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Sommario del 15/07/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Nizza. Il dolore del Papa: violenza cieca, senza pietà neanche per i bambini

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Papa Francesco sta seguendo con sgomento e in preghiera le notizie sulla terribile strage di ieri sera a Nizza, dove un uomo alla guida di un Tir si è lanciato sulla folla che passeggiava sul lungomare, la famosa Promenade des Anglais, durante la festa nazionale del 14 luglio, causando la morte di almeno 84 persone. Il sevrizio di Alessandro Gisotti

Papa Francesco affida il suo dolore ad un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, indirizzato al vescovo di Nizza, mons. André Marceau, in cui denuncia con forza la “violenza cieca” che ancora una volta ha colpito la Francia, senza pietà neanche per i bambini che in molti figurano tra le vittime. Il Papa esprime la sua partecipazione al dolore delle famiglie colpite e chiede al Signore di sostenerle, assicura la sua vicinanza ai feriti e a tutto il popolo francese, incoraggiando quanti sono impegnati nelle operazioni di soccorso. Infine, chiede a Dio il dono della pace e della concordia per la Francia. In un tweet, pubblicato in tarda mattinata, Francesco rinnova le sue preghiere per le vittime dell’attentato a Nizza ed i loro famigliari. Quindi, chiede "a Dio di convertire il cuore dei violenti accecati dall’odio". Sulla strage di Nizza, ascoltiamo il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi:

"Abbiamo seguito, questa notte, con grandissima preoccupazione, le terribili notizie che venivano da Nizza. Manifestiamo, quindi, da parte di Papa Francesco e nostra, tutta la partecipazione e solidarietà alle sofferenze delle vittime e dell’intero popolo francese, in quello che doveva essere un grande giorno di festa. Condanniamo nella maniera più assoluta ogni manifestazione di follia omicida, di odio, di terrorismo, di attacco contro la pace".

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Il vescovo di Nizza: carneficina scioccante, ma non generi altro odio

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“Qualsiasi ne sia la matrice, questa barbarie è inaccettabile, intollerabile. Il nostro Paese è stato colpito a morte proprio mentre viveva un momento di unità nazionale. Più che mai la solidarietà nazionale deve essere più forte del terrorismo”. Così i vescovi francesi dopo la strage di Nizza. I presuli invitano tutti i cattolici di Francia a pregare in modo particolare per le vittime di questo attacco nella Messa di questa domenica. Sull’attentato ascoltiamo il vescovo di Nizza, André Marceau, al microfono di Jean-Charles Putzolu:

R. – Mon sentiment c'est un sentiment de shock, un sentiment…
Il mio sentimento è un sentimento di shock, un sentimento di enorme paura, un sentimento di incomprensione… E’ uno di quei gesti folli che possono nascere nel cuore degli uomini – e qui di un uomo: ma come sia ragionevolmente possibile che l’uomo possa essere autore di una tale carneficina? L’uomo non è fatto per la morte: non è fatto per dare la morte! E questo, per me, è veramente uno scandalo! E’ lo stesso sentimento di molti di cui oggi abbiamo le testimonianze scioccate, che sono stati testimoni, che erano nel luogo di questo attentato... C’è poi un sentimento di compassione e di prossimità. E’ necessario, però, invitare tutti a non restare chiusi e isolati in questo “scandalo” del male, che è scioccante e che può forse a giusto titolo suscitare odio, incomprensione, chiusure. Bisogna far in modo di evitare questo, a tutti i costi! Quindi il messaggio che io porto è quello soprattutto di richiamare le persone ad essere vicine le une alle altre, a parlare, a venirsi incontro. Le nostre Chiese, per tutta la giornata, saranno animate da una preghiera continua per aiutare la gente a mettersi nelle mani di Dio che è la sorgente dell’amore. Le persone abbiano il coraggio di ascoltare il grido dei cuori, il grido della sofferenza, il grido della loro incomprensione.

D. – In questo momento, qual è il rapporto tra le varie confessioni religiose a Nizza?

R. – Alors, sur le diocèse nous avons une proximité très grande…
Nella diocesi c’è una grande vicinanza tra le grandi comunità religiose, fra cristiani di tutte le denominazioni, musulmani ed ebrei.  Abbiamo regolari incontri e pubblichiamo anche interventi comuni riguardo agli avvenimenti che hanno colpito anche a morte la società: questo si è già verificato nella in occasione dell’assassinio di un giornalista ad Algeri, che era originario di Nizza. Abbiamo organizzato insieme anche alle autorità locali delle marce pubbliche per ben sottolineare quello che il Santo Padre ci chiede: una unità per dare testimonianza della misericordia di Dio e che ciò che succede non rappresenta certo il volto di Dio. Noi, nella nostra diocesi, abbiamo una tradizione di vicinanza e di collaborazione e in questi momenti difficili cerchiamo di mostrare il volto misericordioso di Dio. Certamente, insieme alle autorità locali, organizzeremo delle manifestazioni e delle celebrazioni, insieme anche alle grandi comunità spirituali, religiose. Ed ovviamente i cristiani saranno insieme nella preghiera.

D. – Ci sono dei cuori distrutti, dei cuori feriti, delle famiglie distrutte: che parola si può dire?

R. – Je crois que c'est la parole de cœur, c'est la parole de la proximité…
Io credo sia la parola del cuore, la parola della vicinanza. E’ necessario essere accanto, essere vicini a queste persone. So bene che spesso le parole non servono o non sono sufficienti, perché c’è la sofferenza, perché la sofferenza è talmente grande: sono state distrutte delle vite, sono state distrutte le vite di tanti bambini, di tanti giovani e di tante coppie ... Credo che sia soltanto la nostra vicinanza, il dire loro che noi siamo vicini, che siamo presenti, che siamo insieme: “Siamo con voi!”, soprattutto se le persone sono in qualche modo isolate, perché la sofferenza spesso è più forte. Credo che la nostra parola d’ordine sia vicinanza: essere vicini è anche avere il coraggio di prenderli per mano, perché le parole spesso non possono essere comprese. E’ troppo difficile… Ma noi stiamo li!

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Nomina episcopale in Venezuela

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In Venezuela, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Fernando de Apure, presentata da Mons. Víctor Manuel Pérez Rojas, per sopraggiunti limiti d'età. Il Papa ha nominato Vescovo di San Fernando de Apure Mons. Alfredo Enrique Torres Rondón, trasferendolo dalla sede titolare di Sassura e dall’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Mérida.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, sulla strage di Nizza, un editoriale di Giuseppe Fiorentino dal titolo "La sconfitta dell'Europa".

Il giudice ragazzino: uno stralcio dal libro di Giuseppe Di Fazio "La notizia diventa storia" dedicato a Rosario Lavatino.

