Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 15/10/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa ai nonni: siete parte essenziale della Chiesa e della società

◊  

Costruire una società più inclusiva dove gli anziani non siano considerati “improduttivi” ma testimoni preziosi “della cultura della vita” in una società che spezzo mitizza solo l’apparenza. Così il Papa (nel suo discorso) ricevendo in Aula Paolo VI i 7 mila rappresentanti dell’Associazione nazionale lavoratori anziani (Anla) e di Senior Italia FederAnziani, riuniti in una giornata di riflessione e preghiera, inserita nel contesto della Festa dei Nonni. Il servizio di Giada Aquilino

Contrastare la cultura “nociva” dello scarto, che emargina gli anziani ritenendoli “improduttivi”. Questa l’esortazione di Francesco a istituzioni e realtà sociali per aiutare la “cosiddetta terza età”, di cui anche il Papa ricorda di far parte, ad esprimere “al meglio” le proprie capacità e per far sì che la dignità delle persone anziane sia sempre “rispettata e valorizzata”:

“I responsabili pubblici, le realtà culturali, educative e religiose, come anche tutti gli uomini di buona volontà, sono chiamati a impegnarsi per costruire una società sempre più accogliente e inclusiva”.

Francesco invita a “non lasciare” che tale cultura dello scarto “vada avanti” e racconta di aver sentito dalla nonna la storia di una famiglia che aveva relegato il nonno in un’altra stanza, perché oramai così malato da mangiare stentatamente: fu il nipote a far capire al padre l’importanza di essere una famiglia unita:

“I bambini naturalmente sono molto attaccati ai nonni e capiscono cose che soltanto i nonni possono spiegare con la loro vita, con il loro atteggiamento”.

E’ importante anche, aggiunge, favorire il legame tra generazioni:

“Il futuro di un popolo richiede l’incontro tra giovani e anziani: i giovani sono la vitalità di un popolo in cammino e gli anziani rafforzano questa vitalità con la memoria e la saggezza”.

Il Papa spinge dunque i nonni a parlare con i propri nipoti, ricordando che quando Giuseppe e Maria portarono il Bambino Gesù al Tempio, trovarono a riceverlo due nonni, che erano “la saggezza del popolo” e che lodavano Dio affinché tale saggezza “potesse andare avanti con questo bambino”:

“Lasciate che loro vi facciano domande. Sono di una peculiarità diversa dalla nostra, fanno altre cose, a loro piacciono altre musiche…, ma hanno bisogno degli anziani, di questo dialogo continuo. Anche per dare loro la saggezza”.

In un mondo come quello attuale, nel quale - sottolinea il Pontefice - “sono spesso mitizzate la forza e l’apparenza”, sono gli anziani ad avere la missione di testimoniare “i valori che contano davvero e che rimangono per sempre”, perché “inscritti nel cuore di ogni essere umano e garantiti dalla Parola di Dio”:

“Siamo chiamati a operare per lo sviluppo della cultura della vita, testimoniando che ogni stagione dell’esistenza è un dono di Dio e ha una sua bellezza e una sua importanza, anche se segnate da fragilità”.

La Chiesa guarda alle persone anziane “con affetto, riconoscenza e grande stima”, evidenzia il Papa, perché sono - e lo ripete due volte - “parte essenziale” della comunità cristiana e della società, rappresentando “le radici e la memoria” di un popolo:

“Voi siete una presenza importante, perché la vostra esperienza costituisce un tesoro prezioso, indispensabile per guardare al futuro con speranza e responsabilità. La vostra maturità e saggezza, accumulate negli anni, possono aiutare i più giovani, sostenendoli nel cammino della crescita e dell’apertura all’avvenire, nella ricerca della loro strada”.

Gli anziani, aggiunge infatti Francesco, testimoniano che, anche “nelle prove più difficili”, non bisogna “mai perdere la fiducia in Dio e in un futuro migliore”:

“Sono come alberi che continuano a portare frutto: pur sotto il peso degli anni, possono dare il loro contributo originale per una società ricca di valori e per l’affermazione della cultura della vita”.

Il loro impegno “all’aiuto e al sostegno verso gli altri” è indubbio e “prezioso”, riflette ancora il Papa pensando ad esempio a “quanti si rendono disponibili nelle parrocchie” per il loro decoro o come catechisti, animatori della liturgia, testimoni di carità. Quindi il ruolo nell’ambito familiare:

“Quanti nonni si prendono cura dei nipoti, trasmettendo con semplicità ai più piccoli l’esperienza della vita, i valori spirituali e culturali di una comunità e di un popolo! Nei Paesi che hanno subito una grave persecuzione religiosa, sono stati i nonni a trasmettere la fede alle nuove generazioni, conducendo i bambini a ricevere il battesimo in un contesto di sofferta clandestinità”.

Ci sono poi tanti anziani, osserva il Papa, che convivono con la malattia, con difficoltà motorie e hanno bisogno di assistenza. Francesco si sofferma a ringraziare il Signore per le molte persone e strutture che si dedicano a un quotidiano servizio agli anziani, “per favorire adeguati contesti umani, in cui - afferma - ognuno possa vivere degnamente questa importante tappa della propria vita”:

“Gli istituti che ospitano gli anziani sono chiamati ad essere luoghi di umanità e di attenzione amorevole, dove le persone più deboli non vengono dimenticate o trascurate, ma visitate, ricordate e custodite come fratelli e sorelle maggiori. Si esprime così la riconoscenza verso coloro che hanno dato tanto alla comunità e sono la sua radice”.

