Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 23/11/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: è bene porsi domande, dubbi sono positivi se fanno crescere fede

◊  

Un appaluso di omaggio ai cristiani che hanno dato la propria vita nell’istruzione dei bambini e dei giovani. Lo ha chiesto il Papa all’udienza generale in Aula Paolo VI. Anche dopo la fine del Giubileo, Francesco ha continuato la catechesi sulle opere di misericordia perché, spiega, permangono alcune riflessioni da fare. Due quelle al centro dell’odierna catechesi: consigliare i dubbiosi e insegnare agli ignoranti. Il servizio di Debora Donnini

Due opere di misericordia strettamente legate fra loro, a portata di tutti, che si possono vivere in una dimensione familiare e su un piano più istituzionale organizzato. Francesco prosegue le catechesi sulle opere di misericordia, un tema a lui molto caro.

Francesco chiede un applauso per i cristiani che hanno dato la vita per l'educazione dei ragazzi
San Giovanni Bosco, San Giustino nel II secolo, San Giuseppe Calasanzio: sono i santi che il Papa offre come esempi di cristiani che nei secoli si sono impegnati nel campo dell’insegnamento. Insegnare agli ignoranti significa infatti “a quelli che non sanno”. La Chiesa nel corso dei secoli ha “sentito l’esigenza di impegnarsi nell’ambito dell’istruzione, perché la sua missione di evangelizzazione comporta l’impegno di restituire la dignità ai più poveri”:

“Quanti cristiani, laici, fratelli e sorelle consacrate, sacerdoti hanno dato la propria vita nell’istruzione, nell’educazione dei bambini e dei giovani. Ma questo è grande! Ma io vi invito a fare un omaggio a loro con un bell’applauso!”.

Un impegno con pochi mezzi ma capace di trasformare la società. Il primo esempio è quello di San Giustino che nel II secolo fondò “una scuola” perché i cristiani conoscessero meglio la Sacra Scrittura. E poi ancora San Giuseppe Calasanzio che a cavallo fra il 1500 e il 1600 aprì le prime scuole popolari gratuite d’Europa e ancora San Giovanni Bosco che preparava i ragazzi al lavoro:

“Ma pensiamo a don Bosco, a san Giovanni Bosco [applauso dei fedeli] … Ci sono salesiani lì, eh? Ma pensiamo a don Bosco che con quei ragazzi di strada, con l’oratorio e poi con le scuole, gli uffici, li preparava per il lavoro … È così che sono sorte molte e diverse scuole professionali, che abilitavano al lavoro mentre educavano ai valori umani e cristiani. L’istruzione, pertanto, è davvero una peculiare forma di evangelizzazione”.

E' un'ingiustizia che ci siano bambini analfabeti
La mancanza di istruzione infatti “intacca la dignità” della persona e facilita il diventare “preda dello sfruttamento”:

“Pensiamo ad esempio a quanti bambini soffrono ancora di analfabetismo: questo non si può capire, che in un mondo dove il progresso tecnico, scientifico sia arrivato così alto, ci siano bambini analfabeti. Questo non si può capire: è un’ingiustizia”.

Una buona istruzione insegna “il metodo critico” che comprende anche “un certo tipo di dubbio utile” a verificare i risultati raggiunti.

I dubbi sulla fede in senso positivo spingono a conoscere Dio più a fondo
L’opera di misericordia di consigliare i dubbiosi non riguarda però questo tipo di dubbio, specifica Francesco, ma è relativa alla misericordia nel lenire quel dolore che nasce dalla paura e dall’angoscia, conseguenze del dubbio. Francesco si sofferma dunque sui dubbi che toccano la fede in senso positivo perché portano a voler conoscere più a fondo Dio:

“Penso che qualcuno potrebbe chiedermi: 'Padre, ma io ho tanti dubbi sulla fede, cosa devo fare? Lei non ha mai dei dubbi?'. Eh, ne ho tanti, eh! Ne ho tanti … Certo che in alcuni momenti a tutti vengono i dubbi! I dubbi che toccano la fede, in senso positivo, sono un segno che vogliamo conoscere meglio e più a fondo Dio, Gesù, e il mistero del suo amore verso di noi”.

Si tratta dunque di “dubbi che fanno crescere”. “È un bene quindi che ci poniamo delle domande sulla nostra fede - dice il Papa -  perché in questo modo siamo spinti ad approfondirla”. I dubbi però vanno superati.

Le due strade per superare i dubbi: la catechesi con l'annuncio della amore di Dio e vivere la fede aiutando i bisognosi
Due gli aiuti centrali che Francesco indica: la catechesi e il vivere concretamente la fede praticandola verso i più bisognosi. Allora tanti dubbi svaniscono perché, sottolinea, “sentiamo la verità del Vangelo nell’amore” che condividiamo con gli altri. E la certezza più sicura per uscire dal dubbio  “è l’amore di Dio con il quale siamo stati amati”, un amore gratuito e per sempre:

“Ma, Dio mai fa retromarcia con il suo amore, mai! Va sempre avanti, rimane lì … è dato per sempre questo amore di cui dobbiamo sentire forte la responsabilità, per esserne testimoni offrendo misericordia ai nostri fratelli”.

Nei consueti saluti finali, il Papa ha ringraziato la delegazione del Comune di Fanano, con il Vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina, per il dono di una scultura riguardante la misericordia. Conclude quindi ricordando la fine dell’Anno Santo, domenica scorsa. Sottolinea che comunque non si è chiuso il “cuore misericordioso di Dio per noi peccatori”. Francesco auspica dunque che l’esperienza di questo amore rimanga come ispirazione all’amore verso i fratelli, con le opere di misericordia corporale e spirituale.

inizio pagina

Papa a delegazione iraniana: dialogo è importante

◊  

Papa Francesco, stamane prima dell’udienza generale, ha ricevuto nell’auletta dell'Aula Paolo VI i partecipanti al Colloquio promosso dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso con l'Organizzazione per i rapporti e la cultura islamica di Teheran (Islamic Culture and Relations Organization).

Il Pontefice ha espresso gratitudine e apprezzamento per questa visita, affermando che ha avuto “una gioia grande” quando, lo scorso 26 gennaio, ha incontrato in Vaticano il presidente dell’Iran Hassan Rouhani. E ha detto di aver ricevuto “un’impressione molto buona” della cultura di questo Paese quando ha incontrato, sempre in Vaticano, la vicepresidente dell’Iran, la signora Shahindokht Molaverdi, il 12 febbraio 2015: “Questo mi ha colpito positivamente, tanto, e sono rimasto soddisfatto. E anche mi piace vedervi oggi qui, come pure che ci sia questo dialogo tanto importante. Vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me, perché ho bisogno delle preghiere; e vi ringrazio di questa buona volontà del dialogo, dell’avvicinamento, della fratellanza. Che il Signore vi benedica”.

Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso intrattiene da anni un rapporto intenso con l'Islamic culture and relations organization.

inizio pagina

Papa dona reliquia di S. Francesco a Kirill per i suoi 70 anni

◊  

Messaggio augurale di Papa Francesco per i 70 anni del Patriarca di Mosca Kirill. Lo ha consegnato al capo della Chiesa russa il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ricevuto ieri nella residenza patriarcale del monastero stavropigiale di San Daniele di Mosca. Nel suo Messaggio il Papa scrive: “Vorrei trasmettere a Sua Santità, il mio amato fratello in Cristo, un augurio personale e l’assicurazione delle mie fervide preghiere in occasione del suo 70° anniversario. Ringrazio il Signore per la Sua generosa benedizione, e il dono a Lei della vita e del ministero di Pastore della Chiesa ortodossa russa. Ringrazio per il Suo contributo personale al riavvicinamento tra le nostre Chiese, e con grande calore ricordo il nostro incontro”. Il card. Koch ha consegnato al Patriarca un dono da parte del Papa: una reliquia di San Francesco d’Assisi.

All’incontro – riferisce un comunicato del Patriarcato - erano presenti anche il nunzio apostolico presso la Federazione Russa, arcivescovo Celestino Migliore, e il responsabile della sezione orientale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, mons. Hyacinthe Destivelle. Accogliendo gli ospiti, il Patriarca Kirill li ha ringraziati per la loro partecipazione alla celebrazione del suo 70° compleanno. “Lo interpreto - ha detto - come un buon gesto da parte della Chiesa cattolica romana, e come un’opportunità per uno scambio di opinioni con voi sulla nostra agenda comune”.

Il Patriarca Kirill ha ricordato il suo incontro con Papa Francesco all’Avana e ha parlato della situazione dei cristiani in Medio Oriente, prendendo atto delle dinamiche positive di sviluppo delle relazioni culturali tra le Chiese ortodossa russa e cattolica: “Ci auguriamo – ha detto - che l’11 dicembre di quest’anno, nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, si possa tenere il concerto congiunto del coro del Monastero Sretensky, e del Coro Sinodale della Chiesa ortodossa russa, con il coro della Cappella Sistina. Il 25 novembre presso la Galleria Tretyakov si aprirà una splendida mostra di capolavori dal Vaticano con la partecipazione del governatore del Vaticano Giuseppe Bertello. Si tratta di un evento culturale significativo, ma che è anche un fattore importante nello sviluppo delle relazioni bilaterali”. “Sono fiducioso – ha concluso Kirill - che lo sviluppo delle nostre relazioni amichevoli in direzioni diverse contribuirà, in particolare, allo sviluppo delle relazioni tra i popoli e al superamento dei conflitti, nonché all’intensificazione dell’organizzazione e del coordinamento delle nostre azioni comuni per proteggere le persone e il loro diritto alla vita e alla dignità”.

inizio pagina

Altre udienze e nomine

◊  

Per le altre udienze e nomine del Papa consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

inizio pagina

Mons. Paglia: aborto peccato gravissimo, fatto dire al Papa l'opposto

◊  

Continua a suscitare commenti la Lettera Apostolica del Papa “Misericordia et Misera” pubblicata a conclusione del Giubileo. “Questo è il tempo della misericordia” ribadisce Francesco. Tra le novità più dibattute è senz’altro la facoltà estesa a tutti i sacerdoti di assolvere il peccato di aborto. Tante le deformazioni giornalistiche di quanto scritto dal Pontefice. Ma qual è il cuore di questo documento? Sergio Centofanti lo ha chiesto a mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e gran cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia: 

R. – Il cuore del documento è quello di ridare forza di cambiamento alla Misericordia. La Misericordia non è una parola astratta: in realtà, è la forza di Dio che cambia la storia degli uomini. Per questo il Papa esorta ad accoglierla e a distribuirla, ovviamente; perché chi l’accoglie non resta più come prima. Non solo cambia se stesso, ma riesce a trasformare persino la cultura.

D. – I mass-media non sempre hanno dato un corretto servizio all’informazione, in particolare sulla questione dell’aborto: come se il Papa l’avesse banalizzato o derubricato come peccato grave

R. – E’ vero esattamente l’opposto: proprio perché concedere il perdono significa un dialogo, una consapevolezza, una decisione di non ripetere più quello che si è fatto. In questo senso, allargare ai sacerdoti vuol dire dare maggiore possibilità a chi ha compiuto questo gesto terribile di comprendere la gravità di quello che ha fatto e quindi di poter cambiare vita e quindi di non farlo più. In questo senso, il Papa – consapevole della gravità – vuole offrire il modo migliore per impedire il ripetersi. Certamente, avere una maggiore possibilità di accedere a una medicina robusta aiuta chi è debole a cadere meno facilmente o comunque a non cadere. Quindi, proprio perché è un atto gravissimo è necessaria una straordinaria concessione della Misericordia.

D. – Oggi chi procura l’aborto incorre nella scomunica latae sententiae, cioè automatica. Cambia qualcosa, adesso?

R. – No. La scomunica latae sententiae resta così com’è nel Codice di Diritto Canonico. In questo senso, non c’è nessun cambiamento nella concezione della gravità del peccato, nessun attutimento: resta l’eliminazione colpevole di un innocente ed è gravissimo. Il senso del testo papale è appunto nella volontà di far comprendere che chi si pente, anche di questo gravissimo peccato, viene perdonato e abbracciato dal Signore. In questo senso, viene come dimenticata da Dio la scomunica che era comminata per questo atto drammatico. Certamente, poi, c’è in questo gesto del Papa una grande considerazione della debolezza o dei drammi di tante donne che, se lasciate a loro stesse, difficilmente riescono a uscirne e a trovare una strada non solo per non ripetere quanto hanno fatto, ma anche per sentirsi aiutate di fronte al dramma che sempre ogni aborto procura, anche nelle stesse donne.

inizio pagina

Vaticano: convegno internazionale sulle droghe, "piaga mondiale"

◊  

Traffico di esseri umani, violenza e sostanze stupefacenti. E’ partendo da questo drammatico legame che è iniziato il workshop internazionale sulle droghe organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, che ha raccolto l’auspicio in tal senso di Papa Francesco. Ad aprire l’incontro, che ha preso il via oggi presso la Casina Pio IV, in Vaticano, la Regina Silvia di Svezia e Yury Fedotov, direttore di Unodc, l’Ufficio Onu che si occupa di droga e crimine. Domani, giorno di chiusura dei lavori, è previsto l’incontro dei partecipanti con il Pontefice. Massimiliano Menichetti

Una conferenza internazionale sulla produzione, utilizzo e traffico delle droghe illegali, senza dimenticare gli usi e abusi delle sostanze chimiche e le conseguenze su mente e corpo. E’ la sfida tracciata da mons. Marcelo Sànchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, introducendo il seminario dal titolo “Narcotici: problemi e soluzioni di questa piaga mondiale”. In due giorni di serrata condivisione si analizzano dati, si paragonano esperienze e profili storici, ma soprattutto si cercano strategie nuove per affrontare, a 360 gradi, questa drammatica e multiforme realtà.

