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Sommario del 21/01/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: chi entra in un Santuario si senta a casa sua

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Soprattutto in questo Giubileo della Misericordia, ogni pellegrino abbia la gioia di sentirsi accolto e amato dalla Chiesa. E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza ai partecipanti al Giubileo degli operatori di pellegrinaggi e rettori di Santuari, ricevuti in Vaticano. Il Pontefice ha sottolineato che sull’accoglienza “ci giochiamo tutto”, l’accoglienza infatti è “davvero determinante per l’evangelizzazione”. Dal Papa anche un nuovo invito ai sacerdoti ad essere misericordiosi con quanti si accostano al confessionale. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Andare pellegrini ai santuari è una delle espressioni più eloquenti della fede del popolo di Dio”. Francesco esordisce sottolineando il suo apprezzamento per la “religiosità popolare”. Un amore per la pietà popolare che viene da lontano, dai suoi anni in Argentina e che ha trovato una significativa espressione nel Documento di Aparecida. Il Papa la definisce “una genuina forma di evangelizzazione, che ha bisogno di essere sempre promossa e valorizzata, senza minimizzare la sua importanza”.

Nei Santuari si vive la profondità spirituale della pietà popolare
Nei santuari, constata, “la nostra gente vive la sua profonda spiritualità, quella pietà che da secoli ha plasmato la fede con devozioni semplici, ma molto significativa”:

“Sarebbe un errore ritenere che chi va in pellegrinaggio viva una spiritualità non personale ma di massa. In realtà, il pellegrino porta con sé la propria storia, la propria fede, luci e ombre della propria vita. Ognuno porta nel cuore un desiderio speciale e una preghiera particolare”.

Chi entra nei santuari si senta come a casa sua
“Chi entra nel santuario – prosegue – sente subito di trovarsi a casa sua, accolto, compreso, e sostenuto”. Il santuario, riprende, “è realmente uno spazio privilegiato per incontrare il Signore e toccare con mano la sua misericordia”. “Confessare in un santuario – aggiunge a braccio – è un’esperienza di toccare con mano la misericordia di Dio”. E si sofferma dunque sul valore dell’accoglienza, che definisce "parola-chiave":

“Con l’accoglienza, per così dire, ‘ci giochiamo tutto’. Un’accoglienza affettuosa, festosa, cordiale, e paziente! Ci vuole pazienza eh! I Vangeli ci presentano Gesù sempre accogliente verso coloro che si accostano a Lui, specialmente i malati, i peccatori, gli emarginati. E ricordiamo quella sua espressione: ‘Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato’.

L’accoglienza è determinante per l’evangelizzazione
Gesù, rileva Francesco, “ha parlato dell’accoglienza, ma soprattutto l’ha praticata”. E annota che quando i peccatori come Matteo o Zaccheo accolgono Gesù nella loro casa, cambia la loro vita. E’ interessante, soggiunge, che il Libro degli Atti degli Apostoli si concluda con la scena di san Paolo che, prigioniero a Roma, “accoglieva tutti quelli che venivano da lui”. La sua casa, dunque, “era il luogo dove annunciava il Vangelo”:

“L’accoglienza è davvero determinante per l’evangelizzazione. A volte, basta semplicemente una parola, un sorriso, per far sentire una persona accolta e benvoluta. Il pellegrino che arriva al santuario è spesso stanco, affamato, assetato… E tante volte questa condizione fisica rispecchia anche quella interiore. Perciò, questa persona ha bisogno di essere accolta bene sia sul piano materiale sia su quello spirituale”.

Il pellegrino abbia la gioia di sentirsi compreso ed amato
È importante, afferma ancora, “che il pellegrino che varca la soglia del santuario si senta trattato più che come un ospite, come un familiare”, “deve sentirsi a casa sua, atteso, amato e guardato con occhi di misericordia”. E evidenzia che questo deve valere per tutti anche per un “turista curioso”, “perché in ognuno c’è un cuore che cerca Dio, a volte senza rendersene pienamente conto”:

“Facciamo in modo che ogni pellegrino abbia la gioia di sentirsi finalmente compreso e amato. In questo modo, tornando a casa proverà nostalgia per quanto ha sperimentato e avrà il desiderio di ritornare, ma soprattutto vorrà continuare il cammino di fede nella sua vita ordinaria”.

I sacerdoti che confessano abbiano cuore impregnato di misericordia
Un’accoglienza del tutto particolare, sottolinea poi, “è quella che offrono i ministri del perdono di Dio”. Il santuario, infatti, “è la casa del perdono, dove ognuno si incontra con la tenerezza del Padre che ha misericordia di tutti, nessuno escluso”:

“Chi si accosta al confessionale lo fa perché è pentito del proprio peccato: è pentito del proprio peccato. Sente il bisogno di accostarsi lì… Percepisce chiaramente che Dio non lo condanna, ma lo accoglie e lo abbraccia, come il padre del figlio prodigo, per restituirgli la dignità filiale (cfr Lc 15,20-24). I sacerdoti che svolgono un ministero nei santuari devono avere il cuore impregnato di misericordia; il loro atteggiamento dev’essere quello di un padre”.

“Viviamo con fede e con gioia questo Giubileo – ha concluso Francesco – viviamolo come un unico grande pellegrinaggio”.

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Il Papa: gelosia e invidia, peccati brutti che uccidono con le parole

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Il Papa ha celebrato la Messa del mattino nella Cappella di Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di Sant'Agnese, vergine e martire. All’omelia ha parlato della gelosia e dell’invidia: il Signore - è stata la sua preghiera - ci preservi da questi peccati brutti che esistono anche nelle nostre comunità cristiane e usano la lingua per uccidere gli altri. Il servizio di Sergio Centofanti

L'invidia è un peccato brutto che cresce come erba cattiva
La Prima Lettura (1 Sam 18, 6-9: 19,1-7) racconta la gelosia di Saul, Re d’Israele, nei confronti di Davide. Dopo la vittoria contro i filistei  le donne cantano con gioia dicendo: “Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi 10 mila”. Così, da quel giorno – sottolinea Papa Francesco - Saul guarda con sospetto Davide, pensando che possa tradirlo, e decide di ucciderlo. Poi segue il consiglio del figlio e ci ripensa. Ma dopo ritorna sui suoi pensieri cattivi. La gelosia – rileva il Papa - è “una malattia” che torna e porta all’invidia:

“Cosa brutta è l’invidia! E’ un atteggiamento, è un peccato brutto. E nel cuore la gelosia o l’invidia crescono come cattiva erba: cresce, ma non lascia crescere buon’erba. Tutto quello che gli sembra di fargli ombra, gli fa male. Non è in pace! E’ un cuore tormentato, è un cuore brutto! Ma anche il cuore invidioso – lo abbiamo sentito qui – porta ad uccidere, alla morte. E la Scrittura lo dice chiaramente: per l’invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo”.

