle a chi è più bisognoso, a chi sta male …

R. – Questo è il peccato di oggi: il fatto che troppo spesso voltiamo le spalle e ignoriamo i problemi di oggi. Il messaggio che il Santo Padre ci trasmette ci dà ogni volta la forza, la carica per continuare, lui ci dà quella carica in più...

R. – Io faccio parte dell’Unitalsi, un’associazione ecclesiale, e per noi le parole del Santo Padre, le sue catechesi sono un riferimento fondamentale: il servizio basato prima di tutto sulla carità. Per noi è il fondamento su cui si basa il nostro servizio. E' la carne di Cristo di cui lui parlava, quella che noi tocchiamo ogni volta che aiutiamo un nostro fratello in difficoltà, perché noi li chiamiamo così: fratelli e sorelle in difficoltà …

R. – La lettura dell'Inno all'amore di San Paolo dovrebbe incitarci anche a usare la carità in ambito politico, di maggiore impegno, anche, dove è ancora più difficile perché ci metti la faccia …

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Papa domani canonizza Madre Teresa: la sua è la rivoluzione della tenerezza

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Domani alle 10.30 Papa Francesco presiederà in Piazza San Pietro la Messa di Canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta. La celebrazione si inserisce nell’ambito del Giubileo degli operatori e dei volontari della misericordia. Ieri, in un telegramma a firma del cardinale Parolin inviato in occasione di un simposio a Roma dedicato da AsiaNews alla santa albanese, ha definito Madre Teresa “testimone privilegiata di carità e di generosa attenzione ai poveri e agli ultimi”. Il suo esempio - afferma - contribuisca a portare sempre più Cristo “al centro della vita” e a vivere generosamente il suo Vangelo “nel continuo esercizio delle opere di misericordia per essere costruttori di un futuro migliore, illuminato dallo splendore della Verità”. Il Papa esorta a imitare "l’ardore apostolico” di Madre Teresa per attuare “quella Rivoluzione della Tenerezza iniziata da Gesù Cristo con il suo amore di predilezione ai piccoli”.

Durante la Messa di Canonizzazione si pregherà per i poveri e gli ultimi della terra, perché i cristiani sull’esempio di Madre Teresa siano mossi alla carità operosa. In Bengali sarà pronunciata una preghiera per i governi e le assemblee legislative perché difendano la vita e la dignità di ogni persona e promuovano la pace e la giustizia. Infine, in cinese, si pregherà per i cristiani perseguitati, perché il Signore li conforti con la sua presenza, li guidi nella notte oscura e faccia sorgere per loro il sole di giustizia.

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Comastri: il Vangelo vissuto al 100% è il messaggio di Madre Teresa

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Una Santa testimone del Vangelo, “una cristiana al 100 per cento”. Così il cardinale Angelo Comastri definisce Madre Teresa. Il porporato ha incontrato tante volte la fondatrice delle Missionarie della Carità ed ha recentemente pubblicato un libro su di lei intitolato “Ho conosciuto una Santa”. Al microfono di Alessandro Gisotti, il cardinale Comastri si sofferma sul valore per la Chiesa e per il mondo della Canonizzazione di Madre Teresa: 

R. – Madre Teresa ogni volta che incontrava le persone, lasciava un segno nel cuore e sicuramente la Canonizzazione lascerà il segno nel cuore di tanta gente ricordandoci la testimonianza che ci ha dato. La sintesi la possiamo trovare nelle parole che disse Ricciardetto, il famoso Augusto Guerriero, quando incontrò Madre Teresa e affermò: “Non avevo mai visto un Santo. Improvvisamente mi resi conto della vanità degli interessi che avevano segnato la mia vita: la vanità delle passioni, la vanità delle ambizioni. E improvvisamente capii che c’è un solo ideale per cui vale la pena di vivere: la carità”. Ecco, Madre Teresa quando si incontrava ti faceva vergognare di essere egoista. Ti accorgevi che l’egoismo stride, è assurdo! Perché tutto quello che abbiamo lo dobbiamo condividere". Lei diceva spesso: “Non sono le disuguaglianze lo scandalo, perché c’è chi è più intelligente e chi è meno intelligente, chi ha più salute e chi ha meno salute, chi è più laborioso e chi è meno laborioso. Lo scandalo è la non condivisione!” La Madre, quando parlava negli incontri, nelle piazze, nelle chiese, spesso diceva: “Uscite dall’egoismo! Venite dalla parte dell’amore. Noi vi aspettiamo per farvi felici!”. Questo è in sintesi il messaggio di Madre Teresa, ma in fin dei conti è il Vangelo!

D. - Madre Teresa, quando le chiedevano quale fosse il suo segreto, spesso rispondeva con semplicità: “Prego”. Quindi, chiaramente questo elemento fortissimo di preghiera come fonte poi di tutto quello che è riuscita a fare. È un esempio che naturalmente si vede come inarrivabile, eppure lei stessa diceva che tutti siamo chiamati alla santità …

R. - La santità è lo scopo della vita di tutti; la santità non è altro che vivere la carità, vivere donando, perché lei diceva sempre: “Siamo stati creati per amare ed è amando che si raggiunge lo scopo della vita; ed è amando che si raggiunge la felicità”. Quando nel 1969, Malcom Mudgeridge, famoso giornalista della Bbc andò a Calcutta per registrare un documentario sulla vita di Madre Teresa e delle sue suore, rimase colpito quando entrò nella Casa del Cuore immacolato, queste due enormi stanze dove Madre Teresa e le suore accolgono la povera gente buttata sulle strade di Calcutta, anzi potremmo dire sulle fogne di Calcutta. Ebbene questo giornalista disse: “Ma qui dentro c’è povertà, c’è miseria, c’è gente scheletrita … Qui c’è tanto quanto basta per definirlo un inferno. Eppure qui tutti sorridono. Perché?”. Madre Teresa rispose: “Mister, questo non è un inferno. Questo è un paradiso, perché qui c’è l’amore. Ed è l’amore che fa il paradiso”. E lui rispose: “Sì, Madre, questo sarà anche vero, ma dove trovate la forza per sorridere?”. La Madre disse: “Venga domani mattina alle ore 6”. La Madre lo aspettò all’ingresso della Casa di Calcutta e lo portò nella cappella dove questa schiera di suore in ginocchio per terra, sul pavimento, partecipava all’Eucaristia. Terminata la Messa, la Madre disse al giornalista: “Vede, il segreto è tutto qui. Nella Messa, Gesù ci mette l’amore nel cuore. E poi noi andiamo a portarlo ai poveri che incontriamo”. Malcom Mudgeridge aggiunse: “Rimasi veramente impressionato. Passando i giorni mi interrogavo su questo segreto che non riuscivo a capire, finché alla fine – lo ha raccontato lui – presi la decisione: voglio diventare cattolico per partecipare a quell’Eucaristia che in quelle suore produce quella carità”. Questa è la motivazione. Ed è diventato cattolico!

