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Sommario del 31/01/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa all'Angelus: nessuna condizione umana esclude da Dio

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“Nessuna condizione umana può costituire motivo di esclusione dal cuore del Padre”: sono parole di Papa Francesco all’Angelus, in cui ricorda la Giornata dei malati di lebbra e saluta i ragazzi della Carovana della Pace, tradizionale appuntamento organizzato dall’Azione Cattolica. Il servizio di Fausta Speranza: 

“L’unico privilegio agli occhi di Dio è quello di non avere privilegi”: così Papa Francesco, che a braccio aggiunge: “e non avere padrini”. Ricorda che l’unico privilegio per tutti è “di essere abbandonati nelle sue mani”. E poi il richiamo forte per ognuno:

“Dio viene incontro agli uomini e alle donne di tutti i tempi e luoghi nella situazione concreta in cui essi si trovano. Viene incontro anche a noi”.

E il richiamo chiaro all’oggi:

“L’oggi proclamato da Cristo quel giorno, vale per ogni tempo; risuona anche per noi in questa piazza, ricordandoci l’attualità e la necessità della salvezza portata da Gesù all’umanità..”

Il riferimento preciso è al brano evangelico in cui Gesù,  avviato alla sua vita pubblica, ritorna per la prima volta e si presenta alla sua comunità, riunita di sabato nella sinagoga. I concittadini reclamano prodigi ma Gesù risponde che  ‘Nessun profeta è bene accetto nella sua patria’ e si appella ai grandi profeti del passato:  Elia ed Eliseo  che – sottolinea Papa Francesco – “operarono miracoli in favore dei pagani per denunciare l’incredulità del loro popolo”. 

Non è una semplice lite tra compaesani – spiega il Papa aggiungendo "come avviene nei nostri quartieri – ma è piuttosto un monito a quella che Papa Francesco definisce “una tentazione alla quale l’uomo religioso è sempre esposto, e dalla quale occorre prendere decisamente le distanze”.

“E' La tentazione di considerare la religione come un investimento umano e, di conseguenza, mettersi a “contrattare” con Dio cercando il proprio interesse. Si tratta, invece, di accogliere la rivelazione di un Dio che è Padre e che ha cura di ogni sua creatura, anche di quella più piccola e insignificante agli occhi degli uomini”.

“Proprio in questo – chiarisce Papa Francesco - consiste il ministero profetico di Gesù: nell’annunciare che nessuna condizione umana può costituire motivo di esclusione dal cuore del Padre. E Francesco ci ricorda ancora una volta che “è sempre Lui che fa il primo passo: viene a visitarci con la sua misericordia, a sollevarci dalla polvere dei nostri peccati”…

“… viene a tenderci la mano per farci risalire dal baratro in cui ci ha fatto cadere il nostro orgoglio, e ci invita ad accogliere la consolante verità del Vangelo e a camminare sulle vie del bene. Ma sempre viene Lui a trovarci, a cercarci.”

Dopo la preghiera mariana, il pensiero del Papa alla Giornata mondiale dei malati di lebbra. Una “malattia – dice – che pur essendo in regressione, purtroppo colpisce ancora soprattutto le persone più povere ed emarginate”.

“E’ importante mantenere viva la solidarietà con questi fratelli e sorelle, rimasti invalidi a seguito di questo morbo. Ad essi assicuriamo la nostra preghiera e assicuriamo il nostro sostegno a quanti li assistono…. Bravi laici, brave suore, bravi preti.”

Poi il saluto “con affetto” a tutti i pellegrini, in particolare i ragazzi e le ragazze dell’Azione Cattolica della Diocesi di Roma! “Quest’anno – dice il Papa - la vostra testimonianza di pace, animata dalla fede in Gesù, sarà ancora più gioiosa e consapevole, perché arricchita dal gesto, che avete appena compiuto, del varcare la Porta Santa.”

Al messaggio letto dai ragazzi, che confessano paure per i conflitti ma che promettono anche un impegno pieno per la pace, l’incoraggiamento del Papa: “Vi incoraggio – dice - ad essere strumenti di pace e di misericordia tra i vostri coetanei!”.

Il lancio dei palloncini, simbolo di pace. Da ultimo, la richiesta  alla quale Papa Francesco ci ha abituati ma che sempre tocca il cuore: “per favore non dimenticatevi di pregare per me”.

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A San Pietro la Carovana della pace dell'Azione Cattolica

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La pace comincia dalla famiglia e dall’accogliere l’altro. Questo il pensiero comune dei numerosi partecipanti alla Carovana della pace, organizzata  dall’Azione Cattolica di Roma, che questa mattina hanno gioiosamente invaso piazza San Pietro, per ascoltare l’Angelus. Tema dell’iniziativa “La pace viaggia forte!”. Ascoltiamo i loro commenti raccolti da Marina Tomarro 

R. – La pace viaggia forte, ma verso l’altro. Vince l’indifferenza e vincendo le indifferenze quotidiane siamo capaci di costruire ponti verso il prossimo.

R. – Cominciando dall’esempio in casa: la pace si costruisce cominciando proprio dal nostro ambiente quotidiano.

D. – In che modo si educano i giovani, i ragazzi, fin da piccoli, alla pace?

R. – Testimoniando il valore da parte dei genitori, innanzitutto, e andando incontro all’altro.

R. – Perché tutto quello che c’è intorno ci dimostra che la pace non si può costruire e invece questo non è vero! Se non diamo piccoli segni di speranza, secondo me, è inutile che mettiamo cartelli. Dobbiamo esserci! La presenza è la cosa più importante. Bisogna far vedere che si può stare insieme nella pace vera. Questo…

R. – Loro sono il nostro futuro, sono la nostra speranza. E loro che già vivono l’esperienza di pace, un giorno doneranno pace: sanno come costruirla, sanno come donarla e sanno come viverla nei vari ambienti, in famiglia, nella scuola, nella comunità parrocchiale..

