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Sommario del 19/11/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa a neo cardinali: combattete virus inimiciza, andate tra la gente

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Amate, fate il bene, benedite e pregate. Sono le quattro esortazioni che Papa Francesco ha rivolto ai nuovi 17 cardinali creati stamani nel Concistoro nella Basilica di San Pietro. Il Pontefice ha messo in guardia dal “virus della polarizzazione e dell’inimicizia” da cui non è immune neppure la Chiesa. Quindi, ha esortato i neo porporati ad andare verso il Popolo di Dio come testimoni di perdono e riconciliazione. Il servizio di Alessandro Gisotti

“…hos Venerabiles Fratres creamus…”
“Creiamo cardinali di Santa Romana Chiesa questi nostri fratelli…”. La formula in latino pronunciata da Papa Francesco riecheggia tra le navate della Basilica Petrina. E’ un momento di festa per la Chiesa: 17 nuovi pastori, di 11 nazioni dei 5 continenti, diventano cardinali, “membri del Clero di Roma” per cooperare “più intensamente” al servizio apostolico del Romano Pontefice. E’ il “Concistoro delle periferie”: per la prima volta ci sono nazioni che hanno un loro cardinale. Nello scorrere dei volti dei neo porporati, che ricevono la berretta dal Papa, si coglie in modo eloquente l’universalità, la cattolicità appunto della Chiesa. Nell’omelia per l’occasione, Papa Francesco ricorda innanzitutto ai nuovi cardinali che Gesù dopo aver scelto gli Apostoli non li ha mantenuti in alto sulla montagna, ma li ha condotti in pianura, “al cuore della folla”. Ed ha chiesto loro di essere misericordiosi come il Padre.

Gesù ci chiede di amare i nostri nemici, non demonizzarli
Francesco ha così ribadito le 4 esortazioni che il Signore gli rivolge per plasmare la loro nuova vocazione: “amate, fate il bene, benedite e pregate”. Il problema, ha osservato il Papa, “sorge quando Gesù ci presenta i destinatari di queste azioni, e in questo è molto chiaro, non usa giri di parole né eufemismi”:

“Amate i vostri nemici, fate il bene a quelli che vi odiano, benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi trattano male (cfr vv. 27-28). E queste non sono azioni che vengono spontanee con chi sta davanti a noi come un avversario, come un nemico. Di fronte ad essi, il nostro atteggiamento primario e istintivo è quello di squalificarli, screditarli, maledirli; in molti casi cerchiamo di ‘demonizzarli’, allo scopo di avere una ‘santa’ giustificazione per toglierceli di torno”.

Nel cuore Dio non ci sono nemici, siamo noi che classifichiamo le persone
Per Gesù, ha ripreso, “il nemico è qualcuno che devo amare”. Nel “cuore di Dio – ha ribadito – non ci sono nemici, Dio ha solo figli”:

“Noi innalziamo muri, costruiamo barriere e classifichiamo le persone. Dio ha figli e non precisamente per toglierseli di torno. L’amore di Dio ha il sapore della fedeltà verso le persone, perché è un amore viscerale, un amore materno/paterno che non le lascia nell’abbandono, anche quando hanno sbagliato. Il Nostro Padre non aspetta ad amare il mondo quando saremo buoni, non aspetta ad amarci quando saremo meno ingiusti o perfetti; ci ama perché ha scelto di amarci, ci ama perché ci ha dato lo statuto di figli”.

“L’amore incondizionato del Padre verso tutti – è stata la riflessione del Papa – è stato, ed è, vera esigenza di conversione per il nostro povero cuore che tende a giudicare, dividere, opporre e condannare”. Sapere che Dio “continua ad amare anche chi lo rifiuta è una fonte illimitata di fiducia e stimolo per la missione”.

Non dividiamo le persone in nemici che ci minacciano
“Nessuna mano sporca – ha detto il Papa – può impedire che Dio ponga in quella mano la Vita che desidera regalarci”. Quindi, ha osservato che la nostra è un’epoca caratterizzata da “forti problematiche e interrogativi su scala mondiale”. Un’epoca in cui tornano muri e polarizzazioni:

“Vediamo, ad esempio, come rapidamente chi sta accanto a noi non solo possiede lo status di sconosciuto o di immigrante o di rifugiato, ma diventa una minaccia, acquista lo status di nemico. Nemico perché viene da una terra lontana o perché ha altre usanze. Nemico per il colore della sua pelle, per la sua lingua o la sua condizione sociale, nemico perché pensa in maniera diversa e anche perché ha un’altra fede. Nemico per…  E, senza che ce ne rendiamo conto, questa logica si installa nel nostro modo di vivere, di agire e di procedere. Quindi, tutto e tutti cominciano ad avere sapore di inimicizia”.