D. – Madre Teresa è entrata anche nel linguaggio, nella cultura. Tuttora si sente dire: “Non sono mica Madre Teresa!”, come ad identificare questa persona con il bene, in qualche modo il bene assoluto. Come è stato possibile il successo anche di popolarità di una donna che comunque aveva delle posizioni molto forti, anche controcorrente, pensiamo sull’aborto, pensiamo a quello che disse ricevendo il Premio Nobel per la pace …

R. – Non dobbiamo mitizzare Madre Teresa. Era semplicemente una cristiana: una cristiana al 100%! Quando un gruppo di professori americani andarono a Calcutta dopo il Nobel per la pace, rimasero colpiti nel vedere la sua carità. Le dissero: “Madre, tornando a casa, noi dobbiamo fare qualcosa? Anche noi vogliamo fare qualcosa. Cosa possiamo fare?”. E Madre Teresa, con semplicità rispose: “Tornando a casa, sorridete alla vostra moglie, sorridete ai vostri figli, perché l’amore comincia a casa. Se nelle vostre case voi portate l’amore, l’amore si diffonderà nel mondo, perché il mondo è come sono le famiglie: se fate famiglie buone, voi rinnovate il mondo. Tutto parte da un sorriso, il resto viene dopo”.

D. – “La pace inizia con un sorriso”, un’altra frase famosa di Madre Teresa. A volte sembrano quasi frasi fin troppo semplici eppure effettivamente sono le più difficili da mettere in pratica. Forse in questo ricorda un po’ anche Papa Francesco, con la semplicità delle sue parole …

R. – Esattamente. Il Vangelo, in fin dei conti è molto semplice. Ce lo ricorda Madre Teresa, ce lo ricorda Papa Francesco, ce lo ricordava Giovanni Paolo II, ce lo ricordano tutti i Santi. Quando si vive il Vangelo allora ci si accorge che veramente il mondo può cambiare. Madre Teresa diceva: “Tutti potete aggiustare un piccolo pezzo di storia”. E quando una volta le dissero: “Madre, lei vede tanta ingiustizia nel mondo. Perché non protesta? Perché non grida?”, lei rispose: “Finché gridiamo è buio, è buio. Non si accende la luce. Accendete la luce”. Questa è la cosa più importante!

D. – Dopo questa Canonizzazione di Madre Teresa nel Giubileo della Misericordia, qual è la sua speranza? Che cosa dobbiamo sperare noi tutti come frutto da questa semina iniziata tanti, tanti anni fa con la scelta di Madre Teresa di dedicarsi tutta a Dio e agli ultimi?

R. – Io credo che il messaggio si possa sintetizzare con le parole che lei disse all’Onu nel 1985, quando il segretario generale Pérez de Cuéllar la presentò in una maniera altisonante e disse: “Da questa tribuna hanno parlato tutti i grandi della Terra. Oggi vi presento la donna più potente della Terra”. Madre Teresa, lì accanto, semplice, umile, quando sentì queste parole sicuramente non approvò. Ma quando prese la parola disse: “Io cerco di portare nel mondo l’amore che Gesù mi mette nel cuore. pregando, Gesù mi riempie il cuore di amore”. E rivolgendosi all’assemblea dell’Onu, con la Corona del Rosario immancabile che teneva in mano, disse: “Pregate anche voi. Gesù vi metterà nel cuore il suo amore e vi accorgerete dei poveri che avete accanto, forse nel pianerottolo della vostra casa, forse nella vostra famiglia c’è qualcuno che ha bisogno del vostro amore. Fate qualcosa! Subito! Qualcosa di concreto. Il mondo cambia così”.

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P. Kolodiejchuk: Teresa, così unita con Gesù da poter vivere la sua Croce

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La proclamazione della santità di Madre Teresa di Calcutta è vissuta con particolare gioia dalla sua famiglia religiosa. Ascoltiamo padre Brian Kolodiejchuk, superiore generale dei Padri missionari della Carità e postulatore della Causa di Canonizzazione, al microfono di Tracey McLure

R. – Per noi è certamente occasione di gioia. La canonizzazione vuol dire che il cammino, il carisma che lo Spirito Santo ha dato alla Madre è un cammino che ci porta alla santità, un cammino verso la santità per il nostro servizio a Gesù nei poveri.

D. – Come postulatore che cosa l’ha colpita in questo processo?

R. – Mi ha colpito vedere tutto l’insieme: io avevo la mia esperienza di 20 anni di Madre Teresa, ma era soltanto una parte. Era la mia esperienza personale. Dopo aver raccolto tutte le informazioni - sono 81 volumi di documenti, 35 mila pagine - e aver poi scritto la positio, in cui viene presentata la vita, le virtù e la reputazione di santità, a volte dico che conosciamo meglio Madre Teresa dopo la sua morte che non durante la sua vita. Perché era sì una persona pubblica, ma manteneva privato la sua interiorità: neppure le suore più vicine avevano idea di questa oscurità che ha sperimentato. Vedere tutta la sua vita insieme, questo mi ha colpito. E poi anche questo altro aspetto della sua vita, quello di questa oscurità, del buio, è certamente l’aspetto più particolare e più eroico della sua vita.

D. – Diceva che quando ha letto un po’ di queste lettere che ha scritto Madre Teresa, all’epoca lei ha quasi pianto e anche le sue sorelle, le suore…

R. – Sì, la prima volta che le ho lette. La suora che mi dato la lettera, mi ha detto che era qualcosa di molto particolare e speciale. Quindi, prima di leggerle, sono andato nella cappella: la prima volta volevo essere lì per leggere qualcosa di così intimo e così profondo della mia Madre… Poi, successivamente, nella casa madre, durante il processo, in Calcutta, prima della pubblicazione “Vieni e sii la Mia luce”, le suore leggendo ed ascoltando queste lettere piangevano… E’ così impattante e commovente! Cosa ha vissuto. Credo che tutti noi abbiamo sempre pensato che essere Madre Teresa era certamente difficile - fondatrice di una Congregazione, divenuta così famosa - “Madre, vieni qui”, “Vieni a fare questo, questo, …” – ma pensavamo anche che perlomeno stava sperimentando una intimità di amore con Gesù, una unione tale da riuscire a darle la forza e l’energia di vivere la sua vita. Al contrario: la scoperta è stata “Wow! Lei viveva senza questa consolazione!”. Forse possiamo dire che era così unita con Gesù che Gesù poteva condividere con lei la sua sofferenza più difficile, quella dell’Orto del Getsemani, quella della Croce: questo senso di abbandono che la madre ha vissuto insieme con Gesù.