D. – Quanto è importante anche la promozione della pace, partendo proprio dalla famiglia?

R. – La famiglia è importante, perché è anche un luogo di educazione. Quindi, insieme, si cerca di costruire un momento di pace e anche di comunicarlo agli altri, partendo dalla coppia e vincendo anche i conflitti tra genitori e figli.

D. – Ciao! Come ti chiami?

R. – Mi chiamo Emanuele.

D. – E tu?

R. – Tommaso.

D. – Emanuele e Tommaso, cosa vuol dire per voi la pace?

R. – Per me vuol dire – come ci ha insegnato Gesù – perdonare sempre le persone, anche se ci stanno antipatiche o ci fanno i dispetti.

D. – E per te, invece, Tommaso?

R. – Per me è seguire gli insegnamenti di Gesù di amare il prossimo come noi stessi e di eliminare l’indifferenza per avere sempre una vita pacifica.

E ad accompagnare i ragazzi c’era anche il vescovo Mansueto Bianchi assistente ecclesiastico generale dell'Azione Cattolica Italiana. Ascoltiamo il suo commento:

R.- E’ importante, perché la pace è il clima in cui una persona – un uomo e una donna – diviene tale e in cui può prendere in mano la vita. E’ la condizione elementare perché uno possa crescere e possa avere la gioia di esserci e di vivere. Poi la pace è anche il clima che permette il dialogo delle civiltà, l’ascolto delle ragioni altrui. Insomma, permette di essere uomini e di essere umanità.

D. – Papa Francesco invita spesso alla pace partendo proprio dalla famiglia. Allora in che modo rispondere a questa sua esortazione?

R. – Credo che la famiglia sia la culla della pace, perché la pace non è una questione di strategie e di accordi: la pace è prima di tutto un gesto di accoglienza dell’altro e di dono all’altro e quindi un’espressione di amore. E la famiglia è la culla di questo, la famiglia è l’ambiente vitale in cui uno è amato e, essendo amato, impara ad amare.

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Videomessaggio del Papa al 51mo congresso Eucaristico Internazionale

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In un mondo che ha bisogno del messaggio della tenerezza del perdono e della misericordia del Padre, è urgente che ogni cristiano si faccia missionario. Lo dice Papa Francesco nel videomessaggio inviato a conclusione del 51mo congresso Eucaristico Internazionale, a Cebu nelle Filippine, sul tema: “Cristo in voi, la nostra speranza di gloria”. Francesca Sabatinelli: 

Pensare ai “conflitti, alle ingiustizie e alle urgenti crisi umanitarie che segnano il nostro tempo”, sollecita ogni cristiano ad “essere un vero discepolo missionario”. A Cebu arrivano le parole di Francesco, che ricordano come “la presenza di Cristo in mezzo a noi non è solo una consolazione, ma anche una promessa e un invito”. La promessa che la pace una gioia eterna un giorno saranno “nostre nella pienezza del Suo Regno” e l’invito “ad andare avanti come missionari”. Francesco ricorda il suo viaggio nelle Filippine dello scorso anno, esalta le qualità di fedeltà e di profonda devozione di quel popolo di missionari, che 500 anni fa ricevette il Vangelo. Un popolo che, sottolinea il Papa, ha saputo mostrare “profonda fede e resilienza” a seguito della devastazione del tifone Yolanda del 2013.

E’ partendo dal tema del Congresso Eucaristico “Cristo in  voi, la nostra speranza di gloria”, che il Papa sottolinea come Gesù risorto sia “sempre vivo e presente nella Sua Chiesa, soprattutto nell’Eucaristia, sacramento del Suo Corpo e Sangue”. E come la sua presenza spinga ad essere missionari “per portare il messaggio della tenerezza, del perdono e della misericordia del Padre ad ogni uomo, donna e bambino”.

How much our world needs this message! …

“Quanto il nostro mondo ha bisogno di questo messaggio! Quando pensiamo ai conflitti, alle ingiustizie e alle urgenti crisi umanitarie che segnano il nostro tempo – dice il Papa – ci  rendiamo conto di quanto sia importante per ogni cristiano essere un vero discepolo missionario che porta la buona notizia dell'amore redimente di Cristo a un mondo che ha tanto bisogno di riconciliazione, giustizia e pace”.

E’ quindi per questo che  è “appropriato” che il Congresso si tenga nell’Anno della Misericordia, “in cui tutta la Chiesa è invitata a concentrarsi sul cuore del Vangelo: la Misericordia”.

We are called to bring the balm of God’s merciful love …
“Siamo chiamati a portare il balsamo dell'amore misericordioso di Dio all’intera famiglia umana, a fasciare le ferite, portando la speranza dove così spesso la disperazione sembra avere il sopravvento”.

Francesco chiede di riflettere su due dei gesti di Gesù durante l’Ultima Cena, che hanno a che fare con “la dimensione missionaria dell’Eucaristia”: la tavola della comunione e la lavanda dei piedi. Per Gesù era importante condividere i suoi pasti con i discepoli, “ma anche, e soprattutto, con i peccatori e gli emarginati”. Ascoltava le loro storie, capiva le loro speranze e aspirazioni, parlava loro dell’amore del Padre. Ad ogni Eucaristia, “dobbiamo essere ispirati a seguire il Suo esempio tendendo la mano agli altri, con uno spirito di rispetto e di apertura, al fine di condividere con loro il dono che noi stessi abbiamo ricevuto”. E in Asia, “dove la Chiesa è impegnata in un dialogo rispettoso con i seguaci di altre religioni, questa testimonianza profetica avviene molto spesso, attraverso il dialogo della vita”.

