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Sommario del 30/10/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa all’Angelus prega per i feriti e le famiglie terremotate

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La vicinanza e la preghiera del Papa all’Angelus per le popolazioni dell’Italia centrale colpite ancora questa mattina dal terremoto, tra i più intensi del secolo, che ha provocato estese distruzioni e danni irreparabili, fortunatamente senza vittime. Ascoltiamo le sue parole nel servizio di Roberta Gisotti: 

“Prego per i feriti e per le famiglie che hanno subito maggiori danni, come pure per il personale impegnato nei soccorsi e nell’assistenza. Il Signore Risorto dia loro forza e la Madonna li custodisca”.

Nella catechesi in piazza S. Pietro, prendendo spunto dal Vangelo di oggi, Francesco si è soffermato sull’incontro di Gesù con Zaccheo, capo dei pubblicani, esattore delle tasse, collaboratore dei romani, ritenuto dal suo popolo un furfante, arricchitosi sulle pelle del prossimo; Zaccheo – ha ricordato il Papa - pure volendo vedere il Maestro, non osava avvicinarsi. Ma è Gesù a dirgli: ‘devo fermarmi a casa tua’. Ma “di quale dovere si tratta?”

“E’ il disegno di salvezza della misericordia del Padre. E in questo disegno c’è anche la salvezza di Zaccheo, un uomo disonesto e disprezzato da tutti, e perciò bisognoso di convertirsi”.

Gesù infatti “guidato dalla misericordia, cercava proprio lui”.

“Lo sguardo di Gesù va oltre i peccati e i pregiudizi; vede la persona con gli occhi di Dio, che non si ferma al male passato, ma intravede il bene futuro; Gesù non si rassegna alle chiusure, ma apre sempre – sempre apre - nuovi spazi di vita; non si ferma alle apparenze, ma guarda al cuore”.

“A volte noi cerchiamo - ha osservato il Papa - di correggere e convertire un peccatore rimproverandolo, rinfacciandogli i suoi sbagli e il suo comportamento ingiusto”. Ma “l’atteggiamento di Gesù con Zaccheo” “indica un’altra strada”:

“quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che Dio continua a vedere malgrado tutto, malgrado tutti i suoi sbagli”.

È il dare fiducia alle persone che le fa crescere e cambiare.

“Così si comporta Dio con tutti noi: non è bloccato dal nostro peccato, ma lo supera con l’amore e ci fa sentire la nostalgia del bene”.

Infatti, “tutti infatti avvertono questa nostalgia del bene dopo uno sbaglio”

“Non esiste una persona che non ha qualcosa di buono. E questo guarda Dio per tirarlo fuori dal male”.

Quindi l’invocazione alla Madonna:

“ci aiuti a vedere il buono che c’è nelle persone che incontriamo ogni giorno, affinché tutti siano incoraggiati a far emergere l’immagine di Dio impressa nel loro cuore”.

Dopo la recita dell’Angelus, Francesco ha omaggiato i quattro martiri uccisi nel secolo scorso in Spagna, sacerdoti benedettini beatificati ieri a Madrid: José Antón Gómez, Antolín Pablos Villanueva, Juan Rafael Mariano Alcocer Martínez e Luis Vidaurrázaga Gonzáles, ricordando quanti fratelli e sorelle sono ancora oggi perseguitati per la loro fede in varie parti del mondo.

Infine una richiesta speciale di Francesco, alla vigilia della sua partenza per la Svezia, per commemorare - cattolici e luterani insieme per la prima volta - i 500 anni dalla Riforma.

“Chiedo a tutti voi di pregare affinché questo viaggio sia una nuova tappa nel cammino di fraternità verso la piena comunione”.

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Francesco in Svezia per i 500 anni dalla Riforma: insieme nella speranza

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Papa Francesco, come di consueto alla vigilia di un viaggio, si è recato ieri sera verso le 19.00 nella Basilica di Santa Maria Maggiore per affidare alla Madonna il suo imminente viaggio in Svezia.

Ed è tutto pronto per questo 17.mo viaggio internazionale di Francesco, che si svolgerà dal 31 ottobre al primo novembre, per commemorare insieme ai luterani il quinto centenario dell’inizio della Riforma e celebrare i cinquant’anni di dialogo ufficiale tra luterani e cattolici. Il servizio di Giada Aquilino

Lavorare insieme
In poco più di 24 ore in Svezia Papa Francesco esorterà cattolici e luterani a “lavorare insieme e non settariamente”, come egli stesso ha anticipato in una lunga intervista concessa alla rivista dei Gesuiti svedesi “Signum” e a “La Civiltà Cattolica” (nostra sintesi). L’occasione sarà, per una prima volta assoluta, la commemorazione congiunta, luterano-cattolica, dell’inizio della Riforma protestante, nel 500° anniversario che cadrà nel 2017, assieme alla celebrazione dei 50 anni di dialogo tra le due confessioni, avviato nel 1967.

Il programma
“Dal conflitto alla comunione. Insieme nella speranza” è il motto di questo 17.mo viaggio internazionale di Francesco, che inizierà nella mattinata del 31 ottobre, con l’arrivo all’aeroporto internazionale di Malmö, dove avverrà l’incontro col primo ministro svedese, Stefan Löfven. A Lund, dopo pranzo, il Pontefice si recherà in visita di cortesia alla famiglia reale di Svezia: ad accoglierlo al Kungshuset saranno il re Carl XVI Gustav e la regina Silvia.

La Preghiera ecumenica comune
Il pomeriggio proseguirà con l’attesa Preghiera ecumenica comune nella cattedrale luterana: la scelta del luogo, Lund, è dovuta al fatto che qui, nel 1947, fu fondata la Federazione Luterana Mondiale, mentre la data, il 31 ottobre, è il giorno in cui, secondo la tradizione, Martin Lutero affisse le sue 95 tesi sulla porta della Chiesa del castello di Wittenberg, nel 1517. Si arriva a questo evento dopo 50 anni di dialogo ecumenico: con i luterani, i cattolici hanno avviato il primo “tavolo bilaterale” dei dialoghi scaturiti dal Concilio Vaticano II; nel '99 le due comunità hanno firmato la Dichiarazione congiunta sulla Giustificazione, che ha annullato dispute secolari fra cattolici e luterani, una pietra miliare cui guardano anche altre confessioni cristiane, e nel 2013 hanno approvato il documento “Dal conflitto alla comunione”, da cui scaturiscono la Preghiera comune e il tema del viaggio. Il programma del Papa prevede poi il ritorno a Malmö per l’evento ecumenico e l’incontro con le delegazioni ecumeniche alla Malmö Arena.

