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Sommario del 01/09/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: custodire l’ambiente è un’opera di misericordia

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Ascoltare il grido della Terra, ascoltare il grido dei poveri. E’ quanto afferma Papa Francesco nel Messaggio per l’odierna Giornata mondiale di preghiera, di carattere ecumenico, per la cura del Creato, istituita dal Pontefice il 10 agosto del 2015. Il Papa sottolinea che è necessaria una conversione ecologica che parta dal riconoscimento dei nostri peccati contro il Creato, quindi propone una “nuova opera di misericordia”: la “cura della casa comune”. Il servizio di Alessandro Gisotti

E’ tempo di “cambiare rotta” e proteggere la Terra, nostra “casa comune”. E’ l’appello lanciato da Papa Francesco che, nel suo messaggio per la Giornata del Creato, sottolinea innanzitutto come tutte le comunità cristiane, insieme ad altre religioni, condividano la preoccupazione per il futuro del nostro pianeta.

Tutte le comunità cristiane impegnate in difesa dell’ambiente
Il Papa cita in particolare l’impegno del Patriarca ecumenico Bartolomeo, quindi, ribadisce lo stretto legame tra “le sofferenze che affliggono i poveri e la devastazione dell’ambente”. Ecco perché, riprende, “dobbiamo essere uniti nel dimostrare misericordia verso la nostra casa comune”. E avverte che “non possiamo arrenderci” al degrado dell’ambiente, spesso provocato dai nostri “comportamenti irresponsabili ed egoistici”. Francesco indica in particolare l’aggravarsi del riscaldamento del globo e rammenta che “i cambiamenti climatici contribuiscono anche alla straziante crisi dei migranti forzati”.

Quando maltrattiamo la terra, maltrattiamo anche i poveri
“Quando maltrattiamo la natura – scrive il Papa – maltrattiamo anche gli esseri umani”. Francesco evidenzia dunque che gli atti di distruzione della nostra casa comune sono dei peccati contro Dio e contro noi stessi. Di qui l’invito del Papa a riconoscere i nostri “peccati contro il Creato” perché solo così potremo “compiere passi concreti sulla strada della conversione ecologica, che richiede una chiara presa di coscienza della nostra responsabilità”. Esame di coscienza e pentimento, dunque, chiede il Papa e rammenta che anche nell’Anno Giubilare del 2000 San Giovanni Paolo II aveva invitato i cattolici a “fare ammenda” per tanti peccati compiuti nella storia. Un invito, afferma Papa Francesco, che fa proprio anche per questo Giubileo della Misericordia. Dobbiamo pentirci, ribadisce, per il male “che stiamo facendo” alla Terra.

Una nuova opera di misericordia: curare la casa comune
Non solo, Francesco propone la “cura della casa comune” come una “nuova opera di misericordia” da aggiungere ai due “tradizionali elenchi di sette opere di misericordia”. Come opera di misericordia spirituale, spiega, la cura della casa comune richiede la “contemplazione riconoscente del mondo”, mentre come “opera di misericordia corporale” richiede i “semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo”. Guardando all’attualità internazionale, il Papa chiede di “cambiare rotta”, di non credere che i nostri “sforzi siano troppo piccoli per migliorare il mondo”.

No a economia dominata dal profitto, impegnarsi per bene comune
Quindi, chiede di cambiare lo stile di vita, nella convinzione che “l’economia e la politica, la società e la cultura non possono essere dominate da una mentalità del breve termine e dalla ricerca di un immediato ritorno finanziario o elettorale”. Esse, ammonisce, devono essere urgentemente riorientate verso il bene comune che "comprende la sostenibilità e la cura del creato”. Un caso concreto, si legge nel Messaggio, è quello del “debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo” che richiede un reale sostegno ai Paesi più poveri per “promuovere lo sviluppo sostenibile”. Il Papa non manca infine di elogiare l’Accordo di Parigi sul clima e l’approvazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. E tuttavia, afferma, non solo i governi dovranno rispettare questi Accordi ma anche i cittadini dovranno “esigere che questo avvenga, anzi che si miri a obiettivi sempre più ambiziosi”.

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Turkson: fare male alla terra è fare male ai poveri

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Un cambio di atteggiamento e di azioni, individuali e istituzionali, completando con tutti i fratelli cristiani la nostra opera di misericordia attraverso la cura della casa comune. Questa la riflessione emersa stamani in Sala Stampa della Santa Sede alla presentazione del Messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, nel pieno del Giubileo della Misericordia. Ad intervenire, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, appena nominato dal Pontefice prefetto del nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e attualmente presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani, e Terence Ward, autore del libro ‘The Guardian of Mercy’. Il servizio di Giada Aquilino

Riconoscere “umilmente” il male che stiamo arrecando alla terra con l'inquinamento, la “vergognosa” distruzione degli ecosistemi, la perdita della biodiversità e lo spettro del cambiamento climatico, che “di anno in anno sembra essere sempre più vicino e pericoloso". Questa l’esortazione del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presentando il Messaggio di Francesco per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, in cui il Pontefice – è stato spiegato in Sala Stampa vaticana, partendo dall’Enciclica Laudato si’ - ci invita a prendere consapevolezza del nostro peccato, che è contro la creazione, contro i poveri e contro tutti quelli che non sono ancora nati:

“When we hurt the earth….
Quando arrechiamo un danno alla terra, facciamo del male ai poveri, infinitamente amati da Dio. Questo significa esaminare le nostre coscienze e pentirci. Questi – dice Papa Francesco – sono peccati che finora non abbiamo riconosciuto o confessato”.

Siamo dunque chiamati - ha aggiunto il prefetto del nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale - a riconoscere questo peccato, con un esame di coscienza che evidenzi non soltanto le “debolezze individuali”, ma anche quelle presenti “a livello istituzionale”:

“Ecological conversion entails...
La conversione ecologica riguarda anche la conversione della comunità. E’ necessaria dunque la conversione delle nostre istituzioni: economiche, politiche e di tutti gli ambiti. E infine, sostenere tutto ciò con quella che Papa Francesco chiama ‘l’educazione alla cittadinanza ecologica’”.

In tale prospettiva potranno essere realizzati e messi in pratica gli Obiettivi Sostenibili di Sviluppo e l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, ricordati da Papa Francesco. Messa in luce quindi la valenza ecumenica della Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, partendo dal contributo fondamentale dei “fratelli e sorelle ortodossi” e dal “ruolo guida” del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, conosciuto anche come “Patriarca verde” per il suo impegno nella cura del Creato. Mons. Brian Farrell, pur parlando di “difficile dialogo”, con “problemi gravi, profondi ancora da risolvere”, ha riconosciuto un “significativo” segno di progresso verso “una preghiera comune” di tutti i cristiani, capace di creare un “legame spirituale, reale, di grazia, di presenza di Dio”:

“Il fatto ecumenico nuovo è che tutte le Chiese preghino insieme, contemporaneamente, per lodare Dio per la sua opera, per invocare la sua protezione sul Creato e per rinnovare il nostro impegno nella tutela del mondo in cui viviamo”.

Il Papa, è stato evidenziato, ha proposto un completamento ai due tradizionali elenchi di sette opere di misericordia, corporali e spirituali, aggiungendo a ciascuno la “cura della casa comune”. Lo ha spiegato Terence Ward, autore del libro ‘The Guardian of Mercy’, che ruota attorno al capolavoro di Caravaggio dedicato proprio alle “Sette opere di Misericordia” e conservato a Napoli:

“In our modern times…
In questo nostro tempo moderno, abbiamo visto Papa Francesco compiere tutte le opere di misericordia. Con umiltà. E ora ha aggiunto un’ottava opera di misericordia e la condivide con tutto il mondo, prendendosi cura della nostra casa comune: rivoluzionaria e visionaria, ecumenica ed ecologica. Si potrebbe affermare che questa sia la più alta opera di misericordia, perché abbraccia e comprende tutte le altre: un’opera di misericordia moderna per un’epoca moderna, che però sta soffrendo”.