Lotta, prevenzione, informazione
La Regina Silvia di Svezia (fondatrice del “World Childhood Foundation” che si occupa di migliorare le condizioni di vita dei bambini di tutto il mondo e membro onorario della Mentor Foundation, che opera contro la droga) nel suo intervento, in apertura dei lavori, ha messo in evidenza la “necessità di proseguire nella cooperazione mondiale” per affrontare questa sfida, ha  guardato in particolar modo alla “fragilità dei bambini” vittime del mortale legame che esiste tra “traffico di droga e sfruttamento di esseri umani”, nel drammatico contesto internazionale di povertà e guerre. Centrale per la sovrana anche la prevenzione e l’informazione sulla pericolosità delle sostanze stupefacenti.

Minaccia per pace, sviluppo e stabilità
Secondo i dati del 2013 di Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime), l’Ufficio delle Nazioni Unite che si occupa di monitorare la diffusione delle droghe nel mondo e i relativi fenomeni criminali, una persona su venti, in età compresa tra i 15 e i 64 anni, ha utilizzato almeno una volta una sostanza illecita, per un totale di 246 milioni di individui. Dati che mostrano un incremento di tre milioni di persone rispetto all’anno precedente. Il direttore, Yury Fedotov, ha ribadito le conseguenze devastanti per “la salute, la pace, lo sviluppo, per i diritti umani” causate dal traffico di droga e dalle attività criminali collegate. “Piaga - ha detto - che non conosce frontiere”.

Afghanistan, Colombia, Perù, Bolivia
Confermato che l’oppio ha la sua patria in Afghanistan e che i proventi della coltivazione del papavero, per altro in crescita, finanziano il terrorismo dei talebani oltre a creare tossicodipendenze, violenza e insicurezza. I Balcani sono i principali corridoi di transito per l’eroina che si dirama poi in ogni direzione. In Nord America si registra oltre il 40 per cento del consumo di cocaina globale, i principali produttori sono Colombia, Perù e Bolivia, dove violenza e povertà dilagano.

Corruzione e mafie
Invocando una sempre maggiore cooperazione sono stati ricordati i trattati internazionali per il controllo della droga a partire dal 1961 fino gli obiettivi di contrasto e controllo fissati per il 2019 e il 2030. Molti gli interventi che hanno però sottolineato un complesso e sofisticato sistema finanziario che sostiene il narcotraffico e puntato il dito contro maglie governative che a volte non combattono a fondo contro questa realtà. Lotta alla corruzione e alle mafie - è stato detto - è una priorità. Si è parlato anche del crescente proliferare e utilizzo delle droghe sintetiche, composti chimici devastanti, di facile accesso soprattutto per i giovani che usano sempre più Internet per acquistarle.

Medicina e recupero
Due giorni di lavori dunque per inquadrare a tutto tondo il fenomeno droghe, anche dal punto di vista medico e il corretto uso in ambito sanitario di queste sostanze. Tra gli obiettivi anche come trattare le tossicodipendenze e le misure alternative al carcere per recuperare le vittime della droga e spezzare il circolo delinquenziale.

inizio pagina

Santa Sede: se acqua non è diritto ma merce può causare guerre

◊  

Mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. E’ questo il tema, scelto dal Senegal, su cui si è soffermato ieri a New York mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Sono tre in particolare i focus, tra loro collegati, al centro della riflessione: acqua, pace e sicurezza. L’accesso all'acqua potabile – ha detto il presule – è un diritto umano fondamentale, una condizione per l’esercizio di altri diritti.

Acqua in diminuzione per sprechi e iniqua distribuzione
Mons. Auza ha ricordato un paradosso. L’acqua complessivamente - ha detto - ricopre due terzi della superficie terrestre, “ma la disponibilità di acqua dolce sta diminuendo”. Con l’espansione dei deserti, la deforestazione e l’incremento della siccità “tutti dovrebbero essere preoccupati per una potenziale calamità mondiale causata da un diminuito approvvigionamento d’acqua”. In alcuni luoghi, a causa della posizione geografica, questa vitale risorsa è sempre stata scarsa. Ma in altre regioni, “la disponibilità d’acqua è scarsa a causa di una cattiva gestione” che determina sprechi e un’iniqua distribuzione. Il degrado ambientale – ha aggiunto l’osservatore permanente della Santa Sede – “rende l’acqua tossica e i cambiamenti climatici alterano il ciclo idrologico”.

La scarsità d’acqua colpisce soprattutto l’Africa
La produzione agricola e quella industriale limitano e condizionano inoltre le falde acquifere. E “in molti luoghi la domanda di acqua supera l’offerta sostenibile”. Le conseguenze sono drammatiche sia a breve sia a lungo termine. Questo scenario – ha osservato mons. Auza – ha implicazioni “per la pace e per la sicurezza nazionale, regionale e internazionale”. La scarsità d’acqua potabile colpisce soprattutto l’Africa, dove ampi settori della popolazione non hanno accesso a questa risorsa. La migrazione di intere popolazioni da regioni contrassegnate da una ridotta disponibilità d’acqua - ha sottolineato poi il presule – è vista come “una minaccia” nei Paesi dove non si riscontra questa grave lacuna.

L’accesso all’acqua può portare a conflitti
Diversi esperti prevedono che a provocare la terza guerra mondiale sarà l’acqua. Papa Francesco – ha ricordato il presule – in occasione della visita, il 20 novembre del 2014, alla sede della Fao a Roma – aveva affermato che “l’acqua non è gratis, come tante volte pensiamo”. “Sarà il grave problema - aveva aggiunto il Pontefice - che può portarci ad una guerra”. Come sottolineato dal Santo Padre nell’Enciclica Laudato si', l’acqua potabile è di primaria importanza per il suo fondamentale ruolo per la salute e per il benessere generale.

La scarsità d’acqua colpisce soprattutto i poveri
Un problema particolarmente grave riguarda “la qualità d’acqua disponibile per i poveri”. Ogni giorno – ha osservato mons. Auza -  malattie legate all’acqua, come la dissenteria e il colera, sono tra le principali cause di morte, soprattutto tra neonati e bambini. Inoltre, la crescente tendenza a privatizzare l’acqua e a trasformarla in merce “può seriamente compromettere l’accesso dei poveri all’acqua potabile”. Ed è prevedibile - come sottolinea Papa Francesco nella Laudato si' - che il “controllo dell'acqua, da parte di grandi imprese mondiali, si trasformi in una delle principali fonti di conflitto di questo secolo”.