La comunità cattolica svedese
Martedì 1 novembre allo Stadio di Malmö, nella solennità di Tutti i Santi, la celebrazione in latino e svedese della Messa per la piccola comunità cattolica del Paese: si tratta di poco più dell’1% della popolazione totale, censita in circa 10 milioni di abitanti. In tarda mattinata il trasferimento all’aeroporto della città, per il rientro a Roma Ciampino.

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Pastore Negro: dare testimonianza comune a società scristianizzata

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"Rendiamo grazie a Dio perché oggi, luterani e cattolici, stiamo camminando sulla via che va dal conflitto alla comunione". Lo ha affermato Papa Francesco il 13 ottobre ricevendo in udienza i partecipanti a un pellegrinaggio di luterani. Alla vigilia del viaggio del Papa in Svezia, per la commemorazione comune dei 500 anni dalla Riforma, ascoltiamo in proposito il pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. L'intervista è di Fabio Colagrande

R. – Credo che questo cammino, in realtà, non stia iniziando in questo momento: è un cammino che va avanti ormai da decenni, da quando la Chiesa cattolica ha, appunto, iniziato ad impegnarsi nel movimento ecumenico. Quindi, anche se forse abbiamo la percezione che si tratti di una collaborazione ecumenica ancora da far maturare, in realtà se poi guardiamo a tutto ciò che c’è stato in termini sia di dialogo teologico, sia di collaborazione concreta,  certo, non possiamo dire quanta percentuale manchi per arrivare alla piena riconciliazione, ma possiamo affermare sicuramente che siamo a buon punto.

D. – Pastore Negro, quali sono le linee secondo le quali si deve svolgere questa commemorazione comune dell’anniversario della Riforma?

R. – Da un lato non dobbiamo nascondere gli elementi problematici che ci sono stati e cioè la divisione della cristianità occidentale sostanzialmente in due fronti per secoli contrapposti; ma vanno sottolineati anche gli elementi positivi che anche i cattolici possono rintracciare nel contributo che la Riforma ha dato alla riscoperta del Vangelo di Gesù Cristo. Direi che un terzo elemento, che ha ben sottolineato il Papa, è quello soprattutto di cercare oggi, in un mondo - o almeno in Paesi come i nostri - abbastanza secolarizzati, di offrire una testimonianza comune della nostra fede.

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Koch: cattolici e luterani in cammino verso la piena comunione

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Il viaggio del Papa in Svezia (31 ottobre-1 novembre) in occasione della Commemorazione comune luterano-cattolica per i 500 anni della Riforma, rilancia il cammino verso la piena comunione. E’ quanto afferma il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, al microfono di Mario Galgano. Ascoltiamo le parole del porporato: 

R. – Mir scheint, man muss zunächst das Faktum würdigen: Dass überhaupt dies stattfindet …
Mi sembra che prima di tutto si debba dare la giusta considerazione al fatto in sé, cioè che questo incontro avvenga e proprio in questa circostanza. Finora, infatti, le commemorazioni degli anniversari della Riforma si erano sempre svolte a livello confessionale, con toni trionfalistici e polemici. Adesso è la prima volta che l’inizio della Riforma viene ricordato insieme da Chiesa luterana e Chiesa cattolica. E il fatto che questa preghiera ecumenica, che si terrà a Lund, sia presieduta dal presidente della Federazione luterana mondiale e da Papa Francesco è già di per sé un messaggio molto, molto forte: in primo luogo, un rendimento di grazie per quello che è accaduto negli ultimi anni. Non ci sono stati, infatti, soltanto 500 anni di Riforma, ma anche 50 anni di dialogo intenso tra luterani e cattolici e possiamo essere riconoscenti per quello che si è potuto raggiungere, tra cui la Dichiarazione comune sulla Dottrina della Giustificazione, firmata nel 1999 ad Augusta, in Germania. E poi questo evento è sicuramente un segno di speranza per continuare sulla strada intrapresa. L’incontro si svolge sul tema: “Dal conflitto alla comunione”. Questa è la strada della storia: in Europa, la Riforma ha portato la divisione della Chiesa e crudeli guerre di religione, e questo è l’aspetto del conflitto. Ma noi oggi siamo sulla strada verso la piena comunione tra luterani e cattolici e io spero veramente che questa memoria comune della Riforma possa essere un buon passo per il futuro.

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Oggi in Primo Piano



Centro Italia: sisma di magnitudo 6.5. Norcia distrutta

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Una nuova forte scossa di magnitudo 6.5 e con epicentro tra Castelsantengelo sul Nera, Norcia e Preci, è stata avvertita in tutto il centro Italia alle 7.41 di questa mattina. Non dovrebbero esserci vittime, ma solo feriti: una ventina a Norcia - l'area più colpita - di cui 6 estratti dalle macerie; 2 gravi a Cascia dove è stato evacuato l'ospedale. Tre i feriti recuperati a Tolentino tra i crolli. Estese le distruzioni ed ingentissimi i danni. La cronaca di Roberta Barbi

Un terremoto durato un lunghissimo minuto ha svegliato, questa mattina, l'Italia: la scossa, infatti,  verificatasi a una profondità di appena 10 km, è stata avvertita a nord fino in Austria e a sud nel Mezzogiorno. Hanno fatto rapidamente il giro del mondo la notizia del sisma e l'immagine della Basilica di San Benedetto a Norcia - patrono d'Europa - di cui è rimasta in piedi solo la facciata. Il vicepriore dei Benedettini di Norcia, padre Benedetto, ha rassicurato dicendo che i monaci stanno tutti bene e si sono messi a disposizione della popolazione colpita: "I nostri cuori vanno a chi è stato colpito - ha detto - ci affidiamo alle vostre preghiere e al vostro supporto". "E' stato come un'eplosione che non finiva mai": è invece la testimonianza del vicesindaco di Norcia, Pietro Luigi Altavilla, dove è stata completata l'evacuazione del centro storico della cittadina umbra.