Combattere virus della polarizzazione e dell’inimicizia anche nella Chiesa
Poco a poco, ha ammonito, “le differenze si trasformano in sintomi di ostilità, minaccia e violenza”. “Quante ferite – è il rammarico del Papa – si allargano a causa di questa epidemia di inimicizia e di violenza, che si imprime nella carne di molti che non hanno voce perché il loro grido si è indebolito e ridotto al silenzio a causa di questa patologia dell’indifferenza”:

“Quante situazioni di precarietà e di sofferenza si seminano attraverso questa crescita di inimicizia tra i popoli, tra di noi! Sì, tra di noi, dentro le nostre comunità, i nostri presbiteri, le nostre riunioni. Il virus della polarizzazione e dell’inimicizia permea i nostri modi di pensare, di sentire e di agire. Non siamo immuni da questo e dobbiamo stare attenti perché tale atteggiamento non occupi il nostro cuore, perché andrebbe contro la ricchezza e l’universalità della Chiesa che possiamo toccare con mano in questo Collegio Cardinalizio”.

I cardinali siano capaci di perdono e di riconciliazione
Nella Chiesa, ha soggiunto, “proveniamo da terre lontane”, pensiamo “in modo diverso e celebriamo anche la fede con riti diversi. E niente di tutto questo ci rende nemici, al contrario, è una delle nostre più grandi ricchezze”. “Come Chiesa – ha detto ancora – continuiamo ad essere invitati ad aprire i nostri occhi per guardare le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della loro dignità, privati nella loro dignità”:

“Caro fratello neo Cardinale, il cammino verso il cielo inizia nella pianura, nella quotidianità della vita spezzata e condivisa, di una vita spesa e donata. Nel dono quotidiano e silenzioso di ciò che siamo. La nostra vetta è questa qualità dell’amore; la nostra meta e aspirazione è cercare nella pianura della vita, insieme al Popolo di Dio, di trasformarci in persone capaci di perdono e di riconciliazione”.

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Periferie del mondo nel Concistoro. Zenari: Chiesa chinata su ferite umanità

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All’inizio del Concistoro in San Pietro, il primo dei nuovi cardinali, il nunzio a Damasco Mario Zenari, ha rivolto un saluto di ringraziamento al Papa a nome di tutti i porporati. Ce ne parla Sergio Centofanti

Vengono da tutti i continenti, “segno eloquente dell’universalità della Chiesa” - ha detto il card. Zenari - e da Paesi lontani, alcuni dei quali per la prima volta nella storia da oggi hanno un cardinale. Molti giungono dalle periferie del mondo: Bangladesh, Isole Mauritius, Centrafrica, Papua Nuova Guinea, Malesia (è assente il vescovo del Lesotho Koto Khoarai, 87enne. Non era in condizioni di affrontare il viaggio e riceverà nei prossimi la berretta cardinalizia). Tra di loro c’è un semplice sacerdote, l’albanese Ernest Simoni, oggi quasi 90enne, che ha trascorso 18 anni nelle carceri comuniste del suo Paese, testimone della fede negli anni difficili della dittatura, torturato e condannato ai lavori forzati nelle miniere e nelle fogne di Scutari. Tutti hanno ricevuto la berretta rossa a significare la disponibilità a versare  il sangue per la fede  e la pace in un mondo che vede oggi più martiri che nei primi secoli del cristianesimo.

Nel corso di quest’anno - ha detto il nunzio in Siria - in tutto il mondo è riecheggiata “la lode di Dio per la sua infinita misericordia”. La “Chiesa in uscita” ha portato con coraggio in tutti gli angoli della terra il lieto annuncio del Vangelo. E’ la Chiesa “Buon Samaritano” che “si china sull’uomo d’oggi, spesso ‘malcapitato’ e lasciato mezzo morto sul ciglio della strada, ferito nel corpo e nello spirito, chiamata a curare e a versare sulle sue ferite l’olio e vino della divina compassione”:

“Santo Padre, qualcuno di noi viene da luoghi dove molti, milioni, sono i ‘malcapitati’, adulti e bambini, lasciati morti o mezzi morti sulle strade dei loro villaggi e quartieri, o sotto le macerie delle proprie case e scuole, a causa di efferate violenze e di sanguinosi, disumani e inestricabili conflitti, le cui tragiche conseguenze ricadono assai spesso sulle inermi popolazioni civili, causando immani sofferenze e catastrofi umanitarie di enormi proporzioni”.