Senza rete: Giovanni Giulio Valtolina sul dramma dei minori stranieri non accompagnati.

Costretti a capire: Gabriele Nicolò ricorda lo scrittore ungherese Peter Esterhazy.

Pietà e perdono: Timothy Radcliffe sull'opera della misericordia.

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Oggi in Primo Piano



Nuovo attacco alla Francia: camion sulla folla a Nizza, 84 morti

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Francia sotto attacco, dopo che ieri sera a Nizza un camion ha travolto la folla durante i festeggiamenti per il 14 luglio. 84 le vittime finora accertate, tra cui alcuni stranieri, un centinaio i feriti, 18 in gravi condizioni. L’attentatore, un franco-tunisino di 31 anni, è stato ucciso dalla polizia dopo una corsa omicida di due chilometri. Nessuna rivendicazione finora, ma il presidente Hollande, che ha raggiunto Nizza in queste ore, ha parlato di un attacco “il cui carattere terroristico non può essere negato”. Proclamati tre giorni di lutto nazionale. Il servizio di Michele Raviart

Dopo il Bataclan e gli attentati di Parigi, la Francia subisce un nuovo attacco. A colpire è stato un trentunenne francese di origine tunisina, identificato dalla stampa locale in Mohamed Lahouaiej Bouhlel. Già noto per alcuni reati minori, principalmente risse, era stato condannato a marzo per violenze, ma non era segnalato all’antiterrorismo. Nel camion, che era stato noleggiato mercoledì scorso nei dintorni di Nizza, sono stati ritrovati anche un cellulare, una patente e una carta di credito e – secondo fonti non confermate ufficialmente – una seconda carta d’identità che lascia aperta la pista di un secondo complice. Intanto  la polizia procede alle identificazioni dei corpi sulla Promenade des Anglais, travolti mentre erano lì per assistere a uno spettacolo di fuochi d’artificio. Tra di loro almeno due bambini, mentre oltre cinquanta sono ricoverati in ospedale. Unanime il cordoglio della comunità internazionale per quello che il presidente Hollande ha definito un “atto terroristico di una violenza assoluta”, un concetto ribadito anche dal primo ministro Valls, anche lui in queste ore a Nizza. “Sapevamo che ci sarebbero state altre vittime innocenti, ma la Francia non si piegherà dinnanzi a questi eventi”. Finora non c’è stata nessuna rivendicazione, ma molti profili social legati allo Stato Islamico hanno gioito per questo ennesimo eccidio. La Francia intanto ha prorogato per altri tre mesi lo stato di emergenza, che doveva terminare il 26 luglio, e ha indetto tre giorni di lutto nazionale a partire da domani.

Ascoltiamo una testimonianza di un sopravvissuto ai fatti di Nizza. L’audio viene del canale francese I Tele’: 

"Le camion...
Il camion si è lanciato sulle persone, le ha colpite e le ha schiacciate… Pensavamo che ci sarebbe venuto addosso, ma non sapevamo in che senso sarebbe arrivato e dove sarebbe andato: io sono scappato a destra, mia moglie a sinistra: mia moglie si è salvata soltanto per un metro, altrimenti sarebbe morta. Io ho avuto la fortuna, con mio figlio, di scappare dalla parte giusta. Ma ho visto tante persone schiacciate, colpite, con la testa insanguinata, smembrate….Non è un camioncino: è un tir di 18 tonnellate, un tir lungo 15 metri, che correva a più di 80 chilometri all’ora… Che ha schiacciato tutto quello che incontrava, i pali, gli alberti: tutto! Non ho mai visto niente di simile. Era un camion inarrestabile! Ci sono state persone che si sono attaccate alle portiere per cercare di fermarlo… Ma non ci sono riusciti, perché andava troppo veloce… Alla fine si è fermato, è arrivata la Polizia: abbiamo sentito i colpi di kalashnikov… Da tutte le parti c’era gente che gridava, che scappava in ogni direzione… E noi siamo scappati dalla parte opposta per evitare di essere colpiti dagli spari". 

Tra i testimoni dell'attentato anche il giornalista di Tv 2000 Giampiero Spirito, intervistato da Fabio Colagrande: 

"C’erano i fuochi d’artificio sulla Promenade des Anglais, il lungomare di Nizza, dalle 22.00 alle 22.25, uno spettacolo a cui partecipano decine di migliaia di persone. Io penso che ci fosse tutta Nizza, ma anche di più, perché l’arenile e il lungomare erano veramente stipati. Credo che sia successo intorno alle 22.35-22.40, quando l’immensa folla si è spostata, ma a stento, pian piano. Tra l’altro, infatti, sul lungomare c’erano degli spettacoli, dei cantanti che suonavano e, quindi, non tutti si sono diretti verso il centro città: molti sono rimasti lì sul lungomare. Intorno alle undici meno dieci, poco dopo il fatto quindi, io ero in una gelateria con mia moglie, essendo qui in vacanza, e una folla terrorizzata e urlante ha cominciato a correre per le strade ed è entrata anche in gelateria. Io, per non rimanere intrappolato, sono uscito di corsa e ho visto scene di terrore vero: mamme che hanno perso i loro bambini, che li cercavano urlando… E’ stata veramente una scena terribile".

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Un camion, una bambola, una poliziotta: il dramma di Nizza

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Al dolore si affiancano le testimonianze e le immagini della strage di Nizza. Ce ne parla Giada Aquilino

“Les policiers qui ont intercepté ce camion, avec un courage extraordinaire…
I poliziotti che hanno intercettato il camion, con un coraggio straordinario”, dopo che una persona tra la folla era saltata sul mezzo per tentare di fermarlo: non dimenticherò mai il viso della poliziotta” che ha bloccato il killer. Sono gli occhi del presidente del Dipartimento delle Alpi Marittime, Eric Ciotti, oltre alle parole, a raccontare ai media francesi di un agente donna che con un collega è intervenuta per “neutralizzare” il killer di Nizza. Prima, la strage lungo Promenade des Anglais, il lungomare. Gioia Tagliente ha raccolto la testimonianza diretta di un’italiana, Angela Distratis, ingegnere informatico che vive e lavora a Nizza:

R. – Noi eravamo sul balcone che si affaccia sulla Promenade des Anglais, dove è avvenuto l’attentato. Stavamo tutti guardando i fuochi d’artificio che erano finiti forse da un quarto d’ora o una ventina di minuti. Però, chiaramente, c’era ancora tantissima gente per strada. A un certo punto, forse verso le 23:00 o un po’ prima, è arrivato un camion bianco, velocissimo sulla folla, e ha iniziato a investire tutte le persone che trovava davanti. Abbiamo visto certe persone essere spazzate via dal camion. La gente gridava e c’era chi cercava di scappare da una parte e dall’altra. È successo tutto in un minuto e non abbiamo nemmeno capito dove si fosse fermato il camion. A quanto pare poi si è fermato un po’ più avanti, di fronte all’hotel Negresco.