L'invidia uccide anche nelle nostre comunità
L’invidia “uccide” – afferma il Papa – “e non tollera che un altro abbia qualcosa che io non ho. E sempre soffre, perché il cuore dell’invidioso o del geloso soffre. E’ un cuore sofferente!”. E’ una sofferenza che desidera “la morte degli altri. Ma quante volte – esclama - nelle nostre comunità – non dobbiamo andare troppo lontano per vedere questo – per gelosia si uccide con la lingua. Uno ha invidia di questo, di quell’altro e incominciano le chiacchiere: e le chiacchiere uccidono!”:

“E io, pensando e riflettendo su questo passo della Scrittura, invito me stesso e tutti a cercare se nel mio cuore c’è qualcosa di gelosia, c’è qualcosa di invidia, che sempre porta alla morte e non mi fa felice; perché sempre questa malattia di porta a guardare quello che di buono ha l’altro come se fosse contro di te. E questo è un peccato brutto! E’ l’inizio di tante, tante criminalità. Chiediamo al Signore che ci dia la grazia di non aprire il cuore alle gelosie, di non aprire il cuore alle invidie, perché sempre queste cose portano alla morte”.

Gesù consegnato per invidia
“Pilato – conclude il Papa - era intelligente e Marco nel Vangelo dice che Pilato se ne era accorto che i capi degli scribi” gli avevano consegnato Gesù per invidia:

“L’invidia – secondo l’interpretazione di Pilato, che era molto intelligente, ma codardo! – è quella che ha portato alla morte Gesù. Lo strumento, l’ultimo strumento. Glielo avevano consegnato per invidia. Anche chiedere al Signore la grazia di non consegnare mai, per invidia, alla morte un fratello, una sorella della parrocchia, della comunità, neanche un vicino del quartiere: ognuno ha i suoi peccati, ognuno ha le sue virtù. Sono proprie di ognuno. Guardare il bene e non uccidere con le chiacchiere per invidia o per gelosia”.

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Rito Lavanda dei piedi: potranno essere scelte anche le donne

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Papa Francesco ha deciso di apportare un cambiamento nelle rubriche del Messale Romano relative al Rito della “Lavanda dei piedi” contenuto nella Messa in Coena Domini: d’ora in poi, tra le persone scelte dai pastori potranno esserci anche le donne. Il Papa lo spiega in una Lettera al cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il medesimo Dicastero ha quindi emesso un apposito Decreto. Il servizio Isabella Piro: 

Esprimere la carità senza confini di Gesù
“Esprimere pienamente il significato del gesto compiuto da Gesù nel Cenacolo, il suo donarsi ‘fino alla fine’, per la salvezza del mondo, la sua carità senza confini”: Papa Francesco spiega così, nella lettera al cardinale Sarah, la decisione di modificare la rubrica del Messale Romano che indica le persone prescelte per ricevere la Lavanda dei piedi durante la Messa in Coena Domini, nel Giovedì Santo.

Tra i fedeli prescelti anche donne
La decisione del Papa, presa “dopo attenta ponderazione”, spiega lo stesso Pontefice, fa in modo che “d’ora in poi i pastori della Chiesa possano scegliere i partecipanti al rito tra tutti i membri del popolo di Dio”. Se prima, infatti, essi dovevano essere uomini o ragazzi, ora – spiega il decreto della Congregazione per il Culto Divino - potranno essere sia uomini che donne, “e convenientemente giovani e anziani, sani e malati, chierici, consacrati e laici”, inclusi coniugati e celibi. Tale “gruppetto di fedeli – sottolinea il Dicastero, senza specificarne il numero – dovrà rappresentare la varietà e l’unità di ogni porzione del popolo di Dio”.

Spiegare adeguatamene il significato del rito ai prescelti
Il Santo Padre raccomanda, inoltre, che “ai prescelti venga fornita un’adeguata spiegazione del significato del rito stesso ai prescelti”. A questi ultimi – scrive il segretario della Congregazione per il Culto Divino, mons. Arthur Roche, in un articolo per L’Osservatore Romano – spetta offrire con semplicità la propria disponibilità. Spetta poi a chi cura le celebrazioni liturgiche preparare e disporre ogni cosa per aiutare tutti a partecipare fruttuosamente a questo momento: è la vita di ogni discepolo del Signore l’anamnesi del ‘comandamento nuovo’ ascoltato nel Vangelo”.

Gesto già compiuto da Papa Francesco
Da ricordare che Papa Francesco ha già compiuto il rito della Lavanda dei piedi su alcune donne, ad esempio nel Giovedì Santo dello scorso anno, quando ha celebrato la Santa Messa in Coena Domini nel carcere di Rebibbia.

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Messaggio del Papa al Forum di Davos: non dimenticare i poveri

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Il mondo imprenditoriale non si faccia “anestetizzare” dalla cultura del benessere, non dimentichi i poveri e crei un’occupazione dignitosa per la persona umana affinché nel lavoro non sia “rimpiazzata da una macchina senz’anima”. Questi gli auspici del Papa nel messaggio al Forum Economico Mondiale di Davos, aperto ieri nella località svizzera, e dedicato al tema: “Padroneggiare la quarta rivoluzione industriale”. La lettera di Francesco, indirizzata al prof. Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del Forum, è stata consegnata nel pomeriggio dal cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il servizio di Giada Aquilino

Non lasciarsi anestetizzare dal benessere
“Non dimenticate i poveri”: il consumismo non procura “la felicità di una vita piena”. Questo l’“appello” di Papa Francesco ai dirigenti del mondo degli affari, ma anche una “sfida primaria” per loro. Non dobbiamo mai permettere, scrive il Pontefice, che “la cultura del benessere ci anestetizzi”, ci faccia pensare soltanto ai “privilegi”, rendendoci incapaci di provare “compassione” dinanzi al grido di dolore degli altri e di piangere davanti ai drammi a cui assistiamo. Perché piangere significa “partecipare” alle sofferenze degli altri e “rendersi conto che le nostre stesse azioni sono causa di ingiustizia e disuguaglianza”.

Uomo guidi sviluppo tecnologico, non il contrario
Ringraziando il presidente del Forum per l’incontro “che cerca – sottolinea - di incoraggiare una continua responsabilità sociale ed ambientale” attraverso un “dialogo costruttivo” con tanti leader internazionali, Francesco mette in luce la necessità odierna di dar vita a “nuovi modelli imprenditoriali che, nel promuovere lo sviluppo di tecnologie avanzate, siano anche in grado di utilizzarle per creare un lavoro dignitoso per tutti, sostenere e consolidare i diritti sociali e proteggere l’ambiente”. L’uomo, ribadisce il Papa, “deve guidare lo sviluppo tecnologico, senza lasciarsi dominare da esso”.