Nei saluti finali, il Pontefice auspica che la società possa vedere sempre il sorriso e la “bella luminosità” degli occhi degli anziani, invitando a pregare la nonna di Gesù, Sant’Anna, affinché “ci insegni a essere buoni e saggi nonni”.

inizio pagina

I nonni: Papa ha ragione, avanza cultura scarto, ma noi ci siamo

◊  

Grande entusiasmo tra i tanti nonni presenti nell'Aula Paolo VI per l'incontro con il Papa. In Italia sono 13 milioni e 400 mila le persone che hanno più di 65 anni. Una cifra che aumenterà nei prossimi anni e che impone di rivedere le politiche di welfare. Ma quanto è presente nella società quella “cultura dello scarto” di cui anche oggi ha parlato Francesco? Alessandro Guarasci lo ha chiesto ad Antonio Zappi, presidente dell’Anla, Associazione Nazionale Lavoratori Anziani, che ha rivolto il suo saluto al Papa: 

R. – C’è e sta avanzando. La reazione, quindi, di quanti affermano che lo scarto non si addice a chi ha una certa età - anche perché sono portatori di esperienza, di professionalità e competenza - va portata avanti con slancio, come cerchiamo di fare anche noi dell’Anla.

D. – Ci sono alcuni studi che dicono che addirittura i nonni contribuiscono per 18 miliardi al Pil italiano, assistendo le famiglie. Questo lavoro, però, non è riconosciuto…

R. – Non è riconosciuto ed è ignorato, è un dato di fatto. Non vi è dubbio che oggi i nonni siano quelli che badano ai figli, quando i genitori escono tutti e due per andare a lavorare, e quindi fanno veramente i sostituti dei genitori. Sono i nonni quelli che assistono le famiglie, dove c’è il problema della gioventù che non trova lavoro. Questa realtà, quindi, ci affascina, ma ci turba perché nessuno, anche a livello di istituzioni, dice che è una categoria che va utilizzata gratuitamente, perché siamo espressione di un volontariato fermo.

D. –  C’è sempre un dibattito sulle pensioni, non rischiamo uno scontro generazionale?

R. – No, nella maniera più assoluta io lo escludo, nel senso che gli scontri a livello di procedure, di metodologie ci possono anche essere, ma sul piano effettivo, la pensione c’è e penso debba continuare ad esserci, perché in definitiva è il riconoscimento di un diritto acquisito. In una situazione di equità, di giusta distribuzione, mettendo insieme la freschezza dei giovani, l’inventiva dei giovani e l’esperienza maturata dai nonni che portano anche il loro patrimonio pensionistico, i problemi si possono comporre.

D. – Per chiudere, che cosa manca, secondo lei, nelle politiche del welfare per gli anziani?

R. – Manca innanzitutto il concetto fermo di un netto distinguo tra previdenza e assistenza. Spesso facendo confusione tra questi due termini, noi distraiamo funzioni, non ottimizziamo le risorse e quindi è necessario che ci si ritrovi. Noi, dal canto nostro, abbiamo fatto un convegno di recente e abbiamo offerto la nostra disponibilità, anche a livello di istituzioni, per aprire un tavolo di approfondimento, senza invadere campi che non ci competono. 

inizio pagina

Papa a Milano il 25 marzo 2017. Scola: segno di affetto e stima

◊  

Sabato 25 marzo 2017 il Santo Padre si recherà in visita all'Arcidiocesi di Milano. Lo rende noto la Sala Stampa vaticana. "Questo del Santo Padre è un segno di affetto e stima per la Chiesa Ambrosiana, la Metropoli milanese e la Lombardia tutta - ha commentato il cardinale arcivescovo di Milano Angelo Scola - Vogliamo dire al Papa la nostra gratitudine perché verrà a confermarci nella fede. Viviamo fin da ora l'attesa del Pontefice nella preghiera, in preparazione a questo grande dono". 

inizio pagina

Altre udienze e nomine

◊  

Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza, nello Studio dell’Aula Paolo VI:

- Em.mo Card. Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi;

- S.E. il Signor Mauricio Macri, Presidente della Repubblica Argentina, con la Famiglia.

Rinuncia e successione dell’Arcivescovo Metropolita di Warmia (Polonia)
Il Santo Padre Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale presentata da S.E. Mons. Wojciech Ziemba, Arcivescovo Metropolita di Warmia (Polonia). Gli succede S.E. Mons. Józef Górzyński, finora Arcivescovo Coadiutore.

Nomina del Vescovo di Jowai (India)
Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Jowai (India) S.E. Mons. Victor Lyngdoh, finora Vescovo di Nongstoin.

Nomina dell’Amministratore Apostolico “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” di Nongstoin (India)
Il Santo Padre ha nominato Amministratore Apostolico “sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis” della diocesi di Nongstoin S.E. Mons. Dominic Jala, S.D.B., Arcivescovo di Shillong.

Nomina di Membri della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra
Il Papa nominato Membri della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra: il Rev.do Sac. Hubertus R. Drobner, Docente di Storia della Chiesa e Patristica nella Facoltà Teologica di Paderborn, e gli Illustrissimi Professori: Michel-Yves Perrin, Docente di Storia e Dottrina del Cristianesimo all'École Pratique des Hautes Études di Parigi, Danilo Mazzoleni, Rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana di Roma, Matteo Braconi, Docente di Archeologia Cristiana all'Università "Roma Tre" di Roma, Paola De Santis, Docente di Archeologia Cristiana all'Università di Bari.

Nomina di Legati Pontifici per il rito di chiusura in alcune Basiliche Papali della Porta Santa nell’Anno Giubilare della Misericordia
Il Santo Padre ha nominato l’Em.mo Card. Agostino Vallini, Arciprete della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano, Suo Legato per presiedere il rito di chiusura della Porta Santa della medesima Basilica, previsto in occasione della liturgia domenicale del 13 novembre 2016.

Il Santo Padre ha nominato l’Em.mo Card. Santos Abril y Castelló, Arciprete della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, Suo Legato per presiedere il rito di chiusura della Porta Santa della medesima Basilica, previsto in occasione della liturgia domenicale del 13 novembre 2016.