D. – Qual è la situazione attuale?

R. – Pare ci sia una persona libera e, a quanto pare, la stanno cercando. A noi è stato detto di non uscire.

D. – Qual è l’atmosfera che si sta vivendo in queste ore?

R. – Noi viviamo proprio qui, sul lungomare, ed è orribile. C’è un silenzio assurdo e si sentono solo le sirene della polizia e dell’ambulanza. Proprio nel momento in cui sto parlando stanno scoprendo i corpi rimasti là. La scientifica sta ancora eseguendo gli esami sui corpi che ora stanno caricando sulle ambulanze.

Solo una scia di terrore, dunque. Corpi martoriati a terra, lungo Promenade des Anglais: anche quello di una bimba, coperto da un telo dorato, con accanto una bambola. È un’immagine che richiama quella di Aylan, il piccolo siriano in fuga dalla guerra, ritrovato senza vita sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia. Vite innocenti, spezzate. Luca Collodi ha intervistato Enrico Musella, membro del Comitato italiani all’estero presso il consolato italiano di Nizza:

R. - Chi era presente ha assistito anche a mamme con carrozzine, con neonati e bambini piccoli che venivano investiti. Una cosa incredibile, veramente un orrore per chi l’ha vissuto! Un orrore sia per il numero delle vittime sia anche per le modalità. Ed è anche un orrore pensare che purtroppo non è finita: questa è la preoccupazione, come pure il modo per venire fuori da questa contrapposizione, che sicuramente non è una contrapposizione di religione, ma è una contrapposizione di follia.

Immediata la mobilitazione sui social network: su twitter ieri sera si è diffuso l'hashtag #PortesOuvertesNice, 'PorteAperteNizza', per invitare i cittadini ad aprire le loro case per soccorrere e mettere in salvo le persone coinvolte nella strage, così com’era avvenuto in novembre a Parigi. Poi, l'hashtag #RechercheNice per avere notizie dei dispersi, che si affianca ai numeri ufficiali di emergenza, per aiutare famiglie delle vittime e persone in cerca di informazioni su quanti coinvolti nella tragedia. In prima linea, anche la Caritas Nizza. Al microfono di Antonella Palermo, la direttrice Adelaide Bertrand:

R. – Stiamo cercando i volontari e le persone che accogliamo nei centri della Caritas, per sapere se tutti stanno bene. Abbiamo bisogno di informazioni e di dati su queste persone. Poi la gente chiama per sapere come aiutare, per donare il sangue o i soldi per essere vicina alla gente che è stata attaccata questa notte. Ieri sera alcuni volontari stavano vedendo i fuochi d’artificio e hanno vissuto la tragedia e oggi sono scioccati.

D. – Che cosa hanno raccontato?

R. – Mi hanno detto di aver visto il furgone imbattersi a grande velocità sulla gente. Hanno avuto molta paura. E poi c’è stato un momento di choc, di crisi, perché tutte le persone avevano perso il controllo della situazione.

D. – Ma c’era qualcosa che faceva presagire un’azione del genere?

R. – A Nizza la gente aveva paura durante gli Europei di calcio. Ma, da parte della Prefettura, non abbiamo sentito nulla, non è stato detto nulla a proposito di attacchi del genere.

Sull’impegno di solidarietà alle vittime della Chiesa locale, Luca Collodi ha intervistato don Stéphane Drillon, cancelliere della Diocesi di Nizza:

R. - Cerchiamo di ascoltare il dolore della gente e di essere prossimi, vicini a tutte le famiglie, a tutte le persone colpite e che soprattutto sono degli innocenti. Il problema è proprio questo: sono persone innocenti quelle che pagano.

D. – Nizza come sta vivendo queste ore?

R. – In modo molto triste… Affidiamo a Dio tutte le anime innocenti di ieri sera e lo faremo in particolare in una Messa pontificale al Duomo di Nizza, questa sera. Anche per chiedere perdono al Signore per l’odio che c’era in quella persona che ha preso quel veicolo per uccidere e provocare quasi 90 vittime.

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Quirico: Califfato cancella rimorso per costruire macchine di morte

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La strage di Nizza si aggiunge ad una lunga lista di attacchi terroristici che hanno sconvolto la Francia a partire dal 2012. Su questa nuova pagina dell’orrore, Amedeo Lomonaco ha intervistato il giornalista e inviato di guerra del quotidiano “La Stampa”, Domenico Quirico: 

R. – La cosa che colpisce di più è che è già in atto una trasformazione della nostra vita quotidiana: è progressiva, ma apparentemente inarrestabile. Cambia il modo in cui noi viviamo le nostre città: c’è una specie di moltiplicazione del modello Israele, quando Israele era costantemente sotto il fuoco di attentati. Senza che noi ce ne accorgiamo, cominciamo ad accettare o cominceremo ad accettare delle cose che, normalmente, avremmo rifiutato perché contrarie all’idea stessa della democrazia e del nostro modo di vivere. C’è un progetto, evidentemente, molto dettagliato di trasformare il nostro modo di vivere.

D. – L’attentato di Nizza è l’ultimo drammatico atto di una guerra dispari, non tra eserciti ma contro missioni di morte, con trincee, modalità e tempi non prevedibili. E’ probabilmente questa una tra le manifestazioni terroristiche più globali, atroci e agghiaccianti della storia…

R. – Tutto questo esiste perché c’è un luogo fisico di riferimento: il Califfato, uno spazio geografico umano, politico, sociale, storico che costituisce un moltiplicatore di seduzione.

D. – Di questo terrorismo su scala mondiale colpiscono, in particolare, la creatività diabolica e la capacità di pianificazione. Nelle menti di questi terroristi non sembrano esserci limiti e confini invalicabili. Tutto è possibile…

R. – Tutto è possibile perché l’area di reclutamento è estremamente larga: sono in grado di moltiplicare, modificare, aggiornare, prevenire le contromosse dell’avversario in un modo pressoché infinito. Il problema credo sia soprattutto nelle conseguenze indotte che tutto questo determina nelle nostre società. Il nodo centrale di questo problema è in questo: il tipo di risposta.

D. – Sono solo il fanatismo, il rancore, la radicalizzazione o ci sono anche altri fattori che rendono un essere umano capace di compiere qualsiasi efferatezza?

R. – Ogni jihadista ha dentro di sé una molteplicità infinita di motivazioni. Non si assomigliano. C’è un momento, nel filo della vita di ciascuna di queste persone, in cui diventano tragicamente qualcos’altro. E il motivo scatenante può essere il più diverso: da un insuccesso personale ad una predica… Sono assolutamente motivi infiniti ed è per questo che è quasi impossibile leggere preventivamente – come pensano le Polizie – l’identikit del potenziale terrorista, del potenziale stragista. E questo perché non esiste un identikit di questo tipo.