Gesù lavò i piedi dei suoi discepoli alla viglia della Sua Passione, un gesto di “umile servizio, dell’amore incondizionato con il quale ha dato la Sua vita sulla Croce per la salvezza del mondo”. Ed ecco che anche questo insegnamento, la prontezza di aiutare gli altri, è “al cuore del discepolato missionario”.

Francesco prende come esempio di questo la generosità e la solidarietà espresse nel dopo-tifone, quando le persone ricostruirono le case e la vita. Ed è l’Eucaristia che “ci parla di questa potenza, che scorre dalla Croce e porta continuamente nuova vita”, che cambia i cuori:

It enables us to be caring , to protect the poor and the vulnerable …
“Essa ci permette di avere cura e proteggere i poveri e i vulnerabili e ad essere sensibili al grido dei nostri fratelli e sorelle che sono nel bisogno. Ci insegna ad agire con integrità e a rifiutare l'ingiustizia e la corruzione che avvelenano la società alle sue radici”.

In conclusione, l’auspicio del Papa che il Congresso di Cebu possa essere “lievito di riconciliazione e di pace per il mondo intero”, e l’annuncio che il prossimo appuntamento del 2020 si terrà a Budapest, in Ungheria.

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Oggi in Primo Piano



Family day, il giorno dopo. Ora la politica ascolti le famiglie

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Una folla imponente ha riempito ieri il Circo Massimo a Roma dove si è svolto il Family Day per chiedere il ritiro immediato del ddl Cirinnà sulle unioni civili. Gli organizzatori evidenziano: a soli 7 mesi dal precedente raduno del 20 giugno in piazza san Giovanni, le famiglie rivendicano il loro ruolo di protagoniste e il diritto ad essere ascoltate dalla politica. Il servizio è di Paolo Ondarza: 

Hanno riempito il Circo Massimo a Roma non per manifestare contro qualcuno, ma per chiedere il ritiro di un Disegno di Legge, il Cirinnà, che  - è la denuncia –equipara unioni omosessuali al matrimonio e rischia di privare  i bambini del diritto ad un papà e ad una mamma e  di introdurre nuove schiavitù, come quella dell’utero in affitto. Sono i partecipanti al Family Day, 2 milioni secondo gli organizzatori: senza sponsor o bandiere di partito hanno affrontato la spesa del viaggio e raggiunto Roma  con pranzo al sacco, carrozzine, palloncini rosa e celesti e striscioni fatti in casa con le scritte  “I bambini non si comprano” o “la famiglia non si rottama”.  Promotrici di questa manifestazione,  indicata come “necessaria” dal presidente della Cei, cardinale Bagnasco, sono proprio loro le famiglie. Ecco alcune testimonianze:

D. – Perché siete qui?

R. – Perché voglio difendere i bambini, perché i bambini hanno il diritto di avere una mamma e un papà!

D.- Questo diritto oggi non viene sufficientemente tutelato da chi governa, secondo voi?

R. – No! Ci sono tanti milioni di bambini fuori dalla famiglia nel mondo, che aspettano di avere una mamma e un papà: io non capisco perché tanti genitori che vogliono adottare non abbiano la possibilità di accedere a questo strumento.

R. – Oggi è una giornata fantastica! Siamo qua, oggi, riuniti, per dare soprattutto dei diritti ai nostri figli, alle generazioni che verranno. Visto che noi abbiamo avuto il diritto di avere un papà e una mamma, spero che lo possano avere anche loro e che non passi questa legge.

R. – Non siamo contro nessuno!

R. – Siamo contro il ddl Cirinnà!

R. – La Cirinnà non è una legge per l’amore: è una legge contro i bambini e contro l’amore per i bambini!

D. – Ti aspettavi tanta gente?

R. – Sì, assolutamente! Mi aspetto ancora che in questo mondo ci sia gente con buon senso…

D. – La gente non scende più in piazza per tante ragioni, però questa volta non è mancata… Forse non si sente rappresentata sulle tematiche importanti legate alla famiglia?

R. – Assolutamente sì! C’è un gap incredibile tra quello che fanno nei palazzi e quello che sente la gente!

D. – Se dovessi dire qualcosa a chi governa questo Paese in questo momento…

R. – Sveglia! Sveglia! Sveglia!

R. – Sentiteci, perché non vi voteremo la prossima volta: questo è certo!

“Dopo il successo del Family Day del 20 giugno scorso a Piazza San Giovanni, il Circo Massimo ha superato le nostre aspettative” dice il portavoce Massimo Gandolfini, che dal palco ammonisce il governo Renzi:

“I prossimi passaggi di questa legge noi li seguiremo minuto per minuto e vedremo benissimo chi ha raccolto il messaggio di questa piazza o chi, invece, lo ha preso e se lo è messo sotto i tacchi!”.

Necessario, secondo Gandolfini, sfatare errati luoghi comuni amplificati dalla dittatura del pensiero unico:

“Si sente dire che l’Italia è il fanalino di coda dell’Europa, perché nell’Europa Occidentale è l’unico Stato che non ha una legislazione riguardante le unioni civili. Io reputo che l’Italia non sia il fanalino di coda, ma è il faro che sta indicando la civiltà all’Europa”.

Di successo parlano i promotori del Family Day, come l’avvocato Simone Pillon:

R.-  I sono commosso nel vedere così tante famiglie che sono qui con il sacrificio, anche personale… Siamo convinti che questa piazza sarà una efficace risposta e ci auguriamo che il parlamento voglia ripensare a quello che sta facendo.