Disoccupazione oggi riguarda centinaia di milioni di persone
L’avvio della cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”, nota il Papa, è stato accompagnato da una crescente percezione “dell’inevitabilità di una drastica riduzione nel numero dei posti di lavoro”: l’Organizzazione Internazionale per il Lavoro indica che attualmente “la disoccupazione riguarda centinaia di milioni di persone”. La “finanziarizzazione” e la “tecnologizzazione” delle economie nazionali e globale - aggiunge il Pontefice - hanno prodotto profondi cambiamenti nel campo del lavoro: le diminuite opportunità per un’occupazione “vantaggiosa e dignitosa”, insieme a una “riduzione della copertura previdenziale”, stanno causando una “preoccupante crescita della disuguaglianza e della povertà” in diversi Paesi.

Nel lavoro, uomo non sia rimpiazzato da macchine
L’obiettivo per i leader mondiali appare dunque quello di assicurare che l’imminente ‘quarta rivoluzione industriale’, gli effetti della robotica e delle innovazioni scientifiche e tecnologiche non conducano alla “distruzione della persona umana”, perché destinata ad essere “rimpiazzata da una macchina senz’anima”, o alla trasformazione del nostro pianeta in un “giardino vuoto per il diletto di pochi scelti”. I processi in corso vanno quindi diretti e governati “per edificare società inclusive, basate sul rispetto della dignità umana, sulla tolleranza, sulla compassione e sulla misericordia”.

Aprire menti e cuori a poveri
Riprendendo un concetto espresso nel suo viaggio in Centrafrica, nel novembre scorso, Francesco esorta “chi ha i mezzi per condurre una vita dignitosa” ad aiutare i più poveri affinché anch’essi possano godere di condizioni di vita “rispettose della dignità umana, in particolare attraverso lo sviluppo del loro potenziale umano, culturale, economico e sociale”. L’invito del Papa è quello contenuto pure nella Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia: potremo diventare “più pienamente umani” attraverso la responsabilità nei confronti dei nostri fratelli e sorelle, che è “parte essenziale della nostra comune umanità”. “Non abbiate paura di aprire le menti e i cuori ai poveri”, aggiunge ancora il Papa ai partecipanti al Forum di Davos, in modo da dare “completa libertà di azione” ai rispettivi talenti economici e tecnici.

Perseguire salvaguardia creato e progresso integrale
Francesco sollecita inoltre la ripresa del dibattito su “come costruire il futuro del pianeta”, di quella “nostra casa comune” dell’Enciclica “Laudato si’”, chiamando a “uno sforzo congiunto” per uno sviluppo sostenibile ed integrale. D’altra parte l’attività imprenditoriale - di cui più volte il Papa ha notato la “nobile vocazione” a produrre ricchezza e a migliorare il mondo - ha la responsabilità, ribadisce Francesco, “di aiutare a superare la complessa crisi sociale ed ambientale e di combattere la povertà”, in modo da migliorare le precarie condizioni di vita di milioni di persone e colmare il divario sociale, che “dà origine a numerose ingiustizie ed erode i valori fondamentali della società, tra cui l’uguaglianza, la giustizia e la solidarietà”. In tal senso, conclude, il Forum Economico Mondiale può diventare una piattaforma per la salvaguardia del creato e il raggiungimento del progresso, anche in merito agli obiettivi ambientali e per “massimizzare” gli sforzi al fine di sradicare la povertà, come stabilito nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e nell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

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Altre udienze e nomine di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza mons. Eliseo Antonio Ariotti, Arcivescovo tit. di Vibiana, Nunzio Apostolico in Paraguay; il signor Robert Compaore, Ambasciatore di Burkina Faso presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali; mons. Rubén Oscar Frassia, Vescovo di Avellaneda-Lanús (Argentina).

In Italia, Francesco ha nominato Vescovo della diocesi di Alba il rev.do Canonico Marco Brunetti, del clero dell’arcidiocesi di Torino, finora Direttore dell’Ufficio di Pastorale della Salute.

Il Papa ha nominato sotto-segretario dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica mons. Giuseppe Russo, del clero dell’arcidiocesi di Taranto.

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Presentati al Papa due agnelli nella memoria di S. Agnese

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Oggi, nella Cappella Urbano VIII in Vaticano, sono stati presentati al Papa due agnelli - benedetti questa mattina nella Basilica di Sant’Agnese in Via Nomentana - in occasione della memoria liturgica della Santa romana. La lana di questi agnelli sarà utilizzata per confezionare i Pallii dei nuovi arcivescovi  metropoliti. 

Il Pallio è un’insegna liturgica d’onore e di giurisdizione che viene indossata dal Papa e dagli arcivescovi nelle loro Chiese e in quelle delle loro Province: è costituito da una stretta fascia di stoffa, tessuta in lana bianca, decorata da sei croci in seta nera. Il rito della benedizione dei palli, che vengono poi imposti dai nunzi apostolici locali agli arcivescovi, è compiuto dal Santo Padre il 29 giugno, nella Solennità dei Santi  Apostoli Pietro e Paolo.

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Settimana per l'Unità: le Chiese non possono vivere separate

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Siamo nel cuore della Settimana di preghiera per l'Unità dei cristiani che ha come testo biblico di riferimento il versetto della prima Lettera di Pietro: "Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce". Ma, le Chiese possono vivere separate? Antonella Palermo ha rivolto la domanda a Enzo Bianchi, priore della Comunità Ecumenica di Bose, Luca Maria Negro, pastore battista, direttore del settimanale ‘Riforma’, neo presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei), a padre Traian Valdman, decano della diocesi ortodossa romena d’Italia in Lombardia: 

R. - (Enzo Bianchi) Non dovrebbero vivere separati. Ma – ahimè! – purtroppo la divisione ha accompagnato la storia della Chiesa sovente, diventando poi una realtà che noi oggi ancora soffriamo. Però noi dobbiamo pensare che l’unità della Chiesa non è una opzione, una moda o qualcosa che noi facciamo seguendo i segni dei tempi. No! E’ la volontà di Cristo: o si è cristiani e dunque capaci di apertura ecumenica; o, se non si è capaci di apertura ecumenica, non si può neanche esser cristiani. Prima di essere scandalo per il mondo è una contraddizione alla volontà di Gesù.

R. – (Padre Valdman) La Chiesa è una, così diciamo nel Credo. Perché uno è il Capo, Cristo; perché uno è il Corpo, la Chiesa, la comunione dei battezzati. E’ la coscienza dell’unità della Chiesa. Sebbene i cristiani vivano in diverse tradizioni, spesse volte con incomprensioni, la coscienza dell’unità, della necessità e del bisogno dell’unità è forte durante tutta la storia della Chiesa. Oggi come oggi credo che sia importante recuperare ciò che ci unisce e vedere come superare ciò che ci divide ancora.