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Programma della visita del Papa ad Assisi per la preghiera per la pace

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La Sala Stampa vaticana ha reso noto il programma della visita che Papa Francesco compirà ad Assisi il prossimo 20 settembre per la Giornata mondiale di preghiera per la Pace sul tema “Sete di Pace. Religioni e Culture in dialogo”.

Alle 10.30 la partenza in elicottero dal Vaticano, con arrivo, circa mezz’ora dopo, nel campo sportivo “Migaghelli” a Santa Maria degli Angeli. Il Papa si reca subito al Sacro Convento di Assisi dove ci saranno il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, l’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby, il Patriarca Siro-Ortodosso di Antiochia Efrem II, un rappresentante dell’Ebraismo e dell’Islam e il Capo supremo del Buddhismo Tendai (Giappone). Tutti insieme raggiungono il Chiostro di Sito IV, dove sono già presenti i rappresentanti delle Chiese e delle religioni mondiali e i vescovi dell’Umbria, che il Papa saluta singolarmente.

Alle 13.00 ci sarà il pranzo comune nel refettorio del Sacro Convento, al quale partecipano anche alcune vittime delle guerre. Il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ricorda il 25.mo anniversario di Patriarcato di Bartolomeo I.

Alle 15.15 il Papa incontra singolarmente il Patriarca Bartolomeo I, l’arcivescovo Justin Welby, il Patriarca Efrem II e i rappresentanti dell’Ebraismo e dell’Islam.

Alle 16.00 si svolgerà nei diversi luoghi un momento di preghiera per la Pace. I cristiani avranno una preghiera ecumenica nella Basilica Inferiore di San Francesco.

Alle 17.15, terminata la preghiera, si svolgerà nella Piazza antistante la Basilica inferiore la cerimonia conclusiva alla presenza di tutti i rappresentanti delle varie religioni che leggeranno un messaggio. Dopo il discorso del Papa  viene letto un Appello di Pace, che sarà consegnato a bambini di varie nazioni. Seguono un momento di silenzio per le vittime delle guerre, la firma dell’Appello di Pace, l’accensione di due candelabri e lo scambio della pace.

Alle 18.30, Papa Francesco si congeda e in auto si trasferisce all’eliporto di Santa Maria degli Angeli. Alle 19.00 il decollo e l’arrivo in Vaticano previsto per le 19.35.

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Nomina episcopale in Italia

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In Italia, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Albenga-Imperia, presentata da mons. Mario Oliveri. Gli succede mons. Guglielmo Borghetti, finora Coadiutore della medesima diocesi.

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Nipote Madre Teresa: anche in famiglia, straordinaria nella semplicità

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In tutto il mondo, e non solo nella Chiesa, si vive con gioia l’attesa per la Canonizzazione di Madre Teresa, una figura che – al di là di ogni distinzione di credo e cultura – rappresenta il bene e l’impegno per chi soffre. C’è però chi vive in un modo davvero particolare questo evento: la signora Agi Bojaxhiu, unica nipote di Madre Teresa, oggi 70enne che fin da giovane si è trasferita in Sicilia. In questa intervista esclusiva di Alessandro Gisotti, Agi – figlia del fratello di Madre Teresa – racconta com’era la sua zia così speciale nella vita in famiglia: 

R. – Madre Teresa faceva molto ma non dava nell’occhio, ecco; era molto riservata in tutto quello che faceva. Veniva tutto così spontaneo e naturale, anche le cose più faticose … Io le ho visto fare cose veramente faticose, come lavare lenzuoli, lei che già aveva una certa età, china sulle persone per tanto tempo, quello che faceva anche per curare persone che avevano malattie terribili … Quello che faceva Madre era una cosa talmente straordinaria, vedere lei come toccava quelle piaghe, come aiutava le persone, come ha organizzato tutta questa cosa con queste suore che continuano il suo lavoro, la sua opera … Questa è una cosa che mi lascia sempre molto contenta, da un certo punto di vista, se posso dire una cosa così semplice …

D. – Era così semplice anche negli incontri familiari?

R. – Sì, assolutamente: era molto affettuosa … era una persona che emanava un senso di pace. Io, perlomeno, con la Madre, tutte le volte che abbiamo parlato, anche da sole, riuscivo a parlare in una maniera come non mi è mai riuscito con nessun altro. E poi mi dava questa serenità: questi suoi occhi che ti guardavano proprio dentro … Se tu guardavi negli occhi della Madre sentivi che vedeva dentro di te, il tuo cuore. E poi, in casa era molto attenta: per esempio, siccome il loro Ordine è molto severo, e lei adorava la cioccolata, però non ne mangiava perché era un alimento di lusso; e lei diceva: “Siccome la maggior parte delle persone che io conosco, con cui sto, non ha i soldi per comprarsi la cioccolata, non la mangio nemmeno io”. Ecco, cose di questo genere … Poi, ogni tanto, il grande lusso era una caramella – perché regali gliene mandavano in continuazione: caramelle, cioccolatini che lei poi distribuiva a tutti, praticamente; non teneva niente per sé. Di tutti i regali che lei ha avuto in vita sua, ha sempre regalato tutto ad altre persone. A me ha regalato addirittura un mandolino che le avevano regalato degli italo-americani in America … Era così: era speciale ma era allo stesso tempo normale, nel senso che non ti sentivi a disagio con lei, come ti puoi sentire con certe personalità mondiali che magari ti mettono un po’ … non dico a disagio, ma insomma, ti senti scomoda, ecco …

D. – Era semplicemente straordinaria?

R. – Sì: è l’espressione giusta. Semplicemente straordinaria. Metteva tutti a proprio agio, era disponibile per tutti, sapeva sempre dirti la cosa giusta al momento giusto … E anche con noi, ripeto: era mia zia però non era la classica zia … “ah, c’è la zia!”, sai come si dice … Era zia ed era Madre Teresa: un misto che uno non può definire. Era una personalità particolare, ecco. Non si può dire che fosse una zia normale, ecco …

D. – Tutti quelli che l’hanno conosciuta e anche quelli che l’hanno potuta vedere magari anche una sola volta, sono sempre rimasti colpiti dal modo in cui Madre Teresa pregava. Lei ha qualche ricordo al riguardo?

R. – Lei continuava a dirmi di pregare: la famiglia deve pregare insieme. Noi, qualche volta ci siamo riusciti, non sempre; lei ci teneva molto a questo: teneva molto alla famiglia, e una cosa mi diceva sempre: “Tu devi … prima di tutto viene la famiglia, la tua famiglia, cioè seguire i tuoi figli, seguire tuo marito, accudire le cose di casa, accudire tuo marito, accudire i tuoi figli, seguirli, sapere cosa fanno, cosa non fanno. Poi, quando hai del tempo in più, allora dedicati agli altri”. Ma la famiglia per lei veniva prima di tutto; la considerava la cosa più importante.

D. – Oltre al sorriso, c’era anche una simpatia, un’allegria e a volte anche una meravigliosa ironia con cui rispondeva …

R. – Sì, altroché! Madre Teresa, tutti – molti – pensano che fosse sempre con quest’aria così, ieratica, pensosa … e invece era scherzosa; aveva anche battute non dico sarcastiche perché no, ma un po’ ironiche, sì. Era una persona che aveva un bel sense of humor, devo dire la verità; non era una bigotta – lo posso dire?

D. – Penso di sì … è il senso anche della femminilità di Madre Teresa, no?

R. – Sì, infatti … Per esempio lei, quando era giovane, quando era ancora in Albania, aveva studiato pianoforte, le piaceva suonare il pianoforte, le piaceva fare le gite, organizzava con i suoi compagni di scuola … è sempre stata un’organizzatrice, fin da ragazza: questo me lo diceva anche mio padre …

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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L'ottava opera di misericordia: messaggio del Papa per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato.

Gerry Raj per una lettura indiana della Laudato sI'.