D. – Il terrorismo mira a diffondere paura e odio per paralizzare le società occidentali, ma in realtà si può scorgere – secondo alcuni – anche un disegno politico: quello cioè di indebolire l’Unione Europea, che - dopo la Brexit - dovrà convivere anche con l’avanzata in Francia e non solo di movimenti euroscettici, che vedono, tra l’altro, proprio nell’immigrazione uno dei problemi principali…

R. – Certamente tra i possibili effetti collaterali di questi attentati ci può anche essere lo scenario di radicalizzazione autoritaria e xenofoba dei governi dell’Europa. E questo farebbe sicuramente il loro gioco, in quanto determinerebbe nelle vaste ormai minoranze dell’islam europeo un aumento della possibilità di indottrinamento e di reclutamento. Questo è possibile…

D. – Intanto lo Stato Islamico, che non ha ancora rivendicato l’attentato di Nizza, perde terreno in Siria e in Iraq ma questo non sembra intaccare la sua capacità di sferrare attacchi in Europa…

R. – Su questo tema del Califfato all’agonia, mi permetto di suggerire qualche prudenza. Un dato che mi sembra fondamentale è che - a più di due anni dalla proclamazione ufficiale - il Califfato, nel suo nucleo fondamentale, che sono Raqqa e Mosul, è ancora lì. Ha dimostrato, anche in queste ultime fasi in cui ha perso delle battaglie, di avere una capacità militare particolarmente efficiente proprio perché ha saputo gestire le sconfitte. Questo come primo elemento. Il lato terroristico della strategia viaggia evidentemente in modo quasi autonomo e questa è una delle terribili qualità che il Califfato ha messo insieme.

D. – Domenico Quirico, hai sperimentato nel 2013, per 152 giorni - quelli della tua prigionia in Siria - la totalità del male, la ferocia di un odio integrale, che non conosce pietà, compassione. C’è qualcosa che può spezzare in queste menti, intrise d’odio, una visione così agghiacciante e anche diabolica del mondo?

R. – Purtroppo la mia costatazione è che uno degli effetti più tremendi che il progetto totalitario del Califfato ha determinato - in un numero molto, molto alto di persone, di giovani provenienti da varie parti del mondo - è stata la cancellazione del rimorso. La rimozione del rimorso è sulla base di una motivazione pretestuosamente religiosa: quello che tu fai, anche la cosa più orribile, come appunto travolgere 80 innocenti con un camion, non è una colpa, perché tu in quel momento stai aiutando un dio non trascendente, ma presente nella storia, a realizzare i proprio fini. Se tu riesci, com’è riuscito il Califfato, di togliere il rimorso all’anima delle persone, ottieni qualcosa di terribile: delle macchine di morte perfette, che non hanno alcun problema ad uccidere!

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Imam Firenze: grande dolore per Nizza, sfuggire a trappola dell'odio

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I musulmani francesi hanno condannato duramente la strage di Nizza. Una condanna a cui si associa l’imam di Firenze Izzedine Elzir, presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, al microfono di Fabio Colagrande

R. – E’ un grande dolore! E’ un grande dolore – oltre che per le tante vittime, anche tra i bambini; per le persone a terra - vedere che ciò è stato compiuto da una persona che si dichiara musulmana. Nessuna fede, nessuna religione, nessuna persona che abbia un pensiero equilibrato, può uccidere un’altra persona! Da quello che ho potuto vedere, dalle notizie di questo ragazzo, di questo assassinio: purtroppo è stato arrestato diverse volte per uso di droga. Purtroppo, nella nostra realtà europea abbiamo dei mostri, delle persone che sono cresciute senza conoscere la loro fede, che sono avviate allo spaccio, alla criminalità; che entrano in prigione e ne escono non soltanto come criminali, ma anche come assassini… Dobbiamo veramente riflettere, tutti quanti insieme e dire: “Abbiamo fallito! Ciascuno ha la sua responsabilità”. Solo così riusciremo a dare una risposta efficace e non rimanere nella trappola di questi criminali, questi assassini.

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Card. Bagnasco: vicini al popolo francese, non cedere alla paura

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Anche i vescovi italiani hanno espresso il loro dolore e la loro vicinanza ai familiari delle vittime e al popolo francese. Ascoltiamo il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, intervistato da TV2000: 

R. - Desidero esprimere a mio nome e a nome dei vescovi italiani la più grande vicinanza al popolo francese e a Nizza in modo particolare. La nostra preghiera va alle vittime e ai loro famigliari, alle tante famiglie che sono coinvolte e segnate da questo profondo dolore. Vorrei ricordare innanzitutto che bisogna certamente, da una parte, alzare il livello di guardia, di attenzione, di vigilanza per quanto umanamente possibile, ma non dobbiamo cedere assolutamente alla paura, un sentimento che smarrisce ulteriormente, che non suggerisce delle buone soluzioni e dei comportamenti buoni, corretti e adeguati anche per situazioni complesse difficili come queste. Certamente questo ulteriore, ennesimo episodio di violenza, di terrore, di follia omicida, si inserisce in un contesto generale che deve destare, e che desta, preoccupazione e riflessioni comunitarie, non soltanto di una città, di un Paese, ma sempre più dell’Europa, la quale non deve assolutamente scoraggiarsi. L'Europa deve continuare a credere in se stessa e nello stesso tempo deve ripensare meglio se stessa, anche sotto la spinta di queste ulteriori minacce al continente europeo e ai suoi valori fondamentali.

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Hollande: avanti con raid contro Is, a Mosca incontro Kerry-Lavrov

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Un minuto di silenzio per le vittime dell'attacco terroristico a Nizza ha aperto oggi a Mosca, il vertice tra il ministro degli Esteri russo Lavrov e il segretario di Stato americano Kerry che insieme hanno visitato l'ambasciatore francese in città. "Quanto accaduto in Francia", ha detto Lavrov, "conferma l'urgenza e la rilevanza del nostro lavoro sulla lotta contro al terrorismo". Eppure tra i due fronti non sembrano esserci passi in avanti sulla crisi siriana. Quanto e come questo può influenzare il terrorismo contro l’Europa? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Stefania Azzolina analista del Centro studi internazionali: 

R. – Non vi è sicuramente un collegamento diretto tra quello che è l’andamento dei negoziati in Siria con l’esasperazione della minaccia terroristica a livello europeo. Ovviamente la stabilizzazione del contesto siriano rappresenta in questo momento un obiettivo fondamentale per limitare la capacità di azione del sedicente Stato Islamico sul fronte mediorientale. Per quanto riguarda invece il contesto europeo, c’è anche bisogno di porre in essere una serie di politiche sul piano economico e sociale volte a frenare a priori il fenomeno della radicalizzazione, offrendo soprattutto alla fascia giovanile un’alternativa.