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Papa: è un momento triste per il Brasile, ci sia giustizia per i poveri

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Prima dell’incontro con i volontari in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha partecipato all'inaugurazione, presso i Giardini Vaticani, di una statua della Madonna di Aparecida. L’immagine mariana, realizzata in bronzo, è stata disegnata da un artista brasiliano e raffigura i tre pescatori che 3 secoli fa, nel 1717, ritrovarono nella loro rete da pesca la statuetta di Maria, "aparecida", cioè "apparsa". Il servizio di Sergio Centofanti

E' stato un momento di preghiera e di festa per i circa 250 brasiliani, guidati dal cardinale Damasceno Assis, arcivesco di Aparecida, giunti in Vaticano per questo significativo evento. Il Papa ha espresso la propria gioia per la presenza dell’immagine di Nostra Signora Aparecida nei Giardini Vaticani. Nel 2013 aveva promesso di tornare nella città brasiliana per venerarla quest’anno o il prossimo, ma – ha detto – “non so se sarà possibile, ma almeno l’avrò più vicina, qui”. Quindi, pensando alla difficile situazione politica ed economica del Brasile, ha lanciato questo invito:

“Vi invito a pregare perché continui, Lei, a custodire tutto il Brasile, tutto il popolo brasiliano, in questo momento triste; che custodisca i più poveri, gli scartati, gli anziani abbandonati, i bambini di strada; che custodisca gli scartati e messi nelle mani degli sfruttatori di ogni genere; che salvi il suo popolo con la giustizia sociale e con l’amore di Gesù Cristo, suo Figlio".

E ha concluso con questa preghiera:

"Chiediamo con amore, per tutto il popolo brasiliano, che Lei, Madre, benedica. E’ stata trovata dai poveri lavoratori: che oggi sia trovata da tutti, in modo speciale da quelli che hanno bisogno di lavoro, di educazione, da quelli che sono privi della dignità”. 

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Papa invia card. Filoni a consacrazione di cattedrale in Malawi

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Papa Francesco ha nominato il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione die Popoli, suo inviato speciale alla consacrazione della Cattedrale di Karonga, in Malawi, in programma il prossimo 5 novembre.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Quando incontrai Teresa: Charles de Pechpeyrou racconta la testimonianza di un sacerdote francese.

Vincenzo Faccioli Pintozzi su quel crocifisso appuntato sul sari.

Favilla che si dilata in fiamma: Marco Beck su ricognizioni dantesche.

Il cardinale Giovanni Battista Re su Alighieri e la misericordia.

Per piacere a Dio: Hermann Geissler sulla missione dei cristiani nel mondo secondo John Henry Newmann.

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Oggi in Primo Piano



Cina e Stati Uniti ratificano l'Accordo di Parigi sul clima

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La Cina e gli Stati Uniti hanno ratificato l’accordo per le riduzioni di gas serra raggiunto lo scorso dicembre a Parigi, durante la Cop21. Questa presa di posizione faciliterà l’entrata in vigore del testo prodotto dalla Conferenza sui cambiamenti climatici già entro la fine dell’anno. Sull’importanza di queste ratifiche, Eugenio Murrali ha sentito Matteo Mascia, coordinatore del Progetto etica e politica ambientali della Fondazione Lanza di Padova: 

R. – E’ una notizia assolutamente positiva: non dimentichiamo che la Cina è il principale emettitore di gas serra a livello globale. La scelta della Cina rappresenta un elemento politico estremamente importante, che non potrà che essere da traino per altri Paesi. ma possiamo dire anche che ha un forte valore economico: l’adesione all’Accordo di Parigi presuppone mettere in campo obiettivi sempre più ambiziosi per quanto riguarda l’abbandono delle fonti fossili e lo sviluppo di fonti energetiche alternative.

D. – La Cina deve tagliare di molto le sue emissioni e aumentare anche le fonti di energia non fossili: è un obiettivo plausibile?

R. – Certo, è un percorso impegnativo, indubbiamente, tenendo conto che la Cina si è data un tempo, anche se nell’Accordo di Parigi è indicata una revisione e un impegno per raggiungere picchi di emissione al 2025. Se mettiamo insieme Cina e Stati Uniti, hanno ridotto le emissioni di CO2 in modo tale da compensare l’aumento di emissioni che è avvenuto, invece, da parte di altri Paesi dell’Asia e del Medio Oriente. E questo è un dato di fatto. Importanza hanno, ovviamente, sul fronte cinese, il forte inquinamento che caratterizza questo Paese: di recente, la Cina ha anche approvato una serie di normative contro l’inquinamento. I dati che abbiamo sono provvisori però ci dicono che complessivamente la Cina si sta muovendo nella giusta direzione.

D. – Dagli accordi che sono scaturiti dalle varie conferenze sul clima, spesso c’era un sistema di raggiungimento degli obiettivi oppure di multa qualora non si fossero raggiunti. Questo sistema rimane in piedi?

R. – Parigi ha un accordo universale perché ha visto 195 Paesi che hanno sottoscritto l’Accordo. Di questi 195 Paesi, 187 hanno presentato impegni concreti di riduzione delle emissioni e questi 187 Paesi rappresentano in qualche modo il 95% delle emissioni, su scala globale. Per il momento in molti hanno sottoscritto, ma la ratifica riguarda solamente un numero ristretto di Paesi. Detto questo, l’Accordo di Parigi non ha dettagliato quali siano le modalità di verifica e di controllo per quanto riguarda gli impegni nazionali: non ci sono, quindi, modalità di controllo e di sanzioni. Su questo fronte è chiaro che anche a livello internazionale bisogna che da qui ai prossimi passaggi – e il prossimo passaggio è la Cop 22 che ci sarà in Marocco questo inverno e poi successivamente nel 2018 un primo punto di valutazione dell’Accordo di Parigi – bisogna lavorare, perché il Segretariato internazionale possa avere degli strumenti in grado di controllare e sanzionare.

D. – Cosa rappresenta la firma di Washington per il futuro del pianeta?

R. – E’ un po’ l’equivalente della Cina, sostanzialmente, cioè ha una forte valenza politica prima di tutto. Sappiamo che gli Stati Uniti d’America sono storicamente, tra i Paesi occidentali, quelli che hanno le maggior perplessità rispetto alla questione del cambiamento climatico, anche se il problema di fondo sarà vedere come andranno le presidenziali. E dopo, anche in questo caso, una forte valenza economica. Cioè, è chiaro che gli Stati Uniti d’America mettono in moto un percorso virtuoso che spingerà l’economia statunitense – e quindi l’economia mondiale – verso la decarbonizzazione.

D. – Cosa significherebbe a livello pratico raggiungere questa diminuzione delle temperature globali?

R. – Grandi cambiamenti, nel senso che se l’obiettivo sostanzialmente è -60% di emissioni al 2050, bisogna – per esempio – ripensare completamente il sistema dei trasporti. Per quanto nel giro di 10-15 anni l’auto ibrida o l’auto elettrica prenderanno sempre più piede in Europa e nel mondo, è evidente che dovrà essere potenziato in modo significativo il trasporto collettivo e quindi il trasporto su terra. In secondo luogo, un’altra trasformazione fortissima sarà legata alla questione edilizia e al riscaldamento e al raffreddamento delle nostre case: tutti saremo chiamati ad assumere iniziative per ridurre le emissioni correlate al riscaldamento o al raffreddamento domestico. Un terzo ambito nel quale saremo chiamati ad attuare un cambiamento è, per esempio, nelle attuali diete alimentari. Noi sappiamo quanto oggi il cibo incida fortemente sulla produzione di CO2 e di altri gas serra, e quindi sul cambiamento climatico. Sappiamo quanto, per esempio, emetta un kg di carne rispetto alla verdura… Saremo chiamati quindi a una trasformazione delle diete alimentari e a un regime di dieta differente, in cui ci sia meno consumo di carne e più consumo di verdura o di legumi: ricordiamoci che le Nazioni Unite hanno definito questo come l’anno mondiale dei legumi, proprio perché essi rappresentano un elemento fondamentale anche nella direzione della lotta al cambiamento climatico. Quindi, questo è un aspetto assolutamente interessante su cui saremo chiamati a impegnarci tutti e sul quale in qualche modo un contributo di sensibilizzazione è certamente venuto anche dalla recente Expo, che si è svolta in Italia e che aveva proprio al centro la questione della sostenibilità del cibo.