La vicinanza ai cittadini è stata espressa anche dall'arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo: "Servono case e tanta speranza a queste popolazioni, anche perché l'inverno sta arrivando". Il presule ha poi riferito che le persone stavano iniziando appena a rifiatare dopo i due eventi di giovedì scorso, quando è arrivata questa nuova scossa e ha quindi esortato le autorità a "ripartire, lasciando da parte le polemiche". In città sono molte le persone che si sono riversate in strada ed hanno pregato nella piazza centrale . A loro si sono unite le suore del monastero benedettino che sono riuscite a salvarsi uscendo precipitosamente dal loro convento. A poche ore dal sisma, Roberto Piemarini ha raccolto la testimonianza di Paolo Millefiorini, nativo di Norcia, giornalista free lance, collaboratore della nostra emittente  

R. – La situzione è critica, molto critica! La città è stata colpita nel suo cuore… La Basilica di San Benedetto, che poggiava sulle rovine della casa natale di San Benedetto, non c’è più! La concattedrale di Santa Maria Argentea ha il tetto sfondato e la zona del centro storico è completamente inaccessibile! Tanta gente per le strade, impaurita… gli anziani… E’ una situazione molto, molto critica! Addirittura la Protezione Civile sta prendendo in considerazione l’ipotesi di evacuare l’intera città… E’ un colpo al cuore per la nostra comunità. In questo momento siamo morti moralmente!

D. – Eppure Norcia veniva considerata una città antisismica…

R. – Sì, infatti la gran parte delle case hanno retto, facendo sì che non ci fosse nessun morto. Solamente qualche ferito: ma si parla di una decina o poco più di lieve entità, subito trasportati con i mezzi di soccorso - anche con gli elisoccorsi, che stanno sorvolando la città sin dai primi momenti del terremoto di questa mattina - nei nosocomi vicini di Foligno, Spoleto e Perugia. Quindi le case e le strutture hanno permesso a tutti gli abitanti di uscire vivi: e questa è la notizia positiva, visto quello  che è accaduto ad Amatrice non più tardi di due mesi fa, con quel numero ingenti di morti…

D. – Abbiamo saputo che i benedettini stanno distribuendo la Comunione nella piazza di Norcia…

R. – Ho sentito anche questo, ma non ho avuto modo di entrare nel centro della città: è tutto transennato sin dalla porta principale di accesso al sito storico… C’è tanta concitazione, si stanno prendendo decisioni per il futuro e per le sorti della città di Norcia. Sicuramente questa data, questo 30 ottobre 2016, ha segnato pesantemente la storia della città natale di San Benedetto. 

Di profondo dolore e stress,  "che non devono trasformarsi in rassegnazione", ha parlato anche il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in una dichiarazione alla stampa. Il capo del governo ha rincuorato le popolazioni colpite assicurando loro la vicinanza dello Stato: "L'Italia sa dare il meglio nelle difficoltà", ha detto, annunciando che domani sarà convocata una riunione del Consiglio dei ministri. "Ricostruiremo le case, le chiese e gli esercizi commerciali" ha specificato, "un territorio di tale bellezza deve risorgere, Norcia deve avere un futuro". Il presidente del Consiglio ha assicurato che il governo non farà passi indietro e che ci saranno soldi sufficienti per la ricostruzione. Infine Renzi ha ringraziato la Protezione civile e tutti i volontari che stanno contriubuendo alle operazioni di soccorso.

Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, da Gerusalemme, ha detto di seguire "con preoccupazione" le notizie che arrivano dall'Italia e ha esortato a tradurre le azioni di pronto intervento in azioni di "sostegno e solidarietà". "Macchina dei soccorsi da subito operativa, 1300 gli uomini in campo", è stato il commento del ministro dell'Interno Alfano, che in giornata parteciperà a un vertice operativo al Viminale. Il commissario europeo per la gestione delle emergenze e degli aiuti umanitari, Stylianides, ha scritto su Twitter che l'Unione Europea è pronta ad aiutare l'Italia dopo questo nuovo evento sismico.  

Questa mattina il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, ha fatto il punto della situazione, ribadendo che non è possibile portare assistenza in loco nelle zone colpite, ma si rendono necessarie evacuazioni, come quella totale del centro storico di Norcia, e che ci sono gravi ripercussioni sulla viabilità in tutto il Paese : chiusa la statale Tre Valli che conduce a Norcia e così anche parte della Salaria - dal km 112 al km 149 -  per caduta massi. Una frana e un distacco di parte della montagna, con la successiva esondazione di un torrente, hanno, inoltre, interrotto la strada che collega Visso, nel Maceratese, a Preci, nel Perugino, che risulta impercorribile in quanto invasa da acqua e massi. Frane anche lungo i sentieri del Monte Vettore, della catena dei Sibillini. Il traffico ferroviario, in tilt su almeno 5 linee che interessano il centro Italia, sta invece lentamente tornando alla normalità. Curcio, infine, ha lanciato un appello alla popolazione affinché non si rechi nelle zone colpite in modo da non intasare le strade rimaste libere per consentire il passaggio dei mezzi di soccorso.

Ma danni ci sono stati anche nelle aree colpite dalle scosse di giovedì scorso tra Visso e Ussita: 40 i Comuni del Maceratese colpiti da crolli, e ad Amatrice e Arquata del Tronto, le zone colpite il 24 agosto scorso. Ad Amatrice è venuta giù la Torre civica, simbolo del sisma di agosto, mentre giovedì era crollato il famoso edificio rosso, noto nel paese come il palazzo della Banca, altro edificio simbolo del sisma. E' definitivamente venuto giù, infine, il Ponte dei Tre Occhi sulla Salaria, già gravemente danneggiato. Crolli sono stati registrati anche a L'Aquila, a 7 anni dal sisma che ne distrusse il centro storico.