D. – Cosa può una piazza di fronte ad un parlamento?

R. – Io credo che il parlamento sia eletto dal popolo e il popolo è sovrano nel nostro Paese. Questa piazza è popolo; questa piazza è Italia! Allora i nostri legislatori dovrebbero fermarsi e, anziché inseguire le chimere del Nord Europa, dovrebbero cominciare a considerare che l’Italia è faro di civiltà e non fanalino di retroguardia.

D. – Due Family Day, due piazze, due piazze grandi e storiche, che si riempiono a distanza di poco più di sei mesi, sono un segnale forte…

R. - Non è un miracolo questo? Io credo di sì! Questa piazza, profondamente laica e - allo stesso tempo – innervata anche dalla fede popolare del nostro Paese, sta dando un esempio anche di impegno civico. Tutti dicono che c’è un distacco dalla politica: ebbene stiamo dimostrano che non c’è distacco dalla politica; stiamo dimostrando che la gente, quando si tratta di scelte realmente serie, c’è e vuole far sentire la propria voce. Fermiamo il ddl Cirinnà!

D. – Non una piazza contrappositiva, questa del Circo Massimo, ma una piazza che sostiene delle posizione e le argomenta; sabato scorso in piazza c’erano altre ragioni, in varie piazze italiane… Come tenere insieme un dibattito così sfaccettato?

R.- Io credo che il punto di incontro sia il diritto delle persone. Le persone hanno tutto il diritto – assolutamente! – di vivere come ritengono e nessuno deve permettersi di giudicare. Ma, se si tratta di diritti individuali delle persone, non è possibile coinvolgere  in tutto questo i bambini.

Grande soddisfazione anche dal portavoce di Generazione Famiglia, Filippo Savarese:

R. – E’ una grande dimostrazione innanzitutto di libertà e di democrazia di una parte di popolo molto numerosa, di famiglie che faticano tutti i giorni per portare avanti questo Paese, nell’interesse di tutti quanti i suoi cittadini. Dimostrazione che la famiglia non è un qualcosa che si può cambiare dall’oggi al domani, ma che è un dato strutturale del bene comune e ha la sua prima missione nel dare ad un bambino un papà e una mamma.

D. – Un popolo che ha scelto di dormire in pullman, che è stato ospitato presso case di altre famiglie qui a Roma…

R. – Ci sono state famiglie che hanno fatto sacrifici economici enormi: nessuno ha pagato loro il viaggio, non hanno sindacati, sigle o lobby che hanno inviato qualche bonifico. Hanno dovuto rinunciare magari ad una piccola vacanza di due giorni, ad una giacca nuova per il figlio per essere qui e insieme ad un corpo di cittadini dire: “La famiglia è una verità strutturale del bene comune di questo Paese. Il Disegno di Legge Cirinnà sulle unioni civili è ideologico e non fa neanche il fine per cui è evocato e cioè tutelare i diritti delle persone, che sono già tutelata dall’ordinamento”.

D. – Mettete in conto che possa non essere ascoltata questa piazza?

R. – Noi mettiamo in conto tutto. Ma qui – se non verrà ascoltata questa piazza – io credo che nascerà una nuova pagina per questo Paese e chiunque avrà chiuso le orecchie nei confronti di questa voce che grida, credo che - prima o poi – ne dovrà subire le conseguenze. Chiaramente in termini elettorali e democratici.

D. – Qualora la politica fosse pronta a dire “mettiamoci attorno ad un tavolo” che cosa dite?

R. – Noi diciamo che intorno ad un tavolo non si può fare altro che ritirare innanzitutto il Disegno di Legge Cirinnà, perché ha un impianto sostanzialmente ideologico. Se bisogna approfondire e armonizzare i diritti dei cittadini nella loro convivenza, questo si può fare tranquillamente. Ma con un punto fondamentale: no all’equiparazione con il matrimonio, in quanto no al togliere ad un bambino il diritto di avere un papà e una mamma.!

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Siria, a Ginevra l'opposizione chiede stop a bombardamenti

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Continuano a Ginevra i negoziati di pace per la Siria sotto l’egida delle Nazioni Unite. L’opposizione al presidente Assad chiede la fine degli assedi governativi nei villaggi controllati dai ribelli e lo stop dei bombardamenti. Intanto, a Damasco, l'Is rivendica un duplice attentato nei pressi di un santuario sciita. Elvira Ragosta: 

La delegazione dell’opposizione siriana è giunta a Ginevra ieri sera e il rappresentante dell’Alto comitato negoziale ha lasciato intuire che i colloqui non saranno facili: “Vogliamo che il negoziato sia efficace - afferma ad al Jazeera il portavoce Salem al Meslet- ma non c’è serietà da parte del regime”. Gli incontri con l’inviato speciale dell’Onu, Staffan De Mistura, avvengono separatamente. Ieri è stata la volta della delegazione del presidente siriano Assad; oggi l’incontro con l’opposizione, che per aderire al negoziato chiede lo stop ai bombardamenti, uno scambio di prigionieri e la fine dell’assedio governativo ai villaggi controllati dai ribelli. Ieri si è registrato anche l’abbandono da parte del Partito dell’Unione democratica, principale partito dei curdi siriani, perché non ha ricevuto l’invito ufficiale ai colloqui. Sul terreno, intanto, si continua a combattere. E' di almeno 45 morti e 110 feriti il bilancio di un duplice attentato avvenuto stamattina a Damasco, vicino a un santuario sciita e rivendicato dal sedicente Stato islamico. Un sito già attaccato lo scorso anno, quando 4 persone morirono in due attacchi suicidi e altre 13 rimasero ferite vicino ad un checkpoint nello stesso quartiere.