Stefano Lorenzetto sulla storia di una famiglia nell'Italia di ieri e di oggi.

Isabella Farinelli su casa Leopardi tra Gubbio e Recanati.

Il mensile "donne chiesa mondo" sulla specificità femminile.

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Oggi in Primo Piano



Destituita Rousseff. Card. Assis: Chiesa preoccupata per i poveri

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E’ già partito per la Cina, in vista del Vertice del G20, Michel Temer, proclamato ieri nuovo presidente del Brasile, dopo la destituzione di Dilma Roussef, prima donna capo di Stato, accusata di aver falsificato nel 2014 i bilanci pubblici. L’uscita di scena di Roussef, 68 anni, leader del Partito dei lavoratori (Pt), succeduta al fondatore, il presidente Lula, pone fine a 13 anni di governi di sinistra. A prendere le redini, il suo vice Temer, 75 anni, a capo del Partito del movimento democratico brasiliano (Pmdb), il più grande del Paese, che mai aveva conquistato la massima carica istituzionale. Tante le incognite sul futuro del Brasile, spaccato politicamente, afflitto da corruzione e crisi economica, dove la nomina di Temer ha già suscitato scontri e contestazioni di piazza. Roberta Gisotti ha intervistato il cardinale brasiliano Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida: 

D. – Eminenza, la stampa internazionale parla della più grave crisi istituzionale del Brasile, dopo il ventennio della dittatura militare. Quali scenari apre la destituzione della presidente Rousseff? Cosa auspicare per il bene comune del Paese?

R. – Viviamo un momento difficile dal punto di vista sociale, economico e politico, evidentemente. E un processo come questo è sempre traumatico per la popolazione. Noi speriamo che il nuovo governo abbia una grande sensibilità sociale: questo è fondamentale. Che i diritti già acquisiti dagli operai ed i programmi sociali che il governo precedente aveva sviluppato, siano mantenuti perché in generale con la mancanza di ricorsi il governo ha la tentazione di aumentare le tasse e di risparmiare sugli investimenti, soprattutto per quanto riguarda le politiche sociali. E allora, la preoccupazione della Chiesa riguarda soprattutto i poveri. Il governo appena caduto, senza dubbio ha compiuto un grande sforzo per aiutare la popolazione più povera. E’ chiaro che ha fatto qualche sbaglio, nel senso che ha stimolato molto il consumo ed ha facilitato il credito per le persone e questo ha creato uno squilibrio – per così dire – nelle finanze del Paese. L’importante è che questa visione, questa sensibilità sociale sia mantenuta nel nuovo governo. Ci preoccupa un po’ questo progetto che c’è ora al Congresso, che parla di congelare le spese sociali e questo farà soffrire ancora di più i più poveri.

D. – Eminenza, c’è un grande male sociale che percorre in modo quasi endemico il Brasile – certo, non solo il Brasile – che è quello della corruzione.

R. – Senza dubbio …

D. – Quali anticorpi bisogna sviluppare nel corpo sociale?

R. – E’ importante che la popolazione non solo elegga i suoi rappresentanti, ma che anche li accompagni nel potere legislativo e nel potere esecutivo. E questo a cominciare dai Municipi. Adesso, nel mese di ottobre, in Brasile abbiamo le elezioni municipali e sappiamo che la vita del cittadino si sviluppa nel Municipio. E i candidati sono per il futuro potenziali deputati federali, perfino potenziali presidenti della Repubblica. Per questo, bisogna scegliere molto bene fin dal principio e soprattutto alle elezioni municipali. Bisogna conoscere la vita delle persone che si presentano come candidati, il loro passato, la loro dedizione alla vita comunitaria, che cosa hanno fatto …

D. – Quindi, sviluppare una cittadinanza attiva …

R. - … sì una cittadinanza: è fondamentale, questo. La consapevolezza che i problemi della città sono problemi comuni a tutti i cittadini e per questo tutti sono responsabili della soluzione di questi problemi. Dobbiamo eleggere i più competenti, i più capaci, i più sensibili ai problemi sociali, quelli che hanno proposte concrete che siano anche realizzabili e non promesse fatte al momento della campagna elettorale e che dopo svaniscono. Noi possiamo cambiare il Brasile sviluppando la coscienza civile di ogni cittadino, però dobbiamo incominciare nel Municipio, dove la gente vive.

D. – Eminenza, in questa critica situazione politica, sociale, economica – sappiamo che il Brasile è in recessione da un anno e mezzo e che c’è un grave problema di disoccupazione – quale contributo sta offrendo la Chiesa proprio alle persone? C’è un’eredità particolare che ha lasciato il Papa, a tre anni dalla sua visita in Brasile per la Gmg?

R. – Lui ha detto che ogni persona ha bisogno di tre cose in particolare: lavoro, casa e terra. Ora, il Brasile è molto grande, e quindi bisogna fare una riforma agraria, pianificata. Bisogna sviluppare l’economia per dare lavoro alla gente. E c’è anche un debito molto grande rispetto agli alloggi. Bisogna cercare di favorire le persone più povere. Fattori importanti sono i diritti umani, l’educazione, la salute … La Chiesa si preoccupa di questo e la Chiesa non può sfuggire a questa sua missione di risvegliare le coscienze dei politici, la loro coscienza morale, etica e la loro sensibilità per i più poveri.

D. – In questo momento, eminenza, la Chiesa in Brasile che – lo sappiamo – è un Paese-continente, riesce a far sentire la sua voce di autorevolezza morale?

R. – Si fa sentire, però viviamo in un mondo – lo sappiamo – molto complesso. I grandi media non sempre riprendono la voce della Chiesa; ma noi abbiamo i nostri mezzi di comunicazione e abbiamo il nostro lavoro nelle comunità: questo è importante. Il cambiamento non si fa attraverso una grande rivoluzione; il cambiamento si fa nella base, con le persone; con quell’educazione politica che la Chiesa in Brasile fa molto bene, per risvegliare la coscienza delle persone. Io credo che la Chiesa svolga la sua missione – religiosa, spirituale – però con una sua presenza molto chiara anche nel mondo temporale e attraverso quei laici che hanno questa responsabilità: di essere presenza del Vangelo nel mondo in cui vivono, nell’industria, nell’educazione, nella comunicazione, nel sindacato, nella politica … Loro devono fare questo lavoro, però formati alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, che è molto ricca e che può dare un grande contributo allo sviluppo del Brasile, con la giustizia sociale e la pace per tutti.

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Israele non onora gli impegni: le scuole cristiane rischiano la chiusura

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Le scuole cristiane sono tra le migliori in Israele, secondo un rapporto pubblicato pochi giorni fa dal Ministero dell’Istruzione israeliano, ma rischiano il collasso finanziario a seguito dei tagli economici operati proprio dallo stesso Ministero. Le scuole cristiane, 47 in tutto il Paese, gestite da cattolici, ortodossi, anglicani, dalla Chiesa di Scozia, dalla Chiesa di Cristo e dalle Chiese battiste, contano ben 33mila studenti tra cristiani, musulmani, drusi ed ebrei. Nonostante questo, il Governo negli ultimi anni ha continuato a ridurre il bilancio, cercando anche di imporre di aderire al sistema educativo delle scuole pubbliche, con il concreto rischio per le scuole cristiane di perdere la propria identità. Salvatore Tropea ha raggiunto telefonicamente a Gerusalemme padre Abdel Masih Fahim, segretario generale dell’Ufficio delle scuole cristiane, presso l’Assemblea dei vescovi di Terra Santa. 