Tanta la paura anche a Roma, dove è precipitato un ascensore in zona Marconi, la linee A e B della metropolitana inizialmente chiuse per verifiche, sono poi state riaperte; regolare il funzionamento della linea C. Molta la gente che si è precipitata in strada per lo spavento in diversi quartieri. Hanno avuto esito positivo le verifiche nell'area archeologica del Colosseo e quelle nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dove piazza San Pietro è rimasta aperta per consentire ai fedeli di partecipare all'Angelus di Papa Francesco. Chiusa, invece, la Basilica di San Paolo fuori le mura per il crollo di un cornicione, e anche una navata della Basilica di San Lorenzo per la caduta di alcuni calcinacci. Per sicurezza chiusi ai turisti anche il Campidoglio - dove è stata individuata una crepa - e il Quirinale, e al traffico cittadino un tratto della tangenziale dove è in corso un sopralluogo.

La scossa di oggi – fanno intanto sapere gli esperti del Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr) e dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) – è stata la più forte degli ultimi anni, di magnitudo pari solo a quella del terremoto in Irpinia che il 23 novembre 1980 causò quasi tremila vittime. Il Cnr ha fatto sapere che non si possono escludere nell’area nuove forti scosse, anche di tale entità, e ha parlato di "contagio sismico preoccupante". Già nelle ore successive alla forte scossa ne sono state registrate almeno una cinquantina, di cui diverse di magnitudo superiore a 3 e in qualche caso anche a 4.

Sulla natura di questo sisma "atipico", Giancarlo La Vella ha sentito il geologo Domenico Angelone del Consiglio Nazionale Geologi: 

R. – È un’anomalia sicuramente, che però non deve fissare – in qualche maniera – una regola. Non possiamo e non dobbiamo dormire tranquilli: nel senso che stiamo vedendo che anche le repliche sono di intensità abbastanza sostenuta. Quindi dobbiamo sicuramente aspettarci ancora delle repliche e ancora una fenomenologia sostanziosa sia dal punto di vista numerico, ma anche dal punto di vista dell’energia. Questa nuova scossa ci ha sorpresi, anche se – già dai giorni scorsi – non si era escluso un evento importante. Forse non ce la aspettavamo così forte… Però è chiaro che a questo punto bisogna studiare bene cosa sta succedendo: sicuramente c’è un sistema di faglie che si sta muovendo e che sta quindi rilasciando tutta questa energia.

D. – Come si dice le vittime non le fa il terremoto, ma le fa l’uomo costruendo male. È arrivato il momento di cambiare passo…

R. – Sì, questa volta il terremoto ci sta dimostrando che non é possibile spegnere i riflettori. Speriamo che sia veramente arrivato il momento di mettere un punto e di affrontare i problemi in maniera seria. La prima pubblicazione che riguardava le risposte sismico-locali fu prodotta in California nel 1967: cinquanta anni fa! Stiamo andando a rilento! Anche il susseguirsi delle nuove normative in Italia, dall’Irpinia in poi, dal Friuli in poi, hanno fatto seguito sempre ad eventi calamitosi. Forse anche in questo è arrivato il momento di dire basta e di affrontare anche dal punto di vista normativo la questione in maniera diversa.

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Terremoto: dopo la nuova scossa aumenta l'esigenza d'interventi

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Molte le esigenze a cui rispondere e le richieste di interventi urgenti dopo la nuova scossa di terremoto che stamani ha colpito Umbria e Marche. Sentiamo il servizio di Giancarlo La Vella

“Guardi, siamo dentro una tenda come Comune… Ho bisogno di container, ho bisogno di luoghi in cui poter alloggiare la gente, ho bisogno di aiuto perché le tende non ce le mandano…. Che faccio io per queste persone? E’ una situazione drammatica!”.

E’ l’appello toccante di Alessandro Angelucci, sindaco di Pieve Torrina. E’ uno dei centri che inevitabilmente è rimasto un po’ ai margini del nuovo intervento in aiuto delle popolazioni colpite. Mobilitati da subito i volontari di Caritas Marche. Sentiamo Sonia Sdrugolini, raggiunta telefonicamente a Visso:

R. – Sono a Visso… Abbiamo incontrato i due parroci:  don Gilberto di Visso e quello di Castelsantangelo sul Nera di Ussita, che è bloccato qui a Visso e non è riuscito a raggiungere Ussita per celebrare l’Eucaristia: era prevista per le 11.30, ma chiaramente le strade sono bloccate e sono anche difficili le comunicazioni telefoniche con chi è rimasto a Ussita, sicuramente al sicuro perché c’è tutt’ora un campo della Protezione Civile e quindi le persone erano sole ed erano già state messe in sicurezza; e la Protezione Civile è presente. In questo momento non si può circolare con facilità, perché le strade sono interrotte dai sassi e altri ne cadono con le scosse di assestamento… Quindi è difficile veramente capire quali siano le necessità e i bisogni… Per ora le persone rimaste sono qui, in luoghi sicuri, in piazze aperte e cercano di farsi forza tra loro.

D. – Come i volontari di Caritas stanno operando a supporto della popolazione nuovamente colpita?

R. – Nell’ascoltare le persone, le loro paure e le loro difficoltà. Oltre ad affrontare l’emergenza, di vedere dislocati sulla costa più di 1.500 persone, da un giorno all’altro: anche loro con dei bisogni, anche quello di trovare un po’ di conforto, di sentire un calore umano vicino. La gente racconta come sta vivendo questo periodo e anche di quanto sia difficile cercare di rielaborare la cosa, perché le sollecitazioni sismiche sono continue…. C’è esasperazione e questo è comprensibile.

D. – Un’esasperazione che non vince la speranza di tornare nelle proprie terre di origine, di riprendere…

R. – No! Queste terre sono molto amate! Tutti sanno che probabilmente sono più al sicuro lungo la costa, che sono assistiti, però la gente vuole rimanere in queste terre…

In prima linea anche la Protezione Civile, che già era operativa nelle zone colpite dai precedenti sismi. Sentiamo Andrea Cosimi, che sta operando nella zona marchigiana:

R. – A Pescara del Tronto è continuato a crollare tutto quello che era rimasto in piede. La maggior parte delle case risultano inagibili. Fortunatamente non abbiamo avuto danni alle persone.

D. – E’ un ulteriore emergenza, quindi, che si somma all’emergenza precedente…

R. – Già eravamo in emergenza e non abbiamo potuto mollare mai! Ricominciamo ogni volta da capo… I presidi sono tutti quanti aperti e operativi. Tutto quello che avevamo messo in piedi rimane in piedi… Adesso, a questo punto, bisognerà forzare sempre di più l’esodo delle poche persone che erano rimaste verso la costa.

