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Sommario del 28/11/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: grazie a chi ha gestito Giubileo. Misericordia sia impegno quotidiano

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Gioia e gratitudine per il lavoro svolto, il Papa ha espresso agli organizzatori e ai collaboratori del Giubileo straordinario della Misericordia, ricevuti stamane nella sala Clementina in Vaticano, circa 400 persone che a vario titolo sono state impegnate per la buona riuscita dell’Anno Santo, appena concluso. Il servizio di Roberta Gisotti

Il primo grazie di Francesco è andato a “l’instancabile  mons. Rino Fisichella”, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, cui in particolare era affidata la gestione del Giubileo.

“In effetti, è stato un Anno denso, pieno di iniziative in tutta la Chiesa, dove si è potuto vedere e toccare con mano i frutti della misericordia di Dio”.

"La Porta della misericordia – ha constatato con gioia il Papa - aperta in tutte le cattedrali e nei santuari ha consentito che i fedeli non trovassero alcun ostacolo per sperimentare l’amore di Dio”.

“E’ successo qualcosa di veramente straordinario che ora richiede di inserirsi nella vita di ogni giorno per fare diventare la misericordia un impegno e uno stile di vita permanente per i credenti”.

Da qui la riconoscenza del Papa verso organizzatori e collaboratori per aver “reso possibile che questo evento di grazia si celebrasse in maniera ordinaria e sicura, con grande afflusso di pellegrini”, facendone “emergere il profondo valore spirituale".

Poi tanti attestati di stima per la sicurezza garantita dal Ministro italiano degli Interni, insieme al capo della Polizia e al questore di Roma, unitamente alla Gendarmeria vaticana; per la pianificazione offerta dalla Commissione bilaterale tra Santa Sede e Governo italiano; per la dedizione dimostrata dal Corpo della Guardia Svizzera e le altri istituzioni vaticane; per gli sforzi profusi dalla regione Lazio, specie per meticolosa programmazione sanitaria; per la supervisione offerta dalla Segreteria tecnica, presieduta del prefetto di Roma, che raccoglieva le diverse istanze amministrative, tra cui il Comune capitolino. Ultimo grazie ai volontari di tante parti del mondo per il loro lavoro “spesso silenzioso e discreto”.

Francesco, ha quindi concluso:
Se tu vuoi ottenere misericordia, devi tu stesso essere misericordioso. Queste parole di Sant’Agostino possano essere di conforto per tutti noi”.

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Papa agli scienziati: serve sistema normativo per protezione creato

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Si rende indispensabile con la collaborazione degli scienziati “creare un sistema normativo” che assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che si producano danni irreversibili. E’ quanto auspica Papa Francesco nel discorso ai circa 60 partecipanti alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, ricevuti stamani in Vaticano. La plenaria è riunita da venerdì scorso fino a domani alla Casina Pio IV, per riflettere sull’impatto delle conoscenze scientifiche sulla società umana e sul suo ambiente. Tanti gli scienziati di fama internazionale che vi partecipano. Il servizio di Debora Donnini

Si sta manifestando “una rinnovata alleanza fra la comunità scientifica e la comunità cristiana” per proteggere la casa comune minacciata “dal collasso ecologico” e dal conseguente aumento dell’esclusione sociale. Parte da questa considerazione il discorso del Papa su un tema centrale per lui, al quale ha dedicato l’Enciclica Laudato sì.

Il Papa elogia l'impegno degli scienziati per un nuovo equilibrio ecologico globale
E’ forte l’abbraccio del Papa agli scienziati. Considerando che “mai come nella nostra epoca è apparsa evidente la missione della scienza al servizio di un nuovo equilibrio ecologico globale”, Francesco elogia il loro operato:

“Mi rallegro del fatto che voi sentiate profondamente la solidarietà che vi lega all’umanità di oggi e di domani nel segno di tale sollecitudine per la madre terra. Un impegno tanto più degno di stima in quanto è pienamente orientato alla promozione dello sviluppo umano integrale, della pace, della giustizia, della dignità e della libertà dell’essere umano”.

La prova di questa sollecitudine sono anche i molteplici temi affrontati nella plenaria: “dalle grandi novità della cosmologia, alle fonti di energia rinnovabili, alla sicurezza alimentare, fino ad un appassionante seminario sul potere e i limiti dell’intelligenza artificiale”.

Serve un'assunzione di responsabilità verso il creato: non saccheggio ma collaborazione
Nella modernità si è cresciuti pensando di essere “padroni della natura” e “autorizzati a saccheggiarla senza alcuna considerazione delle sue potenzialità segrete e leggi evolutive” come se si trattasse di “materiale inerte a nostra disposizione”, producendo, tra l’altro “una gravissima perdita della biodiversità”. Il Papa spiega però che così non è. Serve invece un’assunzione piena di responsabilità verso il creato:

“In realtà, non siamo i custodi di un museo e dei suoi capolavori che dobbiamo spolverare ogni mattina, ma i collaboratori della conservazione e dello sviluppo dell’essere e della biodiversità del pianeta, e della vita umana in esso presente. La conversione ecologica capace di sorreggere lo sviluppo sostenibile comprende in maniera inseparabile sia l’assunzione piena della nostra responsabilità umana nei confronti del creato e delle sue risorse, sia la ricerca della giustizia sociale e il superamento di un sistema iniquo che produce miseria, disuguaglianza ed esclusione”.

Con la collaborazione degli scienziati creare un sistema normativo che assicuri la protezione del creato
Per Francesco spetta quindi anzitutto agli scienziati, “che operano liberi da interessi politici, economici o ideologici”, costruire un modello culturale per affrontare la crisi dei cambiamenti climatici e le sue conseguenze sociali affinché “le enormi potenzialità produttive non siano riservate solo a pochi”:

“Allo stesso modo in cui la comunità scientifica, attraverso un dialogo interdisciplinare al suo interno, ha saputo studiare e dimostrare la crisi del nostro pianeta, così oggi è chiamata a costruire una leadership che indichi soluzioni in generale e in particolare sui temi che vengono affrontati nella vostra plenaria: l’acqua, le energie rinnovabili e la sicurezza alimentare. Si rende indispensabile creare con la vostra collaborazione un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico producano danni irreversibili non solo all’ambiente, ma anche alla convivenza, alla democrazia, alla giustizia e alla libertà”.

La debole reazione della politica internazionale: se la politica si sottomette a tecnologia e finanza che cercano profitto
Il Papa mette in evidenza “la debole reazione della politica internazionale”, eccetto “lodevoli eccezioni”, e la facilità con cui vengono disattesi i consigli della scienza:

“La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza che cercano anzitutto il profitto è dimostrata dalla ‘distrazione’ o dal ritardo nell’applicazione degli accordi mondiali sull’ambiente, nonché dalle continue guerre di predominio mascherate da nobili rivendicazioni, che causano danni sempre più gravi all’ambiente e alla ricchezza morale e culturale dei popoli”.