L’acqua non è una merce. Le nazioni devono collaborare e non concorrere
Mons. Auza ha esortato le nazioni a collaborare più strettamente per trovare soluzioni e non ad alimentare un’agguerrita concorrenza su una risorsa, come l’acqua, che può portare a guerre e a conflitti. Il presule ha poi ricordato il contributo di nuove tecnologie e di metodi nella produzione alimentare e industriale che richiedono meno acqua potabile. Ma le soluzioni locali e tradizionali, nonostante i progressi, non devono essere abbandonate. La delegazione della Santa Sede – ha affermato il presule – desidera incoraggiare il settore pubblico e privato per sostenere iniziative rivolte alla conservazione e alla distribuzione dell’acqua.

Educazione cruciale per affrontare le sfide legate all’acqua
Ed è cruciale – ha detto infine l’osservatore permanente della Santa Sede - un’adeguata educazione sull’acqua, una risorsa che continua ad essere sprecata e inquinata non solo  nei Paesi sviluppati, ma anche in quelli in via di sviluppo. Questo dimostra – ha concluso mons. Auza - che c’è molto da fare per educare persone e comunità sulla conservazione e sull’uso di questo bene fondamentale. E’ importante “coltivare tra i popoli e tra i loro leader una presa di coscienza” per considerare l’accesso all’acqua “un diritto universale di tutti gli uomini”, senza distinzioni o discriminazioni. (A cura di Amedeo Lomonaco)

inizio pagina

Si lavora al Sinodo su giovani, fede e discernimento vocazionale

◊  

Nei giorni 21-22 novembre si è tenuta la seconda Riunione del XIV Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, presieduta dal Santo Padre Francesco.  I lavori – riferisce un comunicato - hanno avuto inizio con l’intervento del Segretario Generale, Sua Em.za Cardinale Lorenzo Baldisseri. Nell’indirizzo di saluto ha ringraziato il Santo Padre per la sua presenza e ha colto l’occasione per porgere gli auguri ai nuovi Porporati presenti alla riunione. Infatti, tra i Membri del Consiglio sono stati creati Cardinali gli Em.mi Sérgio Da Rocha e Carlos Osoro Sierra. Inoltre, sono stati invitati a partecipare all’incontro i Prefetti di tre Dicasteri della Curia Romana in ragione della loro competenza circa l’argomento sinodale: gli Em.mi João Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero, e Kevin Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

Successivamente, è stato esaminato il progetto del Documento preparatorio  per la XV Assemblea Generale Ordinaria, elaborato dalla Segreteria Generale con l’aiuto degli esperti competenti sul tema sinodale: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. A questo proposito i Membri del Consiglio hanno manifestato il loro apprezzamento per il progetto del documento e offerto i loro suggerimenti per migliorarlo.

Il Documento, che include un questionario, è destinato alle Conferenze Episcopali, ai Sinodi delle Chiese Cattoliche Orientali sui iuris e ad altri Organismi di diritto, affinché sia trasmesso alle Diocesi e alle altre istituzioni ecclesiali. I Membri del Consiglio si sono radunati in Circoli minori divisi per continente allo scopo di formulare alcune domande specifiche riguardanti i giovani nei diversi contesti geografico-culturali. Infine, le proposte circa il testo e il questionario sono state raccolte e inserite nel Documento base, che è stato approvato unanimemente.

Infine, i Membri del Consiglio si sono confrontati sulla revisione dell’Ordo Synodi Episcoporum. A questo riguardo Sua Ecc.za Mons. Fabio Fabene, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi, ha tenuto una relazione sul lavoro che la Segreteria Generale sta svolgendo con l’aiuto di esperti, in vista della revisione della normativa sinodale, cui è seguito un fruttuoso scambio di opinioni.

Alla conclusione dei lavori, il Santo Padre ha ringraziato i Membri del Consiglio e gli altri partecipanti per i loro contributi e per lo spirito di comunione fraterna vissuto nel corso della riunione.

inizio pagina

Prima volta di Rembrandt ai Musei Vaticani: evento ecumenico

◊  

Per la prima volta le opere di Rembrandt, celebra artista del seicento olandese, saranno esposte ai Musei Vaticani. Si tratta di stampe e dipinti provenienti dal Museo Zorn, in Svezia e dalla Collezione Kremer di Amsterdam. La mostra nasce dopo il viaggio di Papa Francesco a Lund e punta a rafforzare il reciproco dialogo tra cattolici e protestanti. Inaugurata oggi e visitabile fino al 26 febbraio, l'esposizione è stata organizzata con la collaborazione delle ambasciate di Svezia e Paesi Bassi presso la Santa sede e in collaborazione con il Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani. Ascoltiamo il prof. Arnold Nesselrath, responsabile del dipartimento delle arti dei Musei Vaticani, al microfono di Michele Raviart

R. - Rembrandt arriva in Vaticano per la prima volta, in occasione del viaggio storico del Santo Padre a Lund e l’incontro con la comunità luterana. Rembrandt è un artista che è radicato nel mondo protestante da parte del padre e nel mondo cattolico da parte della madre e allora per un evento ecumenico sembrava un artista ottimo, dato anche il suo livello internazionale.

D. – Quali opere saranno esposte ai Musei Vaticani?

R. – Noi abbiamo 53 stampe; abbiamo due lastre delle quali queste stampe sono fatte; e abbiamo un dipinto. Le stampe sono quello che vendeva in tutta Europa e che lo rendevano – ai suoi giorni – famoso fino all’Italia, dove veniva lodato da Guido Reni, veniva lodato da Baldinucci proprio per le stampe. E nelle stampe tratta tutti gli argomenti, dalle storie bibliche - e questa è una particolarità anche dell’opera grafica di Rembrandt – ai mendicanti, ai poveri… E questo è quello con il quale si presenta in tutta Europa.

D. – Che immagine, che concezione arriva della religione da Rembrandt in queste stampe di tematica biblica?

R. – Arriva un'immagine religiosa data la quantità e la qualità delle stampe con soggetti religiosi, ma non è una iconografia articolata per quanto riguarda le varie confessioni. Delle sue stampe più famose qui ci sono la stampa dei cento fiorini, Cristo che guarisce i malati, le famose tre croci. E queste naturalmente sono immagini di grande impatto.