Al termine della celebrazione del Concistoro, Papa Francesco e i nuovi cardinali si sono recati al Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano per incontrare il Papa emerito Benedetto XVI. Il Collegio cardinalizio sale oggi a 228 porporati, di cui 121 elettori.

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Francesco e i neocardinali salutano Benedetto XVI

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Al termine della celebrazione del Concistoro, il Santo Padre e i nuovi cardinali sono saliti su due pullmini e si sono recati al Monastero Mater Ecclesiae, in Vaticano, per incontrare il Papa emerito. Francesco ha abbracciato affettuosamente Benedetto XVI, seguito dai neoporporati. Un incontro fraterno caratterizzato da gioia e semplicità.

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Card. Aguiar Retes: la Chiesa esiste per costruire non per dividere

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Tra i nuovi porporati c’è l’arcivescovo messicano di Tlalnepantla, Carlos Aguiar Retes. Mercedes De La Torre gli ha chiesto un commento alla decisione di Papa Francesco di crearlo cardinale: 

R. – Fue una muy grata sorpresa que me enondò de alegria...
E’ stata una sorpresa molto piacevole, che mi ha riempito di gioia e soprattutto di gratitudine, gratitudine a Dio e gratitudine a Papa Francesco, con il quale ho avuto per tanti anni la possibilità di lavorare insieme in progetti molto importanti, come la V Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano. Non si può descrivere quello che si vive interiormente davanti ad un evento di questa natura, quando si è chiamati a collaborare, in forma così diretta con il nostro capo della Chiesa, con il Successore di Pietro.

D. – Qual è la sfida maggiore che incontra un pastore messicano? Sappiamo che in questa  terra, la Chiesa non attraversa certo momenti facili….

R. – El gran desafío que tiene Mexico y en general America Latina...
La grande sfida del Messico, e in generale dell’America Latina, è riuscire a superare la frattura tra la fede e la vita. Questo significa che abbiamo bisogno di cattolici che, secondo le proprie convinzioni e gli insegnamenti di Gesù Cristo, possano trasmettere - nel mondo in cui vivono, nel mondo in cui lavorano e nel mondo professionale -  le conseguenze del credere in Dio: quando noi abbiamo questa convinzione ben chiara, ben formata, sappiamo che il Regno di Dio, che è venuto a portare Gesù Cristo, è un Regno di giustizia, di amore e di pace. Il nostro Paese, in questo momento, sta vivendo un grave peggioramento tanto nel suo tessuto sociale, quanto nelle sue istituzioni. La Chiesa deve dare testimonianza che esiste per costruire, non per dividere né per polarizzare. Una Chiesa - come ha chiesto il Concilio Vaticano II – che sia una Chiesa di dialogo, che permetta la comunione e l’unità. Non aspettiamo: andiamo, usciamo e incontriamo i bisognosi.

D. – Se potessimo chiedere al Papa perché ha nominato mons. Carlos Aguiar Retes cardinale, cosa risponderebbe il Papa?

R. – Yo pienso que me conece …
Penso perché mi conosce bene, sa cosa faccio e sicuramente ha pensato che questo possa aiutare la Chiesa universale. Io credo che Papa Francesco ha guardato con gli occhi del pastore alla nostra cara Chiesa di Tlalnepantla, alla nostra provincia e alle nostre otto diocesi. Quando è venuto a febbraio di questo anno ad Ecatepec gli ho detto: “Santo Padre, benvenuto nella periferia!”. Noi siamo la periferia di Città del Messico. E c’è grande speranza che si possa fare questo lavoro di mettere in comune le nostre forze per il bene della Chiesa.