R. – Questo finanziamento, dato dal governo,deve essere un diritto degli studenti. Non si tratta di una donazione o di un'elemosina, ma di un diritto secondo quanto stabilito dalla legge israeliana. Il finanziamento, nel rispetto dell’autonomia delle nostre scuole, deve essere pari almeno all’75% di quello che viene destinato alle scuole ufficiali (pubbliche). Alcuni anni fa hanno incominciato a ridurre il finanziamento destinato alle nostre scuole. Noi non sappiamo precisamente quale sia la ragione di questa diminuzione, ma quello che sappiamo è che le nostre scuole sono state trattate male anno dopo anno. L’anno scorso abbiamo iniziato uno sciopero per mostrare che noi non accettiamo questa riduzione, e soprattutto la mancata volontà del governo di negoziare con noi. Siamo poi arrivati a un accordo: il primo punto di quest’ultimo stabilisce che il governo deve pagare alle nostre scuole 50 milioni di shekel. Tuttavia, finora il governo non ci ha dato niente. Non siamo arrivati quindi a una soluzione. Questa è una politica voluta dal governo; se non c’è una pressione da parte delle autorità e dei mass media, non si arriva a niente.

D. – Il ministero ha anche invitato le scuole cristiane ad aderire al sistema educativo di quelle pubbliche israeliane: una proposta però respinta, perché può rappresentare una minaccia per la loro identità…

R. – Sì, perché il direttore lo vogliono sceglierlo loro. Noi vogliamo uno spirito cristiano: questo è lo spirito dell’istituto stesso. Ma per fare o meno attività cristiana, dobbiamo ricevere il permesso dal municipio; e questo rappresenta una confisca delle nostre scuole, anche se in altro modo. Adesso ho proposto di stipulare un accordo tra il ministero e le nostre scuole, che rispetti tutte le istruzioni del governo e del ministero, in cambio di una salvaguardia da parte di quest’ultimo della nostra identità e autonomia. Per ora i negoziati continuano.

D. – Come possono le scuole cristiane far fronte a questa emergenza, magari con dei fondi privati, per non perdere la loro eccellenza e garantire le strutture?

R. – Adesso, attraverso il ricorso a dei fondi privati, alcuni istituti hanno preso dei prestiti, e quindi – grazie a Dio – tutte le scuole hanno cominciato bene. Ma dobbiamo continuare: non dobbiamo smettere di negoziare e dobbiamo anzi portare avanti i negoziati fino alla fine per il bene dei nostri ragazzi e delle nostre scuole.

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Gabon: violenti scontri dopo la rielezione di Ali Bongo

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In Gabon, si sono verificati violenti scontri dopo la conferma di ieri, da parte della Commissione elettorale, della vittoria del presidente uscente Ali Bongo, alle elezioni. Da una parte, i contestatori del risultato hanno dato alle fiamme il Parlamento, dall’altra, le forze di sicurezza hanno preso d’assalto la sede della campagna elettorale del candidato dell’opposizione, Jean Ping, causando numerosi feriti. C’è incertezza sul numero delle vittime. Infatti, le persone che hanno perso la vita nel caos che ha colpito la capitale, Libreville, sono, per alcune fonti una, mentre, per altre due. Maria Carnevali ha intervistato Suor Felicina Farro, delle Suore di Gesù Buon Pastore, che si trova in Gabon: 

R. – Attualmente intorno a queste nuove elezioni del presidente c’è una grande mobilitazione per poter cambiare i 50 anni di governo di Omar Bongo, morto qualche anno fa. Dopo la sua morte la presidenza fu presa dal figlio, che ritengono non sia neanche un gabonese. Le votazioni sono state fatte, stamattina siamo andati a Messa guardandoci a destra e a sinistra, perché durante la notte c’è stato molto caos  dopo l’elezione di Ali Bongo, figlio di Omar Bongo. Sono 50 anni di governo tra padre e figlio. Questa mattina quindi nelle strade la circolazione era molto difficile, perché avevano tirato via dei cartelloni segnaletici e li hanno messi al centro della strada. Comunque noi siamo arrivati in chiesa e abbiamo fatto la nostra preghiera come tutte le mattine. Per strada ho incontrato solamente due persone, perché la notte è stata piuttosto turbolenta. La radio, la televisione hanno trasmesso notizie sui feriti che sono in ospedale; questa mattina abbiamo visto gli elicotteri che giravano. Non sappiamo. Tutto è fermo: i negozi, gli uffici sono chiusi. In televisione hanno dato notizia che il governo stesso ha preso qualche giorno di riposo, quindi tutto è bloccato, non si va a lavoro. È un “non lavoro forzato” perché è vietato aprire uffici o negozi. Noi siamo qui e facciamo il nostro dovere di fede perché non possiamo fare niente di più se non confortare e dire: “Coraggio, passerà anche questo momento”. Sono notizie che anche noi apprendiamo, ma stiamo vivendo a livello morale, spirituale ed economico questo grande blocco che non sappiamo quando finirà.

D. - Come sta vivendo la popolazione questi scontri politici?

R. - Con grande coraggio, perché possiamo dire è l’unico anno che c’è stato qualcuno che si è messo a disposizione per un servizio di presidenza alternata a quella dei Bongo. Ma noi vediamo che non è così, nonostante tutto il coraggio dei cittadini. C’è chi è fuggito dalla città o chi è andato nei Paesi vicini per la paura degli avvenimenti di guerriglia e di incidenti come è accaduto questa notte. Sono fuggiti o sono nelle case ben protetti.

D. - Voi rappresentate la Chiesa. Come si sta muovendo in questo momento? Che cosa fate concretamente?

R. - Nove giorni fa, prima delle elezioni, l’arcivescovo insieme a tutti i vescovi del Gabon, ci ha inviato una lettera veramente consolante e di verità. Abbiamo letto questa lettera in tutte le chiese, abbiamo preso coscienza del dovere di cittadini di andare al voto, abbiamo - per opera dei nostri vescovi - fatto la Novena la sera in tutte le parrocchie, pregando la Divina Misericordia, affinché il  Signore ci aiuti a passare questo periodo di prova nella speranza, nella verità, nella giustizia. Questo sono poi i termini che i nostri vescovi ci hanno suggerito.

D. - Quali testimonianza state dando e potete dare in futuro alla popolazione?

R. - Bisogna cercare soprattutto la verità, la giustizia. Sono questi i due pilastri che noi viviamo e che cerchiamo di far comprendere ai nostri cittadini, così come di non avere quella paura, ormai nata in loro, per tante dominazioni e che possiamo veramente aver la speranza in Cristo Gesù, nella Chiesa, quella speranza che ci permette di parlare, di agire secondo giustizia e verità. Questi sono poi i cardini della nostra vita e delle nostre parole. Possiamo aiutare, i cittadini i nostri parrocchiani a prendere coscienza di tutto questo.

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Sisma: Errani commissario. Mons. D'Ercole: non lasciateci soli

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Il Consiglio dei ministri ha nominato Vasco Errani Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori colpiti dal terremoto del 24 agosto. Intanto, vengono aggiornate le cifre del sisma. Alessandro Guarasci: 

Ancora polemiche per la nomina di Errani. L’opposizione parla di logiche interne al Pd, mentre la maggioranza ricorda la sua competenza. Intanto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Claudio De Vincenti, durante l'audizione davanti alle commissioni riunite di Camera e Senato, fa un bilancio del terremoto: "294 vittime, di cui identificate 285, 386 feriti e 238 salvati, cioè estratti dalle macerie".

"In tutti i campi allestiti - ha aggiunto De Vincenti - sono disponibili 6313 posti letto con tutti i servizi relativi”. Il sottosegretario ha anche parlato di una solidarietà straordinaria da tutta Italia. Solidarietà confermata dal vescovo di Ascoli Piceno, mons. Giovanni D’Ercole:

R. – Abbiamo avuto qui, ma immagino anche ad Amatrice e nelle altre zone, grande grande solidarietà: tanta gente e tante disponibilità, che mi ha veramente commosso! Quello che mi permetto di suggerire è che continui, perché la vera solidarietà, quella che viene dopo l’emergenza immediata, comincia adesso. Abbiamo sepolto i morti e questo è stato veramente straziante, ma adesso il problema sono le strutture, le case cadute, le chiese inagibili…

D. – Qual è la situazione sotto questo punto di vista?

R. – Abbiamo bisogno veramente di una grande solidarietà, che si esprima nella volontà di volerci aiutare, volerci aiutare a ricostruire le case, le scuole e le chiese, perché queste sono comunità che vivono in questa simbiosi profonda. Il compito ovviamente di noi sacerdoti – ed io ho cercato di farlo già da lunedì -  è quello di assicurare una presenza pastorale e di far comprendere a tutti, ai terremotati, agli abitanti di tutti i paesi che sono stati colpiti, che - nonostante il disastro avvenuto - dobbiamo essere non degli assistiti, ma dei protagonisti: dobbiamo cioè farcene carico e far vedere tutta la nostra buona volontà, mettendo tutto quanto possiamo – anche se è pochissimo oggi – per ricostruire un tessuto comunitario importante.