Ci sono però anche segnali incoraggianti di un’umanità che vuole reagire e scegliere il bene comune. E quindi “il progetto dello sviluppo sostenibile e integrale” è in grado di dare agli scienziati un forte slancio di ricerca.

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Francesco: per incontrare Gesù, dobbiamo metterci in cammino

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La fede cristiana non è una teoria o una filosofia, è l’incontro con Gesù. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, all’inizio del Tempo di Avvento. Il Pontefice ha affermato che per incontrare davvero Gesù dobbiamo metterci in cammino con tre atteggiamenti: vigilanti nella preghiera, operosi nella carità ed esultanti nella lode. Il servizio di Alessandro Gisotti

Incontrare Gesù: è questa “la grazia che noi vogliamo nell’Avvento”. Papa Francesco ha incentrato l’omelia della Messa a Santa Marta sul tema dell’incontro con il Signore. Ha innanzitutto osservato che in questo periodo dell’Anno, la Liturgia ci propone numerosi incontri di Gesù: con sua Madre nel grembo, con San Giovanni Battista, con i pastori, con i Magi. Tutto questo, ha ripreso, ci dice che l’Avvento è “un tempo per camminare e andare incontro al Signore, cioè un tempo per non stare fermo”.

Preghiera, carità e lode: così incontreremo il Signore
Ecco allora che dobbiamo chiederci come possiamo andare incontro a Gesù. “Quali sono gli atteggiamenti che io devo avere per incontrare il Signore? Come – si chiede Francesco – devo preparare il mio cuore per incontrare il Signore?”.

“Nella preghiera all’inizio della Messa, la Liturgia ci segnala tre atteggiamenti: vigilanti nella preghiera, operosi nella carità ed esultanti nella lode. Cioè, devo pregare, con vigilanza; devo essere operoso nella carità – la carità fraterna: non solo dare un’elemosina, no; anche tollerare la gente che mi dà fastidio, tollerare a casa i bambini quando fanno troppo rumore, o il marito o la moglie quando ci sono difficoltà, o la suocera … non so … ma tollerare: tollerare … Sempre la carità, ma operosa. E anche la gioia di lodare il Signore: ‘Esultanti nella gioia’. Così dobbiamo vivere questo cammino, questa volontà di incontrare il Signore. Per incontrarlo bene. Non stare fermi. E incontreremo il Signore”.

Lì, però, ha soggiunto il Papa “ci sarà una sorpresa, perché Lui è il Signore delle sorprese”. Anche il Signore, ha detto, “non sta fermo”. Io, ha affermato, “sono in cammino per incontrarlo e Lui è in cammino per incontrarmi, e quando ci incontriamo vediamo che la grande sorpresa è che Lui mi sta cercando, prima che io incominci a cercarlo”.

Il Signore sempre ci precede nell’incontro
Questa, ha affermato, è “la grande sorpresa dell’incontro con il Signore. Lui ci ha cercato prima. Lui sempre è primo. Lui fa il suo cammino per trovarci”. E’ quello che è successo al Centurione:

“Sempre il Signore va oltre, va prima. Noi facciamo un passo e Lui ne fa dieci. Sempre. L’abbondanza della sua grazia, del suo amore, della sua tenerezza che non si stanca di cercarci. Anche, alle volte, con cose piccole: noi pensiamo che incontrare il Signore sia una cosa magnifica, come quell’uomo della Siria, Naaman, che era lebbroso: e non è semplice … E anche lui ha avuto una sorpresa grande del modo di agire di Dio. E il nostro è il Dio delle sorprese, il Dio che ci sta cercando, ci sta aspettando, e soltanto chiede da noi il piccolo passo della buona volontà”.

Noi, ha ripreso, dobbiamo avere la “voglia di incontrarlo”. E poi, Lui “ci aiuta”. Il Signore, ha ribadito, “ci accompagnerà durante la nostra vita”. Tante volte, è stata la sua riflessione, “ci vedrà allontanarci da Lui, e Lui aspetta come il Padre del Figliol prodigo”.

La fede non è sapere tutto della dogmatica, ma incontrare Gesù
“Tante volte – ha soggiunto – vedrà che vogliamo avvicinarci e Lui esce al nostro incontro. E’ l’incontro con il Signore: questo è l’importante! L’incontro”. “A me – ha rammentato Francesco - sempre ha colpito quello che Papa Benedetto aveva detto, che la fede non è una teoria, una filosofia, un’idea: è un incontro. Un incontro con Gesù”. Altrimenti, se non hai “incontrato la sua misericordia” puoi anche “recitare il Credo a memoria, ma non avere fede”:

“I dottori della Legge sapevano tutto, tutto della dogmatica di quel tempo, tutto della morale di quel tempo, tutto. Non avevano fede, perché il loro cuore si era allontanato da Dio. Allontanarsi o avere la volontà di andare incontro. E questa è la grazia che noi oggi chiediamo. ‘O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro al Tuo Cristo’, con le buone opere. Andare incontro a Gesù. E per questo ricordiamo la grazia che abbiamo chiesto nella preghiera, con la vigilanza nella preghiera, la operosità nella carità ed esultanti nella lode. E così incontreremo il Signore e avremo una bellissima sorpresa”.

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Papa riceve premier Irlanda: al centro sfide dell’Europa

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Papa Francesco ha ricevuto oggi in udienza il primo ministro d’Irlanda, Enda Kenny. Durante il colloquio, informa una nota della Sala Stampa Vaticana, si è evocato “lo storico legame tra la Santa Sede e l’Irlanda”, e si è “sottolineato il costante contributo assicurato dalla Chiesa cattolica in campo sociale ed educativo”. Ci si è, inoltre, soffermati “sull’importanza del ruolo dei cristiani nello spazio pubblico, soprattutto nella promozione del rispetto della dignità di ogni persona, a cominciare da quelle più deboli e indifese”. La conversazione, prosegue il comunicato, “è quindi proseguita con uno scambio di vedute sull’Europa, con particolare riferimento al fenomeno migratorio, all’occupazione giovanile e alle principali sfide che il continente è chiamato ad affrontare, dal punto di vista politico ed istituzionale”.

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Morte padre Kolvenbach. Papa: generoso servitore del Vangelo

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Cordoglio di Papa Francesco per la morte di padre Hans Kolvenbach, già preposito generale della Compagnia di Gesù dal 1983 al 2008, morto sabato scorso all’età di 87 anni. In un telegramma indirizzato al preposito generale dei gesuiti, padre Arturo Sosa, il Papa ricorda “l’integra fedeltà” di padre Kolvenbach “a Cristo e al suo Vangelo”, “congiunta a un generoso impegno nell’esercitare con spirito di servizio il proprio ufficio per il bene della Chiesa”. Il Papa assicura dunque le sue preghiere per i confratelli gesuiti e a quanti “condividono la tristezza per questo lutto”.