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Papa alla Rota: rispondere al grido di aiuto di chi cerca la verità

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La legge della Chiesa non può prescindere dal fondamentale principio della salvezza delle anime, un principio che sovrasta il Codice di diritto canonico come legge suprema e come valore che supera il diritto stesso, indicando così l’orizzonte della misericordia: così il Papa nel suo discorso ai vescovi che hanno partecipato al Corso di formazione (17-19 novembre) sul nuovo processo matrimoniale, organizzato dal Tribunale Apostolico della Rota Romana, nel Palazzo della Cancelleria. Non siamo mai considerati estranei al Corpo di Cristo quanti vivono il fallimento coniugale: questa l’esortazione di Francesco. Il servizio di Cecilia Seppia

“Fedeltà all’annuncio evangelico”, ma anche capacità di “attualizzare il messaggio di Gesù”, per rispondere in modo concreto e non decorativo ai bisogni e alle domande dell’uomo di oggi. Così il Papa, incontrando i vescovi alla Rota Romana, ricorda il fine ultimo della legge della Chiesa e, citando la Prima Lettera di Pietro, rinnova loro l’impegno a tener fede, con spirito di servizio, alla grande responsabilità a cui sono stati chiamati: pascere il gregge non perché costretti, ma volentieri, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non, infine, come padroni delle persone, ma come modelli da seguire: “In tale prospettiva, occorre eliminare con decisione ogni impedimento di carattere mondano, che rende difficile a un largo numero di fedeli l’accesso ai Tribunali ecclesiastici. Questioni di tipo economico e organizzativo non possono costituire un ostacolo per la verifica canonica circa la validità di un matrimonio”.

La salvezza delle anime, fine ultimo della Legge della Chiesa
“Nell’ottica di un sano rapporto tra giustizia e carità” – afferma Francesco – anche i Tribunali ecclesiastici non possono prescindere da quella che è "la legge suprema della Chiesa", il bene più grande: “la salvezza delle anime”. E questo deve essere anche l’obiettivo del Codice di Diritto Canonico, “la parola finale che supera il diritto stesso”, “indicando l’orizzonte della misericordia”.

Nessuno sia considerato estraneo alla Chiesa
La Chiesa è madre che accoglie e ama tutti. Che si incarna nelle vicende dolorose della gente, si china sui poveri, sui lontani e su quanti si considerano esclusi dalla comunità ecclesiale a causa del loro fallimento coniugale. Pertanto - sostiene il Pontefice – nessuno di questi fratelli feriti deve essere “considerato estraneo al Corpo di Cristo, che è la Chiesa”: “Siamo chiamati a non escluderli dalla nostra ansia pastorale, ma a dedicarci a loro e alla loro situazione irregolare e sofferta con ogni sollecitudine e carità”.

Ascoltare il grido di chi cerca verità nel matrimonio
Ai vescovi presenti, provenienti da diversi Paesi e contesti culturali e alle prese con sfide innumerevoli, il Papa chiede di far tesoro di quanto appreso in questi giorni, per poter “svolgere con più efficacia” il proprio ministero, soprattutto per quanto riguarda “il nuovo processo matrimoniale”, con la ricerca di soluzioni e “provvedimenti non sempre facili”. “Confidate nell’assistenza indefettibile dello Spirito Santo, che conduce invisibilmente ma realmente la Chiesa. Preghiamolo perché aiuti voi e aiuti anche il Successore di Pietro a rispondere, con disponibilità e umiltà, al grido di aiuto di tanti nostri fratelli e sorelle che hanno bisogno di fare verità sul loro matrimonio e sul cammino della loro vita”.

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I Venerdì della Misericordia: riportare alla vita gli esclusi

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Questa domenica alle 10.00, Papa Francesco presiederà la Messa in Piazza San Pietro per la chiusura della Porta Santa della Basilica Vaticana a conclusione del Giubileo della Misericordia. Tra i momenti salienti di quest’Anno Santo, i cosiddetti Venerdì della Misericordia. L'ultimo è stata la visita di Papa Francesco a un gruppo di famiglie formate da persone che hanno lasciato il sacerdozio, svoltasi nel quartier di Ponte di Nona a Roma. Sui frutti di questi segni ascoltiamo il servizio di Fabio Colagrande: 

“Una testimonianza con la quale il Papa intende sottolineare le grandi forme di disagio, emarginazione e povertà presenti nella società, unite tuttavia a una forte solidarietà da parte di tante persone”. Questo il significato dei “Venerdì della Misericordia” illustrato dall’arcivescovo Fisichella nel dicembre 2015 alla vigilia dell’apertura della Porta Santa. L’11 novembre, l’ultimo segno offerto da Francesco con la visita a un gruppo di persone che hanno lasciato il sacerdozio. Fra questi Andrea Vallini, già parroco a Roma, che interpreta così il gesto:

"Questo Papa parla poco con le parole e molto con i gesti. Penso che questa cosa, così simbolica, di cui io sono stato immeritatamente un’occasione, non sia così casuale. Penso che il Papa abbia voluto dare un segno anche a tutta la Chiesa, e quindi anche a tutti i vescovi della Chiesa, che l’accoglienza e l‘inclusione non sono segno di lassismo, di rilassatezza o di impoverimento della dottrina o dei principi, ma è un mezzo per avvicinare tutti. D’altra parte è il segnale che ha dato in situazioni sicuramente più penose delle nostre, rivolte ai divorziati e risposati, no?".

Una casa di riposo per malati in stato vegetativo, una comunità per persone con disabilità mentale, due comunità romane per sacerdoti anziani; questi sono stati altri luoghi dove il Papa si è recato in forma strettamente privata, per mantenere un rapporto personale di vicinanza con le persone visitate. Il ricordo di Christian, fra gli ospiti della comunità di recupero per tossicodipendenti del Ceis di don Picchi a Castel Gandolofo, visitata dal Papa a febbraio:

"Abbiamo visto questa macchina attraversare il viale, lui è sceso dalla macchina e per noi è stata una sorpresa perché nessuno sapeva che il Papa sarebbe venuto a trovarci. Quindi ricordo i visi sorpresi e felici di tutti noi. E' stata veramente una sorpresa bellissima. Ha avuto un significato importante perché è come se avesse portato una scia di positività in tutti noi. Ci ha dato più forza; dopo la sua visita nei nostri occhi c’era una luce diversa. Sembrava uno di noi perché è una persona molto semplice, alla mano; si è messo a mangiare la pizza con noi, si è congratulato con chi l’aveva preparata … è veramente una persona speciale". 

In questo ciclo s’inserisce anche la visita di Francesco al centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Castelnuovo di Porto, dove il Giovedì Santo ha lavato i piedi a dodici profughi durante la Messa in Coena Domini. Tra questi c’era Sira Madigata, arrivato in Italia dal Mali:

"Prima della sua visita, dicevamo che era grazie a Papa Francesco se potevamo aver una vita migliore qui in Italia e in generale in Europa. Quando ci hanno annunciato la sua visita, sono rimasto senza parole, perché non mi sarei mai aspettato di incontrarlo. È stato un gesto indimenticabile per me, per la mia famiglia, per i miei amici e soprattutto per la mia religione. Io sono musulmano e incontrare un uomo generoso, di pace, come Papa Francesco - non è soltanto la lavanda dei piedi e dargli un bacio - non si può dimenticare!

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Francia. Beatificazione di Maria-Eugenio del Bambino Gesù

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È stato beatificato questa mattina nel Parco delle Esposizioni di Avignone, in Francia, Maria-Eugenio del Bambino Gesù, al secolo Henri Grialou, sacerdote professo dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, vissuto nel secolo scorso e fondatore dell’Istituto secolare Notre-Dame de Vie. Alla cerimonia, in rappresentanza del Papa, il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Angelo Amato. Scopriamo la figura del nuovo Beato nel servizio di Roberta Barbi

Santa Teresa del Bambino Gesù, San Giovanni della Croce e Santa Teresa d’Avila: sono questi i fulgidi esempi che illumineranno fin dalla giovinezza la vita spirituale di Maria-Eugenio del Bambino Gesù. Nato povero nel 1894 in una famiglia di minatori dell’Aveyron, una vocazione precocissima che non fece pesare economicamente sulla propria famiglia, partendo solo per Susa, dove lo accolsero i padri della Congregazione dello Spirito Santo. Ma non è la vita missionaria a chiamarlo, così torna nel seminario minore di Rodez.

Tre grandi esempi di santità
Ha 13 anni quando legge per la prima volta gli scritti di Teresa di Gesù Bambino – allora neppure Beata – e trova in lei un’amica d’infanzia con la quale crescere nella luce di Cristo. Il 13 dicembre 1920 gli capita per le mani una biografia di San Giovanni della Croce e ne resta folgorato: è sulle sue orme che il Signore lo chiama a camminare, tanto che sul letto di morte dirà: “È con San Giovanni della Croce che io vivo, nel profondo della mia anima”. Dopo l’ordinazione sacerdotale, sceglie, dunque il Carmelo, e nel noviziato dei Carmelitani scopre la grande riformatrice dell’Ordine, Santa Teresa d’Avila, trovando in lei la propria madre spirituale.