Il Santo Padre ha nominato l’Em.mo Card. James Michael Harvey, Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, Suo Legato per presiedere il rito di chiusura della Porta Santa della medesima Basilica, previsto in occasione della liturgia domenicale del 13 novembre 2016.

inizio pagina

Papa a sorpresa in visita ai bambini del Villaggio Sos di Roma

◊  

Nel quadro dei “Venerdì della Misericordia”, Papa Francesco si è recato nel pomeriggio nel Villaggio Sos di Roma, una casa famiglia in zona Boccea. Il Pontefice ha incontrato una trentina di bambini ospitati nella struttura, che accoglie piccoli e ragazzi in condizioni di disagio personale, familiare e sociale. Il Villaggio è composto da cinque case, in ognuna delle quali è ospitato un massimo di sei bambini e bambine fino a 12 anni di età, insieme a una responsabile. I piccoli sono seguiti nel loro percorso di crescita e integrazione nella società. Sono anche presenti ragazzi più grandi, che hanno scelto di restare vicini al centro per continuare ad avere un supporto e un punto di riferimento, oltre che per dare una mano nelle attività quotidiane. Della visita del Pontefice parla Paolo Contini, direttore del Villaggio Sos di Roma, intervistato da Giada Aquilino

R. - Abbiamo avuto la visita del Santo Padre qui al Villaggio Sos di Roma, una visita inaspettata che ci è stata annunciata trenta minuti prima del suo arrivo.

D. – Come si è svolta la visita?

R. – Ha avuto uno svolgimento molto semplice. Il Papa ha chiesto di passare tutto il tempo della visita con i bambini e con i ragazzi. Ha portato dei dolci e ha voluto fare merenda con loro, mangiando insieme a loro e concedendo loro “ogni vizio”, ogni cosa!

D. – Ha visitato le loro camerette?

R. – Ha vistato il Villaggio, che ha diverse case famiglia al proprio interno. Siamo stati in una di queste, dove avevamo radunato tutti i ragazzi ospiti. Ha visitato la loro casa, il parco, il giardino. Ci sono poi un campo da calcio, uno da beach volley, una piscina: il Villaggio è una struttura con tre ettari di parco con diversi servizi.

D. – Ha potuto cogliere una frase, un momento di questo incontro del Papa coi bambini, ovviamente rispettando la riservatezza per i piccoli?

R. – Un episodio simpatico è stato quando il Papa ha chiesto ad uno dei nostri ragazzi di 14 anni di ascoltare un po’ della musica che stava sentendo con le cuffie. Quindi c’è l’immagine del Pontefice con queste grandi cuffie che ascolta della musica rap o techno, divertito di questa nuova esperienza.

D. – Quali realtà familiari hanno alle loro spalle?

R. – I nostri ragazzi ci vengono indirizzati quasi tutti dal Tribunale dei minorenni. Spesso sono ragazzi che provengono da realtà sociali molto degradate, che possono andare dalle difficoltà economiche alla tossicodipendenza dei genitori, alla violenza o semplicemente a una povertà culturale che non permette ai genitori di riconoscere i reali bisogni dei figli, per cui sono tutti ragazzi che provvisoriamente vengono allontanati dalla famiglia nella speranza che la qualità della vita familiare cambi e nel frattempo abbiano garantiti i diritti fondamentali di crescita.

D. – Come vengono supportati?

R. – Questi ragazzi vengono accolti nelle nostre case famiglia dove stabilmente lavorano due educatori professionali, che passano praticamente 24 ore con loro. Quindi nella casa loro hanno sempre un punto di riferimento a cui chiedere qualsiasi cosa. E fanno famiglia tra loro! Le nostre case sono composte da ragazzi di tutte le età, che creano dunque un piccolo nucleo familiare.

D. – Quindi questi ragazzi frequentano la scuola, vanno in parrocchia, fanno sport…

R. – Sono ragazzi a cui cerchiamo di garantire una vita il più possibile normale: vanno nelle scuole pubbliche, scelgono un indirizzo di scuola superiore, quando vogliono scelgono di fare palestra, diversi tipi di sport, escono con i loro compagni e i loro compagni vengono a trovarli qui al Villaggio. Vanno naturalmente anche in parrocchia: alcuni di loro nel tempo hanno frequentato il gruppo Scout.

D. – Il Villaggio dà ospitalità anche alle famiglie dei piccoli in cura al Bambino Gesù?

R. – Sì. Noi abbiamo un servizio che abbiamo avviato da qualche anno: ospitiamo famiglie con bambini in cura presso il Bambino Gesù, nei reparti onco-ematologici. Noi li accompagniamo nello spirito di tenere unita la famiglia. Si tratta di famiglie che normalmente non avendo altre possibilità dormono in macchina davanti l’ospedale, perché non possono permettersi altro. Quindi c’è questa realtà in linea con lo spirito del progetto educativo dei Villaggi Sos, cioè l’unità familiare.

D. – Ora i bambini cosa portano con loro di questa visita del Papa? Cosa le hanno detto?

R. – I più grandi non riescono a crederci: per loro che da sempre vengono emarginati, la società e la vita li emarginano, sentirsi scelti in questo modo è un’emozione particolare, erano tutti molto contenti. E i piccoli erano contentissimi di aver conosciuto quest’uomo in bianco, così buono che ha portato loro tanti dolci: sono piccoli… hanno pensieri semplici.

D. – Cosa ha detto il Papa andando via?

R. – Che questa è un’opera molto importante, un lavoro molto importante…perché nessun bambino nasce per crescere da solo.