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Filippine: attacco di Abu Sayyaf. Dichiarato stato illegalità

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È salito ad almeno 14 morti il bilancio dell’attentato di ieri in un mercato di Davao, la più grande città del sud delle Filippine. L’azione è stata rivendicata dagli estremisti islamici di Abu Sayyaf, dopo che l’attacco era stato già a loro attribuito dal sindaco, Sarah Duterte, figlia del presidente Rodrigo Duterte, in passato anch’egli primo cittadino della località sull’isola di Mindanao. Il capo dello Stato, in visita proprio nella zona, ha dichiarato lo "stato di illegalità", precisando che la disposizione non si tradurrà in legge marziale ma potrà consentire ai militari di essere dispiegati nei centri urbani a sostegno della polizia. Nelle scorse settimane, Duterte aveva sferrato un’azione militare contro i guerriglieri di Abu Sayyaf e una sanguinosa campagna contro spacciatori e trafficanti di droga, criticata da Onu, organizzazioni in difesa dei diritti umani e Chiesa filippina. Per un commento sulla situazione, Giada Aquilino ha intervistato Paolo Affatato, responsabile della redazione asiatica dell’Agenzia Fides: 

R. – L’attentato è una sfida al presidente Rodrigo Duterte perché avviene nella sua città natale, dove è stato sindaco, e soprattutto mentre il presidente stesso è in visita nella città. Quindi, è una sfida alla sua persona e alla sua azione politica. Vorrei però dire che questi atti intimidatori non fanno altro che rafforzare il presidente Duterte, che ha lanciato da qualche mese una lotta senza quartiere al crimine e al terrorismo.

D. – L’attentato ha colpito un mercato di Davao, non lontano dall’ateneo gesuita. Ci sono pericoli?

R. – Il terrorismo è un fenomeno che, sappiamo, colpisce obiettivi civili in modo indiscriminato. Non vedrei le istituzioni cattoliche, cristiane, nel mirino come un obiettivo privilegiato, ma come uno dei tanti obiettivi possibili, dato che sono le scuole, le piazze, le chiese e i mercati gli obiettivi delle campagne terroristiche. E negli anni scorsi anche le istituzioni cristiane sono state colpite nel sud delle Filippine.

D. – Si è detto nelle ultime settimane come Abu Sayyaf abbia giurato fedeltà al sedicente Stato islamico (Is): è possibile ed è pericolosa una tale alleanza nel sud delle Filippine?

R. – Prima di tutto, direi che l’attentato rivendicato da Abu Sayyaf è più un segno di debolezza di quest’organizzazione, che dal 1991 ha le sue basi nel sud delle Filippine, sull’isola di Mindanao, dove si trova la città di Davao, e in quella corona di isole che sono le Sulu, situate accanto all’isola di Mindanao. Sono un segno di debolezza, perché il presidente Duterte ha avviato negli ultimi tempi un discorso di rinnovato dialogo e azione negoziale verso i gruppi ribelli nel sud delle Filippine. Allo stesso tempo, ha lanciato anche un chiaro segnale di volontà negoziale con i maggiori gruppi islamici nel sud delle Filippine. D’altra parte, ha mostrato il pugno duro e ha annunciato una lotta senza quartiere contro gruppi terroristi come Abu Sayyaf. Su quest’ultimo ci sarebbe molto da dire: io lo definirei una sorta di “mistero”, in quanto non si può capire come mai un manipolo di circa 300 militanti – questo è il numero stimato – possa tenere in scacco da oltre quindici anni un esercito regolare come quello filippino, in un territorio circoscritto composto da isole molto piccole. In questo caso, la presunta affiliazione all’Is – a mio parere – non è altro che una trovata pubblicitaria, uno sfruttare un marchio che oggi funziona sul mercato dell’informazione. Anche perché si può ricordare che quindici anni fa Abu Sayyaf si diceva legato alla rete Al Qaeda guidata da Bin Laden, che era quella sulla “cresta dell’onda”.

D. – Il governo ha recentemente avviato un’azione anche contro i cartelli della droga, sfociata nel sangue. Anche la Chiesa filippina ha criticato tanta violenza. Cosa servirebbe oggi?

R. – Servirebbe un approccio deciso verso la criminalità, ma nel rispetto dello stato di diritto e della legalità. E questo è quanto hanno chiesto la Chiesa filippina e le numerose ong che nelle ultime settimane sono intervenute a criticare la campagna di giustizia sommaria e di esecuzioni extragiudiziali, che ha superato le 1.000 vittime, contro i presunti spacciatori o trafficanti di droga.

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Stallo in Spagna: nuovo "no" a fiducia Rajoy

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La Spagna non riesce ad uscire dallo stallo istituzionale, in cui si trova da 8 mesi. Ieri il Congresso dei deputati ha infatti negato per la seconda volta consecutiva la fiducia al premier designato Mariano Rajoy, leader del Partito Popolare: 170 voti a favore, 180 contrari. Se non ci sarà un nuovo premier entro il 31 ottobre, si tornerà a votare. Quale il significato di questa paralisi e l’impatto per la Spagna? Debora Donnini lo ha chiesto a Alfonso Botti, docente di Storia contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia ed esperto di storia del Paese iberico: 

R. – L’impressione dei media si è concentrata su due fatti: la mancanza di un governo in Spagna da molto tempo, e su questo punto c’è un sotto testo che è un po’ una critica al Partito Socialista spagnolo di non appoggiare e non astenersi di fronte all’investitura di Rajoy. Il secondo fatto riguarda la situazione economica: molti media stanno facendo notare che, nonostante la mancanza del governo, la situazione economica è positiva e il Pil cresce. Io vedo le cose in modo parzialmente diverso, nel senso che, nelle due votazioni, Rajoy e Ciudadanos hanno ottenuto 170 voti a favore, ma in entrambe 180 contro: 180 voti sono tanti, e non sono solo quelli dei Socialisti e di Podemos, ma anche quelli di 24 deputati che appartengono a varie forze nazionaliste e minoritarie.

D. – Questa situazione di stallo e una mancanza di leadership non è positiva per il Paese…

R. – No, si tratta di sbloccare la situazione. Adesso il problema è vedere in quale direzione si vada. La scadenza per votare un presidente del governo è la fine di ottobre, altrimenti si dovrebbe andare votare il giorno di Natale per i meccanismi della legge elettorale spagnola.