D. – Le vostre sensazioni e quelle della popolazione?

R. – Considerate che dopo due mesi di continue scosse, ne arriva questa mattina una che sembra più forte,  può immaginare dove sia andato il morale…

La forte scossa ha creato altri danni anche nel versante di Arquata del Tronto, già colpito duramente nel terremoto del 24 agosto scorso. Roberto Piermarini ha raggiunto telefonicamente il parroco di quattro frazioni dell'arquatano, don Francesco Armandi:

R. – Di danni alle persone, penso non ce ne siano stati, perché le frazioni sono quasi tutte vuote, eccetto Spelonga e Colle. A Colle sembra che ci sia un grosso problema, perché dei massi sono caduti sulla strada e la frazione sembra essere isolata… Certamente ci sono delle difficoltà nella viabilità.

D. – Che cosa è rimasto di Arquata, don Francesco?

R. – Arquata, adesso, ha assunto l’aspetto della frazione di Pescara…. Certo è una cosa desolante! Io penso che sia soprattutto preoccupante lo stato psicologico della gente, perché ha l’impressione che la cosa non finisca più… E’ agitata, è impaurita e non sa cosa fare. Anche ad Ascoli la gente che è stata evacuata lì per l’inverno comincia a non sentirsi più sicura.

Un sisma che è stato sentito in tutta Italia e che ha provocato danni anche lontano dall’epicentro, tanto che a Roma è stata chiusa, tra le altre, la Basilica di San Paolo fuori le Mura. Sentiamo il sacrestano della Basilica, don Federico:

R. – C’è stato lo scossone e poi sono caduti alcuni frammenti di stucchi dal plafone della basilica. Per cui la Santa Sede ha deciso di chiudere la basilica per precauzione. Questa mattina c’è stato il sopralluogo dei pompieri e della sicurezza… Per cui la basilica è chiusa, però vediamo ora cosa decino: se è il caso di prolungare la chiusura o di riaprirla al pubblico… Per il momento non lo sappiamo ancora.

D. – Si è recato personalmente a vedere cosa era successo? Sono evidenti questi danni?

R. – Io ero in basilica. Sono caduti dei pezzi di stucco del cornicione, del plafone. Mi hanno detto che si è aperta una crepa alla base di una colonna… Tenendo presente il fatto che si tratta di una basilica pontificale e quindi frequentata da migliaia di persone ogni giorno, è normale che la Santa Sede voglia essere sicura prima di riaprirla.

D. – In questo momento è d’obbligo il pensiero e la vicinanza a chi il terremoto lo ha anche subito direttamente…

R. – Siamo tutti sgomenti! Anche perché a Norcia, che è stato l’epicentro del terremoto, ci sono due comunità monastiche che ci sono particolarmente care: i fratelli proprio nella casa di San Benedetto e le monache di Sant’Antonio, alle quali siamo molto legati. Siamo loro vicini… E naturalmente preghiamo per loro.

 

 

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Iraq: prosegue con successo l'offensiva contro l'Is a Mosul

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E' proseguita con successo, nelle ultime ore, l'avanzata delle truppe e delle forze di sicurezza irachene verso Mosul, nel nord del Paese, controllata
dall'Isis dal maggio del 2014. Appoggiato dai raid aerei della coalizione internazionale, l'esercito iracheno ha conquistato questa mattina il villaggio di Ali Rash, circa 7 chilometri a sud-est della seconda città dell'Iraq, issandovi la bandiera nazionale. Più a sud - riporta l'agenzia Agi - è stata confermata dal ministero dell'Interno di Baghdad la presa, nella giornata di ieri, di al Shura, altro villaggio situato lungo le sponde del fiume Tigri.

Offensiva ad ovest di Mosul
All'offensiva su Mosul, iniziata da poco più di una settimana, partecipano anche le milizie sciite della Mobilitazione popolare, che ieri hanno lanciato un'operazione su Tal Afar, a ovest della città, per tagliare le vie di rifornimento dei jihadisti con la Siria. I combattenti curdi peshmerga si concentrano invece sul versante orientale.

Le milizie paramilitari sciite pronte a riprende l'offensiva in Siria contro Assad
Tra l'altro il portavoce delle Al Hashd Al Shaabi, le milizie paramilitari sciite che rispondono a Teheran ha affermato che "Quando avremo sconfitto l'Isis a Mosul marceremo verso la Siria, per combattere contro Bashar al Assad". Sul fronte ovest di Mosul, sono arrivati nuovi rinforzi e ora i combattenti sciiti sono oltre 15.000. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha però avvertito che se gli sciiti "terrorizzeranno la regione" Ankara "reagirà". 

Le milizie sciite di Al Hashd Al Shaabi accusate di atrocità contro la popolazione sunnita a Mosul
Le milizie, conosciute come Forze di mobilitazione popolare (Al Hashd Al Shaabi, appunto), sono state costituite fin dal 2014 in seguito ad una fatwa dell'ayatollah Ali al Sistani, la maggiore autorità religiosa sciita, per combattere lo Stato islamico, che e' sunnita. Ma in molte aree sottratte al 'Califfato' sono state accusate di avere commesso atrocità contro la popolazione sunnita accusandola di complicità con l'Isis. 

Per un punto sulla situazione umanitaria e sulle speranze della minoranza cristiana, Michele Raviart ha intervistato Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia: 

R. – Ho sentito nuovamente uno dei diversi sacerdoti che ho avuto modo di incontrare quest’anno nelle mie due visite nel Kurdistan iracheno. Mi racconta questo doppio binario: da una parte la speranza, da una parte l’orrore; la speranza che questo tipo di azione tesa a liberare la zona dell’Iraq occupata dalle truppe del Califfato islamico possa nuovamente consentire loro di tornare nella terra che non hanno mai voluto abbandonare, dall’altra parte però l’orrore. Mi è arrivata la foto di un cimitero di uno dei piccoli villaggi che definire “profanato” è dir poco: è letteralmente devastato.