D. – L’affermazione di Hollande - “Continueremo con i raid in Siria e Iraq” - fatta oggi, lei come la giudica?

R. – E’, da un lato, un confermare la propria linea di azione nei confronti della lotta al sedicente Stato Islamico, ma è anche un’affermazione di politica interna, una forma di rassicurazione per quanto riguarda la sicurezza della nazione.

D. – Dall’incontro Kerry–Lavrov che cosa dovrebbe uscire per avere una maggiore speranza di una soluzione in Siria, ma anche della questione terrorismo internazionale?

R. – E' auspicabile che Stati Uniti e Russia elaborino un piano di cooperazione militare, ma soprattutto una cooperazione intesa come modus operandi all’interno delle trattative. Una convergenza tra Stati Uniti e Russia potrebbe portare poi tutti gli altri interlocutori ad avere un atteggiamento maggiormente propenso al compromesso.

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Italia: dopo Nizza aumenta la vigilanza. I sindacati: investire di più

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Il governo italiano ha deciso di aumentare la vigilanza attorno a tutti gli obiettivi sensibili. Lo ha affermato il ministro dell’Interno Angelino Alfano al termine del Comitato antiterrorismo. Rafforzati poi i controlli alle frontiere. Alessandro Guarasci: 

Rafforzati i  sistemi di vigilanza e di presidio degli obiettivi sensibili, ma costituita anche una forma di riunione permanente del Casa, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo. L’Italia prende le contromisure dopo l’attentato di ieri. Sotto osservazione anche le carceri, anche se non ci sono stati segnali di sostegno o di solidarietà per quanto accaduto da parte di soggetti di fede islamica o di altre fedi. Rafforzati poi i controlli alle frontiere, soprattutto quelle piemontese, come è aumentato il monitoraggio del web e del flusso di denaro. Per Alfano, poi, bisogna avere più informazioni sugli imam. Ma come sta funzionando la prevenzione? Daniele Tissone, segretario del Cgil Polizia, il Silp

R. – L’Italia è un obiettivo a rischio, come lo sono tutti i Paesi. E’, però, essenziale il controllo alle frontiere, che ci consenta, attraverso uno scambio sempre maggiore di informazioni, di banche dati tra le polizie internazionali, di poter monitorare tutti quei soggetti che possono essere gli autori di potenziali attentati.

D. – La vigilanza in Italia sembra, almeno apparentemente, abbastanza alta. Abbiamo militari che, per esempio, sono nelle stazioni e nelle fermate della metropolitana. Ma come sta andando avanti, secondo lei, l’azione di Intelligence?

R. – Il livello è adeguato. Molto spesso si ricorre a forme preventive di arresto e a forme di controllo anche sul web. Quindi, da questo punto di vista, mi sento di dire che la professionalità degli operatori della Polizia italiana è elevata, non fosse altro per l’esperienza che ha la nostra Polizia mutuata dagli episodi del terrorismo interno, dall’attività della criminalità organizzata. C’è bisogno di una giustizia più rapida e più veloce e capace anche di intervenire prontamente e di mettere in atto tutte quelle misure, anche a livello preventivo, che possono essere necessarie per stroncare sin dall’inizio episodi che potenzialmente - ripeto – possono portare all’incitamento dell’odio e alla commissione di reati. La vigilanza c’è, esiste: la vigilanza fisica presso le stazioni, le metropolitane. Abbiamo visto, però, come nel caso recente della Francia, di ieri, come tutti possano essere, costituire i luoghi e l’obiettivo.

D. – Voi, però, lamentate una cronica carenza di strumenti…

R. – Tutte le forze di polizia, in senso lato, da molti anni - da circa un decennio - lamentano una carenza di uomini, di mezzi, di strumentazione e di tecnologie. Penso ad esempio ai giubbotti antiproiettile, quelli di nuova generazione, che non sono stati ancora distribuiti a tutto il personale. Bisogna investire e bisogna invertire questa tendenza degli ultimi anni, che è stata quella di considerare la sicurezza come un qualcosa sul quale intervenire anche dal punto di vista del risparmio, in un'ottica di spending review.

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Missione sul lungotevere: stand francescano fra la movida romana

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I Francescani del Centro Missionario di Roma in “missione” sul lungotevere nell’Anno del Giubileo. Con lo slogan “Condividi con noi l’estate romana… nell’Anno del Giubileo”, i francescani lanciano l’originale iniziativa per sensibilizzare romani e turisti a vivere momenti di crescita durante le serate estive e per far conoscere le attività e le opere di misericordia che i Francescani Conventuali “narrano” nei luoghi missionari del mondo.Michele Ungolo ha intervistato padre Paolo Fiasconaro, direttore del Centro Missionario Francescano Onlus: 

R. – L’idea nasce dall’invito di Papa Francesco, quando tre anni fa all’inizio del suo Pontificato, invitò la Chiesa ad uscire e andare verso le periferie esistenziali. Da qui mi è venuta l’idea e mi sono detto: “Perché non devo andare in missione anche io?”. Siccome abito in un convento proprio a ridosso delle banchine del Tevere, vedendo questo afflusso di gente – nelle banchine nei mesi estivi passano più di due milioni di persone – mi sono detto: “Voglio andare anch’io”. Così ho bussato alla porta degli organizzatori. Naturalmente pensavo già a quanti soldi ci sarebbero voluti per avere uno stand ubicato in quelle banchine. Invece, mi hanno aperto le porte, mi hanno dato uno stand a titolo gratuito e addirittura nel centro della movida di fronte all’Isola Tiberina, sotto il Ponte Garibaldi. La Chiesa è in mezzo alla gente. Poi quest’anno – è il terzo anno di presenza sul Tevere – lo abbiamo personalizzato. Vediamo già l’effetto dell’Anno del Giubileo. Rispetto allo scorso anno vediamo un afflusso maggiore. Ma la cosa che più ci preme, dialogando con la gente, è far capire loro l’opera dei nostri missionari che realmente narrano la misericordia nei luoghi della missione. Questo è quello che la gente apprezza accostandosi a noi francescani.

D. – “Condividi con noi l’estate romana”: questo è lo slogan vincente?

R. - Sì, è proprio questo. Insieme al logo del Giubileo, quasi un po’ per far accostare la gente a questo evento di grazia, sono tre le icone che lo stand missionario vuole far conoscere ai pellegrini, agli avventori serali: Cristo, che è il Padre del Buon Samaritano, San Francesco che diceva ai suoi frati: “Andate per il mondo ad annunziare a due a due il Vangelo” e Papa Francesco che ci invita ad uscire dai nostri conventi e ad andare dove la gente vive i tempi e gli spazi della propria crescita culturale, serale, estiva. Noi vogliamo che questa sia anche una crescita spirituale attraverso la proposta francescana.