D. – Sembra, però, che si vada verso un accordo per modificare la legge elettorale ed evitare di votare proprio il 25 dicembre, anche perché l’astensione probabilmente sarebbe alta…

R. – Questa è una cosa di cui si sta discutendo e nel caso credo che si arriverà abbastanza tranquillamente alla modifica della legge elettorale. Da qui al 31 dicembre ci sono però altre possibilità: si può aprire una situazione nuova con le elezioni autonomistiche nei Paesi Baschi e nella Galizia, fissate per il 25 settembre. Da come andranno le elezioni, soprattutto nei Paesi Baschi, si potrà creare una situazione nella quale il Partito nazionalista basco potrebbe astenersi o addirittura votare a favore del Partito popolare.

D. – Questo permetterebbe a Rajoy di poter formare il governo?

R. – Certo, perché Rajoy ha bisogno o di sei voti a favore o di undici astensioni, rispetto ai 170 a favore e ai 180 contro che ha avuto. Quindi, questi voti potrebbero venire in modo ipotetico, sia nel caso dell’astensione sia del voto a favore, dal Partito nazionalista basco. Ma l’altra possibilità, che c’è perlomeno sulla carta, è quella di una coalizione o di un’intesa tra i Socialisti, Podemos e Ciudadanos. Questa è una cosa di cui in questi giorni si sta parlando: non è facile ma non è del tutto impossibile. Tra le ipotesi sul tappeto, questa però è quella che al momento sembra la meno probabile.

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Sud Sudan, situazione ancora difficile a Juba

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Ancora difficile la situazione in Sud Sudan, Paese sconvolto dalle recenti violenze tra i sostenitori del presidente, Salva Kiir, e quelli dell’ex vice, Riek Machar. Nei prossimi giorni è attesa a Juba una delegazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che lo scorso mese ha approvato una risoluzione per implementare di 4.000 unità il numero dei peacekeeper della missione Onu nel Paese. Intanto, secondo quanto riportato dall’agenzia Fides, un "no" al tribalismo e alla violenza giunge da Yei, altra città teatro di violenze, dove un centinaio di giovani appartenenti alle 64 tribù sud-sudanesi hanno partecipato a un seminario sul tribalismo. Il vescovo episcopale di Yei, Hillary Luate Adeba, rivolgendosi ai giovani, ha affermato: “Alcune persone vi usano come strumenti a loro vantaggio e voi continuate a rimanere poveri e affamati se agite a favore di persone il cui stomaco è grande e il cui conto in banca è ricco. Dite no a questa gente”. I giovani partecipanti - si legge ancora su Fides - hanno denunciato il fatto che i social media sono usati per diffondere l’odio tribale e che gli anziani spesso li incitano alla violenza e alla vendetta in nome del tribalismo. Il conflitto politico tra il presidente Salva Kiir e Riek Machar ha preso una dimensione tribale dato che i due esponenti politici appartengono a differenti gruppi etnici. Nella capitale Juba la situazione si sta apparentemente normalizzando, ma alcune zone della città vivono ancora enormi difficoltà, come racconta Bruna Sironi, giornalista di Nigrizia che dal Kenya segue la situazione Sud sudanese e ha raccolto diverse testimonianze da parte di molti profughi. L'intervista è di Elvira Ragosta: 

R. – E’ ancora una situazione di grande crisi e di grande sofferenza. A Juba la vita è ripresa, soprattutto per chi lavora nelle organizzazioni umanitarie, ma la popolazione fa fatica a trovar e il cibo ai mercati, è sottoposta ancora a violenze. Moltissimi si sono rifugiati nei campi per la protezione dei civili dell’Onu e ci sono continui racconti di violazioni di donne, di reclutamento di bambini soldato anche nei dintorni di Juba.

D. – Anche nella città di Yei si sono registrate violenze, di recente, con l’uccisione di alcuni abitanti da parte di gruppi, sembra sia militari sia civili. Perché questa città? Perché Yei?

R. – Diciamo che Yei fa parte dello Stato che si chiamava “Equatoria Centrale”, dove c’è anche Juba. E’ l’instabilità che ormai ha invaso anche tutta la regione dell’Equatoria. La città adesso è praticamente assediata e nei suoi dintorni ci sono vari gruppi che si scontrano. Sono, di solito, l’esercito governativo contro “gli altri”, e “gli altri” si stanno pian piano allineando all’opposizione dello Splm (Sudan People’s Liberation Movement – Movimento di liberazione popolare del Sudan).

D. – Proprio nella città di Yei, secondo quanto riporta l’agenzia Fides, si è svolto di recente un seminario sul tribalismo cui hanno partecipato giovani appartenenti alle 64 tribù sudsudanesi. Quanto pesa la componente tribale negli scontri che infiammano il Paese?

R. – Diciamo che ormai pesa tantissimo: è diventato veramente uno scontro – purtroppo si deve dire – dei Dinka contro “gli altri”. Prima erano i Nuer, adesso sono le tribù dell’Equatoria, perché il clima di impunità che vige in Sud Sudan ha fatto in modo che chi ha le armi pensi di poter spadroneggiare sul territorio.

D. – In base alle testimonianze che tu hai raccolto da parte delle persone che sono scappate dal Sud Sudan verso il Kenya, quanto queste iniziative dei giovani possono essere importanti per superare le logiche tribali e portare la pace nel Paese?

R. – Sono le uniche che hanno qualche valore. Va veramente cambiata una mentalità, va cambiata una cultura e ci sono molti giovani già pronti a cambiare o che hanno già avuto esperienze in Paesi diversi e che sono già cambiati. Io avevo raccolto anche i racconti del segretario del Consiglio delle Chiese sudsudanesi che mi diceva che loro stanno cercando di sostenere il distacco tra i giovani – perché con gli anziani è più difficile – e i loro referenti che stanno in parlamento e che possono scatenare conflitti nel Paese con una telefonata.

D. – Un’altra speranza per la pace in Sud Sudan è riposta nel viaggio del Consiglio di sicurezza dell’Onu nel Paese. Al centro anche l’invio di 4.000 nuovi peacekeeper a Juba. In questo senso, cosa ipotizzare, cosa aspettarsi?

R. – Per quello che so io, il governo sudsudanese sta discutendo: quanti devono essere, quando devono arrivare, che cosa devono fare... Per cui immagino che il Consiglio di sicurezza andrà a trattare proprio queste cose e a rafforzare il suo peso di comunità internazionale in questa direzione. Le truppe dovrebbero essere dei Paesi della regione, esclusi Uganda e Sudan, e questo è molto importante perché i due hanno interessi: l’Uganda a sostenere il governo e il Sudan a sostenere l’opposizione, in linea di massima. E dovrebbero presidiare le infrastrutture più importanti di Juba, che negli scontri di luglio sono state poste sotto il fuoco incrociato.

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Scossa vicino a Perugia. Mons. Boccardo: tanta gente fuori casa

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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricorda l’impegno delle aziende per aiutare le zone colpite del terremoto. In un messaggio al Forum Ambrosetti di Cernobbio, il capo dello Stato si è detto “convinto che anche la comunità imprenditoriale e finanziaria saprà dedicare le sue migliori energie alla solidarietà e alla rinascita delle aree colpite". Intanto, questa notte, alcune scosse di intensità 4 della scala Richter sono state avvertite a Norcia in Umbria e nella provincia di Macerata. Il servizio di Alessandro Guarasci

Si comincia a fare il punto sul dopo terremoto e prende corpo “Casa Italia”, il progetto pensato dal governo per mettere in sicurezza il territorio. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, ha convocato Cgil, Cisl, Uil e Ugl e le imprese martedì prossimo alle 12,30 a Palazzo Chigi per avviare le consultazioni. Oggi, ad Amatrice è stato riaperto il Ponte Tre Occhi, che permette di raggiungere il paese dalla Salaria.