Le acqueforti di Rembrandt, a differenza dei ritratti eseguiti su commissioni, mostrano un artista sensibile alla compassione per gli ultimi, che non cerca la bellezza a tutti i costi, ma mira alla rappresentazione del reale. Lo spiega il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani: 

“Le stampe di Rembrandt bisogna guardarle da vicino, guardarle con la lente di ingrandimento. E allora uno capisce tutto: capisce che Rembrandt van Rijn è prodigiosamente grande! Nessuno come lui ha saputo entrare nel cuore delle cose: si tratti del volto di un personaggio; si tratti di un albero, che freme nel vento della pianura; si tratti del corpo di una donna; si tratti di una comunità di fedeli, che pregano nella sinagoga o in una chiesa. Nessun pittore della realtà è stato grande come Rembrandt van Rijn ed è soprattutto grande nelle sue incisioni. Uno deve andare lì, guardarle – ripeto - con la lente di ingrandimento e capisce la prodigiosa tecnica di Rembrandt e la sua capacità di rappresentare tutto il mondo visibile, anche nei sui dettagli apparentemente infinitesimali. Questa è la grandezza di Rembrandt”.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Siria: armi chimiche su Aleppo. Cresce la sofferenza dei civili

◊  

Assume toni sempre più cruenti la guerra in Siria. Ormai certo l’uso di armi chimiche, in particolare su Aleppo. Drammatica la condizione dei civili della città siriana, in particolare dei bambini, rimasti intrappolati nelle zone in cui infuria la battaglia tra esercito di Damasco e miliziani dell’opposizione. Intanto per far fronte alla grave crisi umanitaria l’Onu annuncia la ripresa degli aiuti umanitari nella zona di Homs e al confine con la Giordania. Sulla situazione siriana, in particolare di Aleppo, Giancarlo La Vella ha intervistato Lorenzo Trombetta, dell’Ansa di Beirut: 

R. -  Sicuramente è tutta la città che si trova in una situazione di guerra e di assedio dentro l’assedio. C’è anche da dire però che la quantità di raid aerei che colpiscono Aleppo est porta a un tipo di distruzione e di violenza nei confronti di civili di questa parte della città non paragonabile a quella che invece subiscono i civili di Aleppo ovest, che si trovano colpiti, sì, ma che per intensità e anche per capacità distruttiva di questi ordigni, subiscono perdite assai minori. Le medicine arrivano, certamente non come arrivano in una città non in guerra, ma un malato di Aleppo ovest può ancora curarsi, può ancora essere salvato.

D. – Si parla di utilizzo di armi chimiche, ma da dove arrivano gli armamenti non convenzionali, sia che possano essere utilizzati dall’esercito, sia che possano essere utilizzati dall’opposizione o dall’Is?

R. – Per gli inquirenti internazionali dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e dell’Onu, l’ultimo rapporto congiunto di questa inchiesta del 30 agosto 2016 ha messo in evidenza delle chiare responsabilità da parte del governo siriano e dello Stato Islamico, ma non da parte delle opposizioni. Questo non vuol dire che le opposizioni non possano aver fatto uso di gas tossici o di armi non convenzionali.

D. - Il neo Presidente nordamericano Trump ha affermato: “Bisogna porre fine a questa follia”. Questo fa intravedere, un nuovo ruolo che gli Stati Uniti potrebbero assumere in Siria, ma non solo?

R.  – Senza dubbio Trump tenterà di dare un senso di rottura, di discontinuità con la politica precedente. Anche dal punto di vista retorico, ricordiamo che dalla parte mediorientale, siriana in particolare, l’amministrazione Obama, la Clinton e poi Kerry come Segretari di Stato, sono stati molto fallimentari, anche perché hanno promesso, ma non hanno mantenuto. Trump cercherà di dare un senso diverso alla politica americana, ovvero mostrare forse che gli Stati Uniti vogliono combattere lo Stato Islamico prima di tutto, e quindi potrebbero considerare il Presidente Bashar al Assad come un partner nella cosiddetta guerra al terrorismo... Sul terreno bisognerà vedere come questo sarà tradotto, ma credo che Trump, quando dice “Bisogna mettere fine a questo disastro”, si riferisca prima di tutto che bisogna combattere lo Stato Islamico a Deir el-Zor e a Raqqa, nelle regioni orientali, e poi si penserà al resto.

inizio pagina

Colombia: c'è attesa per la firma dell'accordo di pace

◊  

In una dichiarazione congiunta, le équipes di negoziazione del governo e delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) hanno confermato che il nuovo accordo di pace sarà firmato presso il Teatro Colon, nel centro di Bogotà, alle ore 11 di domani 24 novembre. Secondo il comunicato, ripreso dall'agenzia Fides, il testo definitivo sarà sottoposto all’approvazione del Congresso colombiano. Nella breve dichiarazione si sottolinea che "la pace richiede che si agisca per l'attuazione degli accordi per superare anni di conflitto in Colombia". Si è giunti alla decisione della firma del “nuovo accordo” il 12 novembre, dopo i colloqui dei rappresentanti di governo e Farc con i gruppi che si erano espressi a favore del no nel referendum del 2 ottobre scorso sul precedente accordo.

Condannati gli omicidi dei leader contadini
Sempre ieri nella tarda serata, il Presidente Santos, dopo l'incontro della Commissione di alto livello per la protezione dei diritti umani, durante una conferenza stampa ha detto che gli omicidi dei leader contadini di questi giorni mostrano “incertezza per quanto riguarda l'accelerazione dell'accordo”. Nella stessa conferenza stampa, il responsabile del Centro di risorse per l'analisi dei conflitti (Cerac) ha spiegato che "se l'accordo fosse stato già firmato, sarebbe stata già attiva, per esempio, la missione di monitoraggio e verifica, o le unità di polizia per la pacificazione e la protezione".

Uccisi 70 leader contadini
​Secondo il Comitato Permanente per la Difesa dei Diritti Umani, solo quest'anno 232 leader contadini o rurali sono stati minacciati; 21 hanno subito attacchi e 70 sono stati uccisi. Alla fine della conferenza stampa, il Presidente Santos ha ribadito che questa serie di omicidi deve essere fermata subito, così ha chiesto di "intensificare, con urgenza" la protezione dei leader delle comunità e dei difensori dei diritti umani. (C.E.)

inizio pagina

Terra Santa: ad Alicante summit per la pace dei leader religiosi

◊  

“I nostri due popoli sono responsabili del loro destino comune e le tre religioni sono responsabili della creazione di una coesistenza pacifica. Quanto a noi, capi religiosi, abbiamo la responsabilità di promuovere uno stile di vita basato sul rispetto reciproco, sulla giustizia e la sicurezza, nello spirito della Parola di Dio, come è stato trasmesso attraverso i suoi profeti”: è un passaggio della dichiarazione congiunta diffusa al termine di un incontro interreligioso che si è svolto ad Alicante, in Spagna, che ha visto la partecipazione di capi religiosi ebrei, cristiani e musulmani. 

Difesa della vita e fine di ogni violenza condotta in nome di Dio
Al centro del dibattito - riferisce l'agenzia Sir - la responsabilità nella costruzione della pace in Medio Oriente da parte dei leader religiosi. Nel testo, secondo quanto riferisce il Patriarcato Latino di Gerusalemme, viene sottolineata la sacralità della vita, e si chiede la fine di ogni forma di violenza, in particolare quella condotta in nome di Dio: “La violenza esercitata presumibilmente in nome di Dio è una profanazione del suo nome, un crimine contro coloro che sono creati a sua immagine e l’umiliazione di fede. Solo la negoziazione e la deliberazione sono i mezzi adeguati per risolvere i conflitti e le divergenze”. 