D. - Quanta curiosità c’è tra i turisti che si avvicinano e soprattutto quali sono le domande più frequenti?

R. - Dopo due anni di presenza già mi rendo conto che il 50% sono stranieri; l’altro 50% è diviso così: 25% italiani e 25% romani. Quindi ci troviamo in una realtà molto laica; la gente la sera vuole divertirsi, vuole andare a mangiare; vuole trascorrere il proprio tempo libero e noi vogliamo valorizzare il tempo di queste persone che scendono giù alle banchine per ascoltare una buona musica, perché non è tutto mangiare o roba godereccia, ma ci sono questi spazi. Credo che il nostro stand sia uno spazio che realmente dà un’anima a tutta l’estate romana; diamo un volto sociale, spirituale all’estate romana sul Tevere. La gente si ferma, guarda il frate con il saio, guarda la grande gigantografia di Papa Francesco con il dito alzato, poi abbiamo un pallone gonfiabile con padre Kolbe, missionario anche lui sulle banchine del Tevere, il nostro martire polacco che diede la vita per difendere un padre di famiglia ad Aushwitz. È anche una proposta missionaria. Le domande sono tante; la più frequente è: “Padre voglio fare un mese di esperienza in missione”. Noi distribuiamo degli opuscoli dove spieghiamo qual è l’attività del centro missionario, le adozioni a distanza, i progetti, …

D. - Perché fra le richieste  c’è proprio  questa volontà di fare una missione?

R. - Io credo che nell’animo umano ci sia insito il discorso dell’altruismo. Al di là del credo, penso che tutti sentano il bisogno. Come dicevo prima, in un luogo laico di fatto c’è sorpresa quando ci vedono. Dicono: “ Ma come, i padri francescani sono anche qui?”. Alcuni rimangono increduli, alcuni dicono: “Grazie che ci siete”. L’altra sera un ragazzo si è confessato. Sono vari approcci, varie tipologie di contatto con le persone perché certamente tutti hanno bisogno di una buona parola.

D. - Quindi è importante avere un contatto con la gente?

R. - Sì, oggi il contatto, la comunicazione, secondo me, è evangelizzazione. Comunicando, sicuramente, evangelizziamo: questo è una valore importante che forse all’interno della Chiesa andrebbe recuperato.

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"SconfinaMenti": il cinema si fa dialogo tra le culture

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Con gli ultimi due appuntamenti fissati questa sera e il prossimo 22 luglio a Esino-Lario in Lombardia, dove si trova una comunità di richiedenti asilo, termina “SconfinaMenti: Le Culture si incontrano al cinema”, una rassegna cinematografica itinerante che pone il dialogo culturale come indispensabile per sanare l’odio e la violenza che affliggono il mondo e l’Europa, alla luce dei fatti terribili di Nizza. Il servizio di Luca Pellegrini: 

E’ iniziata a maggio e ha percorso tutta l’Italia in venti tappe portando il cinema d’autore a contatto con le comunità straniere e i rifugiati presenti sul nostro territorio per aiutarli a confrontarsi con le culture che li ospitano e li accolgono: “SconfinaMenti” è un’iniziativa che è stata occasione di approfondimento e conoscenza, con il fine di promuovere tra generazioni, religioni ed etnie diverse l’incontro e favorire la comprensione dell’attualità, così da sanare l’odio e  la follia che riversa sangue innocente sulle strade, anche d’Europa. Questa rassegna è stata promossa dal COE, il Centro Orientamento Educativo, le cui finalità ci sono spiegate da Simona Barranca, ideatrice del progetto:

R. - Il Centro Orientamento Educativo è un’associazione, una ong onlus, che da più di 50 anni è impegnata in progetti di cooperazione internazionale, in Africa, Asia e America Latina.

D. - Come è nato dunque “SconfinaMenti”?

R. - Il Coe ha semplicemente risposto ad una bellissima call for proposal del Ministero delle attività culturali e dei beni culturali, che si chiama “Migrarti” - il primo, in realtà, nel suo genere - che chiedeva agli enti e alle associazioni della società civile di dare alcune risposte all’attualità che tristemente tutti conosciamo, attraverso l’utilizzo delle forme artistiche. E infatti abbiamo proposto questo progetto che si chiama “Sconfinamenti” e abbiamo fortemente voluto che avesse un carattere nazionale. Ci siamo messi insieme ad altre sette ong, che come noi hanno esperienza nella mediazione interculturale, nell’utilizzo di forme artistiche per la promozione delle culture e abbiamo loro proposto di organizzare delle proiezioni nei loro territori di riferimento, che potessero parlare alle diverse culture attraverso il cinema”.

D. - Che cosa significa dialogo tra le culture attraverso il cinema?  

R. - Il cinema è sempre un linguaggio privilegiato per parlare, a diversi livelli, ad un pubblico molto ampio. E quindi questa è una rassegna che vuole parlare alle culture migranti, ma vuole anche parlare agli italiani che si confrontano con le culture migranti. Ha, dunque, la finalità di instaurare un dialogo che porti poi alla conoscenza, all’approfondimento e soprattutto – una delle finalità – all’abbattimento degli stereotipi. Grazie soprattutto al cinema.

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Nella Chiesa e nel mondo



Strage di Nizza: dolore e choc delle Chiese Europee

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Il dolore e lo choc delle Chiese europee per l’ennesimo e “indiscriminato atto di violenza su persone innocenti” che si è consumato ieri notte a Nizza. In un comunicato diffuso questa mattina e ripreso dall'agenzia Sir, la Conferenza delle Chiese europee – organismo ecumenico che da Bruxelles riunisce tutte le Chiese di tradizione protestante, ortodossa e anglicana del continente – fa notare come l’attacco di Nizza sia avvenuto all’indomani di altri recenti e mortali attentati in Iraq, Siria, Bangladesh, Libia, Somalia. 

Colpiti i valori della Rivoluzione francese
“La violenza di ieri – scrive la Cec – è simbolica in quanto è avvenuta il 14 luglio, giorno in cui la Francia celebrava la presa della Bastiglia e in cui i cittadini francesi commemoravano l’inizio della Rivoluzione Francese. In questo anniversario, siamo più che mai coscienti dell’eredità lasciata dal XVII secolo che promuove i valori dell’uguaglianza, della legalità e uno Stato che lotta per garantire a tutte le religioni pari diritti”.