E nuove, forti scosse nelle zone già colpite dal sisma del 24 agosto scorso. In mattinata nella provincia di Macerata, di intensità 4,5. Nella notte in provincia di Perugia, 4,3 sulla scala Richter. Paura ma nessun ferito tra la popolazione. L'arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo:

R. - Gli edifici erano danneggiati e l’ulteriore scossa ha, da una parte o dall’altra, aggravato la situazione. La gente vive con la paura, perché le scosse continuano però manca la sicurezza. Tanta gente dorme fuori casa non tanto perché la casa è stata lesionata, ma per paura di essere sorpresi durante la notte da un’ulteriore scossa di terremoto. Adesso si sta aspettando che i tecnici della Protezione Civile facciano la valutazione e dicano fino a che punto le case possano tornare ad essere abitate oppure debbano essere sistemate.

D. - Lei come vede in questo momento la risposta delle istituzioni?

R. - Dobbiamo dire che a livelli diversi si è manifestata una grande vicinanza, un grande interesse. Gli organismi della Protezione Civile sono presenti sul luogo, le tende sono arrivate immediatamente. Ogni volta sento parole di apprezzamento e di gratitudine nei confronti dei diversi volontari, della protezione civile e di altre associazioni. Certo, ormai siamo alla vigilia dell’inverno e dunque c’è la preoccupazione di trovare una sistemazione adeguata in quanto le stesse tende no saranno sufficienti.

D. - Come avrà visto sicuramente c’è stata una vignetta molto pesante da parte di Charlie Hebdo, questo settimanale satirico francese. Qual è il suo sentimento in questo momento?

R. - È una cosa molto triste e di cattivo gusto. Il rispetto dell’altro, il rispetto del dolore altrui fa parte delle regole della convivenza civile. Per questo dico che è un episodio triste e di cattivo gusto che offende la memoria delle vittime del terremoto, le sensibilità e la sofferenza di tutti coloro che adesso portano sulla propria pelle le conseguenze.

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Amichevole Roma-San Lorenzo, incasso per i terremotati

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Si celebra oggi la Festa della Famiglia organizzata dalla squadra di calcio della Roma con il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione nell’ambito degli eventi per il Giubileo della Misericordia. Nell’ambito di questo evento, nel pomeriggio si giocherà allo stadio Olimpico l’amichevole tra la Roma e la formazione argentina del San Lorenzo. Le due squadre sono state ricevute ieri in udienza da Papa Francesco. L’incasso sarà devoluto per l’emergenza seguita al terremoto che lo scorso 24 agosto ha colpito il centro Italia. La prevendita dei biglietti per la gara terminerà alle ore 18.00. Ma come è nata questa iniziativa? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni: 

R. – Alcuni mesi fa, nell’ambito delle iniziative che avrebbero caratterizzato il Giubileo della Misericordia indetto dal Santo Padre, abbiamo pensato in qualche modo di poterne far parte, acquisendo quindi il diritto di giocare una partita indossando il logo del Giubileo. Una iniziativa con l'obiettivo di raccogliere fondi che sarebbero stati destinati alle opere di Misericordia che, nell’ambito delle iniziative del Giubileo della Misericordia, sarebbero state indentificate dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione e dal Santo Padre. Ci sembrava, quindi, anche un buon omaggio al Santo Padre invitare per questa partita il San Lorenzo de Almagro squadra che in gioventù era nel cuore di Sua Santità. Da lì è partita questa iniziativa che, tra l’altro, voleva sottolineare un altro aspetto: la necessità di vivere un evento sportivo del fine settimana come un evento di condivisione per le famiglie. Questo aspetto andrebbe un po’ ripristinato perché l’evento calcistico non deve essere vissuto soltanto con lo stress del risultato finale, come se fosse una battaglia sportiva, ma come invece un momento di aggregazione sportiva. Poi ovviamente l’evento del terremoto in Centro Italia ci ha indotto ad una riflessione. Abbiamo deciso, insieme al presidente Pallotta, di mantenere l’organizzazione di questa partita e abbiamo pensato di destinare il ricavato all’emergenza e quindi alle necessità delle popolazioni colpite dal sisma. Devo dire che abbiamo avuto l’immediato supporto del Pontificio Consiglio e del Santo Padre per esprimere fattivamente, materialmente, ma anche emotivamente, vicinanza e solidarietà alle vittime del terremoto.

D. - Ed è nato dunque un gemellaggio italo-argentino proprio nel segno della solidarietà. Questo connubio è destinato a  ricomporsi anche in futuro?

R. - Sinceramente stiamo pensando di rendere questo evento un appuntamento costante che quindi possa ripetersi ogni anno; aldilà dell’emergenza attuale che riguarda appunto il sisma, la possibilità di esaltare questo principio di condivisione, di valori della famiglia nell’ottica di un momento di aggregazione sportiva dovrà proseguire necessariamente e non esaurirsi con la giornata di oggi. Quindi speriamo di poterlo rendere un appuntamento che si ripete nel tempo. Ovviamente l’adesione del San Lorenzo è stata entusiasta ed immediata. Noi componenti delle due squadre abbiamo avuto il privilegio di andare a far visita al Santo Padre che ci ha accolto con la sua grande umanità e il suo entusiasmo. Tutto ciò ha creato le basi per provare effettivamente a replicare questo sforzo e questo impegno in futuro.

D. - Torniamo proprio alla giornata di ieri. È stata una giornata emozionante quella vissuta dai calciatori giallorossi in Vaticano proprio per l’incontro con Papa Francesco …

R. - E' sempre un’emozione speciale, difficile da descrivere poter essere ammessi in udienza dal Santo Padre. Il Papa con la sua umanità e semplicità ci commuove, ci entusiasma, ci emoziona e ci induce a pensare che dobbiamo continuare ad impegnarci per gli altri. Dobbiamo impegnarci per fare qualcosa che possa essere utile nel tempo senza mai retrocedere da quelli che dovrebbero essere i nostri doveri verso la comunità. Abbiamo avuto modo di ringraziarlo per quello che fa per tutti noi, ma assumendoci anche l’impegno e la responsabilità di continuare noi a fare qualcosa a nostra vostra.

D. - Un incontro scandito, in particolare, da un momento di preghiera e di solidarietà nei confronti delle famiglie colpite dal sisma del 24 agosto …

R. - Certamente. L’attenzione è stata rivolta necessariamente alle vittime di questa immane tragedia. Sono nei nostri pensieri e continueranno ad esserlo per il futuro. Abbiamo anche deciso di mantenere il contatto con i rappresentanti delle istituzioni dei comuni coinvolti di quelle popolazioni per garantire loro un aiuto, una vicinanza, una solidarietà fattuale anche quando sarà passata l’emozione dell’emergenza. Cercheremo di destinare le risorse che saremo capaci di raccogliere ad iniziative che ci indicheranno gli stessi rappresentanti dei comuni coinvolti, in modo da essere certi che possano avere un’efficacia maggiore.