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Simposio degli Economi: linee operative per il futuro

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Si è concluso ieri il Secondo Simposio Internazionale sull'economia organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita Apostolica presso l’Auditorium della Pontificia Università Antonianum. Ieri mattina il card. João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione, si è rivolto ai presenti indicando nuovi cammini di speranza che si sono aperti per i consacrati e le consacrate come frutto dell'Anno della Vita Consacrata. «La speranza di cui parliamo - ha detto - non si fonda sui numeri o sulle opere, ma su Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia e per il quale nulla è impossibile». Forte è stato anche l'appello a camminare insieme nell'ascolto di Dio e nella sinodalità.

I consacrati devono anteporre l’essere all’avere
Nel suo cammino, «la persona consacrata si sente chiamata ad anteporre l’essere all’avere, lo stare davanti a Dio rispetto al fare per Dio. I voti rendono capaci di assumere il modo di esistenza di Cristo stesso in cui tale "stare" diventa dono di sé, fecondo nella reciprocità dei discepoli» - ha spiegato suor Nicla Spezzati, sottosegretario della Congregazione nel corso della sua relazione. «Pensare l’economia significa essere inseriti nel processo di umanizzazione, che ci rende, per dirla con i latini, humanissimi, ossia persone nel senso più pieno del termine consapevoli di se stesse e della propria relazione-missione nel mondo: “io sono una missione sulla terra e per questo mi trovo in questo mondo” (EG 273)». 

L'attenzione alla scelta di vicinanza e inserimento tra i poveri e di impegno per la giustizia
«Amministrare la nostra condizione umana con saggezza, nell’obbedienza delle sue leggi intrinseche e della vocazione ricevuta è la prima economia a fondamento della vita consacrata», ha detto la religiosa, sottolineando come una costante magisteriale sia l’attenzione alla scelta di vicinanza e inserimento tra i poveri e di impegno per la giustizia. «Un religioso non può essere dedicato ad opere di giustizia sociale e ad alleviare il disagio dei poveri, senza che la propria vita tenda ad una effettiva povertà; così non si può coltivare una povertà individuale e comunitaria che non si esprima anche in una vicinanza ai bisognosi».

I criteri alla base delle future scelte operative
Ieri pomeriggio, mons. José Rodríguez Carballo, arcivescovo Segretario della Congregazione, ha indicato i criteri che devono essere alla base delle future scelte operative: Fedeltà al carisma: uso delle opere e delle risorse dell’Istituto al servizio del carisma. Tutela dei beni ecclesiastici: salvaguardia del patrimonio stabile (e, quindi, del complesso dei beni necessari per garantire l’autosufficienza economica e la sopravvivenza dell’Istituto, nonché per agevolare il conseguimento dei suoi fini). Sostenibilità delle opere: intesa come necessità di esame preventivo e verifica in merito alla capacità delle opere di mantenere, nel contempo, fedeltà al carisma ed equilibrio economico. Capacità di render conto: indicare gli obiettivi e specificare le modalità operative per raggiungerli; rispetto della disciplina canonica e civile; attitudine a rendere conto dei risultati di gestione. Povertà: uso dei beni secondo le finalità a cui sono destinati; distacco da una concezione proprietaria dei beni. «Da tali criteri - ha concluso - possono essere ricavate alcune indicazioni operative, da declinare secondo le specifiche caratteristiche degli Istituti, con particolare riferimento a natura e attività svolte, dimensione e articolazione, contesto territoriale di operatività, legislazione statuale applicabile e scelte organizzative adottate». (V.T.)

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Altre udienze e nomine di Papa Francesco

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Le udienze e nomine di Papa Francesco. Consulta il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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In libreria "Il Decalogo del Buon Comunicatore secondo Francesco"

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Arriva in libreria, in questi giorni, “Il Decalogo del Buon Comunicatore secondo Papa Francesco”. Il nuovo libro del nostro collega Alessandro Gisotti rintraccia 10 buone regole che, secondo lui, Francesco ci dà per una comunicazione che crei ponti e non muri, non distruzione ma relazioni. Edito da Elledici, il volume di agile lettura è arricchito dalla prefazione del cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis. I diritti d’autore andranno interamente in beneficenza alle Missioni Don Bosco. Il servizio di Debora Donnini

Il Papa non sapeva che Vinicio non fosse contagioso quando lo ha abbracciato. L’uomo coperto da escrescenze per una neurofibromatosi, rifiutato dalla gente per il suo corpo deturpato, incontra l’amore perché Francesco non ci pensa due volte a stringerlo fra le braccia, restituendogli dignità. E’ questa forse una delle immagini riportata dal libro di Alessandro Gisotti, che esprime meglio l’intento del volume: far capire come il Papa comunica e insegna a comunicare. A spiegare che il contesto di una vera comunicazione è il “patto”, è nella prefazione il card. Luis Antonio Tagle. Un concetto centrale su cui l’arcivescovo di Manila si è soffermato anche in un recente incontro presso “Civiltà Cattolica”:

“È molto importante avere strategie di comunicazione. Ma attenzione: quando la comunicazione diventa solo strategia non è comunicazione, diventa manipolazione. Nella Bibbia, il contesto della vera comunicazione è il Patto di Dio con l’uomo, il patto dell’uomo con la donna, il patto fra le persone in una comunità. È questo il senso della comunicazione dobbiamo portare nel mondo dei Social media”.

“Comunicare con tutti, senza esclusione”, “Non spezzare mai la relazione e la comunicazione”, “Generare una prossimità che si prenda cura”: sono alcuni dei “comandamenti” indicati da Francesco, secondo l’autore del libro che associa ad ognuno un’immagine: dalla telefonata di Francesco a Pietro Maso fino all’incontro nei giardini vaticani con Shimon Peres e Abu Mazen. Sentiamo Alessandro Gisotti:

“Questo piccolo volume che ho voluto offrire a chi lo vorrà leggere, vuole proprio essere questo: un 'codice della mente e del cuore', che vada aldilà degli articoli o dei comma di legge, e che cerchi di riappropriarsi del senso vero della comunicazione. Il card. Tagle, nella prefazione del mio libro, sottolinea che questo è l’intento del volume, cioè andare attraverso il Magistero di Francesco, anzi guidati da Papa Francesco, al cuore della comunicazione e, al cuore della comunicazione, c’è la persona. Francesco ci dice dunque che se non stiamo creando ponti, se non stiamo abbattendo muri, in realtà non stiamo proprio comunicando! Quindi l’atto del comunicare per essere davvero tale, deve veramente creare la relazione, sanare laddove ci sono ferite ed orientare verso processi di riconciliazione”.