D. – E voi operatori cosa conserverete di questo pomeriggio con Francesco?

R. – Quest’ultima frase, che ripaga buona parte delle fatiche che si fanno per portare avanti un’attività del genere.

Dopo i momenti trascorsi con i bambini del "Villaggio SOS" di Roma, il Pontefice si è recato a visitare il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, ricoverato nella Casa di Cura "Villa Betania". Verso le 17:30 è rientrato in Vaticano.

inizio pagina

Papa Francesco proclama sette nuovi santi: martiri e vicini ai poveri

◊  

Questa domenica, alle 10.15, Papa Francesco presiede in Piazza San Pietro la Messa per la proclamazione di 7 nuovi santi. Ce ne parla Sergio Centofanti

Tra i nuovi santi ci sono due martiri: José Sánchez del Río, un ragazzo di appena 14 anni, ucciso nel 1928 durante la rivoluzione anticattolica in Messico e la conseguente rivolta dei "cristeros". Ha resistito ai torturatori che volevano fargli rinnegare la fede. Sul suo corpo gli viene trovato un biglietto per la mamma: “Ti prometto che in Paradiso preparerò un buon posto per tutti voi. Il tuo José muore in difesa della fede cattolica e per amore di Cristo Re e della Madonna di Guadalupe”.

E viene ucciso nel 1792 durante la Rivoluzione francese il primo martire lassalliano, Salomone Leclercq: anche lui preferisce dipendere da Dio e non dai potenti di turno.

Caro a Papa Francesco è il “Cura Brochero” (José Gabriel del Rosario Brochero), sacerdote argentino con l'odore delle pecore che tra il 1800 e il 1900 percorre su una mula distanze enormi per portare ai più poveri la consolazione di Gesù.

Sarà proclamato santo anche il vescovo spagnolo di Palencia Manuel González García, morto nel 1940,  fondatore dell’Unione Eucaristica Riparatrice e della Congregazione delle Suore Missionarie Eucaristiche di Nazareth, promotore del culto eucaristico e noto come il “vescovo dei Tabernacoli abbandonati”.

C’è poi il sacerdote bresciano Lodovico Pavoni, fondatore della Congregazione dei Figli di Maria Immacolata. Durante la rivoluzione industriale del 1800 con i suoi “frati operai” insegna ai giovani emarginati la fede e il lavoro.

E il sacerdote salernitano Alfonso Maria Fusco, fondatore della Congregazione delle Suore di San Giovanni Battista, vicino ai contadini del Sud dimenticati dopo l’unità d’Italia.

Infine, la mistica francese Elisabetta della Santissima Trinità, Carmelitana scalza, morta nel 1906 a 26 anni tra indicibili dolori a causa del morbo di Addison offrendo tutto per la salvezza delle anime e per gli scoraggiati.

inizio pagina

Le vite dei sette nuovi santi: la testimonianza dei postulatori

◊  

Tanti i particolari interessanti emergono dalla vita dei nuovi santi. In Sala Stampa Vaticana erano presenti alcuni postulatori o persone legate ai 7 che saranno canonizzati questa domenica dal Papa. Il servizio di Debora Donnini:

Padre José Gabriel Brochero
C’è chi ha attraversato centinaia di chilometri per invitare contadini e allevatori a fare gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, come il sacerdote argentino José Gabriel Brochero. Cara a Papa Francesco, la figura del "Cura Brochero", il prete gaucho che in sella alla sua mula uscì verso le periferie, come sentiamo da mons. Santiago Olivera, vescovo de Cruz de Eje, in Argentina:

R. – El Papa Francisco cuando habla…
Quando Papa Francesco ci parla del sacerdozio che desidera, noi sempre lo identifichiamo con il "Cura Brochero". Per questo, Brochero è così attuale, perché è l’attualità del Vangelo: non è un sacerdote del passato, anche se è vissuto tanti anni fa, è invece un sacerdote della periferia, un sacerdote che esce. Era un sacerdote che cercava i suoi fedeli baracca per baracca, casa per casa. Quello che mi ha toccato il cuore è che era un uomo dalla grande intensità apostolica, dal grande zelo missionario e insieme un uomo di profonda preghiera. Abbiamo avuto una esperienza molto bella, perché quando gli antropologi sono venuti a esaminare i suoi resti, in relazione allo studio della santità, c’erano dei segni sulle ginocchia e hanno detto che quest’uomo si inginocchiava molto. Si inginocchiava per pregare. Questo mi colpisce: un’intensa vita apostolica: sempre evangelizzazione e promozione umana insieme. E’ un uomo del Concilio, 50 anni prima! Ha anche costruito la strada nelle Altas Cumbres, ha fatto acquedotti, scuole, ha costruito la Casa degli Esercizi Spirituali, un collegio per bambine.

Fr. Salomone Leclerq
Le loro vite vanno dal 1700 fino al 1900, molte delle quali segnate dalle persecuzioni anticattoliche che presero diverse forme. Si colloca proprio nell’ambito della persecuzione anticattolica della Rivoluzione francese, la storia del lasalliano Salomone Leclerq, dedito all’insegnamento e ucciso nel 1792. Sentiamo il postulatore, Fr. Rodolfo Cosimo Meoli:

R. - Nella storia della Francia, la Rivoluzione francese è stato l’avvenimento più rivoluzionario e si è caratterizzato in modo particolare nella persecuzione della Chiesa cattolica. Volevano creare una nuova chiesa. Fecero una nuova Costituzione di questa chiesa: “la Costituzione civile del clero”.

D. – Una chiesa sottoposta al potere temporale …

R. – Certo, distaccata da Roma. Riorganizzarono le diocesi, i vescovi li dovevano nominare loro…È logico che chiedendo il giuramento a questa chiesa nazionale si andava contro tutto e contro le coscienze dei cristiani. Dire: “No, io non giuro” significava morire. E fratel Salomone fece proprio questo: quando gli fu chiesto: “Lei giura … “, lui disse: “No!”.