D. – Le Chiese possono vivere separate?

R. – (Luca Negro) No! Il problema è che dobbiamo cercare di fare uscire l’ecumenismo da quella gabbia dorata che gli abbiamo creato intorno, che è la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. L’ecumenismo deve entrare nel quotidiano! E’ il limite che, in particolare nel nostro Paese, va superato: non c’è ancora nel nostro Paese – ahimè! - come invece c’è nella maggioranza dei Paesi europei, un organismo ecumenico che dia una dimensione di regolarità all’incontro delle Chiese.

D. – Proposte per diventare sempre più testimoni credibili di unità. Padre Valdman

R. – Prima di tutto fare insieme catechesi ecumenica. E in modo particolare, partendo dal tema di quest’anno della Misericordia di Dio, dobbiamo insieme organizzare opere di aiuto misericordioso a chi è in grande disagio, a chi è ai margini della società.

R. – (Luca Negro) Noi stiamo lanciando, insieme alla Comunità di Sant’Egidio, corridoi umanitari che consentano a dei richiedenti asilo, che vivono situazioni di particolare fragilità, come donne con bambini o persone ammalate, di poter venire non rischiando la vita su questi barconi della morte, in mano di trafficanti di esseri umani, ma legalmente, perché nelle pieghe della legislazione europea la possibilità ci sarebbe.

R. – (Enzo Bianchi) Gli anni del Pontificato di Paolo VI sono stati caratterizzati dal far sì che la Chiesa cattolica chiedesse, prima di ogni documento, di ogni presa di posizione che intraprendeva e faceva, anche un parere e un confronto con le altre Chiese. Poi questo non si è più fatto e ogni Chiesa ha continuato a fare documenti, a prendere iniziative, a prendere decisioni senza ascoltare gli altri. Io credo che si debba tornare a questo: non si tratta di paralizzare la vita delle Chiese, ma prima di fare un documento, prima di prendere una iniziativa - che siano anglicani, che siano cattolici, che siano riformati, che siano ortodossi – sentire cosa pensano le altre Chiese. Che sia sempre una decisione che non contraddica e non urti i nostri fratelli, cui siamo legati in un modo indelebile.

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Giubileo: dopo 500 anni torna la placchetta del pellegrino

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In occasione del Giubileo della Misericordia torna, dopo oltre 500 anni, il "Testimonium", la placchetta che dal 12.mo al 16.mo secolo portava con sé ogni pellegrino: era l'antico "lasciapassare" che dimostrava la veridicità del pellegrinaggio e che, nel lungo cammino dei pellegrini garantiva loro l'ospitalità nei conventi e negli ostelli lungo la via. L'originale in bronzo è custodito nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Oggi i pellegrini possono procurarsene una copia. A Roma la presentazione dell'iniziativa. Il servizio di Marina Tomarro

Una piccola placchetta di piombo raffigurante i Santi Pietro e Paolo, cucita solitamente sui mantelli. Era il "Testimonium", il simbolo che portavano gli antichi pellegrini che dopo mesi di pericoloso cammino, finalmente giungevano a Roma per visitare le tombe dei due Apostoli. E proprio in occasione del Giubileo della Misericordia questo simbolo viene riproposto ai tanti fedeli che arrivano nella città eterna per vivere questo grande evento della Chiesa. Ascoltiamo mons. Jean Louis Bruguès, archivista bibliotecario di Santa Romana Chiesa: 

R. – Secondo me questa placchetta è l’illustrazione della fedeltà: naturalmente alla fede, è la sua prova concreta, fisica. Ma è anche fedeltà alla storia. Dunque noi vogliamo rendere omaggio alle generazioni precedenti che hanno voluto fare questo viaggio così pericoloso.

D. – Chi sono i pellegrini di oggi?

R. – Coloro che fanno il viaggio con una tonalità speciale; dunque il desiderio di rendere visita a Cristo naturalmente ma tramite la vicinanza di coloro che l’hanno conosciuto: gli Apostoli, la Vergine, i Santi, che per noi sono le vetrine della santità di Dio.

D. – Cosa rimane del pellegrinaggio, secondo lei?

R. – Una purificazione, una conversione, cioè il desiderio di cambiare vita, di amare di più Dio e il prossimo.

E i "Testimonium" si diffusero a Roma e negli altri Santuari europei frequentati dai pellegrini intorno al XII secolo, per poi scomparire verso il XVI. Erano un lasciapassare importante per ricevere ospitalità gratuita lungo il cammino e ottenere aiuto in caso di bisogno. Ma sulla loro storicità ascoltiamo il commento di Giancarlo Alteri, conservatore emerito del Medagliere della Biblioteca Vaticana:

R. – Questa placchetta ha un’importanza storica. È una manifestazione della fede che i pellegrini avevano arrivando a Roma attraverso questi pellegrinaggi. È una cosa importante e anche storica anche dal punto di vista numismatico perché è un qualcosa che precede la nascita delle medaglie devozionali: da questa placchetta, successivamente, saranno fatte poi le medaglie devozionali che adoperiamo tuttora e la medaglistica papale. Ma soprattutto è una testimonianza di fede.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Con l'accoglienza ci giochiamo tutto: il Papa ai partecipanti al Giubileo degli operatori di pellegrinaggi e rettori di santuari.

Nel quinto centenario della nascita di Teresa, il cardinale Lluis Martinez Sistach sulla mistica degli occhi aperti.

La rivalsa: Marco Beck sul risveglio culturale nell'Antapodosis di Liutprando.

L'enigma della Tempesta: Sofia Ranzato discute una nuova interpretazione del celebre quadro di Giorgione.

Welfare partecipativo: Mario Aldegani recensisce il libro "Buono è giusto".

Atena rende omaggio a Khaled al-Asaad: Silvia Guidi sull'"Orestea" dedicata al capo archeologo di Palmira. 

Lungo la strada della comunione: Matthias Turk sul dialogo con la Federazione luterana mondiale e protestante d'Europa.