Borges, Manzoni, Shakespeare: sono tante le citazioni colte, che vengono declinate in modo concreto nel libro, cioè associate ai gesti del Papa che, come spesso rilevato, comunica con le parole non meno che con i gesti. Non a caso McLuhan diceva: “Il mezzo è il messaggio”. La parola chiave è infatti prossimità perché comunicazione e misericordia si incontrino. Ancora Gisotti:

“Nel primo messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali c’è questa originalità: il Papa ha paragonato il buon comunicatore al Buon Samaritano. Sostanzialmente ha detto che il modello per un giornalista, per un comunicatore di professione, è il Buon Samaritano. Questo ha colpito me come credo abbia colpito molti di noi, nella comunità di comunicatori, perché Francesco sottolinea che il Samaritano passa dal chiedersi: ‘Chi è il mio prossimo?’ al farsi prossimo a tutti e ad ognuno. Questo ha molto a che vedere con la comunicazione. Non a caso Francesco definisce il potere della comunicazione come il potere della prossimità. Questo, chiaramente, implica una cura del linguaggio, delle parole che sono “esseri viventi”, come diceva Victor Hugo. Quindi questo tema della prossimità è presente non solo nella sua azione pastorale ma proprio nell’esortazione che rivolge ad ogni tipo di comunicazione non solo professionale ma anche della vita; pensiamo alla famiglia, pensiamo a quel ‘permesso, scusa, grazie’. Tre parole così semplici che danno proprio il senso di una prossimità nella vita quotidiana”.

A prima vista “Il Decalogo del Buon Comunicatore” sembra un libro per giornalisti o addetti alle comunicazioni. Ma non è così. E’ un testo che si legge tutto d’un fiato: stimola il desiderio di andare oltre le proprie debolezze, oltre quella reazione istintiva assetata di identificare il nemico o il diverso, per poter invece comunicare così, come con quell’abbraccio del Papa a Vinicio.

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Oggi in Primo Piano



Siria: Unicef, mezzo milione di bambini sotto assedio

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Ancora combattimenti ad Aleppo, seconda città della Siria. Le forze governative hanno annunciato di aver conquistato un altro quartiere della parte est, a lungo nelle mani dagli insorti, tagliando di fatto in due l’area ancora controllata dai ribelli. Migliaia di civili intanto continuano a lasciare la zona: quasi in 10.000 sarebbero fuggiti nel week end verso i distretti sotto il controllo dei lealisti o dei peshmerga curdi. E si aggrava l’emergenza per i bambini: l’Unicef denuncia come il numero di quelli che vivono sotto assedio sia raddoppiato in meno di un anno. Ce ne parla Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, intervistato da Giada Aquilino

R.  – Abbiamo 500 mila bambini che vivono in 16 aree assediate, praticamente in tutto il Paese, tagliati fuori dagli aiuti umanitari e dai servizi di base. Il dato che ci sconcerta è che per milioni di civili, non soltanto bambini, la vita è di fatto un incubo. Questi piccoli vengono uccisi, feriti e hanno paura di andare a scuola o a giocare; vivono con poco cibo, quasi nessuna medicina. In alcune aree sono costretti a cibarsi di piante, di foglie, oppure purtroppo di carcasse di animali. Ci sono comunità che hanno ricevuto pochissimi aiuti in due anni. Ad Aleppo est noi stimiamo che ci siano 100 mila bambini che vivono sotto assedio. E spesso vivono - e giocano - in seminterrati di scuole o ospedali. Questo conflitto sta entrando nel suo sesto anno e abbiamo rinnovato il nostro appello a tutte le parti affinché si tolgano questi assedi nell’intera Siria, per consentire perlomeno l’ingresso degli aiuti umanitari incondizionati e continui nel Paese.

D. – Quali sono i maggiori pericoli per i bambini?

R. –  Se giocano all’aperto o in aree che sono state precedentemente bombardate si trovano a rischio di mine, di bombe inesplose oppure c’è il pericolo che possano essere bombardati essi stessi quando sono a scuola. Questa ormai è una guerra che non tiene più conto di nulla. Si bombardano indifferentemente le scuole, gli ospedali, addirittura gli aiuti. Non ci sono luoghi sicuri. Ci raccontavano i nostri operatori che ci sono degli scantinati collegati l’uno con l’altro, dove sono stati allestiti dei parchi giochi per i bambini sotto terra. Ci sono addirittura 200 bambini al giorno! Ed esistono delle scuole che, in maniera sotterranea, fanno lezione per i bambini, come a dire che fuori la situazione è davvero terribile.

D. – I civili sono in fuga da Aleppo, dove le forze lealiste stanno riconquistando diversi quartieri cruciali. Di quale assistenza hanno bisogno?

R. - Hanno bisogno di tutto. Sicuramente aiuti di prima necessità e servizi igienici, ma anche assistenza psicologica. Noi siamo particolarmente preoccupati perché quelli che fuggono nella parte ovest dovranno anche sottoporsi a dei controlli estremamente rigidi e complessi da parte delle truppe lealiste: questo ci auguriamo avvenga nel rispetto del diritto umanitario, di tutti i protocolli che sono stati firmati fino ad oggi. I racconti che ci arrivano, parlano di una popolazione stremata e di bambini che purtroppo non solo portano delle ferite fisiche ma anche psicologiche e hanno bisogno di aiuto in questo senso.

D. – In queste ore sui social network rimbalza il tweet della bambina siriana, Bana Alabed, che con l’aiuto della mamma dice che ad Aleppo est la situazione è drammatica, ci sono tanti bombardamenti: “siamo tra la vita e la morte”, afferma. Qualche anno fa ci fu il caso di Aylan che scosse l’opinione pubblica internazionale. Dopo Aylan, è successo poco dal punto di vista diplomatico…

R. – Non servono foto, non servono tweet, non servono immagini e non servono indignazioni del giorno dopo, che durano ormai il tempo che trovano. Serve uno sforzo della comunità internazionale, una presa di coscienza che quello che sta accadendo è l’evento peggiore dalla Seconda Guerra Mondiale, peggio ancora della guerra in Bosnia. Servono fatti, un percorso che porti a una pace concreta. E la pace purtroppo implica soluzioni e la comunità internazionale non ne ha. Siamo tutti responsabili di questo disastro e di questo massacro. La voce di questa bambina è soltanto l’ultima delle voci che, da sei anni, si levano ogni giorno da milioni di bambini.

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Francia: netta vittoria di Fillon alle primarie repubblicane

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Con il 68% delle preferenze, il conservatore François Fillon ha vinto il ballottaggio per le primarie della destra repubblicana francese contro Alain Juppé. "Difenderò i valori  francesi, ristruttureremo il Paese e combatteremo l’estremismo” ha detto il candidato alla l’Eliseo del fronte gollista. Acque agitate nei socialisti, con il primo ministro Valles che non esclude di presentarsi alle primarie contro il Presidente Hollande. “Se Valles si candida lasci il governo” ha ammonito il portavoce dell’esecutivo. Ma chi è François Fillon e quali prospettive si aprono per le presidenziali di aprile? Marco Guerra lo ha chiesto a Antonio Villafranca, responsabile del programma Europa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi): 

R. – Fillon proviene da una famiglia di tradizione cattolica e gaullista, però ha immediatamente sottolineato di avere una visione molto laica della politica. La sua è una destra relativamente moderata e liberista. Nel suo programma ci sono tante riforme circa il mercato del lavoro, come ad esempio abbandonare le 35 ore, una riduzione del numero degli impiegati pubblici – circa mezzo milione – un aumento dell’età pensionabile, ma non c’è dubbio che lo scoglio principale per lui sarà quello di realizzare le riforme nel mercato del lavoro, cosa in cui non è riuscito Hollande.