Padre Alfonso Maria Fusco
A colpire anche la storia di Alfonso Maria Fusco, sacerdote italiano, che si dedicò all’insegnamento dei bambini poveri. Sentiamo Suor Maria Dulcis Miniello, che ha ottenuto il miracolo che ha permesso la canonizzazione:

R. - Alfonso Maria Fusco da bambino aveva un sogno particolare: quello di dedicarsi ai poveri, di fondare una Congregazione per aiutare i poveri, soprattutto i bambini che vivevano abbandonati per le strade. Lui ha aperto questa Congregazione quasi da niente.

D. - Lei ha avuto due aneurismi cerebrali ad un certo punto della sua vita. È stata operata, si è risvegliata dal coma, ma aveva perso la possibilità di comunicare con una certa logicità. Invece il 25 ottobre è accaduto qualcosa. Che cosa?

R. - È accaduto questo: spesso avevo incontrato le mie consorelle e i miei parenti ma non li riconoscevo oppure rispondevo alle loro domande in un modo illogico, senza senso. Invece il 25 ottobre, all’inizio della Santa Messa, ho sentito qualcosa di strano, un calore, non lo so … Allora mi girai e riconobbi subito mio fratello Giuseppe, con le consorelle e i miei nipoti.

D. - I medici hanno riconosciuto che questa guarigione aveva del miracoloso…

R. – I medici studiando le cartelle cliniche hanno capito subito che era una situazione inspiegabile, anche perché questa restituzione ad integrum è stata totale. Non ho avuto problemi motori, visivi, auditivi. Niente di tutto questo.

D. - Questo miracolo è stato attribuito a Alfonso Maria Fusco perché le sue consorelle si sono rivolete al Beato …

R. - Le mie consorelle, ma anche i miei parenti ed amici, i dipendenti e gli alunni, hanno pregato il padre fondatore.

José Sánchez del Rio
José Sánchez del Rio aveva solo 14 anni quando morì, fu ucciso nella Rivoluzione anticattolica in Messico perché si unì alle forze ribelli al regime violento che si era instaurato nel paese e non volle rinnegare la fede. Sentiamo cosa ha colpito di più della figura di questo giovane messicano, il postulatore, padre Fidel Gonzáles:

R. - La fermezza consapevole che la sua fede in Cristo e ciò che significava, voleva dire per lui in quel momento la tortura psicologica molto forte e dura alla quale è stato sottomesso, la tortura fisica, la morte in conseguenza delle torture, come di fatto è avvenuto. Questa consapevolezza lui la esprime già nella lettera scritta alla mamma, nella quale dice che la tortura arriva alla fine, che sarà fucilato, che lui muore per la sua fede e chiede che le sia portata di nascosto la Comunione, perché i preti, se venivano trovati, per loro c’era la pena di morte: un prete preso, un prete fucilato.

Padre Ludovico Pavoni
Due gli italiani canonizzati. Fra loro anche il sacerdote Ludovico Pavoni, che si dedicò ai giovani poveri ed emarginati. Un ritratto nelle parole del postulatore, padre Pietro Riva:

R. - Pur essendo ricco, fin dall’inizio lui ha avuto un carisma, uno slancio verso i poveri. Ha cominciato con il catechismo, poi è passato all’oratorio estivo, ha fondato l’Istituto, la Congregazione e, in ultimo, è morto il primo aprile 1849, l’ultima delle famose Dieci Giornate di Brescia. Siccome dal Castello di Brescia sparavano in città e quindi colpivano tutta la zona dell’istituto e della sua chiesa, ad un certo punto, la notte del 27 marzo, disse: “Chi devo portare in salvo dei miei 80 ragazzi?”. Decise di mandare i più piccolini in carrozza e lui, con i più grandicelli, di andare a piedi. Gli dissero: “Sei anziano!” “No, vado con loro”. Ci fu però un forte temporale e le strade divennero torrenti. Arrivato a Saiano, fu colpito dalla broncopolmonite. E’ morto il primo aprile, martire della carità.

Mons. Manuel Gonzalez García
Una vita segnata da un grande amore per l’Eucaristia, quella del vescovo spagnolo Manuel Gonzalez García, vissuto negli anni della guerra civile spagnola. Lo conferma suor Maria Teresa Castello, della Congregazione delle Suore Missionarie Eucaristiche di Nazareth, da lui fondata:

R. - Quello che più mi ha colpito della vita del mio fondatore, di Manuel González García, è stata la sua esperienza quando ha incontrato il Tabernacolo: lui ha sentito la presenza di un Gesù vivo. Ha sofferto soprattutto perché i Tabernacoli venivano aperti e gli venivano tolte le Particole. Ci sono stati sacrilegi. Ha cercato di riparare questo abbandono dell’Eucaristia: la gente non andava in chiesa, non frequentava la Messa, non frequentava i sacramenti.

Suor Elisabetta della Santissima Trinità
Tra i nuovi santi c’è anche una donna, una suora francese, carmelitana scalza, che morì a soli 26 anni per una terribile malattia: Elisabetta della Santissima Trinità. Accettò questa grande sofferenza, lei dal carattere vivace e appassionato, come ci conferma il postulatore, padre Romano Gambalunga:

R. – Lei ha capito che siamo casa di Dio e questo lo possiamo vivere in ogni situazione. Di fatto, lei fino a 21 anni ha vissuto nel mondo: ha fatto tutte le attività di questo mondo, era una leader naturale, un’artista, ha lavorato nel coro, era una ragazza affascinante che amava vestirsi bene, frequentava le feste danzanti… Ha vissuto tutto con questa profondità, perché aveva il desiderio di rimanere unita a Colui che la amava così tanto, “di un eccesso d’amore” come dice lei.