D. – Ci sono alcuni villaggi della Piana di Ninive che piano piano sono stati liberati e i cristiani ricominciano a  tornare …

R. – Lentamente. Io distinguerei tra i villaggi cui lei faceva cenno e Mosul. Certamente nel caso di Mosul il processo di rientro sarà molto lento. Non è solo un problema di occupazione da parte del Califfato islamico; è un problema di pacifica convivenza tra i cristiani stessi e quei vicini di casa che a loro dire sono stati i primi a tradire; vicini di casa con i quali magari coltivavano una conoscenza, per non dire un’amicizia, trentennale, e che inizialmente avevano accompagnato l’arrivo delle truppe dell'Is probabilmente con favore differente, non voglio dire con entusiasmo, da quella che poi è stata la realtà. I piccoli villaggi cristiani della Piana di Ninive hanno invece una caratteristica diversa: si può rientrare perché del tutto liberati e pacificati, però c’è un problema. Da quello che stanno trovando, c’è la devastazione. Non è solo una questione di luoghi di preghiera profanati, ma la devastazione delle case, delle abitazioni, dei luoghi, delle strutture!

D. – A Mosul la popolazione civile sta subendo questa offensiva. Voi avete notizie di quello che sta succedendo?

R. - Sono diverse migliaia i civili che fuggono da Mosul per sottrarsi al conflitto imminente nella città e per sottrarsi anche a quello che le stesse cronache raccontano: vale a dire l’essere sequestrati per essere utilizzati come scudi umani. Mi ha fatto molto piacere che il Parlamento europeo su questo abbia preso una posizione, cioè dire agli Stati dell’Unione Europea e non solo agli Stati membri ma a tutte le organizzazioni internazionali: “Signori, qui siamo di fronte a un’ipotesi reale di migrazione di massa vera, non di poche centinaia o di poche migliaia di persone … Diamoci da fare, organizziamoci da subito perché comunque si dovrà affrontare questo esodo”.

D. – Un commerciante cristiano è stato ucciso a Bassora, nel Sud dove non c’è lo Stato islamico. È stato assassinato sulla base di una nuova legge che vieta il commercio di alcolici. È un gesto isolato o un campanello di allarme per il futuro della comunità cristiana in Iraq?

R. – La legge cui lei fa cenno, vale a dire quella cosiddetta “anti alcol”, ha un’ispirazione tesa a restringere le libertà delle minoranze. Nei riguardi di un cristiano che era titolare regolare di un esercizio commerciale per la vendita dell’alcol, la prima ripercussione è stata quella di trovare dei fanatici che sobillati da questa legge liberticida hanno ritenuto più giusto farsi direttamente giustizia a proprio modo, quindi uccidendo il commerciante. Sono spazi di libertà che vengono ristretti di fronte ai quali tutti dobbiamo tenere alta l’attenzione.

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Libano, parlamento si prepara a eleggere Aoun nuovo Presidente

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Dopo oltre due anni di "vuoto presidenziale", il Parlamento libanese elegge questo lunedì 32 ottobre il nuovo presidente. I diversi schieramenti politici hanno trovato la convergenza sull’ex generale Michel Aoun, cristiano maronita e leader del Movimento Patriottico Libero, che potrebbe ottenere la maggioranza necessaria già al primo turno. Nel Paese, multiconfessionale, la legge garantisce rappresentanza politica alle diverse confessioni religiose, stabilendo che il capo dello Stato debba essere un cristiano maronita, il presidente del Parlamento uno sciita e il presidente del Consiglio dei ministri un sunnita. Sulla quasi certa elezione di Michel Aoun, Elvira Ragosta ha intervistato Camille Eid, giornalista libanese e collaboratore del quotidiano Avvenire: 

R. – Michel Aoun è l’ex comandante in capo delle Forze libanesi, ha guidato un governo alla fine del mandato del presidente Amin Gemayel, nel 1988, ed è stato soprattutto protagonista della cosiddetta “guerra di liberazione” del Libano dall’occupazione siriana che lo ha portato all'esilio 26 anni fa, il 13 ottobre del ’90, perché le forze siriane hanno occupato il palazzo presidenziale di Baadba, costringendolo a un lungo periodo di esilio che è terminato nel 2005. Quindi Aoun è tornato in Libano quell’anno, ha guidato questo movimento politico che l’ha portato, dopo 11 anni, a diventare il nuovo presidente del Libano.

D. – Come si è giunti alla convergenza delle forze politiche su questo nome?

R. – Non è stato un processo facile nel senso che Aoun, candidato dalla prima ora, prima aveva il consenso della propria coalizione detta “8 marzo”. Poi c’è stata una prima mossa da parte della coalizione rivale nel gennaio di quest’anno quando il suo principale rivale, Samir Geagea, ha ritirato la propria candidatura, un gesto che ha riunito i ranghi cristiani. Fino al 19 di questo mese, quando Saad Hariri, il leader del maggior gruppo parlamentare libanese Al-Mustaqbal, ha dato il suo appoggio ad Aoun, considerato prima un rivale politico. Quindi, alla fine, sommando i voti di questi diversi gruppi parlamentari Aoun potrà garantire circa 80 o qualcuno dice anche 90 voti e potrà essere eletto fin dal primo turno.

D. – Il mancato accordo dei partiti aveva lasciato il Libano senza presidente per oltre due anni. Quanto è pesato al Paese questo vuoto dal punto di vista sociale ed economico?

R. – Tantissimo, anche per l’impatto politico, perché il Libano è l’unico Paese arabo ad avere un presidente cristiano per Costituzione. E questo ha privato i cristiani non solo del Libano ma del Medio Oriente o del mondo arabo ad avere un loro rappresentante. Dal punto di vista sociale l’impatto è stato enorme perché il Libano ha dovuto gestire l’enorme crisi dei profughi siriani che in Libano sono circa un milione e mezzo in questo vuoto istituzionale: non solo la carica del presidente ma perché abbiamo un parlamento che ha auto-rinnovato il proprio mandato due volte e abbiamo un governo che non si riunisce o si riunisce sporadicamente per diversi problemi interni. Quindi il Libano andava avanti senza una vera gestione del potere.