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Oggi in Primo Piano



Davos. Becchetti: economia mondiale non aumenti diseguaglianze

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Nuova giornata di turbolenze per le Borse. Ad esclusione di Bombay, i principali listini asiatici hanno chiuso tutti in rosso. Cautamente positivi i mercati europei. E dal World Economic Forum di Davos, la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde ha esortato la Cina a spiegare con maggiore chiarezza le proprie politiche economiche. Il vertice dei "grandi" dell’economia mondiale guarda con preoccupazione anche al rallentamento della crescita cinese. Marco Guerra ne ha parlato con  l’economista Leonardo Becchetti: 

R. – Senz’altro c’è una forte fibrillazione sui mercati finanziari, ma dobbiamo abituarci. Abbiamo voluto mercati dove prevale il capitale supersonico, il trading a brevissimo termine, gli algoritmi automatici e questo è il risultato. Se vogliamo, possiamo avere dei mercati diversi. Da anni proponiamo una tassa sulle transazioni finanziarie molto piccola che penalizzerebbe il capitale supersonico e lo renderebbe più paziente; tutte queste fibrillazioni diminuirebbero. Bisogna capire che non c’è nessun legame tra queste fibrillazioni e un legame molto, molto debole tra queste e gli eventi economici. Spesso si tratta di veri e propri "non eventi". È proprio questo il problema, è un fatto strutturale dei mercati finanziari che sono estremamente variabili e volatili. Ricordo la non notizia del declino cinese di qualche mese fa che ebbe un effetto in Borsa più forte nella variazione della Borsa dei due giorni, dell’evento della Lehman Brother che fu un fatto epocale. Dobbiamo pensare veramente di metter mano alle borse e di modificare un pochino la struttura, se vogliamo evitare di parlare di cose che non esistono, come anche l’eccesso di speculazione sulle banche italiane o cose simili.

D. – C’è chi afferma che i fondamentali dell’economia non sono così male, ma il tasso di crescita ancora non sostiene una vera ripresa. Lei cosa pensa?

R. – Ce ne metteremo di tempo per recuperare i sette anni di vacche magre e di crisi. Il cammino è molto lento, bisogna aumentare di nuovo gli investimenti, gli imprenditori non rischiano abbastanza e dall’altra parte non ripartono i consumi, ma questo dipende dal fatto che viviamo in un mondo sempre più incerto, sempre più difficile dove avere un lavoro non vuol dire avere prospettive stabili per il futuro, non vuol dire avercelo domani. Bisogna tenere conto di questo, perciò è molto importante - in prospettiva - avere delle forme di assicurazione, di reddito minimo, di sussidio di disoccupazione che rendano le prospettive più stabili e che quindi spingano la gente ad avere fiducia e a consumare invece di accumulare risparmio, come sta accadendo in Italia in questo periodo.

D. – Anche il Papa si è rivolto a Davos chiedendo appunto di non dimenticare i poveri e di creare un’occupazione dignitosa per la persona umana. Come si riesce a conciliare crescita ed economia per la persona?

R. - È molto semplice: bisogna distribuire meglio il reddito. Il mondo fa creare ricchezza in modo eccezionale, ma la distribuisce malissimo. Il rapporto Oxfam ci dice che le 62 persone più ricche del mondo hanno la stessa ricchezza della metà meno povera più povera del pianeta, cioè di tre miliardi e 600 milioni di persone. Lo scandalo non è tanto la diseguaglianza in sé, ma l’elusione e l’evasione fiscale, cioè il fatto che la ricchezza non paghi le tasse perché va nei paradisi fiscali dove ci sono circa settemila miliardi di dollari. Le do il dato dell’Africa che è incredibile: un terzo della ricchezza africana è nei paradisi fiscali! Se si pagassero le tasse su questa ricchezza, in Africa si salverebbero quattro milioni di bambini e tutti i bambini africani andrebbero a scuola. Quindi l’obiettivo numero uno deve essere la lotta all’elusione, all’evasione fiscale. L’altra cosa fondamentale che dobbiamo fare noi cittadini è imparare a "votare con il portafoglio", cioè non dobbiamo pensare ad un’economia che non c’è – un’utopia – ma premiare quelle aziende che sono più responsabili dal punto di vista fiscale, sociale ed ambientale. Le aziende non sono tutte uguali; ce ne sono alcune più brave a creare valore distribuendolo, favorendo il lavoro ed aiutando i lavoratori, ed altre che lo sono meno. Dobbiamo imparare a misurare queste cose, a valutarle e a premiare i migliori in modo da portare il mercato in quella direzione.

D. – Lei ha accennato ai bambini. Proprio in questi giorni un rapporto di Save the Children parla di oltre 500 milioni di bambini poveri e 900 milioni di bambini a rischio povertà …

R. – Credo che non dobbiamo sgomentarci dei dati, ma dobbiamo lavorare per le soluzioni, non perdere neanche un attimo di tempo a contemplare il problema. Le soluzioni sono già tutte sul tavolo. Ci sono soluzioni di policy, di economia civile e sostenibile. Sono soluzioni che non devono seguire solo i politici, ma sta a noi supportare dal basso, partecipando alle campagne e votando responsabilmente con il nostro portafoglio. Quindi non perdiamo tempo e diamoci da fare. Stanno nascendo moltissime imprese sociali, low profit, che guardano all’impatto oltre che al profitto. Quindi sta a noi premiarle perché non dobbiamo dare tutta la colpa agli imprenditori: siamo noi che abbiamo il carrello della spesa e che scegliamo.

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Siria: forse rinvio negoziati. Ong: mille civili morti in raid russi

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“L'Occidente dopo cinque anni di guerra in Siria ha fallito”: è la riflessione fatta alla stampa italiana da mons. Shahan Sarkissian, arcivescovo armeno di Aleppo, nel giorno in cui l’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani denuncia che oltre 1.000 civili sono morti nei raid russi dal settembre scorso. Le grandi potenze impegnate in Medio Oriente, in primo luogo la Francia, ribadiscono anche oggi che l’intensità dei bombardamenti contro il sedicente Stato islamico aumenterà. Su un altro fronte, intanto, Russia e Stati Uniti ieri hanno rilanciato il negoziato, che potrebbe slittare a fine mese, tra Damasco e le opposizioni nonostante non ci sia un elenco dei gruppi ammessi. Bombardamenti e diplomazia, dunque, due canali paralleli o in contraddizione? E a che punto è la guerra in Siria? Gabriella Ceraso lo ha chiesto ad Andrea Plebani, ricercatore dell’Istituto Studi di politica internazionale: 

R. – Sono due direttrici che appaiono in contraddizione, ma che in realtà poi non lo sono più di tanto. Anche perché da una parte la risoluzione della crisi siriana non può passare se non attraverso un accordo politico, dall’altra è importante infliggere danni sempre più significativi al sedicente Stato islamico. Il problema, però, è che questo tipo di affermazioni sono già state fatte in passato sia per quanto riguarda il percorso politico che per quanto riguarda la strategia militare e non hanno portato a cambiamenti epocali. In buona sostanza: benissimo i bombardamenti dall’alto, qualora colpiscano e siano quanto più diretti, ma non è sufficiente. I risultati più importanti ottenuti negli ultimi mesi sono stati frutto soprattutto dell’azione di truppe sul campo.