D. – Una ragazza passionale…

R. – Passionale! Passionale e sensibilissima, un’artista.

D. – Perché la stessa passione che aveva nel suo carattere vivace l’ha trasferita a Gesù Cristo?

R. – Ha scoperto dov’è la sorgente di questa passione, perché in realtà Dio è molto più appassionato di noi. Guardando il Crocifisso, vede una passione d’amore, la passione di donarsi a noi, ed è affascinata da questo. Allora le viene voglia di far silenzio, per ascoltare le parole che Lui ha da dirci e per cercare di entrare nella sua anima e così comunicare con Lui ed essere trasformati.

D. – Quale miracolo ha portato alla canonizzazione?

R. – Il miracolo che riguarda una donna belga che aveva un morbo molto raro, il morbo di Sjögren, che causa la secchezza delle ghiandole salivari ed è irreversibile. Il problema è che iniziano pian piano a non funzionare più gli altri organi, perché la salivazione lubrifica tutto. Quindi lei ha avuto una serie di conseguenze progressive ed era pronta al funerale... E’ andata a fare un ultimo pellegrinaggio a Digione dalle monache e si è seduta fuori, mentre gli amici sono andati a parlare di lei alle monache. In quel momento ha sentito cadere dalla testa ai piedi come un manto pesantissimo, ha avuto fame e ha mangiato un panino, cosa che non poteva più fare. Tanti pregavano Elisabetta per la sua guarigione. E questo è stato il miracolo!

Vite diverse quelle dei nuovi Santi con una caratteristica comune: coniugare un impegno per la promozione umana in diversi terreni ad un profondo amore a Cristo e fedeltà alla Chiesa.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Vertice sulla Siria. Vescovo Aleppo: inascoltato nostro grido di pace

◊  

Vertice sulla Siria a Losanna: presenti Stati Uniti, Russia, Iran, Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Iraq, Giordania e l’inviato speciale dell’Onu, De Mistura. Intanto proseguono i bombardamenti: 15 i morti oggi nella provincia di al-Raqqa. Roberta Barbi: 

Si concentreranno sulla situazione di Aleppo, i colloqui di oggi a Losanna: al tavolo delle potenze mondiali - ultimo invitato questa mattina dal segretario di Stato americano Kerry è l’Egitto - il rispetto della tregua più volte violata del 9 settembre scorso, che consentirebbe finalmente l’apertura di corridoi umanitari per salvare i civili, ma anche la proposta di De Mistura di evacuare i combattenti jihadisti, ex al Nusra, dalle zone della città sotto il controllo dei ribelli. Scettica sul raggiungimento di una soluzione la Russia, principale alleato di Bashar al Assad che in un’intervista rilasciata alla Komsomolskaya Pravda torna a parlare di Guerra Fredda e afferma di non prendere neppure in considerazione l’ipotesi di un accordo con i ribelli. “La riconquista di Aleppo Est sarebbe una grande vittoria strategica e politica”, ha dichiarato. Intanto sul terreno la situazione non migliora: 15 persone, tra cui due donne e due bambini, sono morte nelle ultime ore nel bombardamento di un villaggio della provincia di al-Raqqa, mentre ieri ha fatto il giro del mondo la lettera aperta delle Carmelitane di Aleppo che chiedono la fine di un conflitto che dura da troppo tempo.

Per una testimonianza da questa città martoriata, abbiamo sentito mons. Antoine Audo, presidente di Caritas Siria e vescovo caldeo di Aleppo: 

R. – Quella delle Carmelitane è una testimonianza seria, degna di fiducia. Si tratta di tre suore carmelitane francesi di grande qualità che sono qui da anni con altre religiose siriane. Io le conosco bene: ogni mercoledì mi reco da loro per celebrare la Messa e passare un po’ di tempo con loro. Per noi è importante far sapere che nella parte Ovest, dove ci sono due milioni di abitanti, ci sono molti cristiani che abitano nel loro quartiere, ma anche tanti che sono partiti. Nessuno parla di tutte queste bombe che cadono ovunque, anche sui cristiani.

D. - Fino a poco tempo fa le organizzazioni umanitarie operavano solo nella parte della città controllata dai miliziani…

R. - Noi come Caritas ci troviamo sul posto. Ci sono tanti gruppi che lavorano, come la Croce Rossa, si fa un lavoro organizzato ma il problema è che da noi questi bombardamenti ci sono ogni giorno dappertutto e nessuno ne parla. Ad esempio, ieri mattina hanno bombardato una scuola nel quartiere cristiano, hanno ucciso quattro o cinque bambini, una cinquantina di feriti. Una scuola!

D. - Perché secondo lei i mezzi di comunicazione non parlano di Aleppo Ovest?

R. - Penso che quelli che hanno il controllo delle informazioni dell’Occidente hanno un’agenda politica. Dobbiamo come cristiani, come gente onesta, chiedere chi c’è dietro questa manipolazione, questa strumentalizzazione dei media. Questo è molto chiaro per noi.

D. - Secondo le stime più aggiornate i cristiani rimasti ad Aleppo sono appena 35mila. Che futuro per queste persone? Quali speranze?

R. - Penso che se la guerra va avanti nessuno rimarrà ad Aleppo. Questa è la mia convinzione. Chi può parte. Solo quelli che non possono, quindi i poveri e gli anziani rimangono qui. A poco a poco sarà la fine di questa bella comunità cristiana di Aleppo. Questo è il nostro dramma e questa è la nostra sofferenza. Cerchiamo di fare tutto quello che possiamo. Diciamo: “Pace! Pace! Pace”, ma dall’altra parte non c’è pace, bensì “ Guerra! Guerra! Guerra”. Fino alla distruzione. 

inizio pagina

Storico accordo a Kigali per la riduzione dei gas serra

◊  

Circa 150 Paesi hanno concordato di limitare l'uso degli idrofluorocarburi (HFC), potentissimi gas serra utilizzati nei freezer e nei condizionatori d'aria, nella lotta al surriscaldamento del pianeta. L'accordo, raggiunto a Kigali, in Rwanda, impegna i Paesi industrializzati a ridurre l'uso degli HFC prima dei Paesi in via di sviluppo. Parlando a Kigali, il segretario di Stato Usa John Kerry ha detto che i gas in questione sono "disastrosi per il nostro clima".