D. - Sembra una proposta molto lontana da quella incarnata da Marine Le Pen. Che differenze ci sono tra il Front National e il fronte Gaullista e anche con la sinistra che sembra, almeno dai sondaggi, destinata ad una sconfitta?

R. - Rispetto a Le Pen le differenze sono notevoli. Non è un caso che temi come i terrorismo e sicurezza non sono stati il cavallo di battaglia di Fillon. Lui è convinto che se l’economia riparte, se la Francia torna ad essere un Paese che cresce, gli altri problemi, anche quelli di sicurezza e terrorismo, potranno essere affrontati con maggiore calma. Quindi diciamo che questo è un punto notevolmente differente rispetto alle posizioni più estreme di Le Pen. Rispetto alla sinistra è evidente che è un programma alternativo perché liberista, però si avvicina anche ad esempio a quello di Macron che proprio dal governo di sinistra di Valls è uscito da poco per formare il proprio partito “In marcia”.

D. - Quindi quali prospettive si aprono per le elezioni presidenziali di aprile prossimo? Avremo uno scenario simile a quello del 2002, quando la sinistra votò in massa Chirac per non far vincere Le Pen padre?

R. - Il fatto stesso che Fillon si posizioni in un segmento di destra moderata, potrebbe far sì che ovviamente su di lui convergano nel secondo turno i voti dei moderati e di una parte della sinistra. Ma per quello che è accaduto con la Brexit e con l’elezione di Trump sarei molto cauto nel pensare che quello che è successo con Le Pen padre possa succedere con la figlia, cioè che il centro e la sinistra si coalizzino al secondo turno per evitare l’elezione di Le Pen. Le Pen figlia è diversa da Le Pen padre, ma soprattutto la Francia di oggi è diversa. Quindi questi parallelismi abbastanza semplici non dovrebbero più essere fatti perché veramente la situazione è molto diversa e anche al secondo turno non si può dare per scontato che Le Pen non ce la possa fare.

D. - Nel contesto europeo si vanno affermando di movimenti cosiddetti populisti, sovranisti. Che ripercussioni ci possono essere dal voto francese nel resto dell’Europa?

R. - Il 2017 è sicuramente un anno cruciale perché in attesa di capire quello che succederà in Italia, si vota in Francia e in Germania, quindi nei due Paesi principali. In Germania la situazione sembra un po’ più chiara, soprattutto dopo l’ufficializzazione della ricandidatura da parte della Merkel; è molto probabile che la Germania vada verso una nuova grande coalizione. Per quanto riguarda la Francia - come abbiamo detto prima - ci sono dei punti di domanda, però è evidente che in questi due Paesi se c’è un segnale di stabilità in cui i partiti tradizionali tengono ancora, questo avrebbe ovviamente un effetto positivo anche sugli altri Paesi e sulla crescita dei movimenti populisti anche negli altri Paesi europei.

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Cuba. Prof. Baggio: alleanza politica-esercito garantisce stabilità

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Da oggi Cuba si prepara a vivere una settimana di lutto nazionale. Le ceneri di Fidel Castro percorreranno l'isola, da Oriente a Occidente, toccando i luoghi che hanno scandito la storia della rivoluzione. Fino a raggiungere Santiago de Cuba dove domenica 4 dicembre, si svolgeranno i funerali di Stato e le ceneri riposeranno in un mausoleo. Nell’Isola, intanto, in segno di lutto nazionale, i locali sono chiusi, le partite di baseball sospese, l’alcol e la musica vietati. Sulla figura di Fidel Castro e sul futuro di Cuba, Luca Collodi ha raggiunto a L'Avana il politologo Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia Politica all’Università ‘Sophia’ di Loppiano (Firenze) e collaboratore della Chiesa cubana per la formazione dei laici impegnati nel sociale. 

R. – Quello di Fidel Castro è stato un ruolo di grandissima importanza, prima nel contesto latinoamericano e delle due Americhe e poi mondiale, dato che tutto il mondo viveva una contrapposizione tra due sistemi e Cuba – pur essendo estremamente piccola, una terra ridotta – ha avuto un ruolo importante dal punto di vista ideologico.

D. – Per alcuni, Castro è stato un dittatore, per altri un eroe…

R. – Sì, è vero. Per cercare di dare un’idea di quello che è stata la rivoluzione, posso ricordare un aneddoto. Una suora colombiana, suor Rocio, che incontrai ad Haïti, mi disse che era a Cuba nel momento in cui entravano a L’Avana i barbudos, cioè i rivoluzionari, e aveva schierato – lei era in una scuola cattolica – tutti i bambini con la bandiera cubana per salutare i rivoluzionari. Quindi, il regime che veniva abbattuto attraverso l’azione di Castro e dei suoi, era un regime inviso a tutta la popolazione, perché sostenuto dagli Stati Uniti d’America che allora avevano una lunga tradizione di sfruttamento coloniale nell’Isola. Tutto ciò che non era consentito alla mafia negli Stati Uniti, lo si poteva fare a Cuba. Quel tipo di regime era quindi insostenibile e forse possiamo dire che quella rivoluzione, in qualche modo, doveva essere fatta. E divenne il simbolo, anche, di una possibilità per Davide di sconfiggere Golia.

D. – La morte del ‘líder máximo’ non era inattesa. Cosa succederà ora?

R. – Certamente c’è attesa per come potranno andare le cose. Dobbiamo dire che in questi ultimi anni la presenza di Raúl Castro, il fratello, che viene dall’esercito, può garantire l’adesione e la continuità da parte delle Forze armate che sono sicuramente l’organizzazione più strutturata che esista a Cuba in questo momento. Resta, quindi, questa alleanza tra politica ed esercito che garantisce una certa stabilità. Bisogna vedere stabilità per che cosa. Cuba si è aperta e credo che si sia preparata anche a gestire la situazione dopo la morte di Fidel e dopo il ritiro di Raúl, ritiro che è già stato stabilito ed è abbastanza prossimo. Il problema è noto: si tratta del passaggio di un Paese a economia socialista ad un’economia di tipo diverso, perché l’economia socialista non ha dato buona prova di sé in nessuno dei Paesi nei quali è stata installata. Poi c’è la questione dell’embargo, stabilito nel 1960 dopo che le imprese cubane furono nazionalizzate: gli Stati Uniti risposero a questo atto del governo di Cuba con l’embargo, con la chiusura. L’embargo è stato sostanzialmente inutile perché in tutto questo periodo a Cuba hanno continuato a entrare le merci, tutto ciò che, chi aveva potere e denaro, poteva comunque assicurarsi, mentre venivano danneggiati i poveri. Ma l’embargo è stato anche una scusa per dire: le difficoltà noi le viviamo perché esiste l’embargo, mentre probabilmente – come ci dice anche la storia degli altri regimi socialisti – le difficoltà sono intrinseche al sistema, cioè la privazione della libertà di poter scambiare i beni che si producono.