D. – Ma lei vede segnali che fanno sperare che ci sia una ricostruzione seria, concreta?

R. – Mi pare un po’ presto per poter dire questo. Ora esprimo soltanto degli auspici, che accompagno con la preghiera, e mi faccio portavoce di questa gente che vuole ritornare nelle proprie terre, rinsaldare il tessuto comunitario, che è fondamentale.

D. – La preoccupano un po’ le polemiche che ci sono – anche in questo momento – sul commissario straordinario? Vede la politica dividersi su temi così fondamentali e concreti per la gente?

R. – Sono talmente piegato sulle necessità immediate, sullo stare accanto alla gente e preoccupato del fatto che non si perda questo spirito comunitario che queste polemiche mi passano sopra la testa. Non le sento mie! Io sento un grande bisogno di assicurare alle comunità che nulla andrà perduto del nostro impegno. Ed ecco, per esempio, che sono in gioco tantissimi volontari in questo momento, ma che non vengono da fuori… Far comprendere cioè a chi viene da fuori che può essere un supporto momentaneo, ma sono i volontari originari di qui, di Ascoli, della nostra diocesi, che si stanno facendo carico dei loro fratelli. Dobbiamo essere abituati già da adesso ad essere il più possibile noi i protagonisti!

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Un libro ricorda le tre missionarie saveriane uccise in Burundi

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Il 7 settembre del 2014, in Burundi, venivano barbaramente uccise da uomini armati tre missionarie saveriane italiane, Bernardetta Boggian, Olga Raschietti e Lucia Pulici, che avevano dedicato tutta la vita ai più bisognosi dell'Africa. A due anni dalla loro uccisione - ancora avvolta nel mistero - esce oggi in libreria, edito dalla Emi, il volume "Va, dona la vita" che ricostruisce le vicende delle tre missionarie. A curare il volume è una sua consorella, anch'ella missionaria tra Congo e Burundi, suor Teresina Caffi. Alessandro Gisotti l'ha intervistata: 

R. – Io lavoro per metà dell’anno in Congo, nella zona vicina al Burundi, ed è là che sono arrivati i libri personali che le nostre sorelle avevano nelle loro stanze. Mettendo a posto questi libri nella biblioteca comune, ho trovato vari foglietti dei quaderni con i ricordi personali, nei quali apparivano degli scritti di queste sorelle. A volte erano foglietti consunti dal tempo, come può capitare a ciascuno di noi: fissi un’idea, una decisione, una luce che ricevi nel corso della tua vita e che tieni come un segnalibro, quasi a lasciartene accompagnare. Così mi è parso che queste parole delle sorelle meritassero di essere conosciute. Difatti, come appare dal libro, le autrici sono loro tre; le nostre parole vogliono infatti essere soltanto un’inquadratura di testi che sono soprattutto loro.

D. – Il titolo è: “Va’ e dona la vita”, che è esattamente quello che è successo…

R. – Sì. L’origine della scelta di questo titolo è perché quest’espressione viene da un canto che Olga amava molto cantare, soprattutto negli ultimi tempi. So che negli esercizi di qualche giorno prima, in pieno silenzio in Burundi, era partita a cantare “Ho udito il Signore che diceva”, che a un certo punto termina con questa frase: "Va' e dona la vita". È una frase che esprime il suo desiderio, quello delle altre due sorelle e anche il nostro, malgrado la nostra debolezza: il desiderio di dare tutto. E ci fa risollevare ogni volta che il nostro passo si fa più lento o siamo tentati di sederci. Penso che dare la vita sia il sogno nel cuore di ogni missionario!

D. – Papa Francesco, poco dopo la loro morte, sottolineò che non era successo invano. Ricordava anche come poi ogni martirio è sempre stato un seme di speranza e di nuovi frutti nella vita cristiana. La casa dove sono state uccise è oggi anche una casa di preghiera…

R. – Sì, questo aspetto senz’altro mette in evidenza il senso delle parole del Papa. La loro è una casa di preghiera, in effetti, sono stati tolti i muri interni e sono stati lasciati piccoli segni ad indicare dove si trovavano le stanze delle nostre tre sorelle. È diventata una vera e propria cappella che si chiama “piccola chiesa della pace e della misericordia”. E non è solo nel loro ricordo, ma di tutti quelli che hanno dato la vita, religiosi ma anche laici, in questo Paese. Nello stesso tempo, penso che le parole del Papa vadano accolte con fede, nel senso che l’efficacia non è immediata, perché sappiamo che il Burundi, da allora, ha conosciuto dei giorni molto bui dai quali non è ancora uscito. Tanto sangue ancora è stato versato e tanta violenza è stata ancora usata in questo Paese verso tanta povera gente. E quindi noi crediamo che queste nostre sorelle - e tanti che sono morti quando non dovevano morire - continueranno a pregare. E sicuramente verrà il giorno in cui l’efficacia di queste preghiere diventerà anche visibile.

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Fertility day. De Palo: bene, ma denatalità è problema sociale

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Il prossimo 22 settembre è il giorno scelto dal Ministero della Salute per il primo Fertility day, giornata dedicata alla sensibilizzazione sulla prevenzione dell’infertilità. L’iniziativa è tesa soprattutto ad arginare il crollo inarrestabile delle nasciate che attanaglia l’Italia. Tuttavia la campagna di lancio che precede il Fertility day ha sollevato accese proteste contro una serie di locandine che recitano slogan come ‘La bellezza non ha età, la fertilità sì’, ‘Datti una mossa! Non aspettare la cicogna’. Ma quali politiche mettere in campo per dare una risposta strutturale alla denatalità? Marco Guerra lo ha chiesto al presidente del Forum delle Associazioni familiari, Gigi De Palo: 

R. – Sicuramente c’è una intuizione positiva, quella cioè di andare a dare una risposta ad un inverno demografico che è sempre più imminente: anzi ci stiamo già da troppo tempo! Dall’altra parte, però, c’è anche il dover leggere un dato: oggi come oggi, secondo una interessante ricerca fatta lo scorso anno dall’Istituto Toniolo, in particolar modo dal prof. Rosina, emerge che i giovani italiani vogliono fare famiglia, vogliono fare figli; il 40 per cento degli intervistati vorrebbe addirittura due o più figli. Quindi non è un problema di desiderio di fare figli: il problema è che in Italia non ci sono le condizioni perché ciò avvenga. Ci sono le premesse, in Italia, affinché si possano realizzare i desideri e i sogni dei giovani? Ecco, io credo invece che oggi, in Italia, per mettere al mondo un figlio, al di là di un desiderio che c’è, ci sono tutta una serie di difficoltà legate al tema del lavoro, al tema della casa, al tema della precarietà.