D. – L’elezione del nuovo presidente che ruolo darà al Libano nella geopolitica del Medio Oriente?

R. – Anzitutto ristabilisce un equilibrio di potere tra cristiani e musulmani. Per la prima volta abbiamo una figura rappresentativa a livello cristiano - anzi è la maggiore figura rappresentativa perché il generale Aoun è anche leader di un gruppo parlamentare che conta 23 deputati - e abbiamo quindi un presidente "made in Lebanon" e non concordato tra ambasciatori o Paesi arabi o occidentali che siano. E questo è un buon segnale per questo periodo di divisioni in tutto il Medio Oriente. Chiaramente non pensiamo che poi la semplice elezione risolverà tutti i problemi perché poi si porrà il problema della formazione di un nuovo governo, delle elezioni parlamentari: però è un buon inizio.

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Vescovi brasiliani: governo non faccia pagare il debito ai poveri

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I vescovi brasiliani hanno lanciato un appello al governo per fermare la Proposta di modifica costituzionale, definita ingiusta, che vuole mettere un tetto di 20 anni alla spesa per settori fondamentali come educazione, salute, infrastrutture e sicurezza. La linea del nuovo presidente Michel Temer, subentrato alla destituita Dilma Roussef, secondo i vescovi farà pagare il debito pubblico, ormai fuori controllo, ai lavoratori e ai poveri, promuovendo una vera e propria “idolatria del mercato”. Sulla crisi economica e politica che continua a colpire il Brasile, ascoltiamo l’arcivescovo di Curitiba, mons. José Antônio Peruzzo, al microfono di Silvonei Protz

R. – Ci sono degli esperti che dicono che è stato il problema economico a scatenare la crisi politica, che a sua volta ha scatenato anche una crisi etica; altri dicono il contrario. A me sembra che ci sia una crisi di civiltà. Quando c’è un sistema iniquo nell’economia ma anche nella cultura - tutto è diventato potere e c’è anche corruzione - non è solo una questione etica o politica, ma è una questione di valori, di cultura, di ideali… Manca un’ermeneutica della fraternità già da molti anni e le conseguenze di questa mancanza hanno messo le radici. La trasformazione che occorre adesso non è solo di natura economica: se si vuole guardare al futuro, ci vuole sincerità nel vedere che il problema è molto più profondo rispetto a una questione di partito, di potere, di politica o di sistema economico. Se non si vede dove sono i veri guai, questi torneranno in futuro; e mi sembra che le cose non siano viste nel modo giusto e corretto dai politici e dagli studiosi: in tutto c’è una visione troppo economicista, come se, una volta risolti i problemi economici, la pace possa ritornare nel Paese. Non mi sembra che sia così: c’è una distanza troppo grande tra coloro che hanno il potere, il capitale, la capacità di costruire per sé un futuro sempre più ricco di successi, e i poveri che guardano al futuro senza sapere cosa sarà del domani.

D. – Qual è il ruolo della Chiesa in tutto questo?

R. – Il ruolo della Chiesa è esattamente quello di suscitare la speranza, moltiplicare le esperienze di solidarietà per mostrare alla gente che, se guardiamo il futuro con un occhio di dipendenza dai grandi, questo futuro non verrà. Si tratta invece di costruire una storia di solidarietà e di fraternità. Non di far vedere le cattive notizie che trovano diffusione dappertutto: c’è da mostrare alla nostra gente quanto siano numerose le esperienze di solidarietà, di comunione e di libertà anche se non sempre si può disporre di tanti beni.

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Esorcisti: la festa di Halloween sfruttata dai satanisti

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Per padre Francesco Bamonte, presidente dell’Associazione Internazionale degli Esorcisti, la notte di Halloween del 31 ottobre è “tutt’altro che uno scherzo”. “In alcuni siti internet di personaggi per bambini - afferma - si possono trovare link dai quali si accede direttamente ai siti di satanismo e magia nera”. "I pianificatori sociali del male - aggiunge - sanno che abituando i bambini sin dai primi anni di vita alla familiarità e alle immagini del linguaggio occultista, in età adulta rischiano di essere indotti all’occultismo vero e proprio che può diventare, per le nuove generazioni, l’alternativa al cristianesimo”. Luca Collodi ne ha parlato con don Aldo Buonaiuto, sacerdote esorcista e coordinatore generale del Servizio Antisette della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi: 

R. - Il 31 ottobre non è tanto la festa di Halloween – non dovremmo definirla una festa – ma, come la definisco io, un fenomeno. Perché il 31 è la vigilia della festa di Ognissanti. Già questa parola “Halloween” non andrebbe utilizzata perché, purtroppo, riconducibile ad un altro fenomeno della modernità. Quello legato al capodanno dei satanisti e dell’esaltazione del mondo dell’occultismo, con tutto il suo horror e con tutto il macabro che rappresenta. Noi cristiani celebriamo la Festa dei Santi, la festa di persone realmente esistite, non fantasmi, zombie, vampiri, mostri, mostriciattoli, ma persone eroiche che hanno dato la vita nella storia della cristianità, con la capacità di cambiare gli eventi della storia nella direzione del bene.

D. – Ma in verità, don Buonaiuto, dobbiamo dire che la gente, alla fine, festeggia comunque Halloween senza molti problemi…

R. – E’ un fenomeno e, per alcuni appunto una festa, che non riguarda la nostra tradizione. Si mischiano aspetti che, sia pure in libertà di coscienza, un cristiano non può non criticare. A partire dall’enorme indotto commerciale prodotto. Fu Papa Sisto IV, nel 1480 a solennizzare definitivamente la Festa di Ognissanti. Perché le superstizioni portavano i contadini, gli allevatori non solo a pregare, ma anche a ingraziarsi questi spiriti delle tenebre all’inizio dell’inverno. Contadini e allevatori ripercorrevano ciò che accadeva al tempo dei druidi, quando questi sacerdoti andavano di casa in casa per chiedere l’offerta. La domanda non era “ Trick or treat?”, “Dolcetto o scherzetto?”, ma era: “Offerta o maledizione?”, cioè: “Dai l’offerta perché si faccia la festa del principe Samhain, colui al quale il dio Sole deve lasciare il posto affinché ci sia protezione nella famiglia, nel raccolto, nell’allevamento?". Quindi: "Vuoi ingraziarti questo principe delle tenebre chiamato Samhain, oppure preferisci che la maledizione arrivi nella tua casa, nel tuo lavoro?”. Poi, con la presenza in modo particolare degli irlandesi negli Stati Uniti, questa tradizione, superstizione, diventa per un periodo prevalentemente riconducibile al mondo commerciale e ai bambini.