D. – I media quanto hanno contribuito, nel bene e nel male, a costruire la figura di Castro?

R. – Sono stati importantissimi fin dall’inizio, fin da prima dell’esito vittorioso della rivoluzione. Il punto di riferimento più importante è proprio un’intervista per il “Times” fatta da Herbert Lionel Matthews: la firma di Castro sul testo a mano dell’intervista è del 17 febbraio del ’57. In questa intervista per il “Times” Castro presenta se stesso, non come comunista ma come un nazionalista, un anti-imperialista, che vuole liberare il suo Paese da un regime corrotto e un democratico. Questo è l’inizio della costruzione di una figura di Castro che poi cambierà. La stessa stampa statunitense, che è a favore di Castro durante la rivoluzione, poi si trova a fare i conti con le esecuzioni sommarie che seguono immediatamente la presa del potere e con  l’impostazione di un regime che certamente non rispettava le formalità democratiche.

D. – L’elemento religioso che ruolo ha avuto in Castro?

R. – Sappiamo che ha avuto un’educazione religiosa; ha avuto una buona formazione; questo si può dire, perché lì, nel collegio dei Gesuiti a Santiago, si dava una buona formazione. Poi, su quello che lui creda o non creda, non si può entrare. Certamente, in qualche modo ha avuto degli appoggi di alcune figure della Chiesa quando ancora stava combattendo la sua rivoluzione. Il Santuario del Cobre, che è il Santuario della Virgen de la Caridad, che è la Patrona di Cuba, lo ha ospitato quando scappava. Poi le cose sono cambiate, perché nel maggio 1961 fu ordinata la chiusura di tutti i collegi religiosi e tuttora la Chiesa subisce molte restrizioni nell’Isola, anche se le cose sono andate progressivamente migliorando. E’ difficile pronunciarsi su processi che sono in corso. A mio parere, a Cuba c’è una possibilità di azione costruttiva che va colta fino in fondo. Penso che questo tipo di dialogo della vita, dialogo sulle cose che si possono realizzare, se fosse accompagnato anche da una maggiore decisione nell’apertura all’iniziativa privata da parte del governo, sia la strada da percorrere nel prossimo futuro dell’isola.

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R.D. Congo, in 20 anni oltre 4 milioni di bimbi orfani di almeno un genitore

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Negli ultimi 20 anni, nella Repubblica democratica del Congo più di 4 milioni di bambini hanno perso almeno un genitore a causa delle violenze, che ciclicamente si registrano nel Paese. Difficilissima è la situazione umanitaria in questo Stato africano, dove lo scoppio della guerra civile del 1998, l’attuale instabilità politica e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse hanno generato negli anni conseguenze terribili per i minori, vittime silenti di un conflitto che ha prodotto una crescita esponenziale dei bambini di strada. Orfani di guerra, ex bambini soldato, o abbandonati dalle famiglie perché accusati di stregoneria da predicatori locali, sono milioni i minori fortemente a rischio. Elvira Ragosta ha intervistato Valentina Griffini, responsabile dei progetti di sostegno a distanza dell’Associazione Ai. Bi. Amici dei Bambini, che porta avanti diversi progetti di assistenza e recupero di minori sul territorio: 

R. - È veramente una situazione tragica che passa sotto silenzio, però i numeri sono allarmanti; si parla veramente di milioni di bambini che sono in stato di necessità, quindi hanno bisogno di qualsiasi cosa: dalle cure mediche all’alimentazione. La situazione di instabilità politica sicuramente non aiuta e di conseguenza spesso i bambini rimangono gli ultimi degli ultimi; hanno veramente bisogno di tutto.

D. – Guerra e povertà sono le cause, ma quali i rischi per questi bambini?

R. - Abbiamo casi di morti per malnutrizione, per mancanza di cura rispetto a malattie come la malaria; ci sono colera, tifo, … C’è poi il problema dei bambini che vivono in strada. Solo a Kinshasa si parla di sette milioni di bambini di strada esposti a qualsiasi rischio: entrare nella criminalità organizzata, trovarsi a vivere quella che non dovrebbe essere l’infanzia di un bambino, quindi doversi procurare il cibo, doversi curare di sé, …Insomma c’è ancora una buona parte di bambini che si trova in strada perché si crede siano bambini stregoni , i cosiddetti “shegué “; sono bambini che vengono allontanati dalla famiglia proprio perché nella credenza tradizionale hanno provocato eventi negativi, come ad esempio, il licenziamento del padre. La povertà sicuramente è una realtà concreta, pur essendo uno dei Paesi che possiede una quantità di ricchezze elevatissima.

D. - Quali sono i progetti che l’associazione “Amici dei bambini” porta avanti nella Repubblica democratica del Congo?

R. - Il nostro programma di sostegno all’infanzia è volto ad aiutare questi bambini che non hanno figure genitoriali di riferimento e che quindi vengono accolti presso strutture di accoglienza. Le attività principali sono: il sostegno alimentare, scolastico - perché è molto importante non dimenticare che i bambini saranno i cittadini del futuro, quindi anche loro hanno diritto ad un’istruzione -, interventi sanitari, quindi la presenza dello psicologo, perché alcuni bambini hanno subito traumi, hanno visto episodi di violenza o li hanno vissuti, così come interventi di tipo medico per fare in modo che anche questi bambini abbiano l'accesso al diritto alla salute.

D. - Quanto è importante la collaborazione di specialisti e volontari locali nel portare avanti queste attività?

R. - È fondamentale. Questi progetti e questi interventi per essere efficaci hanno bisogno di non essere calati da una realtà diversa, ma devono essere partecipati.

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Venezuela: il governo confisca le medicine donate alla Caritas

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“Caritas Venezuela, da luglio 2016, ha monitorato ed eseguito ogni procedura prevista dalla legge per il ritiro della donazione ricevuta”. Con queste parole, la Commissione di Giustizia e Pace della Conferenza episcopale venezuelana contesta, in un comunicato, la disposizione del governo di confiscare un carico di medicinali e supplementi alimentari donati all’istituzione religiosa per presunte irregolarità burocratiche. La settimana scorsa, il Servizio nazionale d’Amministrazione tributaria e doganale (Seniat), ha pubblicato nell’account di Twitter, che il carico indirizzato a Caritas Venezuela era stato dichiarato irricevibile per non avere presentato la documentazione richiesta entro i 30 giorni previsti dalla normativa. E aggiunge che “la dogana principale de La Guaira ha aggiudicato la merce all’Istituto Venezuelano dei Servizi Sociali (Ivss)”

Vescovi: “Abbiamo agito nel rispetto delle normative e della legge”
Il comunicato della Commissione episcopale spiega che il 5 agosto 2016 ha comunicato al Seniat (Servizio di amministrazione tributaria e doganale) e alle autorità del Ministero della Sanità l’imminente arrivo di un container con 525 scatole di medicinali e 92 scatole di supplementi alimentari. D’allora sono iniziati le procedure per la documentazione ed i permessi richiesti per l’ingresso della merce che  è arrivata il  23 agosto al Porto principale de La Guaira. “Abbiano agito nel rispetto della legge – si legge nel comunicato-, abbiamo seguito le normative e ascoltato ogni raccomandazione affinché il ritiro della donazione proveniente da Caritas Cile potesse arrivare a buon fine”.