D. – A suo parere quindi finora qualche passo in avanti sul terreno – tra Iraq e Siria – è stato fatto?

R. – Sì: dal punto di vista delle affermazioni militari abbiamo avuto importanti risultat. Nel quadrante iracheno, a Tikrit, a Ramadi e a Sinjar. Per quanto riguarda il quadro siriano, non dobbiamo dimenticare l’importanza della vittoria a Kobane e della non caduta della città, e soprattutto dell’avanzata che ha portato i guerriglieri curdi a circa 30 km dalla capitale di fatto del sedicente Stato islamico, che è Raqqa. L’altro aspetto positivo che possiamo sottolineare e che si è stati quasi obbligati a mantenere una sorta di cessate-il-fuoco temporanei e a liberare alcune sacche in cui la popolazione era rimasta imbrigliata, e questo sicuramente è positivo. Ma la situazione rimane estremamente difficile, estremamente complessa, sul territorio …

D. – Sul fronte delle trattative di pace, perché Stati Uniti e Russia continuano a ribadire che ci sarà un appuntamento a Ginevra tra regime e opposizioni, ma non hanno ancora un accordo su chi delle opposizioni sarà ammesso?

R. – Ginevra è importante come speranza di una possibile soluzione politica e come continuità. Il problema grosso è che purtroppo gli interessi in Siria e nella regione continuano a rimanere estremamente divergenti. E questa cosa si riflette appunto nelle diverse delegazioni che saranno o meno ammesse a questi dialoghi. Nella fattispecie, ci sono realtà che sul campo hanno un peso determinante che però non possono essere ammesse. Faccio riferimento a Jabhat al Nusra, una formazione che ha un peso specifico importante, ma essendo una formazione terroristica, non può essere ammessa. Quello che potrebbe essere un escamotage, forse, per superare questa impasse, è coinvolgere quelle realtà che fungono quasi da "pontieri" tra gli elementi più estremisti e gli elementi più moderati di questa insurrezione. Nel caso di Jabhat al Nusra, uno di questi elementi è la fazione di Ahrar al-Sham che, oltre a essere una delle più importanti fazioni in lotta in Siria, gode anche dell' appoggio di importanti attori regionali. Il problema però – ripeto – sono gli interessi divergenti che ci sono in Siria, ma soprattutto che ci sono da parte dei “patroni” esterni, dei sostenitori delle grandi potenze regionali che operano all’interno del “file” siriano e che stanno attuando una vera e propria guerra per procura. Sono i loro interessi a essere completamente divergenti. Nella fattispecie, Iran, Arabia Saudita e Turchia hanno posizioni che sono veramente difficilmente componibili.

D. – Mi sembra di capire quindi che nuovamente, nonostante questi incontri, si debba confermare che la guerra sarà lunga e diversa da quanto è stato fatto finora ovunque?

R. – Sì: purtroppo non si vede all’orizzonte un fattore di cambiamento in grado di modificare la situazione sul terreno. Purtroppo. Lo stesso conflitto in Iraq sembra quasi impallidire di fronte a quello che è avvenuto in questi ultimi anni, soprattutto dal 2011 in avanti. Perché il livello di efferatezza raggiunto è difficilmente raffrontabile con casi precedenti. E anche i danni inflitti a lungo termine all’identità delle popolazioni sul territorio e delle comunità che sono state toccate da questi eventi, è qualcosa da tenere in considerazione. Purtroppo, anche qualora finissero le operazioni belliche, gli strascichi di questo conflitto sono destinati a durare per lungo tempo …

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Medici Senza Frontiere: "Difendiamo i migranti dall'Europa"

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Infezioni polmonari, condizioni igieniche inumane, abusi e violenze fisiche, traumi psicologici e disorientamento, totale abbandono… sono solo alcune delle denunce che Medici Senza Frontiere fa nel rapporto “Corsa a ostacoli verso l’Europa” che analizza le terribili condizioni in cui versano rifugiati, richiedenti asilo e migranti in fuga da guerre e povertà. Una fuga che diventa, secondo le testimonianze dirette degli operatori di Medici Senza Frontiere, una corsa a ostacoli a causa soprattutto delle politiche fallimentari e delle barriere fisiche e burocratiche messe in piedi in Europa. L’organizzazione infatti denuncia come la sua attività di soccorso medico nel mediterraneo e nel corridoio balcanico sia triplicata nel 2015 a causa soprattutto delle politiche inumane adottate arbitrariamente da alcuni Stati europei per proteggere i propri confini. “Ci troviamo a dover difendere i migranti dall’Europa”, denuncia l’organizzazione. Ma vediamo nel dettaglio il rapporto, con Stefano Pesce che ha raggiunto al telefono Laura Pasquero, operatrice umanitaria di Medici Senza Frontiere: 

R. – Il Rapporto denuncia quello che noi, come Medici Senza Frontiere, consideriamo un vero fallimento collettivo dell’Unione Europea nell’affrontare una situazione di crisi prolungata e nel rispondere ai bisogni umanitari di centinaia di migliaia di rifugiati, di richiedenti asilo e migranti nel corso del 2015.

D. – Quale difficoltà si trovano ad affrontare i migranti, una volta giunti in Europa?

R. – Quello che hanno trovato, dopo viaggi traumatici e pericolosissimi, sono stati muri, barriere, fili spinati, condizioni inaccettabili di ricezione e una gravissima mancanza dei servizi di base e di assistenza umanitaria.

D. – Voi cercate, in qualche modo, di sopperire a queste mancanze?

R. – Quello che offriamo è assistenza medica di base, assistenza psicologica, riparo, tendoni riscaldati per offrire rifugio ad intere famiglie, che viaggiano spesso con figli piccolissimi. Pensiamo poi ai casi più vulnerabili: donne incinte, vittime di violenze sessuali, disabili… Io stessa sono stata sei mesi a bordo di una delle barche di Medici Senza Frontiere nel Mediterraneo centrale, quindi al largo della Libia: accogliere tra le braccia un bambino appena scampato alla morte è qualcosa che davvero bisognerebbe provare di persona…

D. – Queste politiche europee, che voi denunciate, che impatti hanno sulla qualità di vita dei migranti?

R. – Gli impatti di queste politiche europee sono violenti, sia a livello fisico che psicologico; le patologie che abbiamo riscontrato sono traumi legati alle difficoltà delle condizioni di viaggio; tantissime infezioni respiratorie, che sono andate aumentando con l’arrivo poi dell’inverno; infezioni cutanee, stress psicologico; a volte si è esercitata perfino violenza alle frontiere. I nostri colleghi che si trovano ora in Grecia e nei Balcani, lungo la rotta balcanica, testimoniano l’altissima vulnerabilità di intere famiglie di siriani o di afghani, che da un minuto all’altro, da un giorno all’altro sono bloccati e costretti a cercare un’altra via. Quindi queste misure – che sono lungi dal fermare i flussi di persone in fuga – hanno solo reso più drammatico, inumano e pericoloso il loro disperato viaggio.