D. – Per padre Bamonte, il responsabile degli esorcisti di tutto il mondo, si tratta di una celebrazione esoterica. E Halloween è il capodanno di satana…

R. – Sì. E’ il capodanno di satana perché anche i satanisti hanno un loro calendario. E in questo calendario il mese di ottobre è quello votato all’adescamento di nuovi adepti e alla sua preparazione, perché questo evento viene preparato per tutto il mese. Addirittura, credono che quanti, anche indirettamente, partecipano a questo fenomeno chiamato “Halloween” e che celebrano questo rituale di esaltazione, possano partecipare all’adorazione e al culto di satana.

D. – Don Bonaiuto, lei ci dice che attraverso un elemento ludico, talvolta di scherzo, si cela un possibile ingresso al mondo dell’occulto?

R. – Ecco, questo è il messaggio che noi dobbiamo dare a tutti coloro che ci ascoltano. Guai però a estremizzare. E’ infatti pericoloso quel voler per forza vedere il diavolo dappertutto, ma è altrettanto pericoloso l’estremo opposto, quello di banalizzare, ridicolizzare e relativizzare ciò che invece può essere un apripista ad un mondo molto pericoloso. Dalla nostra esperienza, dal numero verde Antisette della Comunità Papa Giovanni XXIII, (800.228.866) vediamo come spesso dietro ai ragazzi ci sia sempre qualche mente diabolica e la presenza di adulti. Quindi attenzione. Un’attenzione in più da parte delle famiglie sui loro figli, proprio perché questo lato oscuro di Halloween non continui a produrre danni in particolare sui giovani.

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“Ho imparato dagli ultimi”, il card. Tagle si racconta in un libro

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“Ho imparato dagli ultimi”. E’ il titolo di un libro intervista con il cardinale Luis Antonio Tagle, realizzato da Gerolamo Fazzini e Lorenzo Fazzini, edito dalla Emi. Il volume è il frutto di numerosi incontri che i due fratelli giornalisti hanno avuto con l’arcivescovo di Manila, presidente di Caritas Internationalis. Al microfono di Alessandro Gisotti, Gerolamo Fazzini racconta cosa l’ha maggiormente colpito della figura del porporato filippino: 

R. – Innanzitutto ci ha molto colpito la grande disponibilità di quest’uomo; lui ha creduto in questo progetto che sapeva gli avrebbe portato via molto tempo. Tuttavia in mezzo ai suoi centomila impegni, è sempre riuscito a ricavare uno spazio sufficientemente dilatato nel tempo per poter raccontare pezzi della sua vita e del suo presente. Questo mi fa pensare che lui abbia questa prima grande caratteristica: far sentire l’interlocutore importante; nel momento in cui sta facendo un incontro non ti dà l’idea che il pensiero è già all’incontro successivo o è fermo alla preoccupazione di una notizia che gli è arrivata … No, in quel momento si sta dedicando a quello, si sta dedicando a te. Questo secondo me dice già molto del tratto umano della persona, una persona che sa fare spazio all’altro.

D. - Una cosa che ha colpito sempre di più di Luis Antonio Tagle è la sua risata e il suo pianto, cioè un uomo che non trattiene l’emozione di fronte ad una grande gioia o ad un grande dolore. Questo lo avete visto anche nelle vostre conversazioni?

R. - Assolutamente sì. Ricordo per esempio un incontro che esula dal libro, ma è stata una cosa molto simpatica. Quando Tagle è venuto a parlare ai preti di Milano e poi alla sera in Duomo ha incontrato i fedeli, ad un certo punto se ne è uscito con una sonorissima risata che ha divertito molto l’uditorio, ma questo è accaduto anche nelle conversazioni tra di noi. Ogni tanto ha questa risata liberatoria che sdrammatizza, così come mi ricordo benissimo invece un momento in cui lui ha raccontato le sue lacrime, quando in una conferenza stampa nelle Filippine è arrivata la notizia di un grosso scandalo che aveva coinvolto molti politici accusati sostanzialmente di ruberie. Il cardinale in quella situazione venne interpellato da una televisione e lì per lì non ebbe parole da dire, non aveva commenti da fare, era stato talmente sorpreso, però gli sono scese due lacrime mentre parlava davanti alle telecamere. Lui stesso ci ha raccontato che quelle lacrime hanno fatto il giro del Paese, perché erano l’espressione visibile, concreta della sofferenza di quest’uomo che stava dalla parte dei poveri, che vedeva appunto ancora una volta i poveri traditi dai loro rappresentanti e non aveva altre parole da aggiungere se non queste lacrime che erano un po’ rappresentative delle lacrime di tutti i poveri di fronte a quella grave situazione.

D. - Il titolo del libro è “Ho imparato dagli ultimi”. È questo il messaggio più forte che nasce dalla vita di Luis Antonio Tagle? È proprio questo senso di aver imparato e non di aver donato agli ultimi che lui vuole esprimere in questo libro?

R. - Sì, direi che questo viene molto fuori. È caratteristico proprio della sua personalità: il cardinale Tagle è una persona che - come hai ben detto - non mette innanzitutto il povero come il destinatario di una azione caritatevole – anche quello evidentemente – ma, innanzitutto lo guarda come una persona che ha delle esperienze da condividere e addirittura delle cose da insegnare, perché lui appunto dice: “Ho imparato dai poveri!". Che cosa imparare? Innanzitutto questa grande disponibilità e libertà di cuore che hanno i poveri perché vivono la dimensione del provvisorio; se c’è una cosa che Tagle mi ha molto trasmesso è proprio questa dimensione del provvisorio intesa come la docilità a quello che lo Spirito Santo ti chiede. Se c’è un filo rosso nel corso della sua vita è questa catena di sorprese che Dio gli ha preparato, incarichi che lui non ha cercato e che per certi versi gli erano anche un po’ azzardati. È diventato responsabile del seminario giovanissimo. Questa grande disponibilità di cuore di chi si mette nelle mani del Signore e lascia che sia il Signore a decidere della sua vita, è esattamente come dire lo stile che si respira dall’incontro con i poveri e secondo me Tagle lo ha preso molto dal suo vissuto.

 

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 304

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.