D. - Durante l’incontro con Papa Francesco è stato emozionante anche il momento dello scambio dei doni. È stata donata al Papa una maglia speciale che poi sarà messa all’asta …

R. - Anche il Santo Padre ha fatto dei doni alle due squadre. Per quanto riguarda la Roma, lui ha voluto donare dei suoi oggetti personali, tra i quali, una maglia antica del San Lorenzo de Almagro, che sappiamo far parte della sua sfera affettiva, dei suoi ricordi. E' stato veramente molto generoso con noi. Noi gli abbiamo regalato una maglia della partita. E' una maglia speciale preparata appositamente e a lui dedicata. Tra l’altro ci ha fatto il grande regalo di autografare una copia di questa maglia che noi potremo mettere all’asta al fine di raccogliere ulteriori fondi a beneficio delle vittime del sisma.

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Il commento di don Sanfilippo al Vangelo della Domenica XXIII T.O.

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Nella 23.ma domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone  il Vangelo in cui Gesù dice:

“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Tre sono le condizioni necessarie per essere discepoli di Cristo: odiare l’affetto di qualunque persona, anche molto cara, come i genitori, il consorte, o i figli, quando ci impedisce o ci è di ostacolo per obbedire a Dio. L’amore a Dio, in effetti, è decisivo per la salvezza nostra e di coloro che Dio ci affida. Inoltre: accettare con fede la sofferenza, la croce, che accompagna la nostra vita terrena, credendo di avere in essa un’occasione importante d’incontrarci con il Signore e di testimoniare la potenza della Sua Resurrezione. Infine: vendere i propri beni, mettere radicalmente Dio come unico nella nostra vita, sperimentando la Provvidenza divina. Senza questi cardini la vita cristiana vacilla rischiando la stessa derisione subita da chi non ha calcolato bene la spesa per costruire la casa, o da chi va in guerra senza valutare la potenza del nemico. Confrontando questo Vangelo con le nostre forze, ci sentiremo subito sgomenti e scoraggiati, oppure, tenteremo, un po’ stizziti, di “addomesticalo” cercando qualche complice nell’impresa di autogiustificarci. Ma la vita cristiana non si basa sulle proprie capacità, bensì sulla grazia dello Spirito Santo che opera miracoli quando viene effuso in noi mediante il kèrigma, la catechesi liturgica, biblica ed ecclesiologica, proprie della necessaria formazione permanente. Così ha profetizzato il Concilio Vaticano II.

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Nella Chiesa e nel mondo



Filippine: cordoglio dei vescovi per le vittime dell’attentato a Davao

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La Chiesa cattolica filippina offre le sue preghiere per le vittime dell’esplosione che ieri ha investito un mercato cittadino notturno a Davao, nel sud delle Filippine. 14 le vittime, tra le quali una donna incinta e un bambino piccolo, e una sessantina i feriti.

Attentato opera di Abu Sayyaf
Secondo le autorità, l’attentato sarebbe opera delle milizie islamiste di Abu Sayyaf, vicine all’Is, che si sarebbero così vendicate delle numerose perdite subite nella roccaforte di Jolo, a circa 900 km da Davao, in seguito all’offensiva delle forze speciali di Manila. 

Vicinanza nella preghiera dei vescovi alle famiglie delle vittime
In una nota  ripresa dall’agenzia dei vescovi Cbcpnews, il presidente della Conferenza episcopale, mons. Socrates Villegas, condanna con forza l’azione terroristica. A nome di tutti i vescovi, il  presule esprime vicinanza nella preghiera a mons. Romulo Valles, arcivescovo di Davao e a tutti i suoi fedeli:  “Anche noi – afferma - siamo in lutto  per la morte di fratelli e sorelle innocenti. Preghiamo per la pace eterna delle vittime, per la guarigione dei feriti e perché sia data forza a tutte le famiglie in lutto”. Infine, i vescovi filippini pregano “per la fratellanza e l’armonia a Davao e in tutta la Nazione”.

La guerra dei separatisti a Mindanao
Davao è la città più popolosa del Sud delle Filippine, con i suoi 2 milioni di abitanti. Dista circa 1.500 km da Manila ed è parte della regione meridionale di Mindanao, in cui i militanti separatisti islamici combattono da decenni una guerra separatista. Nelle violenze sono morte oltre 120mila persone. Duterte è stato sindaco della città per oltre 20 anni, prima di vincere le elezioni e giurare - il 30 giugno scorso - come presidente. (L.Z.)

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Haiti: uccisa una missionaria spagnola al servizio dei più poveri

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Isabel Sola Macas, missionaria spagnola 51.enne, è stata uccisa ieri nel centro di Port-au-Prince, la capitale di Haiti, mentre era alla guida della sua autovettura. La polizia haitiana ha affermato che due proiettili hanno ferito gravemente gli organi interni della donna causandone la morte. Il motivo dell’aggressione sarebbe da ricercarsi in un tentativo di furto. Le indagini sono ancora in corso.

La missionaria viveva nel Paese da otto anni
Suor Isabel, nata a Barcellona, faceva parte della Congregazione di Gesù e Maria e lavorava nel Paese caraibico da almeno otto anni. Questo è quanto affermato dal Console di Madrid, Sergio Cuesta Francisco. Il Console ha anche riferito del dolore e dello stupore tra le persone che conoscevano la religiosa. Suor Isabel era attivamente impegnata con i poveri e gli emarginati e molti ricordano l’aiuto da lei fornito in occasione del devastante terremoto del 2010.

Cresce il numero di religiosi cattolici uccisi da inizio anno
Con quest’omicidio sale a otto il numero delle religiose cattoliche uccise nel mondo dall'inizio dell'anno mentre svolgevano il loro servizio pastorale. Sette invece i sacerdoti uccisi. (A.W)

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L'ultimo saluto a Carmen nel Seminario Redemptoris Mater di Madrid

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Presieduta dall’arcivescovo di Madrid, mons. Carlos Osoro, si è svolto ieri sera l’ultimo atto dei funerali di Carmen Hernández, iniziatrice insieme a Kiko Argüello del Cammino Neocatecumenale. All’atto erano presenti Kiko e padre Mario Pezzi, insieme ai familiari di Carmen, e circa duecento catechisti itineranti, provenienti da tutta l’Europa e da vari altri Paesi del mondo, per testimoniare l’affetto e la gratitudine per l’opera compiuta dal Signore per mezzo di Carmen. Era deceduta il 19 luglio ed i suoi funerali erano stati celebrati tre giorni dopo nella Cattedrale dell’Almudena, alla presenza di alcuni cardinali, vari vescovi ed una grandissima partecipazione di fedeli. Questo tempo di attesa è stato necessario per permettere la preparazione di un luogo adatto per l’inumazione della sua salma. Col permesso dell’arcivescovo, questo luogo è stato trovato nel giardino del Seminario “Redemptoris Mater” di Madrid, dove Kiko ha preparato un sacello, uno spazio semplice, pieno di luce e di gioia pasquale per questa donna geniale che ha fatto della sua vita un inno di amore alla Chiesa ed alla Pasqua.