D. – Alla luce di ciò, quali provvedimenti dovrebbe prendere l’Europa per far fronte a questi problemi?

R. – Quello che noi chiediamo, come Medici Senza Frontiere, è che l’Europa garantisca innanzitutto un passaggio sicuro verso e attraverso il continente, e che garantisca condizioni di accoglienza umane e dignitose, che prevedano riparo e assistenza medica. Questa nostra stessa presenza nel cuore dell’Europa è di per sé indice di un gravissimo vuoto e di una mancanza di assunzione di responsabilità dei governi europei nei confronti dei loro obblighi internazionali e di umanità. Questo è un approccio che consideriamo atroce ed inaccettabile!

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Verso il Family Day. Adinolfi: straordinaria mobilitazione popolare

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Il riconoscimento dei diritti civili necessita di un intervento come chiede l’Ue. Così il ministro della Giustizia Orlando che spera in una risoluzione in Parlamento della questione unioni civili. Di ieri un emendamento al ddl Cirinnà presentato al Senato dai cattolici del Pd che prevede la reclusione fino a 12 anni e una multa fino ad un milione di euro per il reato di utero in affitto. Sabato i sostenitori del ddl si ritroveranno in 82 piazze italiane, mentre cresce la mobilitazione popolare al Family Day: il raduno del prossimo 30 gennaio a Roma è stata spostato da Piazza San Giovanni al Circo Massimo per l'imponente numero di adesioni. Il commento di Mario Adinolfi, direttore de “La Croce” e tra i promotori della mobilitazione, al microfono di Paolo Ondarza

R. – Stiamo parlando sicuramente di più di un milione di presenze: il catino del Circo Massimo è immenso. Sono arrivate davvero una moltitudine di adesioni da famiglie che, tra l’altro, si muovono autonomamente. Stiamo parlando di oltre tremila pullman che caleranno su Roma e di tante altre persone che si muoveranno in treno o con mezzo proprio e c’è una grandissima mobilitazione della città di Roma.

D. – Famiglie che si muovono autonomamente, a proprie spese. Questa considerazione ci dà l’idea di una mobilitazione che parte dal basso, promossa dalle famiglie…

R. – Esatto, è una manifestazione promossa dalle famiglie, dal basso, dal Comitato “Difendiamo i nostri figli”. E’ una manifestazione povera, diciamolo, con pochissime risorse. Non è una manifestazione organizzata con un pranzo al sacco, come accade spesso per altre mobilitazioni: siamo spinti da un popolo straordinario, che ci sta incoraggiando in una maniera commovente. Ci sentiamo di poter dire che c’è una mobilitazione popolare che arriva davvero dal basso, come diceva Papa Francesco “senza vescovi pilota”, totalmente spontanea, ma proprio perché spontanea, bellissima!

D. – La piazza del 20 giugno scorso si riempì anch’essa senza vescovi-pilota, spiazzando tutti. Puntare al Circo Massimo è un’ambizione, ma anche un rischio?

R. – E’ un grande rischio, però un rischio calcolato, derivante dalle tantissime adesioni che stanno arrivando e semplicemente dal fatto che San Giovanni non ci conteneva. Ricordo poi che la manifestazione di San Giovanni del 20 giugno nacque senza alcun sostegno da parte dei media. Pochissimi media avevano dato la notizia che ci fosse quella manifestazione. Questa volta c’è una grandissima attesa anche mediatica dei sostenitori e dei detrattori, che raccontano questa piazza con toni diversi. Questo vuol dire, dunque, che però tutta Italia già sa quanto sia importante l’appuntamento del 30 gennaio, e questo ovviamente agevola anche la mobilitazione.

D. – Una piazza che vuole dare voce ai tanti “sì” alla famiglia, più che ad una contrapposizione: “sì” alla famiglia, “sì” alla tutela dei diritti dei minori. C’è da riscontrare che contestualmente una settimana prima, il 23 gennaio, ci saranno mobilitazioni in almeno 82 città italiane dei sostenitori del ddl Cirinnà…

R. – Ci si confronterà nelle piazze, come bisogna, dando voce al popolo italiano, ascoltando le diverse istanze. Questo è un elemento positivo, di vitalità democratica, che non può essere che sottolineato con attenzione ed anche – voglio dire – con un po’ di gioia. E’ bello vedere un Paese palpitare intorno a temi così decisivi come il diritto di un bambino ad avere una mamma ed un papà; il diritto di tutela della famiglia naturale. E’ giusto: diciamo tanti “sì” e sono “sì” ai diritti civili. E il primo diritto civile è il diritto di un bambino ad avere una mamma ed un papà e a non essere mai considerato oggetto di una compravendita. Questo è il grande “sì” che diciamo ai diritti dei più deboli, dei soggetti più deboli di questo Paese.  

D. – E a proposito di uno degli aspetti più controversi del ddl Cirinnà, ovvero la stepchild adoption, e quindi l’apertura all’utero in affitto, c’è da registrare nelle ultime ore un dibattito molto vivace nel merito. E’ di ieri un emendamento presentato al Senato dai cattolici del Pd, che prevede addirittura l’arresto o una multa per il reato di utero in affitto. E’ sintomo di una coscienza che sta crescendo, sta maturando attorno a questo tema?

R. – E’ un passaggio molto importante questo. Mi fa piacere adesso vedere che anche il partito dei proponenti del ddl Cirinnà – ricordiamo che il Pd è il partito di Monica Cirinnà – si interroghi intorno alla questione e proponga il reato di utero in affitto – attenzione, grande novità – anche se compiuto all’estero. Pone, quindi, questo elemento su un piano di delitto contro i diritti umani, sostanzialmente. Questo, dunque, è un passaggio davvero importante dal punto di vista culturale. Ovviamente quei parlamentari che hanno proposto pene, tra l’altro, così severe – arrivano fino a 12 anni di carcere – sull’utero in affitto, non potranno che essere conseguenti e votare contro una brutta legge. Ottimo il passaggio dell’emendamento. A questo punto manca solo il passaggio su cui il 30 gennaio saremo molto netti: ritirare questa brutta legge.

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Crepet: difendo diritto bambini a conoscere il padre e la madre

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Il dibattito sull’utero in affitto, interno alla discussione sul ddl Cirinnà in materia di unioni civili, coinvolge tutta l’opinione pubblica, non solo cattolica. Se l’oncologo Umberto Veronesi parla di “pratica moralmente accettabile”, un deciso “no” alla maternità surrogata arriva dallo psichiatra Paolo Crepet. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. – Io difendo il diritto di qualsiasi bambino del mondo di poter fare ad un certo punto della vita una domanda a chi gli sta davanti, che siano uomini, donne, uomini e donne: “Chi è mio papà? Chi è mia mamma?”. A questa domanda noi dobbiamo poter rispondere. Ho visto molte volte nel mio lavoro clinico persone che hanno voluto, anche ad un’età molto avanzata, e hanno fatto cose folli per rivedere una persona che magari è stato il padre biologico e non quello reale della sua vita.