D. – Infatti molte contestazioni fanno notare che questo desiderio delle giovani coppie è ostacolato da lavori sempre più precari e paghe insufficienti…

R. – Se mettere al mondo un figlio è diventata una delle prime cause di povertà, se una mamma deve nascondere il pancione quando va dal datore di lavoro perché altrimenti rischia di essere licenziata o di non vedere prorogato il suo contratto, questo è un problema! Io credo che le famiglie, oggi, in Italia, abbiano bisogno di sentire uno Stato che ha fiducia in loro, uno Stato che non sia un concorrente, non sia un nemico, ma che sia un complice dinanzi a qualcosa di importante, che è – appunto – la costruzione di cittadini del futuro. Senza figli non c’è futuro; senza figli non c’è crescita economica; senza famiglia non c’è tutto questo! Quindi, che finalmente si possano concretizzare delle politiche fiscali ed economiche adeguate, perché - oggi come oggi - non si tiene conto dell’art. 53 che prevede di gestire e di pagare le tasse in base alla capacità contributiva che tenga conto della composizione della famiglia.

D. – Spesso il crollo delle nascite è attribuito alla crisi economica. Si può anche girare il ragionamento: una società che invecchia, non produce ricchezza e lavoro…

R. – Una società che invecchia non produce ricchezza e lavoro, ma soprattutto è una società che dice in maniera chiara: “Ho smesso di pensare al futuro!”. E’ un problema sociale, ma è anche un problema antropologico, un problema culturale, che però l’Italia mi sembra paradossalmente in parte superato: un conto se mancasse il desiderio di mettere al mondo figli e di fare famiglia, un conto se questo desiderio c’è, ma non ci sono le premesse per realizzarlo.

D. – Vediamo, però, che anche nei Paesi con maggiore welfare c’è una sostanziale frenata delle nascite. Su questo fronte si può lavorare, incidendo quindi sul percorso scolastico? Che cosa si può fare anche per aiutare la fertilità, che in fondo era il tema della campagna?

R. – Sicuramente uno dei grandi problemi è che oggi una persona finisce gli studi - se trova lavoro - a 25-26, che è una età comunque elevata; se poi ci si aggiunge il fatto che c’è una precarietà diffusa dai 25 anni in poi, perché non è semplice trovare lavoro stabile, questo aumenta ancora di più e sposta ancora più l’asticella. Il tema della fertilità - per carità! - è una intuizione interessante, ma rischia di sanitarizzare un tema che dovrebbe invece essere visto tenendo conto di un aspetto antropologico, ma anche sociale. Faccio un esempio: in Francia, in Inghilterra, si sono fatte tante volte delle campagne sul tema della fertilità, ma a noi non interessa fare figli tout court, a noi interessa che i figli siano messi all’interno di una composizione familiare, che possa produrre dei frutti, che possa essere un investimento per il futuro: investiamo sulla famiglia e automaticamente avremo ancora più figli e automaticamente avremo ancora più futuro.

D. – Comunque, c’è la necessità che, a livello sanitario, si possa parlare serenamente di queste tematiche?

R. – Io credo che interessante sia il fatto che, per la prima volta, si è fatto qualcosa per andare a dare un segnale relativamente all’inverno demografico. Io credo che l’errore sia il fatto di non aver fatto una campagna capace di unire e di aggregare su un tema che dovrebbero accomunarci tutti, perché passa il tempo, ma la demografia è inesorabile e se noi non giochiamo e non vinciamo questa partita poi saranno affari non solo nostri, ma anche dei nostri figli!

D. – Voi siete molto impegnati su questo fronte e il 22 settembre si celebra il primo “Fertility Day”…

R.– Molte associazioni del Forum, quelle legate soprattutto ai centri della regolazione naturale della fertilità, parteciperanno. L’idea è, appunto, di portare un valore aggiunto e cioè che il tema della fertilità è qualcosa di importante, anche perché è legato alla differenza tra uomo e donna, è legata al fatto che c’è un modo anche di vivere l’affettività e la sessualità molto propositivo e molto bello. Quindi abbiamo voluto esprimere queste chiavi di lettura, perché ci sembra importante che il governo, al di là di questa iniziativa, cerchi anche di togliere le cause che limitano la fertilità. Lavoriamo sul lavoro, lavoriamo sulla prima casa dei giovani, lavoriamo su un fisco più equo sulle famiglie, lavoriamo sull’armonizzazione tra lavoro e famiglie per quanto riguarda le donne, allora automaticamente - come per incanto – sono certo che avremo anche più figli…

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Apertura sobria per il Festival del Cinema di Venezia

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Si è aperta ieri sera, con una sobria cerimonia, per rispettare il dolore delle famiglie che hanno subito la tragedia del terremoto, la 73ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Proiettato in concorso il film dell'americano Damien Chazelle "La La Land", un grande omaggio al musical americano. Una Mostra che è stata dedicata alla memoria di due grandi registi recentemente scomparsi, Abbas Kiarostami e Michael Cimino. Da Venezia il servizio di Luca Pellegrini

Anche le più belle storie d'amore possono finire, pure se coronate, nel loro sorgere, dalla musica e dalla danza che unisce due destini. Ecco perché al termine della proiezione di "La La Land" di Damien Chazelle, che ieri sera ha fatto seguito all'apertura ufficiale della Mostra del Cinema, oltre ai fragorosi applausi, tra il pubblico più sensibile è sgorgata anche qualche lacrima. Si è trattato di un omaggio sfavillante, sereno e godibilissimo all'epoca d'oro del musical hollywoodiano, ambientato nella Losa Angeles di oggi, la "città delle stelle" come viene citata in una delle bellissime canzoni, che fanno il pandant con una serie di splendidi coreografie, tra tip tap e valzer, affidati alla coppia di innamorati, gli attori Emma Stone e Ryan Gosling. Naturalmente la serata, per esplicita volontà del presidente della Biennale Paolo Baratta, ha voluto mantenere anche un profilo discreto, per ricordarci della tragedia recentemente vissuta da tante famiglie per il terremoto, motivo che ha fatto cancellare anche la cena che di solito accompagna questa serata. E' stato poi Jeremy Irons a consegnare un meritato Leone d'Oro alla carriera al regista polacco Skolimowski, testimone, con il suo cinema, dei travagliati anni '70, che ha attraversato un periodo di silenzio nel corso del quale si è dedicato alla pittura, divenuta per lui una vera ricerca spirituale. Al via ora le decine di film, molti attesissimi, scelti dal direttore Alberto Barbera con uno sguardo curioso e libero, aperto, ed è nota di merito, anche ai nomi di quei registi che oggi ci possono dire poco, ma un domani potrebbero diventare assolute celebrità. E' il gusto della scoperta, di cui la Mostra va fiera. 

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi indiani: "Madre Teresa, una Santa pienamente indiana"

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"La canonizzazione di Madre Teresa è un evento importante per l'India. Siamo grati al governo per il sostegno alla cerimonia del 4 settembre in Vaticano. E' un giorno importante per il mondo, in particolare per gli indiani, dato che la Madre è venuta qui dall'Albania a seminare i valori del Vangelo per raggiungere milioni di persone nelle periferie, andando oltre i confini di casta, credo e religione": lo ha detto il Segretario generale della Conferenza episcopale indiana, il vescovo mons. Theodore Mascarenhas, presentando a Delhi la figura della Madre e l'evento della canonizzazione che si svolge il 4 settembre in San Pietro.

Molti indiani pensano: Madre Teresa è una santa 'nostra'
Come riferisce l'agenzia Fides, mons. Mascarenhas ha continuato: "In India siamo diventati più ricchi grazie della sua povertà e grazie alla sua umiltà, siamo benedetti grazie alla sua compassione. Ha vissuto in mezzo a noi donando a piene mani misericordia a tutti coloro che ne avevano bisogno". "Madre Teresa - nota il Segretario dei Vescovi indiani - ha fuso i valori del Vangelo con i valori indiani, dedicandosi ai più poveri tra i poveri. E il Primo Ministro indiano Narenda Modi ha detto quello che molti indiani pensano: Madre Teresa è una santa 'nostra'."