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Haiti: sale la protesta contro il presidente Martelly

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Ad Haiti migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade della capitale, Port-au-Prince, per chiedere le immediate dimissioni del presidente in carica, Michel Martelly, e la creazione di un governo di transizione che vada poi a convocare le nuove elezioni politiche, rinviate già per la seconda volta. Ufficialmente, il mandato presidenziale di Martelly terminerà il prossimo 7 febbraio: se fino ad allora non si troveranno soluzioni, Haiti potrebbe trovarsi di fronte ad una forte e pericolosa instabilità politica. Ma chi sono coloro che protestano? Marina Tomarro lo ha chiesto a  Marco Bello, giornalista e responsabile del progetto Seminare il futuro del Cisv ad Haiti: 

R. – Da una parte ci sono quelli che si fanno chiamare G8, i candidati alle presidenziali che si sono dissociati da questo processo elettorale e la società civile. Ultimamente anche Jude Celestin, che era candidato numero due che quindi sarebbe andato al ballottaggio adesso a gennaio, ha detto che si ritirava da queste elezioni definendole farsa. Per cui è rimasto in gara solo il candidato Jovenel  Moise che poi è il candidato del presidente Martelly. Le elezioni erano state fissate la scorsa domenica 24, ma in seguito ad una serie di manifestazioni, finalmente il consiglio elettorale provvisorio ha spostato - però sine die,  quindi senza fissare una data - le elezioni. Qual è il problema? La Costituzione haitiana vuole che il 7 febbraio scada il mandato del presidente della Repubblica ed entri in carica il nuovo presidente. Ci sono due campi: l’opposizione e la società civile che vogliono che comunque Martelly e la sua equipe di governo decadano e propongono che venga messo in piedi un governo di transizione. Nel frattempo Martelly ha chiesto la mediazione dell’organizzazione degli Stati americani. Di fatto l’opposizione è convinta che questa organizzazione chiederà a Martelly di guidare la transizione. Quindi c’è un muro contro muro molto pericoloso perché in effetti si rischia comunque il vuoto di potere a partire dall’8 febbraio.

D. – C’è questa opposizione anche verso l’Organizzazione degli Stati Americani. Quali potrebbero essere invece le soluzioni possibili?

R. – Che si formi una mediazione tutta haitiana. Di fatto ci sono dei dialoghi tra l’esecutivo - deve essere coinvolto anche il Senato - e ovviamente i partiti di opposizione e i gruppi della società civile. Per cui si definiscano un governo di garanzia, cioè delle personalità super partes che possano guidare una transizione da decidere per un certo numero di mesi, per cui si faccia - è importante - una commissione di revisione elettorale per capire effettivamente se le elezioni sono da invalidare, quali sono da invalidare, perché una parte delle legislative sarebbe da invalidare. Questo però è da verificare con una commissione, per poi indire nuove elezioni.

D. - Anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso la propria preoccupazione di fronte a questa situazione. Dal punto di vista internazionale che cosa si potrebbe fare di più?

R. - Sappiamo che Haiti è sotto l’influenza statunitense. Ultimamente gli Stati Uniti si sono detti preoccupati della situazione. Gli Stati Uniti, che hanno sempre appoggiato Martelly, si sono detti favorevoli ad una soluzione di transizione. Di fatto la situazione è ancora bloccata. Quindi ci vorrebbe un intervento di mediazione veramente forte per riuscire a mettere allo stesso tavolo le due parti e decidere come organizzare questa transizione perché il vuoto di potere è effettivamente un pericolo e non si sa chi può prendere questo potere.

D. - Dal punto di vista umanitario, qual è la situazione e quanto può influire questa crisi?

R. - Anche i settori economici e produttivi sono molto preoccupati perché c’è stato un aumento dell’inflazione, i prezzi sono aumentati notevolmente. Tutto questo è dovuto a questo impasse politico elettorale che ormai dura da mesi. Questo si somma alla situazione molto precaria che vive la maggioranza degli haitiani. Dal terremoto ci sono state delle ricostruzioni, però di fatto c’è stata l’imposizione di zone franche di industria manifatturiera per la manodopera a basso costo. Adesso la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare. Bisogna un po’ cercare di capire cosa potrebbe succedere a livello politico.

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Giornata lebbra: malattia curabile, ma bisogna agire subito

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Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra. L’evento, organizzato in Italia domenica 31 dall'Aifo, gli Amici di Raoul Follereau, si svolge in tutte le principali città del Paese, con i banchetti allestiti dai volontari per offrire il "miele della solidarietà”. Natalia La Terza ha chiesto al presidente dell’Aifo, la dott.ssa Anna Maria Pisano, qual è la situazione della lotta alla lebbra: 

R. – La lebbra è una malattia purtroppo ancora presente in molti posti ed è ancora molto emarginante. Si trova maggiormente in India, Brasile, Indonesia e in vari Paesi dell’Africa; c’è anche in Cina. Insomma ci sono ancora diversi focolai. Ufficialmente ci sono ancora 215 mila nuovi casi all’anno; ufficiosamente si sa benissimo che sono almeno il doppio, quindi almeno 500 mila nuovi casi all’anno. Inoltre, ci sono tutti i malati di lebbra che vengono curati, ma una volta curati il governo e la gente non si preoccupano più di cosa faranno. Quindi queste sono persone che resteranno disabili per tutta la vita senza assistenza, senza possibilità di inserirsi nella comunità. La lebbra è una malattia assolutamente curabile; è una malattia come le altre che però va curata prima, immediatamente, subito perché le persone non restino disabili. Ma è ancora alta la percentuale dei bambini che sono malati di lebbra. Molte volte il dieci, quindici percento - in qualche posto il 22 percento - dei malati di lebbra sono bambini. Certamente non vogliamo che restino disabili per tutta la vita solo perché sono arrivati tardi.