Diritto di entrambi i popoli ad esistere con dignità
Dai capi religiosi è giunta anche la richiesta di trovare soluzione al conflitto israelo-palestinese che “riconosca il diritto di entrambi i popoli ad esistere con dignità”. Durante l’incontro è stato deciso di istituire un comitato permanente per attuare la dichiarazione finale.

La religione non può essere un ostacolo alla pace e alla riconciliazione
Mons. William Shomali, vicario patriarcale per Gerusalemme e per la Palestina, presente all’incontro, ha parlato di “atmosfera fraterna e amichevole” anche se, ha detto, “mi aspettavo di più. La pace non può essere solo nelle mani dei politici, e lo stato di avanzamento dei negoziati chiede azioni concrete da parte di tutti. Le parole e le riunioni non sono sufficienti”. Tuttavia, ha annotato, “questi incontri impediscono il deterioramento della situazione e, quindi, hanno un influsso positivo sulle relazioni tra le tre comunità. La religione non può essere un ostacolo alla pace e alla riconciliazione. Siamo stati in grado di firmare una dichiarazione comune e questo è un passo avanti verso una maggiore consapevolezza delle nostre controversie”. 

Presenti i leader di tutte le realtà religiose della Terra Santa
Al vertice spagnolo, organizzato dall’Adam Center for Dialogue of Civilizations e dall’Initiative Mosaica, hanno partecipato tra gli altri il rabbino David Lau, lo sceicco Raed Badir – leader islamico e membro del Consiglio palestinese dell’Ulama - insieme agli sceicchi di Hamad Abu Dabes e Imad Falouji, che provenivano da Gaza con altri dignitari vicino all’Autorità palestinese o ad Hamas. Tra i leader cristiani erano presenti oltre a mons. Shomali, anche l’arcivescovo melchita mons. Bacouni, il vescovo luterano di Gerusalemme Munib Younan e il metropolita greco-ortodosso Timotheos Margaritis. (R.P.)

inizio pagina

Smog: in 41 Paesi europei causa 467mila morti premature

◊  

L’inquinamento atmosferico è la più grande minaccia ambientale per la salute in Europa: questo il contenuto del Rapporto Qualità dell’Aria in Europa 2016 pubblicato oggi dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (Aea) con sede a Copenhagen. Secondo i dati, lo smog è responsabile di circa 467mila morti premature all’anno in 41 Paesi del Vecchio Continente; per tutta risposta il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva che impone limiti più bassi per i maggiori inquinanti con l'obiettivo di riportare entro il 2030 la qualità dell'aria sotto i limiti del 2005. Il servizio di Roberta Barbi: 

Le principali fonti d’inquinamento sono la combustione di carbone e biomassa da parte di industrie, centrali elettriche e famiglie, ma a queste seguono – come fonti di smog – i trasporti, l’agricoltura e l’incenerimento dei rifiuti. Una qualità dell’aria che sta “lentamente migliorando”, ma sono progressi che evidentemente non bastano: è questa la fotografia dell’aria che si respira in Europa secondo l’Agenzia per l’ambiente del Vecchio continente,  che oggi ha diffuso i dati raccolti in 400 città nel periodo 2000-2014. In questi anni circa l’85% degli abitanti delle città sono stati esposti a livelli d’inquinamento ritenuti dannosi per la salute, come conferma anche l’Organizzazione Mondiale della sanità.

Principali killer le polveri ultrasottili
I nemici principali dell’uomo sono soprattutto le polveri ultrasottili, ma a colpire l’organismo anche il diossido di azoto e l’ozono, che nel periodo considerato hanno causato rispettivamente 71mila e 17mila morti: tutte queste sostanze peggiorano i problemi respiratori, portano malattie cardiovascolari, tumori e conducono ad aspettative di vita più brevi. L’ozono in particolare è responsabile anche della bassa resa delle colture. La riduzione delle emissioni, dunque, è stata un traguardo importante, secondo l’Aea, ma non è sufficiente a evitare danni alla salute umana.

I provvedimenti in Italia: Valle d’Aosta e Toscana in testa
E in Italia c’è già chi corre ai ripari: il Consiglio regionale della Valle d’Aosta ha recentemente approvato il disegno di legge che prevede un piano di risanamento della qualità dell’aria per garantire e migliorare il livello attuale, mentre in Toscana è passata una risoluzione regionale sul coordinamento, il monitoraggio e il supporto dei Piani di azione comunali.

inizio pagina

Artico, riscaldamento globale: la temperatura sale di 20 gradi

◊  

La temperatura dell'aria registrata negli ultimi due mesi nell'Oceano Artico è più alta della media di 20 gradi, e quella dell'acqua di 4 gradi, stando a quanto comunicano due istituti di ricerca citati dal Guardian, la Rutgers University degli Stati Uniti e l'Istituto Meteorologico Danese. Una temperatura senza precedenti in questo periodo dell'anno dovuta, secondo i ricercatori, al problema del riscaldamento globale. Francesco Gnagni ne ha parlato con il climatologo del Cnr Antonello Pasini

R. – Sì, sicuramente ci sono almeno una quindicina di gradi superiori in certe zone dell’Artico e ovviamente ci sono delle oscillazioni nel mondo e quindi ci sono zone più calde e zone più fredde: in questo momento – per esempio – contemporaneamente a questo caldo molto forte nell’Artico, c’è l’Asia centrosettentrionale che è invece al di sotto della media. Alla fine per parlare di clima bisogna fare una somma globale, una media globale. Però, certo, questo è un periodo molto, molto caldo e queste variazioni devono far preoccupare, anche perché quando c’è molto caldo nell’Artico si fondono molto di più i ghiacci e si innescano delle azioni molto negative per quanto riguarda poi il clima.

D. – Secondo l’Organizzazione Metereologica Mondiale questo sarà l’anno più caldo della storia e la concentrazione di gas serra nell’atmosfera ha raggiunto livelli senza precedenti. Quali sono le conseguenze di tutto questo?

R. – Le conseguenze non sono soltanto quelle – come dico sempre io – di sudare un po’ di più, ma purtroppo questo riscaldamento globale, tutta questa energia che sta incamerando l’atmosfera ha degli impatti sui territori, gli ecosistemi, l’uomo. E viviamo sempre più periodi di siccità, inframezzati da precipitazioni e piogge invece molto violente. E questo è dovuto proprio a questo accumulo di energia in atmosfera.

D. – Infatti si parla anche del rischio di eventi climatici estremi: ondate di calore, alluvioni, maree…

R. – Sì. Effettivamente siamo in un momento in cui questa energia si scarica spesso in maniera molto violenta sulla terra e questo è deleterio per tutta una serie di fattori: per esempio per l’agricoltura, perché il terreno non riesce più ad assorbire l’acqua disponibile; o per il dissesto del territorio.