Evitare la politicizzazione del tema degli aiuti umanitari.
Il comunicato dei vescovi invita i cittadini, i funzionari, gli osservatori e le Ong a sollecitare ancora una volta allo Stato di facilitare l’ingresso di medicinali e di alimenti provenienti dalla cooperazione solidaria di altri Paesi. I vescovi chiedono ai leader nazionali di evitare di “politicizzare il tema” degli aiuti umanitari e di “agire a favore di chi soffre senza distinzioni di colore o di partito politico”. In questo contesto la Commissione episcopale chiama il governo a cercare soluzioni tempestive alle difficoltà generate dalla carenza di alimenti e di medicine. Anche la raccomandazione dei vescovi all’Ivss “di dare buon uso e distribuire in maniera equa i medicinali donati a questa istituzione fiduciosi del loro buon servizio”

Incorporare l’aiuto umanitario al dialogo governo- opposizione
​Infine, il comunicato dei vescovi ha chiesto nuovamente di inserire il tema degli aiuti umanitari o “canali di solidarietà” nella agenda del dialogo in corso tra governo e opposizione con la facilitazione del rappresentante della Santa Sede e altri leader politici internazionali. Il dialogo è iniziato lo scorso 30 ottobre e il prossimo appuntamento è previsto per il 6 dicembre. (A cura di Alina Tufani)

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Card. Sandri: uccisione don Santoro ha fatto germogliare beni spirituali

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“Quanto è accaduto quel 5 febbraio di dieci anni fa nella chiesa di Trabzon ha commosso e ferito ben al di là dei confini della diocesi di Roma e del vicariato di Anatolia in Turchia, ma è una ferita da cui sta germogliando bene spirituale per molti, come ha ricordato anche Papa Francesco nel corso di una Udienza generale. Su questi segni dello Spirito la Chiesa di Roma è chiamata a interrogarsi e riflettere, ma ciascuno di noi deve alimentare la fiammella accesa nel cuore dal Signore anche grazie al sacrificio di don Andrea”. Sono le parole del card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante la Celebrazione Eucaristica che ha presieduto ieri nella Basilica di Santa Croce di Gerusalemme a Roma, a conclusione delle iniziative indette nel X anniversario della morte di don Andrea.

Aveva fondato l’Associazione “Finestra per il Medio Oriente”
Don Andrea Santoro, parroco e poi sacerdote Fidei donum della diocesi di Roma - riporta l'agenzia Fides - venne ucciso a Trabzon, in Turchia, il 5 febbraio 2006 mentre era raccolto in preghiera nella chiesa di Sancta Maria Kilisesi, che gli era stata affidata. Nel 2003 aveva fondato l’Associazione “Finestra per il Medio Oriente”: un gruppo dedicato allo studio, alla preghiera ed al dialogo per far incontrare il mondo occidentale ed il Medio Oriente.

Delineati i tratti del suo profilo di uomo, credente, pastore e testimone del Vangelo
Il card. Sandri ha sottolineato nella sua omelia che don Andrea “ha saputo accendere il fuoco della Parola di Dio e della carità nelle comunità che ha guidato, ma ha voluto ripercorrere a ritroso la via delle scintille apostoliche che ci hanno portato il Vangelo, recandosi lui stesso, come sacerdote fidei donum di questa diocesi, in Oriente. Gli appuntamenti che sono stati organizzati in collaborazione col vicariato di Roma in questo anno ci hanno consentito di mettere a fuoco i tratti salienti del suo profilo di uomo, credente, pastore e testimone del Vangelo”.

Grazie alla sua testimonianza molti hanno voluto ripercorrerne i passi verso Oriente
​In questi dieci anni trascorsi dalla sua morte violenta, molti hanno voluto conoscere e approfondire la sua figura e la sua spiritualità, “ma ciò che colpisce – ha sottolineato il cardinale - è come anche persone che non avevano mai avuto nulla a che fare con lui si sono avvicinate, o qualcuno, come sacerdote, ha voluto ripercorrerne i passi verso Oriente”. (S.L.)

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Istat: in calo la natalità. Demografo Rosina: manca un salto culturale

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Ancora un calo della natalità in Italia nel 2015: lo comunica l'Istat specificando che nell'ultimo anno i bambini iscritti all'anagrafe sono 485.780, quasi 17mila in meno rispetto al 2014, e che sommato ai precedenti il dato compone un totale di 91mila bimbi in meno a partire dal 2008. Il calo, attribuibile principalmente alle coppie di genitori entrambi italiani, è dovuto al fatto che le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e mostrano una propensione sempre più bassa ad avere figli, e coincide con un calo della nuzialità relativo allo stesso periodo (circa 52mila nozze in meno tra il 2008 e il 2015) e la conseguente diminuzione dei nati all’interno del matrimonio. Francesco Gnagni ne ha parlato con il demografo e docente dell'Università Cattolica di Milano Alessandro Rosina

R. – Sì, le cause sono quelle di un quadro che si definisce in maniera sempre più chiara anche in coerenza con i dati: una difficoltà del sistema del Paese ad incoraggiare i giovani a conquistare una propria autonomia e a formare famiglia. Ricordiamoci che abbiamo il tasso più alto di giovani “Neet” dopo la Grecia – ossia giovani che non studiano né lavorano, perché non riescono ad inserirsi adeguatamente nel mondo del lavoro, e quindi sono anche bloccati nella formazione di nuovi nuclei familiari – e di politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia per le coppie con figli, in particolare con molte coppie che, dopo il primo figlio, con difficoltà riescono ad andare oltre. E il quadro è poi ulteriormente arricchito dal fatto che le coppie che invece vanno oltre il secondo figlio si trovano con rischi di povertà maggiori rispetto alla media degli altri Paesi europei. Quindi c’è una forte difficoltà delle famiglie italiane, conseguenza di una carenza cronica di politiche adeguate, e su cui ha inciso, in maniera molto pesante, la crisi economica.

D. – Ci sono anche altri fattori oltre alla crisi economica: cioè, c’è anche un tema antropologico alla base di queste difficoltà? Un bisogno di riorientarsi con speranza verso il futuro?