D. - Cosa troveremo sui banchetti accanto al miele della solidarietà?

R. – Quest’anno abbiamo anche il riso. Dare un sorriso comprando solo un chilo di "riso basmati" in una bellissima sacchetta di iuta che tra l’altro veramente porta un aiuto notevole, perché i malati di lebbra molte volte non hanno bisogno di grandi cose; hanno bisogno che ci si ricordi di loro per un aiuto.

D. - Come è possibile contribuire alle vostre iniziative?

R. – In tanti modi. Aifo non ha solo i malati di lebbra; i malati di lebbra sono solo la punta di diamante, il nostro inizio: unito al fatto che molti malati diventano invalidi, ci siamo un po’ specializzati sulla disabilità. Quindi ci occupiamo adesso dei malati di lebbra insieme a tutti i disabili del mondo.

D. - Quali sono i vostri progetti per il 2016?

R. - Vogliamo aumentare la visibilità di Aifo, costruire soprattutto una società dell’amore e continuare a costruire e lavorare in rete con le altre società che vogliono dare una mano per fare in modo che questa sia più accogliente. Follerau diceva che la lebbra è una malattia, ma molto più gravi sono le altre lebbre: la povertà, l’egoismo, l’indifferenza, tutte cose che fanno in modo che ognuno si chiuda nel suo guscio e non guardi la felicità degli altri. Il nostro motto di quest’anno riprende una frase di Follereau: “Vivere e aiutare a vivere”. Vogliamo potenziare, far conoscer alcuni nostri progetti. Per esempio abbiamo il progetto India. L’India, copiando in tante cose l’Italia, con il nostro aiuto e con quello di altre organizzazione, comincia a fare in modo che gli emarginati, i disabili psichiatrici e psichici comincino a cercare di rendersi indipendenti; la Mongolia, dove i disabili sono così importanti nel territorio che sono di modello a tutti gli altri. Stiamo cercando di fare in modo che i nostri coordinamenti in Paesi dove noi abbiamo le associazioni e i gruppi da tanto tempo diventino piccole Aifo indipendenti. Il Brasile e l’India per esempio sono Bric, Paesi in evoluzione che possono davvero essere collaterali con noi.

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Adolescenti dis-connessi: i rischi della rete per i giovani

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In Italia i ragazzi vittime di cyberbullismo sono il 6,3%, mentre il 18% viene adescato da adulti e il 12,5% gioca d’azzardo online. Sono gli “adolescenti dis-connessi”, come recita il titolo del convegno organizzato a Roma dall’associazione Un passo in più per riflettere sulle insidie tese ai giovani da informazione, social e web 2.0. All’incontro hanno preso parte psicoterapeuti, giornalisti, politici e personalità dello spettacolo, insieme nell’intento di capire le mode e le conseguenze legate all’uso smodato della tecnologia e dei social. Il servizio di Eugenio Murrali: 

Su un campione di 7000 adolescenti, tra i 13 e i 18 anni, il 95% ha almeno un profilo sui social network, ma c’è chi arriva a gestire 5 o 6 profili e 2 o 3 app di messaggistica istantanea. Alcuni passano dalle 7 alle 13 ore al giorno con lo smartphone in mano. E’ quanto emerge dai dati raccolti dall’Osservatorio sulle tendenze e i comportamenti degli adolescenti. Spiega la presidente Maura Manca, direttore anche del portale AdoleScienza.it:

“Questi ragazzi ormai condividono tutta la loro vita all’interno dei social network e all’interno delle chat, con cui comunicano con i loro compagni. Significa che non c’è più un discorso di confine, quindi significa che possono arrivare ovunque e che possono arrivare a tutti, cioè anche a chi li può adescare”.

Tra i fenomeni più gravi i selfie. In media i ragazzi ne fanno dai 3 agli 8 al giorno, ma sono state registrate punte massime di 100, spesso in declinazioni molto pericolose, come osserva la psicoterapeuta:

“Questo abuso, quindi, della condivisione porta sempre più a fare i famosi selfie, le foto in cui si autoritraggono, anche a rischio della propria vita. Un ragazzo su dieci, cioè, va a fare questi selfie pericolosi pur di ottenere un numero maggiore di like. Oggi, infatti, sembra che l’approvazione sociale sia per questi adolescenti disconnessi basata, appunto, sulla popolarità e il numero di like”.   

C’è chi definisce questi spazi virtuali “armi di distrazione di massa". Il 71,5% ne fa uso anche durante l’orario scolastico e il 12% si sveglia la notte per controllare i messaggi. Inoltre l’11% di questi ragazzi ha un profilo finto che i genitori e spesso gli amici non conoscono. Durante l’incontro si è parlato anche del disegno di legge Ferrara contro il cyberbullismo e della necessità di nuove figure didattiche che educhino non “con” i media, ma “per” i media.