Coltivare un'atmosfera di fiducia e di accoglienza
“Come Chiese e uomini di fede – commenta il segretario generale della Cec, Heikki Huttunen – dobbiamo chiederci: qual è il nostro ruolo? In che modo questa tragedia ci sta sfidando’”. “Attraverso sforzi di pace e riconciliazione – prosegue la Cec – noi, Chiese in Europa, dobbiamo perseverare nel coltivare un’atmosfera di fiducia e di accoglienza con tutte le persone di fede e di buona volontà”. La Cec invita tutti a “continuare e rafforzare gli sforzi a costruire società in cui tutte le persone possano sentirsi al sicuro e accolte”.

Il cordoglio del Consiglio Mondiale delle Chiese
​Anche il Consiglio Mondiale delle Chiese ha espresso il cordoglio per le vittime e assicura preghiere. Ma lancia – attraverso le parole del suo segretario generale, Georges  Lemopoulos – un appello perché al “brutale attacco” si risponda con una “azione positiva” in “spirito di unità” affinchè “nessuna comunità di minoranza possa diventare ora il capro espiatorio dei crimini di pochi”. (R.P.)

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Vescovi Usa: garantire tutela della libertà religiosa

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È necessario un immediato sostegno al First Amendment Defense Act (Fada), il provvedimento che tutela il primo emendamento della Costituzione, al fine di consentire a tutti di poter esercitare le proprie credenze religiose e le convinzioni morali. È quanto chiedono - in una dichiarazione citata da “L’Osservatore Romano” - l’arcivescovo di San Francisco e presidente della Sottocommissione episcopale per la promozione e la difesa del matrimonio, mons. Salvatore Joseph Cordileone, e il presidente del Comitato episcopale ad hoc per la libertà religiosa, l’arcivescovo di Baltimora, mons.William Edward Lori.

Cosa dice il primo emendamento della Costituzione Usa
La richiesta di sostegno da parte dei presuli giunge mentre è in corso l’esame della legge presso la House Oversight and Government Reform Committee. Il primo emendamento della Costituzione garantisce la terzietà della legge rispetto alla religione e la libertà religiosa, di parola e di stampa; il diritto di riunirsi pacificamente e di appellarsi al Governo contro i torti subiti. Esso inoltre proibisce al Congresso di fare leggi dedicate al riconoscimento ufficiale di qualsiasi religione a scapito delle altre.

Tutelare libertà religiosa significa tutelare il bene comune
La Conferenza episcopale ha sempre sostenuto questa normativa che garantisce misure di protezione della libertà religiosa a livello federale. Secondo i vescovi, il Fada è un passo importante per assicurare la libertà alle persone di tutte le fedi e ai non credenti, anche a sostegno di quanti ritengono che il matrimonio sia l’unione di un uomo e una donna. La crescente intolleranza verso la fede religiosa e le sue ricadute in termini di comportamenti concreti rendono queste forme di tutela essenziali, sostengono i presuli, per continuare il lavoro quotidiano a tutela del bene comune.

Matrimonio è unione tra un uomo ed una donna
E scuole ed enti gestiti da religiosi non dovrebbero essere messi nelle condizioni di perdere le autorizzazioni o i diritti acquisiti solo perché per esempio hanno una visione sul matrimonio che è diversa da altri. La dichiarazione dei presuli continua sottolineando che “la definizione del matrimonio come l’unione di un uomo e una donna, universalmente sostenuta per secoli, non ha nulla a che vedere con la mancanza di rispetto per gli altri né dipende dalla fede religiosa”. Piuttosto, si basa sulla “verità riguardante la persona umana, comprensibile anche attraverso la sola ragione”.

Testimoniare la verità
La Chiesa dunque continuerà a sostenere la possibilità per tutti di esercitare senza paura le proprie credenze religiose e le sue convinzioni morali nella sfera pubblica, e di testimoniare la verità. “Siamo lieti — concludono i vescovi nella loro dichiarazione — di appoggiare il First Amendment Defense Act ed esortiamo il Congresso ad approvare questa importante normativa”. (I.P.)

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Leader cristiani Zimbabwe: si rischia il collasso dello Stato

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“Il governo deve far fronte alle genuine preoccupazioni dei cittadini per evitare il totale collasso dello Stato” affermano i leader cristiani dello Zimbabwe in una dichiarazione congiunta per protestare per le violenze della polizia nei confronti dei manifestanti e per l’arresto di Evan Mawarire. “Questi è un pastore battista che ha invitato la popolazione alla protesta per le drammatiche condizioni sociali ed economiche del Paese.

Il Paese rischia l'esplosione sociale
“Se il governo non ascolta il grido di dolore dei cittadini in sofferenza, le lamentele potrebbero esplodere presto in disordini civili” afferma il documento, ripreso dall'agenzia Fides che è stato firmato, per la Chiesa cattolica, dalla Conferenza Episcopale locale. Il pastore Evan Mawarire era stato arrestato il 12 luglio ed è stato poi rilasciato il giorno successivo su ordine del tribunale di Harare. Lo sciopero generale del 6 luglio da lui promosso aveva avuto ampio seguito, ma le manifestazioni successive sono state contrastate dalle forze di polizia che hanno arrestato circa 300 persone, secondo Amnesty International.

Denuncia contro le violenze e le brutalità della polizia
Nella loro dichiarazione, i leader cristiani denunciano le violenze e la brutalità della polizia contro i dimostranti e si dichiarano preoccupati per le intimidazioni nei confronti di Mawarire e di altri leader della Chiesa “che parlano a favore dei più deboli”.

Critiche per la corruzione e l'impunità
​Il documento critica la politica del 92enne Presidente Robert Mugabe, in particolare il fallimento delle aziende, in parte o in tutto di proprietà del governo, a causa “della corruzione rampante e dell’alto livello di irresponsabilità e impunità”. La massiccia disoccupazione e il mancato pagamento degli stipendi degli statali rischiano di far implodere il Paese, se non viene ristabilita nei cittadini la fiducia nello Stato attraverso un vero dialogo, avvertono i leader cristiani.

Gran parte degli abitanti dello Zimbabwe vive con un dollaro al giorno
A causa dell’iperinflazione, Mugabe ha deciso nel 2009 di abbandonare la moneta nazionale e di usare i dollari americani. Una gran parte dei 16 milioni di abitanti dello Zimbabwe vive con un dollaro al giorno ed è costretta a ricorrere ai commerci informali per sopravvivere. (L.M.)

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Vescovi Messico: saggezza e dialogo per riforma dell'istruzione

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“La saggezza del dialogo”: si intitola così l’editoriale pubblicato sul sito della Conferenza episcopale del Messico (Cem) da mons. Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo di San Cristóbal de las Casas, riguardante la tanto dibattuta riforma nazionale dell’istruzione, presentata dal Presidente Enrique Peña Nieto.