Nel suo breve intervento, dopo l’ascolto del Vangelo della Trasfigurazione - una pagina particolarmente cara a Carmen - l’arcivescovo ha voluto sottolineare come la vita di Carmen fosse stata una grazia a servizio della Chiesa, con il suo amore alla libertà ed alla verità; e grazia era pure il ritrovarsi insieme per questa breve liturgia, facendo memoria del cammino compiuto da Carmen verso la verità, Cristo.

Kiko, in un ricordo molto semplice, ma appassionato ed estremamente rivelatore di cinquant’anni di evangelizzazione compiuti insieme, per grazia di Dio, ha letto un suo pensiero scritto poco prima della sua morte: “Signore, Signore! Come potrò continuare? Carmen, mi dicono che sta morendo, poveretta, quanto deve il Cammino a Carmen! Che donna meravigliosa, con un genio magistrale di libertà e di amore alla Chiesa. Mai mi ha adulato; sempre dietro a me. Mi ha detto la verità. I giovani, soprattutto le ragazze, la adoravano… sempre diceva che la donna è ciò che è più importante della Chiesa e del mondo, perché porta in sé, nel suo seno, la fabbrica della vita. E diceva: ‘Non fidatevi degli uomini’, e ‘Kiko, ve lo regalo…!’. Ma stava sempre al mio fianco per aiutarmi… Che mistero, le persone, la loro personalità. Carmen, che mistero! Un giorno mi ha detto: ‘Io passo per pazza in Vaticano, così tutti dicono che Kiko è un santo che è capace di sopportare quella donna!’”.

Anche Padre Mario l’ha voluta ricordare leggendo una pagina di Carmen dove racconta come si è incontrata in maniera esistenziale con il mistero della Pasqua: la sua esperienza di sofferenza e di morte si illuminano e vengono trasfigurate dal mistero della morte e risurrezione di Cristo… e l’Eucaristia lasciò di essere solo un “mettere Gesù nel proprio cuore”, per vivere la Pasqua con Cristo. E della Pasqua diventò un’appassionata cultrice e catechista, facendo suo e vivendo in prima persona ed insegnando a vivere l’Eucaristia secondo il rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II.

E proprio la gratitudine al Signore per il dono fatto dal Signore alla Chiesa ed al Cammino mediante Carmen era quasi tangibile sul volto e sulle labbra dei presenti, con la certezza di avere ora in lei una preziosa collaboratrice per tutta l’opera di iniziazione cristiana e di evangelizzazione, così necessaria oggi nella Chiesa. (A cura di don Ezechiele Pasotti)

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Canada. A fine settembre la Plenaria dei vescovi a Corwall

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La recente legalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia in Canada, l’impegno della Chiesa canadese a sostegno dei diritti delle popolazioni autoctone, la difesa del Creato, la famiglia, la situazione in Medio Oriente. E’ ricca l’agenda dei lavori della prossima Assemblea plenaria della Conferenza episcopale canadese, in programma dal 26 al 30 settembre a Cornwall, in Ontario.

Il primo piano la recente legge sul suicidio assistito
In primo piano sarà la controversa Legge C-14 sul suicidio assistito, approvata dal Parlamento di Ottawa il 17 giugno scorso. I presuli discuteranno delle sue implicazioni e conseguenze per il Paese. A questo scopo ascolteranno una relazione del cardinale olandese Willem Eijk, arcivescovo di Utrecht, che nella sua qualità di teologo morale e medico, illustrerà all’assemblea l’esperienza dell’Olanda, uno dei primi Paesi al mondo ad avere legalizzato l’eutanasia.

Altri punti: il centenario della Riforma e riconciliazione con le Prime Nazioni
Altri punti all’ordine del giorno saranno le celebrazioni del quinto centenario della Riforma luterana nel 2017 e il processo di riconciliazione con le Prime Nazioni, i popoli nativi del Canada, al quale la Conferenza episcopale (Cnbb/Cecc), ha dedicato quest’anno due importanti documenti preparati insieme alla Conferenza dei religiosi del Canada, al Consiglio autoctono del Canada e all’Organizzazione cattolica canadese per lo sviluppo e la pace. Le discussioni saranno animate rispettivamente dalla Commissione episcopale della Giustizia e della Pace e da quella per l’Unità dei Cristiani e il Dialogo Interreligioso.

All’esame dell’Assemblea la Laudato si’ e l’Amoris laetitia
I vescovi rifletteranno poi sull’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco sulla cura  del Creato. Ne parlerà il gesuita canadese, Michael Czerny, del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Analogamente si rifletterà sull’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia sull’amore nella famiglia. Tra gli altri punti in agenda figurano, infine, le celebrazioni nel 2017 del 50° anniversario l’organizzazione cattolica per lo sviluppo e la pace, la Caritas canadese, e la crisi in Medio Oriente.

I vescovi in pellegrinaggio alla Porta Santa della Misericordia
Come segno per il Giubileo della Misericordia, il 28 settembre i vescovi si riuniranno nella Chiesa della Santa Croce di Cornwall per un pellegrinaggio alla Porta Santa della Miséricordia, la celebrazione dei Vespri e l’Adorazione eucaristica. (L.Z.)

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Germania, a Fulda la prossima plenaria dei vescovi tedeschi

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Dal 19 al 22 settembre si svolgerà a Fulda la sessione autunnale dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale tedesca (Dbk). Sotto la presidenza dell’arcivescovo di Monaco-Frisinga, cardinale Reinhard Marx,  i vescovi tedeschi avranno come focus centrale uno studio sulla situazione sociale in Germania: “Insieme con Dio si sente un urlo, la povertà e l’esclusione come una sfida per la Chiesa e la Caritas”. Verrà inoltre rinnovata la composizione dei 14 comitati e dei sottocomitati specializzati della Dbk, in vista del nuovo quinquennio di lavoro, sino al 2021.

Rifugiati, quinto anniversario della Riforma tra i temi della sessione
I lavori – riporta l’agenzia Sir - vedranno i vescovi confrontarsi sui problemi attuali del lavoro e dell’accoglienza e sistemazione dei rifugiati. Saranno anche approfonditi i temi ecumenici legati ai 500 anni della Riforma luterana, con l’analisi della partecipazione cattolica alla commemorazione. La situazione dell’Unione europea, la trasformazione digitale della società e l’eredità lasciata dalla Giornata mondiale della Gioventù, completano il sommario dei lavori. Alla sessione di apertura dell’Assemblea generale, lunedì 19 settembre, parteciperà il nunzio apostolico, l’arcivescovo Nikola Eterovic. Ai lavori sono stati invitati come ospiti e relatori il vescovo di Gliwice in Polonia, mons. Jan Kopiec, il vescovo ausiliare di Strasburgo in Francia, mons. Vincent Dollmann e l’arcivescovo della Arcieparchia caldea cattolica di Erbil, in Iraq, mons. Bashar Warda.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 247

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.