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Ennio Morricone si racconta ai microfoni della Radio Vaticana

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Ennio Morricone, che ha attraversato la storia del cinema e della musica, ha affrontato una nuova sfida scrivendo la colonna sonora dell’ultimo film di Quentin Tarantino “The Hateful Eight”, nelle sale italiane dal 4 febbraio. Con questo nuovo lavoro il Maestro ha recentemente vinto il Golden Globe ed è tra i favoriti nella corsa all’Oscar, che lo vede candidato per la sesta volta. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Alcuni tra i più grandi film nella storia del cinema lo sono diventati anche perché la musica li ha resi dei capolavori. Ennio Morricone a ottantasette anni, tra ricordi e passione, continua a leggere sceneggiature e mettere mano allo spartito, dedicandosi con inesauribile e giovanile entusiasmo, e molta umiltà, alla colonna sonora. L’ultima delle quali è una grande composizione di quasi mezz’ora che gli ha richiesto Quentin Tarantino per il suo ultimo film, “The Hateful Eight”, una sorta di western cameristico – omaggio a un genere assai amato dal regista americano – ambientato qualche anno dopo la fine della Guerra civile e girato tutto all’interno di un emporio circondato da una bufera di neve in cui otto personaggi si eliminano con inganno e ferocia. Morricone ha lavorato al film volendo imprimere il suo personale stile, ma senza alcun riferimento alle sue storiche collaborazioni con Sergio Leone, Duccio Tessari e Sergio Corbucci. Come confessa ai nostri microfoni:

R. - Spero che si scorga lo stile e la personalità mia. Io per Tarantino, dovendo fare dopo tanti anni un film western, dovevo tagliare di netto con il passato musicale di Leone: quindi ho tagliato proprio qualsiasi provenienza della mia idea musicale per un film che loro dicono essere western, ma che per me non è western… E’ un film d’avventura, sulla neve, collocato perfettamente in una condizione storica, post-guerra di secessione. Quindi mi è parso proprio di fare un film completamente diverso, rispetto ai film che io ho fatto ed era tanto più necessario perché, parlando col regista, lui è rimasto muto: nel senso che mi ha lasciato fare ciò che volevo. Lui è venuto a Praga quando ho registrato, gli piaceva la musica quando l’ha sentita ed era abbastanza contento. Lì sono rimasto abbastanza contento anche io quando ho visto il film: mi è piaciuto moltissimo!

D. - Maestro, lei ha sempre scelto generi e registi con molta attenzione, avendo ben presente l’importanza di una colonna sonora. Lo ha fatto anche questa volta con Tarantino...

R. - Quando accetto un incarico sono preoccupatissimo, perché è una responsabilità! Quindi, quando ho visto il film, sono rimasto molto contento del film. Lo ritengo un importante regista, con grande tecnica e anche fantasia… Ci sono un po’ di botte, ma che possono fare un po’ di botte? Comincia il film e l’attrice ha già un occhio nero...

D. - Per il film di Tarantino che cosa ha scritto esattamente? 

R. - Io ho scritto quattro pezzi per il film, quattro prezzi più uno brevissimo di trenta secondi, un grande crescendo… Gli altri pezzi sono praticamente una sinfonia.

D. - Per questa musica lei ha vinto il suo terzo Golden Globe, ultimo di una serie di riconoscimenti internazionali nella sua lunga carriera...

R. - Cosa ho pensato? Ho pensato di aver preso questo Premio e… basta. Non è che uno si monta la testa. Questo mestiere è fatto di preoccupazioni, potete immaginarlo… Quando io accetto un film, anche quando ero più giovane, il film deve piacere a me, la musica deve piacere a me, ma deve piacere pure al regista e – guarda caso – deve piacere anche al pubblico, che non deve esserne disturbato… Allora tutti questi problemi sono problemi che angosciano: quindi quando accetto un film è una responsabilità.

D. - Corre anche all’Oscar per la migliore colonna sonora, dopo quello alla carriera ricevuto nel 2007 e le cinque candidature, tra cui “Mission”. Quella volta la statuetta d’oro le fu proprio sottratta. Come vive questa nuova corsa che terminerà la sera del 28 febbraio a Los Angeles?  

R. - Ma io ne ho preso già una… Se arriva, arriva; se non arriva, non arriva… Non è che non ci tengo: mi piace! Vado pure a Los Angeles… Mi piace! Ma se non me lo danno, mica lo posso strappare a chi lo prende!

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Nella Chiesa e nel mondo



Nigeria, Boko Haram fa strage in un villaggio, tra le vittime anche bambini

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Nuova strage di Boko Haram in un villaggio a cinque chilometri di Maiduguri, in Nigeria. Tra le vittime ci sarebbero anche dei bambini. Testimoni parlano di decine di corpi bruciati e crivellati di proiettili per le strade di Dalori dopo un attacco avvenuto ieri sera in cui i miliziani di Boko Haram hanno imperversato nel paese per quattro ore e tre donne kamikaze sono state fatte esplodere tra le persone che fuggivano. Uno degli uomini, che hanno raccontato il massacro, è rimasto nascosto su un albero fino all'arrivo dei soldati questa mattina ed ha parlato a condizione di mantenere l'anonimato per paura di ritorsioni. (E.R.)

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Medio oriente: 3 israeliani feriti in scontro a fuoco

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In Medio Oriente tre israeliani sono rimasti feriti in un attacco a colpi di arma da fuoco nei pressi di un posto di blocco a Beit El, colonia ebraica in Cisgiordania. Secondo la Radio Militare, l'aggressore, arrivato in auto al posto di blocco è sceso ed ha aperto il fuoco da distanza ravvicinata, "Le forze di sicurezza- riferisce l'esercito israeliano- hanno risposto all'attacco uccidendoli ". L'episodio e' l'ultimo di una serie cominciata lo scorso ottobre, con una ondata saltuaria e apparentemente non pianificata di attacchi palestinesi contro civili e militari israeliani, che hanno provocato la morte di 25 israeliani e la risposta israeliana che ha provocato la morte di 160 palestinesi.(E.R.)