D. – Si dice che il riscaldamento del Pianeta danneggerà l’economia di 3/4 dei Paesi del mondo…

R. – Si, perché soprattutto l’economia di sussistenza - quella dei Paesi poveri - che è legata a stretto filo all’agricoltura potrebbe risentirne: nei Paesi poveri, che sono tutti nella fascia sahariana, sub-sahariana, subtropicale, ci sarà una diminuzione in quantità totale di precipitazioni e un aumento di questi eventi intensi e rapidi di piogge. Quindi l’agricoltura avrà e potrà avere grossi danni, con perdita di raccolti, carestie… Quindi soprattutto laddove l’economia è legata ad una agricoltura di sussistenza, il riscaldamento globale farà effettivamente dei danni molto grossi.

D. – Cosa emerge, secondo lei, dalla Cop22 appena conclusa a Marrakech? Si sta andando nella direzione giusta, oppure quali sono le difficoltà?

R. – La Cop22 era una conferenza un po’ interlocutoria, perché abbiamo avuto Parigi l’ultimo anno e l’Accordo di Parigi è stato ratificato soltanto molto recentemente. Quindi, in realtà, ci si è trovati un pochino spiazzati da questo accordo così rapido. Lì sostanzialmente si è cercato di andare a vedere quando si potranno rendere più ambiziosi gli impegni che hanno preso i vari Stati: in realtà l’Accordo di Parigi era molto ambizioso dal punto di vista teorico degli impegni che si vorrebbero prendere, ma gli impegni presi – quelli concreti – sono molto al di sotto di questi impegni teorici. Quindi ogni cinque anni si cerca di rivedere questi impegni dei singoli Stati a ridurre le emissioni di gas serra, in modo da arrivare ad impegni tali che possano consentire al Pianeta di non riscaldarsi più di 2 gradi. Adesso, purtroppo, con gli impegni attualmente presi arriviamo a circa 3 gradi…

inizio pagina

Cina: morto mons. Tong Hui, vescovo emerito di Yenan

◊  

Il 27 ottobre scorso, alle ore 22.15, è deceduto mons. Francesco Tong Hui, vescovo emerito di Yan’an (Yenan), nella provincia di Shaanxi, nella Cina Continentale. Era stato ricoverato nell’ospedale di Tangdu in seguito ad un’infezione polmonare. Aveva 83 anni. Il 30 settembre 2010 la Santa Sede aveva accettato la sua richiesta di dimissioni, presentata a causa dell’età avanzata e delle precarie condizioni di salute.

Le sofferenze per la fede e per la fedeltà al Papa
Mons. Tong Hui era nato a Lintong, nella provincia di Shaanxi, il 15 agosto 1933. Nel settembre 1941 era entrato nel seminario di Santa Teresa di Xi’an ed il 23 dicembre 1956 era stato ordinato sacerdote. Nel 1958 fu nominato parroco nella zona meridionale di Lintong. Nel marzo 1965 venne incarcerato per quindici anni a causa della fede e della sua fedeltà al Successore di Pietro. Rilasciato nel 1980, fu nominato parroco di Guojiahao, nella diocesi di Xi’an, e nel 1988 parroco di Gongyi. Nel 1993 divenne vicario generale della diocesi di Yan’an, ed il 19 marzo 1994 fu ordinato vescovo coadiutore della medesima circoscrizione ecclesiastica. Il 28 dicembre 1999 successe a mons. Giuseppe Wang Zhenye quale Ordinario.

Gli è succeduto mons. Giovanni Battista Yang Xiaoting
Nel 2006 la Santa Sede nominò un vescovo coadiutore nella persona di mons. Giovanni Battista Yang Xiaoting, il quale, dopo le dimissioni di mons. Tong Hui, gli è succeduto come vescovo diocesano di Yan’an. La diocesi di Yan’an, nella Cina centrale, già missione dei Francescani spagnoli, ha una superficie di circa 80.000 km² e conta 20 parrocchie, 33 sacerdoti diocesani, 2 comunità di religiose e circa 65.000 fedeli.

I fedeli lo ricordano come un Pastore zelante e premuroso
Mons. Tong Hui era molto amato dai suoi fedeli, che riconoscevano in lui un Pastore zelante e premuroso.  Dall’ospedale di Tangdu, dove egli è deceduto, la salma è stata trasportata alla chiesa di Maotuan, in cui è rimasta esposta alla venerazione dei fedeli e in cui sono stati celebrati i funerali il 3 novembre.

inizio pagina

Myanmar: scontri al confine con Cina, profughi varcano frontiera

◊  

Sono migliaia i birmani in fuga verso la Cina a causa dei combattimenti tra ribelli ed esercito nel nord del Myanmar, dov’è in corso un’annosa battaglia separatista. In tremila, secondo Pechino, hanno attraversato il confine: sono ora ospitati in strutture d’accoglienza e, per le situazioni più gravi, in ospedale. Una decina al momento le vittime degli scontri tra i militari di Nayipidaw e i combattenti del Kia, il gruppo armato di etnia Kachin che opera nella zona frontaliera, al centro delle tensioni con il potere centrale perché ricca di risorse minerarie. Ce ne parla Romeo Orlandi, vice presidente dell’associazione Italia-Asean (realtà che riunisce i Paesi del sud est asiatico), intervistato da Giada Aquilino

R. – Le etnie che compongono le popolazioni di quel Paese - e che costituiscono complessivamente più della metà degli abitanti - non sono state né ben integrate né pacificate e anche gli sforzi del nuovo governo birmano, il cui leader è Aung San Suu Kyi, si sono rivelate per il momento poco efficaci. Questa etnia cinese trova sponda nella ‘grande madre Cina’. Pechino per decenni è stato il grande alleato e protettore del Myanmar, ma contemporaneamente foraggiava i ribelli sia armati sia civili che compongono la parte del nord-est birmano, a confine con la provincia cinese dello Yunnan. Ricordo che si tratta di una zona molto ricca dove i traffici imperversano, si taglia il legname, i minerali passano senza tanti controlli: è una zona piuttosto porosa. In questa situazione, la Cina continua a giocare in maniera ambivalente: ha ottime relazioni con il Myanmar però sostiene questa etnia cinese che è contraria al governo birmano. Forse la cosa può essere letta pure come una presa di posizione o un avvertimento per l’apertura che il Myanmar sta facendo verso l’Occidente e che quindi potrebbe penalizzare in qualche maniera la Cina nello scacchiere sudorientale dell’Asia.

D. – Quindi queste violenze costituiscono una sfida per Aung San Suu Kyi e il suo governo, il primo esecutivo civile in Myanmar da decenni?