La sua santità tocca nel profondo il nostro Paese e la nostra Chiesa
L'arcivescovo di Delhi, Anil Couto, illustrando le diverse fasi del processo di beatificazione e canonizzazione, ha ricordato che "non è il Papa che dona santità, ma Dio solo, mentre il Papa facilita il processo per conto della Chiesa e del popolo di Dio". Madre Teresa era stata dichiarata 'Serva di Dio' nel 2003: "Oggi esultiamo per la proclamazione della sua santità che tocca nel profondo il nostro Paese e la nostra Chiesa, nell'Anno della misericordia", aggiunge mons. Couto.

Caritas India fornisce assistenza, cibo, vestiario, riparo e conforto a 6 milioni di persone
"Madre Teresa continua ad ispirare la Caritas India, nell'impegno di raggiungere i più bisognosi ed emarginati con amore e compassione" ha detto padre Paul Moonjely, vicedirettore esecutivo della Caritas India che oggi fornisce assistenza, cibo, vestiario, riparo e conforto a 6 milioni di persone in difficoltà in India come sfollati, dalit, tribali, disabili e migranti. "Sul suo esempio abbiamo scelto il motto: 'Non lasciare nessuno indietro', scegliendo di occuparci degli esclusi e dei disagiati in ogni angolo del paese", ha concluso. (P.A.)

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India: in Orissa una via dedicata a Madre Teresa

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Il prossimo 4 settembre, giorno in cui Madre Teresa verrà dichiarata santa in piazza San Pietro, a Bhubaneshwar, capitale dell’Orissa, verrà inaugurata la prima strada intitolata alla fondatrice delle Missionarie della Carità. Lo ha deciso la Bhubaneshwar Municipal Corporation (Bmc), che ha accolto la richiesta di mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar. “Questa iniziativa – dice il presule all'agenzia AsiaNews – ci riempie di gioia”, in particolare perché lo Stato dell’Orissa è dove otto anni fa sono avvenuti i violenti massacri contro i cristiani da parte dei radicali indù.

La strada si snoda davanti all'arcivescovado di Bhubaneshwar
Durante la riunione del 28 agosto scorso, l’amministrazione comunale ha deciso di dare luce verde alla nuova “Via Madre Teresa”, che correrà da Satyanagar a Cuttack-Puri Road. Mons. Barwa riferisce che la strada si snoda proprio di fronte alla casa dell’arcivescovo. La targa con il nome verrà svelata dopo la Messa, che sarà una funzione pubblica. Funzionari amministrativi e diversi politici locali hanno già confermato la loro presenza alla celebrazione.

Evento importante in un distretto, teatro di un pogrom anticristiano
Per la Chiesa dell’Orissa, spiega il vescovo, l’iniziativa del governo è un riconoscimento importante, se si tiene presente che il distretto di Kandhamal nel 2008 è stato teatro della più feroce persecuzione contro i cristiani. Pochi giorni fa è stato ricordato l’ottavo anniversario dei massacri contro i “martiri cristiani”, per i quali la Chiesa indiana continua a lottare per la giustizia e a chiedere giusti risarcimenti.

In Orissa ci sono 11 Case delle suore di Madre Teresa
Nello Stato indiano lavorano numerose Missionarie della Carità, dislocate in 11 Case nelle sei diocesi. Anche le suore parteciperanno alla cerimonia inaugurativa, che sarà animata dai bambini delle scuole con danze e canti tradizionali. Mons. Barwa conclude: “Madre Teresa ci benedirà e accompagnerà tutti noi”. (N.C.)

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Australia: prima donna aborigena eletta in Parlamento

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Nella giornata di ieri l’Australia ha compiuto un importante passo verso l’inclusione razziale, perlomeno a livello politico. Linda Burney, la prima donna aborigena della storia a essere eletta alla Camera dei Rappresentanti, ha tenuto il suo discorso inaugurale. L’ex insegnante, militante nelle fila del Partito Laburista, si era imposta nel seggio di Barton, nello stato del Nuovo Galles del Sud, in occasione delle elezioni del primo luglio di quest’anno. 

Nel suo discorso ha ricordato la condizione di discriminazione che il suo popolo
​«Sono nata in un’epoca in cui il governo australiano era a conoscenza del numero di pecore presenti nel Paese ma non di quello degli aborigeni» così si è espressa la donna nel ricordare la condizione di discriminazione che il suo popolo ha sofferto, e tuttora soffre. Agli aborigeni fu concessa la cittadinanza solamente nel 1967 e la Burney, nata nel 1957, non fu cittadina australiana sino al compimento del decimo anno di età. La donna, figlia di una bianca e di un aborigeno, non ha conosciuto il padre fino al ventottesimo anno di età ed è stata discriminata, nel corso dell’infanzia, da abitanti della stessa città e dagli insegnanti.  

Gli aborigeni sono ancora colpiti da alti tassi di povertà e da problemi di salute 
La Burney ha parlato di come, tutt’oggi, gli aborigeni siano colpiti da tassi di povertà e da problemi di salute in maniera sproporzionata rispetto agli altri abitanti del Paese. Il discorso di Linda Burney è stato l’occasione per osservare una scena del tutto inusuale per il Parlamento australiano: una donna aborigena appartenente alla sua stessa tribù, quella dei Wiradjuri, si è esibita in canti tradizionali per celebrare l’evento. (A.W.)

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Colombia: Settimana per la Pace per riconciliarsi e ricostruire

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Dal 4 al’11 settembre si celebrerà in Colombia la 29ma edizione della “Settimana per la Pace” che avrà come obiettivo principale quello di riflettere sulla urgente necessità di "riconciliarci, incontrarci e di ricostruire relazioni che ci permettano di avanzare verso un Paese in cui possiamo vivere insieme in pace e in serenità". Così si è espresso mons. Héctor Fabio Henao Gaviria, direttore del Segretariato nazionale della pastorale sociale-Caritas Colombia, promotrice dell’evento, nella nota ripresa dal'agenzia Fides.

Sanare i cuori per arrivare con Dio al perdono e alla riconciliazione
La Chiesa colombiana invita a riflettere in questa settimana sul documento “Artigiani del perdono, della riconciliazione e della pace”, pubblicato nel settembre 2015, al termine del VII Congresso nazionale di Riconciliazione che aveva riunito i leader di 650 comunità del territorio colombiano, in particolare quelle coinvolte nel conflitto armato. Nel testo, che prende come riferimento l’icona del Buon Samaritano, si pone in rilievo la necessità che nel processo di pace occorra prima di tutto sanare i cuori e mostrare che attraverso Dio tutto è possibile, come arrivare al perdono e alla riconciliazione.

La necessità del perdono, fondamentale per guarire le ferite, l'odio e le divisioni
Le iniziative che in questa settimana verranno organizzate nelle scuole, nelle parrocchie, nei quartieri e nei gruppi, devono mettere in rilievo la necessità del perdono, fondamentale per guarire le ferite, l'odio e le divisioni e, sull’esempio di Gesù e del buon Samaritano, per andare incontro a coloro che soffrono per costruire la pace. Nella Settimana per la Pace mons. Héctor Fabio Henao Gaviria invita i colombiani a ritrovarsi nelle celebrazioni eucaristiche e nelle attività collettive in cui si rende manifesto il proposito di realizzare la pace, stabile e duratura, che si costruisce con atti concreti in famiglia, a scuola, nel quartiere…(S.L.)

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Card. Scola: “Martini, testimonianza e profezia del Vangelo”

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“Non possiamo non riconoscere, nel richiamo al tema della testimonianza e della profezia del Vangelo di oggi, una provvidenziale assonanza con il magistero e con l’azione pastorale del card. Martini che ricordiamo a quattro anni del dies natalis”. L’arcivescovo di Milano, card. Angelo Scola, ha presieduto ieri la Messa in Duomo, gremito di fedeli, per il quarto anniversario della morte del card. Carlo Maria Martini. 