R. – Le difficoltà delle politiche familiari che non forniscono strumenti solidi per le proprie scelte di vita, insieme con la crisi economica, non hanno un impatto solo sugli aspetti materiali ma vanno a consolidare, da un lato, un clima di sfiducia rispetto alla possibilità di essere un contesto supportivo rispetto alle proprie scelte; e dall’altro, di scarsa visione di un futuro positivo verso cui tendere, e che quindi porta a un’implosione indifesa sul presente anziché mettersi in campo positivamente per costruire un futuro migliore facendo scelte incoraggianti e virtuose. Quindi è uno scenario di difficoltà che si somma, di incapacità di un welfare attivo che supporti giovani famiglie e giovani coppie, che schiaccia poi i cittadini in difesa, e quindi erode la possibilità di vedere un futuro positivo da costruire. E questa incertezza forse pesa ancora di più degli aspetti materiali in sé.

D. – Da dove si potrebbe iniziare per investire sulle politiche familiari?

R. – Quello che dobbiamo assolutamente fare è cominciare a cambiare il clima culturale italiano. E cioè pensare alle nuove generazioni come bene principale del Paese su cui investire, e non invece pensare che i figli siano semplicemente un costo a carico delle coppie e delle famiglie. Questo passaggio culturale non l’abbiamo ancora fatto, e quindi non abbiamo un contesto supportivo rispetto alle scelte familiari che blocca la possibilità di mettere in campo queste scelte. E per farlo, servono però anche punti di riferimento solidi: ovvero non bastano soluzioni estemporanee, ma servono politiche concrete, realizzate, che continuino nel tempo, e che quindi mettano una base solida e diano anche un segnale consistente di un Paese che ha interesse ad investire anche su una propria crescita solida, investendo sulle nuove generazioni e sulla loro consistenza quantitativa e qualitativa come pilastro per costruire un futuro migliore. Ecco, questo salto qualitativo – questo salto culturale – ancora manca, e queste politiche di supporto solido e continuo nel tempo le stiamo, di fatto, ancora aspettando.

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Bangladesh: saccheggiata una chiesa cattolica. Paura tra i fedeli

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Almeno 20 ladri hanno saccheggiato la chiesa cattolica di Mathbari a Gazipur, vicino Dhaka, capitale del Bangladesh. Nella notte di sabato scorso - riferisce l'agenzia AsiaNews - i malviventi si sono introdotti nel recinto della struttura, e con la minaccia di coltelli hanno neutralizzato le guardie notturne e il parroco. Ad AsiaNews padre Vincent Bimal Rozario, il parroco, racconta di essere stato svegliato nel cuore della notte e di aver provato ad urlare, “ma i ladri mi hanno intimato di rimanere in silenzio. Volevano uccidermi con armi affilate. Mi hanno chiesto dove fossero i soldi e gli oggetti di valore. Sono stato costretto a rivelarglielo”.

I ladri hanno legato il parroco e saccheggiato la chiesa
I rapinatori hanno sequestrato le guardie notturne e legato le mani con delle corde. Per evitare che richiamassero l’attenzione dei fedeli, li hanno imbavagliati e poi hanno sfondato la porta. Dopo aver legato anche il parroco, e sotto la minaccia di morte, hanno razziato la chiesa, portandosi via una fotocamera, il computer portatile, soldi per la riparazione delle tombe, due orologi, un cellulare e altri beni per un valore di 100mila taka (1.190 euro). Una delle guardie è rimasta ferita durante l’aggressione e ora è ricoverata in ospedale. La mattina seguente padre Bimal Rozario ha sporto denuncia presso la stazione di polizia. Gli agenti hanno assicurato l’avvio delle indagini e che aumenteranno la sorveglianza della chiesa.

Il parroco è preoccupato per la sicurezza della comunità
Nonostante le rassicurazioni, il parroco è preoccupato per la sicurezza della comunità. Riferisce che negli ultimi tre anni sono avvenuti sei episodi simili in proprietà della Chiesa e altre due rapine nel convento locale. Si tratta del convento dove nel 2014 due suore dell’Immacolata (congregazione femminile associata al Pontificio Istituto Missioni Estere) sono state aggredite e violentate. La parrocchia di Mathbari è composta da circa 3.500 cattolici. La chiesa ha anche un liceo femminile, affidato alla gestione delle suore.

La preoccupazione dei vescovi per questo ennesimo incidente
​Mons. Gervas Rozario, vice presidente della Conferenza episcopale del Bangladesh (Cbcb), afferma: “È molto triste che le rapine avvengono nelle chiese. Siamo preoccupati per questo incidente”. Secondo Chandon Rozario, un altro cattolico, “i sacerdoti e le suore sacrificano la loro vita per la Chiesa. È inumano che siano vittime di furto e persecuzione. Condanno con forza quanto accaduto. Chiedo che sia condotta un’indagine adeguata e che i colpevoli vengano punti”. (S.C.)

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Paraguay: dedicata ai giovani la festa della Madonna di Caacupé

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Sono più di 7 mila i giovani arrivati a Caacupé in questo fine settimana per la grande festa della Madonna di Caacupé, al Santuario a Lei dedicato. Le celebrazioni, che iniziano oggi e si prolungano durante tutta la settimana, sono state sempre molto frequentate dai fedeli che arrivano da tutto il Paese. Il tema scelto dalla diocesi per le celebrazioni di questo anno, che darà inizio anche al triennio dedicato alla gioventù, è “Abbracciati a Cristo Gesù”.

Il cambiamento nel Paese si può avere solo con i giovani
Il vescovo di Caacupé, mons. Catalino Claudio Giménez Medina, ha detto che la festa quest'anno si concentrerà sulle questioni che interessano i giovani, perché solo con il loro coinvolgimento si possono trovare delle soluzioni ai problemi attuali. A questo proposito, ha ribadito che "per la Chiesa, i giovani sono l'elemento attivo più importante per riuscire nel cambiamento nel nostro Paese".

Per il 50° del santuario: preghiera del Rosario bilingue e la sfilata delle lanterne
Quest'anno si aggiunge un significato particolare alla festa, perché la diocesi di Caacupé celebra i 50 anni della sua creazione. Ecco perché tra le varie iniziative, per la prima volta ci sarà la preghiera del Rosario bilingue e la sfilata delle lanterne. Mentre è stata sospesa la tradizionale processione con l'immagine della Madonna, che ha più di 300 anni, che sarà solo esposta alla venerazione di tutti, ma non verrà portata lungo le vie vicine al Santuario.

Indiato Speciale del Papa il card. Luis Héctor Villalba
​Il card. Luis Héctor Villalba, arcivescovo emerito di Tucumán in Argentina, Inviato Speciale del Santo Padre, presiederà la celebrazione conclusiva del 50° anniversario della diocesi di Caacupé, che si terrà al Santuario di Nuestra Señora de los Milagros, l’8 dicembre. Padre Arnaldo Godoy, rettore del santuario, ha auspicato, anche a nome dei predicatori invitati per questi giorni, che la festa sia una grande opportunità per trovare la pace e mettere fine all'insicurezza e alla violenza che flagella il Paese. (C.E.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 333

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.