R. – Non c’è dubbio che costituiscano una sfida anche perché non sono le sole. Dall’altra parte del Paese, sul mare, c’è un’altra etnia, musulmana: si tratta dei Rohingya, che conducono una lotta di sopravvivenza che sfocia anche in vittime e in conflitti armati con il governo birmano. Esistono poi dei gruppi buddisti che sono stati criticati dalla stampa internazionale per posizioni islamofobe. Ora: Aung San Suu Kyi ha un compito estremamente difficile perché il governo militare aveva messo una specie di tappo a queste insurrezioni, reprimendole, non riconoscendole e non intavolando trattative, ma il problema è tutt’altro che risolto. Adesso che c’è il nuovo regime democratico in Myanmar, con a capo Aung San Suu Kyi: tutte queste contraddizioni emergono e anche la sua volontà di risolverle si scontra con l’oggettiva difficoltà della situazione. Bisogna anche dire, per completezza, che Aung San Suu Kyi è stata anche accusata – forse il termine “accusata” è esagerato – dai suoi stessi compagni di partito di essere eccessivamente dura nei confronti delle minoranze. E probabilmente lei non può che fare quello che fa, perché altrimenti la situazione potrebbe sfuggire di mano. Insomma, l’eredità del passato è molto difficile da gestire.

D. – Come leggere allora l’offensiva dell’esercito contro i gruppi musulmani di etnia Rohingya che nelle ultime settimane si è intensificata?

R. - Eliminare le frange più ostili al governo birmano e, dopo di questo, provare a intavolare una trattativa da posizione di forza. Normalizzare il Paese e poi cercare di integrare come non era stato mai fatto con le minoranze. Solo che ciò non è facile perché le tensioni si sono accumulate, i rancori non sono assolutamente sopiti. E in più bisogna anche dire che l’esercito birmano forse non brilla per capacità di intervento e questo ovviamente alimenta il risentimento.

inizio pagina

Guatemala: al via l’incontro dei vescovi dell’America centrale

◊  

I vescovi del Segretariato episcopale dell'America Centrale (Sedac) hanno aperto la loro riunione annuale ieri pomeriggio, nella cappella del Centro dei Fratelli Maristi a Città del Guatemala. Secondo quanto riferisce l'agenzia Fides, sono 65 i vescovi, provenienti da El Salvador, Guatemala, Costa Rica, Nicaragua, Panama e Honduras, che partecipano all'incontro, dal 22 al 25 novembre, per discutere e riflettere sulla situazione della regione alla luce del magistero.

Tra i temi in agenda: famiglia, ecologia e Gmg
All’ordine del giorno ci sono temi come la situazione delle famiglie, i processi di annullamento del matrimonio (Esortazione post-sinodale Amoris Letitia), il problema ecologico (Laudato sì), l'organizzazione della Giornata Mondiale della Gioventù 2019. Un altro tema in agenda riguarda la celebrazione dei 75 anni di questa organizzazione centroamericana. I vescovi eleggeranno anche la nuova dirigenza del Sedac, attualmente presieduto dall'arcivescovo di Panama, mons. José Domingo Ulloa Mendieta.

La preghiera per i morti causati dall'uragano Otto
Aprendo i lavori, mons. Ulloa Mendieta ha invitato a pregare per i morti causati ieri dall'uragano Otto, che ha colpito il Centroamerica. Secondo le agenzie, due adulti sono morti travolti da una frana e un minore è stato ucciso da albero caduto a causa delle piogge prolungate. I servizi di emergenza di Panama, Costa Rica e Nicaragua hanno dichiarato la massima allerta per le zone costiere dei Caraibi. (C.E.)

inizio pagina

Vescovi svizzeri: Giornata di preghiera per vittime di abusi

◊  

Una Giornata di preghiera e penitenza per le vittime di abusi sessuali  nella Chiesa. A indirla, il 5 dicembre, la Conferenza episcopale (Ces) e l’’Unione dei Superiori maggiori della Svizzera. L’appuntamento è alle 12.00 nella basilica di Valère a Sion dove alcune vittime sono state invitate a partecipare a una speciale celebrazione liturgica. La Giornata coinciderà con l’inizio dei lavori della 304.ma Assemblea plenaria della Ces, prevista dal 5 al 7 dicembre sempre a Sion.

Un bilancio delle iniziative della Chiesa contro la pedofilia
I  vescovi e i Superiori degli istituti religiosi elvetici - spiega un comunicato ripreso dall’agenzia Cathpress - vogliono “pregare perché il Signore assista le vittime nel processo di guarigione delle ferite inflitte e sostenga ogni sforzo volto ad allontanare questa colpa grave da tutte le strutture, modi di comportarsi e di pensare in seno alla Chiesa”, come auspicato da Papa Francesco. Al termine della liturgia la Ces presenterà un bilancio delle iniziative intraprese dalla Chiesa svizzera contro la piaga della pedofilia.  “Dal primo incontro di preghiera nel 2010  - spiega Walter Müller, responsabile della comunicazione della Ces - sono state fatte tante cose. Vogliamo fare il punto sui progressi compiuti e presentare le prospettive future su questa tematica”.

Dal 2002 emanate tre serie di direttive sugli abusi sessuali nella Chiesa
Dal 2002 i vescovi elvetici  hanno emanato tre serie di direttive sugli abusi sessuali nel contesto ecclesiale, incentrate sugli interessi delle vittime, la prevenzione degli abusi e i conseguenti interventi nei confronti dei colpevoli. L’ultima edizione, entrata in vigore nel 2014, è stata elaborata insieme all’Unione dei Superiori maggiori della Svizzera. La  nuova normativa comprende sia le persone direttamente attive nella pastorale, sia coloro che operano nei diversi ambiti della Chiesa: catechismo, giovani, formazione, volontariato, sociale. Essa inoltre riguarda anche le comunità religiose, i movimenti e i gruppi ecclesiali.

Un maggiore accento sulla prevenzione e più attenzione alle vittime
Rispetto a quelle del 2002 e del 2010, quest’ultima edizione pone un maggiore accento sulla prevenzione, con riguardo in particolare alla formazione di aspiranti sacerdoti e religiosi e allo scambio di informazioni tra i responsabili sui candidati, che si vuole più chiara e puntuale. Nel documento vengono integrate anche le disposizioni varate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede alla quale spetta il compito di giudicare gli abusi sessuali commessi da membri del clero sui minori di 18 anni. Infine, si sottolinea che perché si configuri il reato di pedofilia basta l’acquisto, il possesso, lo scaricamento dal web e la diffusione di materiale pedopornografico. Nel 2015 la Conferenza episcopale ha anche deciso la creazione di un fondo speciale per gli indennizzi alle vittime di reati di abuso caduti in prescrizione, sia nel diritto civile che canonico, e la costituzione di un’apposita commissione  con il compito di definire le modalità dei versamenti.  (A cura di Lisa Zengarini)

inizio pagina
Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 328

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.