Una vita a servizio dell’Ordine dei Carmelitani scalzi
Maria-Eugenio pone al centro della propria esistenza lo Spirito Santo, che percepisce come “amore sostanziale, verità, luce, spirito che fa l’unità delle anime, della Chiesa e del Carmelo”. È lo Spirito ad abitare la sua anima desiderosa di diffondere sempre più la misericordia di Dio, cioè l’amore gratuito che vuole sfamare i più piccoli e i più poveri. Per tutta la sua vita servirà l’Ordine carmelitano scalzo, prima da definitore e vicario generale, tre volte da provinciale (morirà in carica, nel 1967), da visitatore apostolico dei monasteri francesi delle monache carmelitane e da incaricato della Congregazione per i religiosi di organizzare la federazione dei monasteri. 

Il carisma della fondazione si concretizza nell’Istituto Notre-Dame de Vie
Già nel 1929 alcune giovani donne che vogliono donarsi a Dio gli chiedono di guidarle e così il sacerdote capisce che la sua missione è quella di condurre le anime a Dio, di formarle all’unione della contemplazione e dell’azione, mostrando loro il cammino dell’orazione e della vita nello Spirito. Nasce così il Notre-Dame de Vie, che oggi è un istituto secolare di diritto pontificio composto da tre rami autonomi: uno femminile, uno maschile laico e uno sacerdotale, e conta circa 600 membri.

“Voglio vedere Dio”, l’eredità spirituale del Beato
Ma condurre gli uomini a Dio è anche l’obiettivo di “Voglio vedere Dio”, il libro che il beato Maria-Eugenio del Bambino Gesù lascia in eredità a tutti noi, come vademecum verso la santità. In esso il Carmelitano ci prende per mano guidandoci nella crescita nell’amore e nell’abbandono all’azione dello Spirito, a Dio che ci chiama ad incontrarlo nella fede e così ci trasforma: “Ci sono ovunque persone che cercano Dio – scrive – o, se potessi raggiungerle tutte e parlare loro dell’Amore infinito!”. Ma è proprio con queste pagine, in cui risuona il grido di Teresa d’Avila bambina, che riesce a raggiungere i cuori di quanti vogliono farsi apostoli della Chiesa, al di là del tempo e dello spazio.

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Nomine pontificie

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Per le nomine odierne consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Oggi in Primo Piano



Commento di don Sanfilippo al Vangelo della Solennità di Cristo Re

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Nella Solennità di Cristo Re, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù è sulla Croce e viene deriso. I soldati dicono: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”. Anche uno dei due malfattori crocifissi accanto a lui, lo insulta. Ma l’altro lo rimprovera e dice al Signore:

«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». E Gesù gli risponde: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Una regalità decisamente particolare quella del Signore Gesù che onnipotente si fa debole e da Leone di Giuda diviene Agnello di Dio. Egli blocca la spada di Pietro che, per evitargli un arresto ingiusto ed una condanna infame, aveva staccato con un fendente l’orecchio di chi lo voleva catturare, e, sorprendentemente, risana  la ferita del suo oppositore. Afferma di poter disporre subito di dodici legioni di angeli, preferendo, però, non difendersi e lasciandosi condurre con  mitezza alla croce. Insultato aspramente e deriso durante la sua straziante agonia “pendendo dal legno”, anziché dar luogo al legittimo sdegno mediante un fuoco dal cielo che divori i nemici beffardi, invoca piuttosto per essi la misericordia divina del Padre. Quest’amore che non risponde al male con il male, ma tutto scusa e tutto spera che non giudica nessuno, è l’unico amore che è risuscitato vincendo anche la morte naturale. Questo amore è una persona: Gesù Cristo: Egli  dopo la sua resurrezione regna in eterno, onnipotente contro gli spiriti del male; inoltre, ha il potere regale di perdonare e, così, trasformare il cuore di ogni uomo, anche del più invischiato nel male. Lui solo è l’arbitro assoluto della nostra vita e della nostra morte, nessuna persona né autorità può arrogarsi il diritto di disporre della vita altrui, e della propria, neanche con l’eutanasia o il suicidio.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 324

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.