L'accordo rappresenta il primo test della volontà globale di combattere il surriscaldamento del pianeta dallo storico Accordo di Parigi per ridurre le emissioni di carbonio raggiunto l'anno scorso. Secondo l'intesa, alla quale si è arrivati dopo negoziati durati tutta la notte, verrà posto un tetto alle emissioni di gas HFC, che verranno ridotte gradualmente a partire dal 2019 dai Paesi industrializzati, inclusi gli Stati Uniti. Oltre 100 Paesi in via di sviluppo, inclusa la Cina, attueranno la riduzione entro il 2024. Un piccolo gruppo di Paesi, inclusa l'India e il Pakistan, hanno sostenuto che le loro economie hanno bisogno di più tempo per crescere e cominceranno a muoversi invece nel 2028.

Le organizzazioni mondiali per la difesa dell'ambiente avevano sperato che l'accordo avrebbe potuto ridurre il surriscaldamento globale di mezzo grado entro la fine di questo secolo, mentre secondo il presidente dell'Istituto per la governance e lo sviluppo sostenibile, Dur wood Zaelke, questo obiettivo verrà centrato solo al 90%. In ogni caso, si tratterà della "più grande riduzione di temperatura mai raggiunta da un singolo accordo". L'accordo, ha detto David Doniger del Consiglio per la difesa delle risorse naturali, "equivale a fermare le emissioni di CO2 di tutto il mondo per oltre due anni".

inizio pagina

Messa di padre Arturo Sosa: Gesuiti fedeli, creativi e audaci

◊  

Il nuovo superiore generale dei Gesuiti, il padre venezuelano Arturo Sosa Abascal, ha presieduto oggi la Messa nella Chiesa del Gesù a Roma, il giorno dopo la sua elezione. Nell’omelia ha invitato i confratelli a vivere con fedeltà, creatività e audacia, guardando a Dio prima di ogni altra cosa, come ha fatto Maria. Per la nostra missione – ha detto – occorrono testa e cuore. Ribadito l’impegno dei Gesuiti al fianco dei più poveri e per la giustizia. Ascoltiamo padre Sosa al microfono di Amedeo Lomonaco

R. – Il mondo si sviluppa in un senso contrario. Ma ci sono oggi, più che mai, le risorse per procedere in un modo diverso. Mi sembra che la Compagnia abbia questo impegno molto importante per contribuire a sconvolgere questa situazione così ingiusta.

D. – Una Compagnia che ha testa – lei ha detto – ma anche cuore …

R. – Eh, certo! Sempre si parla della testa della Compagnia, del corpo. Ma anche, lo stomaco, il cuore … Tutto ci vuole per poter camminare. E il cuore è un po’ il simbolo del centro della persona, anche nella Bibbia. “Dove è il tuo cuore è il tuo tesoro”: allora, noi vogliamo mettere questo cuore nelle mani di Gesù.

D. – In un passaggio dell’omelia ha anche detto di fare attenzione alle trappole del linguaggio …

R. – Sì. Noi parliamo tante volte di collaborazione, ma tanti intendono che altri collaborino con noi. Mentre quello che intendevo dire in questo passo dell’omelia è questo: noi vogliamo diventare collaboratori degli altri. E questo è il modo di crescere veramente.

D. – L’America Latina è al centro, proprio, del cuore della Chiesa?

R. – No, l’America Latina è una parte del corpo della Chiesa. Ma mi sembra che, dopo il Vaticano II l’America Latina, abbia vissuto intensamente questo sforzo, come anche altre parti della Chiesa. Ma l’America Latina ha il cuore nostro, di fare questo sforzo di essere con la gente, di trovare Dio nel mistero dell’Incarnazione. Così trovi il Signore.

D. – Il Venezuela è un Paese che vive grandi tensioni …

R. – Il Venezuela è anche molto dentro il mio cuore. Io voglio, per il popolo del Venezuela, un mondo molto migliore di quello che c’è adesso. Mi aspetto che si possa arrivare a delle soluzioni politiche, non per la via della violenza, non per la via della guerra, ma con il dialogo, con lo sforzo di capirsi mutualmente, di riconoscersi gli uni gli altri. E mi  sembra che la Chiesa venezuelana voglia contribuire in questo dialogo, per trovare un modo di negoziare per trovare il bene comune.

Durante l'omelia il nuovo superiore generale, padre Arturo Sosa Abascal ha anche ricordato, che l'impegno della Compagnia di Gesù deve continuare ad essere caratterizzato da una straordinaria creatività intellettuale. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa della Santa Sede: 

R. – E’ stato un passo importante dell’omelia. La Compagnia di Gesù ha, storicamente, una vocazione ad un ministero, ad un servizio di Dio anche colto, anche profondo dal punto di vista culturale. E il fatto che padre Sosa abbia messo in rilievo che bisogna continuare, da parte della Compagnia, a sentirsi chiamati al servizio della Chiesa per un ministero di annuncio della fede - ma anche con profondità di comprensione delle situazioni del mondo di oggi, della realtà dell’uomo, della società, dell’avvenire di questo mondo - è molto significativo.