Le ragioni della protesta
Dallo scorso maggio, infatti, gli insegnanti messicani protestano contro il nuovo sistema di valutazione e definizione del loro salario che si vorrebbe introdurre con il cambiamento normativo. In particolare, i docenti sottolineano che i test di valutazione non misurano le competenze didattiche e non tengono conto delle particolari conoscenze necessarie per insegnare nelle zone rurali e nelle comunità indigene. A sostenere gli insegnati c’è il Cnte, il sindacato messicano.

Dialogo è segno di maturità, non di debolezza
Ora, dopo mesi di scontri, si è arrivati a programmare una serie di incontri tra il governo federale, i docenti ed i rappresentanti sindacali. Una decisione che mons. Arizmendi Esquivel definisce “lodevole”, in quanto rappresenta “il modo migliore per trovare una soluzione all’instabilità sociale” che si è venuta a creare nel Paese. “Con l'umiltà del cuore, si avanza – sottolinea il presule - con orgoglio e l'arroganza, tutto è perduto. Il dialogo non è concedere tutto ciò che viene chiesto, ma analizzare ciò che può e ciò che non può essere fatto. Si tratta di ‘saper perdere’ in modo che tutti vincano, perché si mette da parte l’egoismo personale in favore del bene comune”. In questo senso, “il dialogo non è segno di debolezza, ma di maturità”.

Dare importanza reale all’altro
Quindi, riprendendo quanto scritto da Papa Francesco nell’Esortazione apostolica post-sinodale “Amoris laetitia”, il vescovo di San Cristóbal de las Casas sottolinea l’importanza di “sviluppare l’abitudine di dare importanza reale all’altro. Si tratta di dare valore alla sua persona, di riconoscere che ha il diritto di esistere, di pensare in maniera autonoma e di essere felice. Per tale ragione bisogna cercare di mettersi nei suoi panni ed interpretare la profondità del suo cuore, individuare quello che lo appassiona e prendere quella passione come punto di partenza per approfondire il dialogo”.

Dialogo significa innanzitutto ascolto
​“Impariamo a dialogare – conclude mons. Arizmendi Esquivel – ovvero impariamo ad ascoltare, capire, valutare, cambiare, chiedere perdono, ringraziare. Tutto cose possibili, con la forza dello Spirito”. (I.P.)

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Festa nazionale in Svizzera. Vescovi: non muri ma dialogo

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“Il San Gottardo è il Sinai della Svizzera”: lo scrive mons. Felix Gmür, presidente della Conferenza episcopale elvetica, nel messaggio diffuso in vista della Festa nazionale del Paese che ricorre il 1.mo agosto. Nel documento, il presule sottolinea che come il Sinai è il monte sul quale Dio si è fatto conoscere al popolo di Israele, forgiandone l’identità, così il San Gottardo è il simbolo nazionale della Svizzera.

Tunnel San Gottardo, simbolo della volontà di dialogo del Paese
Inoltre, grazie all’inaugurazione, il 1.mo giugno, della galleria ferroviaria di 57 km, oggi il San Gottardo ospita il tunnel ad alta velocità più lungo al mondo. E ciò evidenzia una caratteristica primaria del monte, sottolinea mons. Gmür: quello di essere uno strumento di collegamento, di avvicinamento tra i popoli. “La Svizzera non costruisce muri o barriere di sicurezza – ribadisce il presule – ma mette in collegamento popoli e culture diverse”.

Collaborazione tra fedi e culture diverse
Non solo: il presidente della Ces ricorda che “le persone che hanno lavorato al successo della costruzione del tunnel provengono da tutto il mondo”. Il che significa che la galleria del San Gottardo “è un’opera globale”, “simbolo della capacità di realizzare, tutti insieme, qualcosa di grande”. Tanto più che il progetto della nuova galleria è stato sostenuto “dall’intensa collaborazione tra persone di fedi diverse, ma animate da una visione comune”. Per questo, ricorda mons. Gmür, il San Gottardo “è divenuto un’espressione concreta del dialogo”.

Dio unisce, non separa
​Guardando, poi, al modello di San Gottardo da Hildesheim, da cui il monte prende il nome, mons. Gmür esorta i fedeli a “diventare coraggiosi, riconoscendo che Dio è un punto di forza” per l’uomo. “Dio non costruisce muri, ma unisce le persone e le culture – scrive ancora il presule – Dio non separa, perché è il collante della nostra comune identità. Dio è disponibile e ci lascia liberi di incontrarlo”. “Gottardo significa ‘forte in Dio’ – conclude il presidente della Ces – Ecco la moneta corrente utile per la Svizzera!”. (I.P.)

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Venezia. Mons. Moraglia: preoccupa sfregio a Crocifisso

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“E’ un episodio dai contorni ancora oscuri ma che intristisce e preoccupa e, comunque, chiede di non esser sottovalutato” e “contiene un messaggio che va certamente oltre la persona e le motivazioni di chi l’ha compiuto e che potrebbe esser ripetuto con motivazioni simili o diverse”. Mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, commenta così l’episodio di sfregio e profanazione del crocifisso avvenuto qualche giorno fa nella chiesa veneziana dei Ss. Geremia e Lucia.  

La libertà religiosa contro ogni forma di discriminazione e razzismo
“Il valore fondamentale della libertà religiosa contro ogni forma di discriminazione e razzismo – afferma in una dichiarazione diffusa ieri dal patriarcato e ripresa dall'agenzi Sir – non viene qui messo in questione ed anzi ci vede ancor più impegnati in un  atteggiamento di reale e saggia accoglienza, attraverso un’integrazione cordiale e sincera,  nei confronti di chi chiede aiuto perché si trova nel bisogno. Nello stesso tempo, si chiede  rispetto e garanzie di legalità per coloro che accolgono”. 

Il cristianesimo ha generato la cultura dell'accoglienza, del perdono e della riconciliazione
Il Crocifisso, spiega, “che per i cristiani riveste il significato religioso più alto, è Colui che ha generato questa storia e questa cultura basate sull’accoglienza, sul perdono  e sulla riconciliazione. Senza tali valori una convivenza umana, degna di tale nome, non  sarebbe possibile. Sì, vogliamo una società a misura d’uomo in cui siano integrati – come ci ricorda Papa Francesco – gli uomini e le donne ferite da una vita difficile e drammatica, come certamente deve essere stata quella dell’amico magrebino entrato nella chiesa dei Ss. Geremia e Lucia”. “A lui vorremmo dire – conclude Moraglia – , con semplicità e fraternità, che compiendo quel gesto nei confronti del  Crocifisso – Colui che il cristiano ha di più caro – si è scagliato anche contro quei valori che proprio il Crocifisso – al di là del suo significato religioso – ha originato nella nostra cultura e tiene oggi desti nella nostra società: l’accoglienza, il perdono, la riconciliazione, la misericordia”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 197

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.