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Jet russo sconfina in Turchia. Erdogan convoca ambasciatore

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Torna a salire la tensione tra Turchia e Russia. Due mesi dopo l'abbattimento del jet di Mosca al confine turco-siriano, Ankara ha denunciato ieri una nuova violazione del suo spazio aereo da parte di un cacciabombardiere russo impegnato in Siria. Il presidente turco, Tayyip Erdogan, ha convocato l'ambasciatore russo ad Ankara e ha chiesto un confronto con l’omologo Vladimir Putin. "Mosca- ha aggiunto Erdogan, "dovra' affrontare conseguenze se continua a violare il nostro spazio aereo". Da parte russa è intervenuto il ministro della Difesa, Igor Konashenkov, negando la violazione dello spazio aereo. Mosca ha specificato che né la difesa aerea russa in Siria e né i radar di Damasco hanno rilevato violazioni. (E. R.)

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Ifj, almeno 2.297 uccisi in ultimi 25 anni

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Negli ultimi 25 anni almeno 2.297 tra giornalisti e personale nel settore dei media hanno perso la vita cercando di informare il mondo su guerre, rivoluzioni, criminalità e corruzione: e' quanto emerge da un rapporto della International Federation of Journalists che verrà pubblicato la settimana prossima. Il documento, composto da 79 pagine, è stato ottenuto dall'agenzia stampa Associated press (Ap) in vista di un dibattito domani al Parlamento britannico sulle morti dei giornalisti nelle zone di conflitto. Nel 1990, quando la federazione ha cominciato a raccogliere i dati, il bilancio dei giornalisti morti era di 40 ma dal 2010 non e' mai sceso sotto la soglia dei 100. "Gli ultimi dieci anni sono stati i peggiori - ha commentato in un'intervista il segretario generale della federazione, Anthony Bellanger - e il 2006 è stato il peggiore di tutti con 155 morti. (E.R.)

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Australia, appello vescovi: combattere tratta degli esseri umani

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“Non restare indifferenti di fronte al traffico di esseri umani, ma compiere passi avanti nella lotta contro questa ingiustizia globale”: è questa l’esortazione lanciata dalla Conferenza episcopale australiana in vista della Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, che ricorrerà l’8 febbraio. La data scelta è significativa: l’8 febbraio, infatti, è la memoria liturgica di Santa Giuseppina Bakhita, schiava sudanese, liberata e divenuta religiosa canossiana, canonizzata nel 2000.

Aiutare le vittime e combattere la diffusione della tratta
“Chiediamo a tutti di informarsi maggiormente sul fenomeno della tratta – scrive in una nota mons. Terry Brady, presidente della Commissione episcopale per la vita pastorale (Bcpl) – di aiutare le vittime e di combattere il sistema che permette la diffusione del traffico di esseri umani”. Gli fa eco Suor Anne Tormey, presidente delle Religiose cattoliche australiane contro la tratta (Acrath): “L’8 febbraio – spiega - le nostre preghiere raccoglieranno il grido di dolore di milioni di uomini, donne e bambini vittime delle nuove schiavitù in tutto il mondo”. “La Giornata – continua la religiosa – offre l’opportunità di pregare per le vittime e per porre fine a questa forma di schiavitù ad esempio attraverso l’acquisto di prodotti equo e solidali o la richiesta di una legislazione che protegga le vittime”.

I responsabili siano assicurati alla giustizia
“Nonostante i tanti sforzi per porre fine alla tratta – continua Suor Tormey – oggi uomini, donne e bambini vengono privati della loro libertà e costretti a soffrire in condizioni di sfruttamenti e schiavitù. C’è un bisogno urgente di porre fine al traffico internazionale di esseri umani”. Di qui, l’appello congiunto lanciato da Bcpl e Acrath per un’azione collettiva in quattro fasi: “Prevenzione, tutela della vittime, azione giudiziaria contro i responsabili e cooperazione per promuovere un cambiamento”, grazie “allo sforzo globale da parte di vari settori della società”.                                                                                 

Incoerente chi difende animali in estinzione, ma non vittime della tratta
Infine, la Chiesa australiana ricorda quanto scritto da Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’: “È evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri, o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito”. (LS, 91).

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Burkina Faso, ricordate nella cattedrale di Ouagadougou le 32 vittime degli attentati del 15 gennaio

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È stato il cardinale Philippe Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou, nel Burkina Faso, a presiedere, mercoledì scorso, nella cattedrale della sua diocesi, una celebrazione eucaristica per ricordare le 32 persone di differenti nazionalità che hanno perso la vita il 15 gennaio scorso negli attacchi terroristici al caffè-ristorante “Cappuccino” e allo “Splendid Hotel” di Tin Abao. In loro memoria, riferisce il portale Fasozine, lunedì scorso è stata istituita una giornata di lutto nazionale.

Rispettare la vita e la dignità di ogni persona
Il card. Ouédraogo ha chiesto ai fedeli di pregare per il Burkina Faso: “Al di là delle nostre differenze etniche e religiose, siamo i grani di un solo ed unico paniere – ha detto il porporato – Dobbiamo continuare la strada insieme e questa è una grande sfida”. Poi ha aggiunto: “Preghiamo anche per gli autori di violenze e crimini, per tutti coloro che causano sofferenze e che uccidono ciecamente i loro fratelli e le loro sorelle. Dio li illumini con la grazia della conversione, del rispetto della dignità di ogni persona e di tutta la vita umana che è sacra”.

Vincere la paura in unità e solidarietà, in nome di giustizia e pace
Infine l’arcivescovo di Ouagadougou ha esortato i burkinabé a non cedere alla paura ed a continuare a guardare avanti: “Il dramma delle violenze del 15 gennaio ci invita ad uno slancio nazionale di solidarietà, di presa di coscienza e di determinazione comune: restare uniti, vincere l’odio, l’avversità, la psicosi e la paura, lavorare in sinergia, popolazioni e forze dell’ordine, per un Burkina Faso stabile e forte, di riconciliazione, di giustizia e di pace”. “Mai andare indietro – ha concluso quindi il porporato – bensì sempre avanti”. (T.C.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 31

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.