D. – Ha detto padre Sosa: “Noi Gesuiti non siamo soli: siamo accanto ai sofferenti”.

R. – Questo è un aspetto molto caratteristico, anche della stessa tradizione della Compagnia di Gesù dagli inizi. Quando Sant’Ignazio e i primi compagni incominciavano il loro cammino per l’Europa, di solito abitavano presso gli ospedali. Servivano i poveri e gli ammalati, mentre svolgevano anche servizi dal punto di vista culturale piuttosto impegnativi. Quindi, l’attenzione alla sofferenza, alla povertà, ai problemi concreti, fanno parte della nostra tradizione fin dall’inizio. E anche in Papa Francesco lo stiamo trovando tantissimo.

D. – E’ stata posta l’attenzione proprio sul mantenere e sviluppare il corpo della Compagnia di Gesù …

R. – Questa è tipicamente la missione di un padre Generale, che è superiore proprio di un ordine religioso che si sente unito nella missione, pur se impegnato in tante frontiere in tutti i Continenti. Io credo che la conservazione e la crescita della Compagnia di Gesù, oggi e domani, continuerà a dipendere anche dalla fedeltà alla radice profonda che le è stata donata da Dio e che continua ad essere il dono principale per la Chiesa già nel passato, ma anche oggi e anche domani. Cercare, trovare Dio in tutte le cose e come rispondere alla sua chiamata, compiere la sua volontà, collaborare con Lui al disegno di salvezza del mondo.

inizio pagina

Colombia. Vescovi: raggiungere presto accordo di pace definitivo

◊  

I vescovi della Colombia hanno ribadito il loro impegno per la riconciliazione e la costruzione della pace nel Paese in un documento divulgato ieri a conclusione della loro riunione straordinaria dedicata ad una riflessione sulla realtà nazionale. L’incontro si è tenuto dopo il risultato negativo del referendum sugli accordi di pace tra il governo e la guerriglia delle Farc, svoltosi il 2 ottobre. “Condividiamo con tutti i colombiani - si legge nel testo dei vescovi - l’anelito affinché si raggiunga presto un accordo definitivo con le Farc; abbiamo il desiderio che si metta fine al conflitto armato che ha insanguinato la nostra terra, così come ad ogni fattore che ha generato e ancora genera ingiustizia e violenza”.

I colombiani aspirano ad un futuro di pace
Il messaggio dei vescovi – intitolato “Tempo di responsabilità e di speranza” - afferma che “la Chiesa Cattolica non ha mai smesso e non smetterà mai di annunciare la pace e di lavorare per essa”. “Ascoltiamo il grido e siamo vicini alle speranze delle vittime, dei contadini e delle diverse etnie che hanno subito le conseguenze del conflitto nelle diverse regioni del Paese”, dicono i presuli, ricordando le innumerevoli persone, specialmente giovani, che aspirano profondamente ad un futuro di pace. “Interpretando il sentimento del popolo colombiano - assicurano i vescovi - chiediamo al governo e alle Farc di conservare indefinitamente la fine delle ostilità”.

Un progetto di unità nazionale che accolga tutti
L’episcopato ribadisce, poi, che la Chiesa cattolica, “lontana da ogni legame di partito”, continuerà a lavorare per il bene comune ed invita il Presidente della Repubblica, Juan Manuel Santos, e le istituzioni dello Stato ad “accogliere le proposte provenienti da diversi settori della società” per realizzare “un progetto di unità nazionale” che dia delle risposte concrete ai molteplici problemi del Paese. Tra le preoccupazioni principali, i vescovi pongono: la difesa della vita e della famiglia, l’educazione, la partecipazione politica, la solidità della democrazia e delle istituzioni, la lotta al narcotraffico, alla corruzione, l’impegno a superare le crisi del sistema sanitario, del sistema giudiziario, l’iniquità sociale e l’ideologia di genere.

Responsabilità e speranza
“È impossibile - affermano ancora i presuli colombiani - realizzare un progetto di Paese senza individuare e affrontare le cause dei mali che oggi ci affliggono”. In questo contesto, viene ricordato il messaggio “Artigiani della pace” pubblicato lo scorso luglio dall’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale nel quale i vescovi chiamano i colombiani a percorrere insieme il camino della riconciliazione e della pace con responsabilità e speranza. (A cura di Alina Tufani)

inizio pagina

Il commento di don Sanfilippo al Vangelo della Domenica XXIX T.O.

◊  

Nella 29.ma domenica del Tempo ordinario, ci propone il Vangelo in cui Gesù racconta una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: un giudice disonesto dà soddisfazione a una vedova che lo importuna con insistenza perché gli renda giustizia contro il suo avversario. Il Signore conclude:

«E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?​». 

 Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Sant’Agostino nella sua opera Il combattimento cristiano afferma che siamo, in guerra contro un avversario che dobbiamo, anzitutto, conoscere: il diavolo, ed avere la certezza della vittoria perché Gesù Cristo stesso lo ha dominato per primo insegnandoci ad usare le armi della luce. La prima arma è appunto la preghiera incessante che è necessaria, ricorda il Vangelo, facendovi ricorso senza stancarsi. Essa, poi, è articolata, si esprime con varie modalità e richiede delle disposizioni interiori che sono egualmente indispensabili. La conoscenza e la meditazione delle Scritture, ad esempio, costituiscono una preghiera efficacissima del cristiano contro l’avversario invisibile, il quale si adopera in tutti i modi per tenere lontana dalle nostre mani “una spada così affilata” (Ef 6,17). Una attitudine preziosa, infatti, è il desiderio di obbedire risolutamente alla parola di Dio. Altrettanto importante è presentarsi al cospetto del Signore senza giudizi, litigi e rancori verso chiunque, perché vanificherebbero ogni supplica e richiesta di aiuto. Infine, graditissima agli occhi dell’Altissimo è l’implorazione dell’intera comunità dei credenti che si rivolge a Lui in comunione e unità d’intenti, sostenendosi a vicenda come fecero Aronne e Cur che tennero in alto le braccia di Mosè nella fatica dell’orazione fino alla vittoria.

inizio pagina
Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 289

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.