Il legame tra la Lettera pastorale “Farsi prossimo” e l'Anno della Misericordia
Nell’omelia - riporta l'agenzia Sir - il card. Scola ha sottolineato il legame tra la Lettera pastorale “Farsi prossimo” scritta dal card. Martini per l’anno ’85-’86 e l’Anno santo della misericordia, indetto da Papa Francesco, che la Chiesa sta celebrando, nel concepire in particolare i tratti della carità. “Essi possiedono un carattere di attualità sia a livello ecclesiale, soprattutto per la nostra Chiesa, sia a livello civile, soprattutto per la metropoli di Milano e per le terre ambrosiane, e infondono energia e indirizzi per attraversare, carichi di speranza, la fase di travaglio che stiamo vivendo”, ha affermato il porporato. 

Uscita del secondo volume dell’Opera omnia degli scritti martiniani
Scola ha poi ricordato che il polo museale formato dal Museo diocesano e dal Chiostro di Sant’Eustorgio prenderà ufficialmente il nome del card. Carlo Maria Martini. Inoltre ha rammentato l’uscita del secondo volume dell’Opera omnia degli scritti martiniani dedicato agli Esercizi spirituali in stile ignaziano sui quattro Vangeli.

La proiezione in anteprima del documentario “Carlo Maria Martini, profeta del Novecento
Alla funzione, concelebrata dall’arcivescovo emerito Dionigi Tettamanzi, da 10 vescovi e oltre un centinaio di sacerdoti della diocesi di Milano, dai padri gesuiti Carlo Casalone e Giacomo Costa, rispettivamente presidente e vice della Fondazione Carlo Maria Martini, erano presenti anche la sorella di Martini, Maris, e il nipote Giovanni. Dopo l’eucarestia, il card. Scola e i vescovi concelebranti si sono recati sulla tomba del cardinale nella navata laterale sotto la croce di san Carlo. Al termine della celebrazione nella cattedrale il card. Scola con diverse decine di fedeli si è trasferito nel vicino auditorium della Fondazione San Fedele dove è stato proiettato in anteprima il documentario “Carlo Maria Martini, profeta del Novecento”, prodotto dalla Rai in collaborazione con la Fondazione Martini. (R.P.)

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Zambia. I leader cristiani: no alla censura dei media

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“Siamo rattristati e allarmati per l’imbavagliamento, i disturbi e le persecuzioni da parte del governo verso i media privati” afferma un comunicato congiunto delle principali confessioni cristiane dello Zambia, dopo la chiusura forzata di alcune emittenti, decretata dalle autorità. Il comunicato, ripreso dall’agenzia Fides, firmato da parte cattolica dalla Zambia Conference of Catholic Bishops (Zccb), si rallegra per lo svolgimento pacifico delle elezioni presidenziali e parlamentari dell’11 agosto, ma esprime “delusione e preoccupazione” per le “tensioni e la violenza sfrenata che hanno salutato l'annuncio dei risultati delle elezioni” condannando gli scontri tra i sostenitori dei due maggiori partiti, il Patriotic Front (Pf, al governo), e l’United Party for National Development (Updn all’opposizione).

Preoccupazione per la presenza di milizie di partito e per le minacce alla Corte costituzionale
I leader religiosi esprimono inoltre preoccupazione per la presenza di milizie di partito e per le minacce proferite da esponenti del partito di governo nei confronti della Corte Costituzionale, alla quale l’opposizione si è rivolta per invalidare il voto che ha visto la vittoria del Pf e del Presidente uscente Edgar Lungu: “Si tratta di un’intimidazione della Corte Costituzionale che i cittadini non devono accettare”.

Chiesta la revoca del provvedimento di chiusura delle emittenti private
Il comunicato conclude appellandosi al Capo dello Stato perché revochi il provvedimento di chiusura delle emittenti private, e agli operatori dei media, perché siano sempre conformi all’etica professionale ed evitino discorsi incitanti all’odio. (L.M.)

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Pakistan: ordinati cinque nuovi sacerdoti a Lahore

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È record di ordinazioni nell’arcidiocesi di Lahore, dove nei giorni scorsi, nella cattedrale del Sacro Cuore si è svolta la cerimonia di ordinazione sacerdotale di cinque diaconi, alla presenza di centinaia tra fedeli e parenti. Secondo mons. Sebastian Francis Shaw, arcivescovo di Lahore, si tratta della classe di ordinati più numerosa dal 1994. “Finora — ha detto il presule — ne avevamo avuti solo uno o due. Cinque sono davvero un record”.

Entro l’anno previste 21 nuove ordinazioni sacerdotali
Entro l’anno si svolgeranno 21 ordinazioni sacerdotali, di cui tre a ottobre nell’arcidiocesi di Karachi. Padre Joseph Louis, ex segretario esecutivo di Caritas Lahore, ritiene che l’aumento del terrorismo a partire dagli attentati dell’11 settembre del 2001 negli Stati Uniti, abbia “favorito le vocazioni a livello locale. Le persone — ha raccontato ad AsiaNews — si stanno avvicinando alla fede. Ritengono di dover fare qualcosa, dal momento che i governanti non danno speranze. Le persone frequentano di più la Chiesa perché c’è una sete più grande di conforto e conoscenza spirituale”.

“Il sacerdozio servizio verso gli altri”
Durante la cerimonia, mons. Shaw ha avvertito i nuovi ordinati sulle sfide che li attendono. “Per prima cosa, dovete pensare se il sacerdozio sia stata la scelta giusta. Fate attenzione all’ossessione del denaro, perché a essa non vi è rimedio. Non vi legate alla singola persona, famiglia, parrocchia, progetto o istituzione. L’unica autorità del sacerdozio è il servizio verso gli altri, il primo criterio è essere umili”. (L.Z.)

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Amazzonia: carta di intenti per la difesa dei popoli indigeni

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Una carta di intenti per la difesa dei popoli indigeni dell’area amazzonica è stata sottoscritta la scorsa settimana dalla Repam, la Rete ecclesiale panamazzonica istituita nel 2014 e oggi presente in otto Paesi, e dalla Cidh, la Commissione interamericana per i diritti umani.

Una collaborazione più stretta per il rispetto dei diritti umani in Amazzonia
La Dichiarazione  è il frutto di un cammino di collaborazione su temi di comune interesse, a partire dalla difesa dei diritti dei popoli indigeni e dei gruppi più indifesi e dalla tutela del creato. La Carta d’intenti, si legge in un comunicato stampa diffuso dalla Repam e ripreso dall’agenzia Sir - è stata sottoscritta “in vista di una collaborazione nella difesa e per l’esigibilità dei diritti umani nella Panamazzonia”. La collaborazione è stata avviata nel marzo del 2015, quando la Repam e il Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), furono protagonisti di un’audizione a Washington, presso la Cidh, sul tema dell’industria estrattiva.

Una risposta all’Enciclica Laudato si’
La Carta d’intenti riconosce la validità di alcune iniziative portate avanti dalla Rete ecclesiale , come la “Scuola per la promozione, la difesa e l’esigibilità dei diritti umani in Panamazzonia”; si propone inoltre di offrire spazi formativi specifici sul tema dei diritti umani, di favorire l’accesso della Repam alle audizioni e ad altre attività rilevanti della Cidh, di attivare processi congiunti. Secondo il comunicato della Repam, firmato dal segretario esecutivo Mauricio López, l’intesa è in sintonia con quanto richiesto da Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, laddove si auspica la collaborazione tra realtà ecclesiali ed organismi internazionali in difesa del Creato.

Una rete nata nel 2014 in difesa dell’Amazzonia e delle sue popolazioni
​La Rete ecclesiale panamazzonica è nata nel settembre 2014 da un incontro a Brasilia tra vescovi della regione amazzonica, sacerdoti, missionari, laici, rappresentanti delle Caritas e delle organizzazioni cattoliche locali. L’obiettivo era di promuovere strategie comuni in difesa dei diritti delle popolazioni indigene amazzoniche e di sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sull’urgenza di custodire in modo responsabile e sostenibile uno degli ultimi polmoni della Terra, oggi minacciato dalla deforestazione e dallo sfruttamento indiscriminato delle sue risorse, di cui le popolazioni dell’Amazzonia sono le prime vittime.  (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 245

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.