D. – Non si tratta dunque di un problema solo giuridico ma anche psicologico; che conseguenze può avere il fatto di non poter conoscere le proprie origini?

R. – Credo che ognuno di noi può avere la risposta facendosi la domanda. Credo anche il professor Veronesi con tutto il rispetto. Credo che anche per il professor Veronesi se alla domanda: “Chi è mia mamma?”, ricevesse come risposta "è stata una signora che ha affittato l’utero per tremila dollari", quello non sarebbe il più bel giorno della sua vita.

D. – Dunque il diritto del bambino a conoscere la maternità è un diritto da tutelare nel momento in cui si affronta un tema come quello della maternità surrogata …

R. – C’è un’enorme quantità di studi sulla relazione emotiva che c’è tra il feto e la mamma durante i nove mesi di gravidanza. Non è un oggetto che hai nella pancia; è un essere umano vivente che ha delle relazioni con te. Quindi mi chiedo come si possa pensare che questo non debba essere importante.

D. – Lei ha usato toni forti: ha parlato di utero in affitto come “eugenetica” ed ha assimilato questa pratica al “nazismo”…

R. – … nazismo nel senso che l’eugenetica è la scienza genetica e i nazisti volevano che tutti i bambini fossero biondi con gli occhi chiari. C’è anche un’altra cosa particolarmente indisponente secondo me: la pratica dell’utero in affitto è una cosa che si può fare solo se si hanno i soldi. Quindi due gay operai della Fiat non possono accedervi. In ogni caso, lei capisce bene, che se due signori gay andassero in California o in Canada ad affittare un utero, non cercherebbero una signora grassa, ma troverebbero qualcosa che si addice alla loro razza. Questo si chiama “eugenetica”, una prassi molto amata dai nazisti.

D.  - … che quindi pone anche la questione di discriminazione economica tra chi si può permettere o meno di ricorrere all'utero in affitto …

R. – Mi pare evidente. Se lei sa quanto costa andare in California o in Canada per convincere una signora ad affittare l'utero, lei capisce che una persona con uno stipendio con 1300 euro al mese non può ricorrervi.

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Emergenza freddo: a Milano, il Progetto Arca per i senzatetto

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Un clochard morto a Roma per il freddo e uno a Napoli: sono solo le ultime vittime dell’ondata di gelo di questi giorni in Italia. Il Progetto Arca è da anni vicino ai senzatetto, a cui distribuisce 1.700 pasti caldi, nei centri di accoglienza e attraverso le Unità di strada a Milano. Mille posti letto nei 7 punti di accoglienza della città per le persone senza fissa dimora. E, per la prima volta, cento zuppe calde consegnate ogni sera davanti alla Stazione Centrale di Milano. Al microfono di Maria Cristina Montagnaro, Nino Volpe, presidente del Rotary Club Milano Europa, finanziatore dell’iniziativa: 

R. - È un servizio particolarmente gradito in questo periodo di freddo, ma è un progetto che dura già da tre anni. Produciamo 150 zuppe calde tutti i giorni che vengono confezionate in una walkie-cup chiusa ermeticamente. È una zuppa da 400 grammi, calda e molto nutriente. Queste zuppe vengono collocate in contenitori termici, vengono portate dall’associazione Arca che in serata si occupa di farle arrivare ai senza fissa dimora.

D. – Quante volte a settimana?

R. – Tutti i giorni da lunedì al venerdì, mentre il sabato e la domenica abbiamo attivato un’altra iniziativa parallela: raccogliamo dei sandwich vicino alla data di scadenza che normalmente vengono venduti sul Frecciarossa. Dopo di che creiamo dei sacchetti contenenti un sandwich, un’acqua minerale e un dolce che distribuiamo il sabato e la domenica al posto delle zuppe calde.

D. – Che cosa potrebbe fare il Comune per aiutare concretamente queste persone?

R. – Noi abbiamo fatto questo perché abbiamo visto il disagio di questi senza tetto. Il Comune potrebbe ovviamente fare moltissimo!

D. – C’è un’emergenza freddo in questi giorni …

R. – Noi stiamo cercando di aumentare la produzione, di arrivare a duecento zuppe al giorno cosa che dovremmo riuscire a fare a partire dai primi di febbraio.

D. – Avete avviato anche una campagna di solidarietà?

R. – Testimoniamo la solidarietà, attenzione e tra l’altro la consegna della zuppa è anche un momento di verifica da parte dei volontari Arca delle condizioni di salute ed eventualmente di emergenza di queste persone.

D. – Quali sono i disturbi più comuni che hanno queste persone?

R. – Ci sono, ad esempio, persone che hanno perso il lavoro, altre che sono uscite dalla famiglia perché si sono separate; persone che hanno qualche disturbo psichico, che hanno un disagio di tipo psicologico, che lentamente vanno alla deriva finché alla fine vivono per strada vivono di elemosina.

D. – Ma che cos’altro si può fare?

R. – Penso che la cosa ideale sarebbe quella di avere psicologi che aiutano queste perone, creare dei punti dove queste persone possono aggregarsi, farsi una doccia, trovare degli abiti puliti, dormire in condizioni umane. Il passaggio dallo psicologo è importante perché sono persone emarginate il cui reinserimento non è semplicemente un invito come a dire: “Vieni a mangiare qui e a dormire qui”, ma passa attraverso un superamento del disagio psicologico che li ha portati all’autoemarginazione.

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Nella Chiesa e nel mondo



Sako all'Europarlamento: fermate il genocidio dei cristiani

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“È tempo di assumersi la responsabilità prima che questo conflitto si estenda per altri lunghi anni; questo è il tempo giusto per unire le forze e tenersi per mano, cristiani, musulmani, di fermare i massacri e le distruzioni.  È il tempo di stabilire pace e giustizia. Così facendo saremo i promotori di un punto di svolta in questa terra, degni di raggiungere sicurezza e pace per il nostro popolo. Vi preghiamo di fare quanto è nelle vostre possibilità per fermare questo genocidio prima che sia troppo tardi”. È l’accorato appello che il Patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael I Sako lancia al presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, in una lettera a lui indirizzata nei giorni in cui a Strasburgo discute del sistematico massacro delle minoranze religiose ad opera dell’Isis. 

Patriarca Sako contro gli "attori esterni" del conflitto
Nella prossima sessione del Parlamento europeo che si svolgerà dall’1 al 4 febbraio sempre a Strasburgo - riporta l'agenzia Sir - dovrebbe essere votata anche una risoluzione sull’argomento. Nella lettera il patriarca caldeo si scaglia contro gli “attori esterni” del conflitto, rei di intervenire solo per “la loro personale ambizione nella Regione. Essi hanno usato democrazia e libertà come copertura per privarci delle nostre risorse naturali, pace e libertà creando caos e terrorismo in Iraq e nel Medio Oriente”.  

Tra gli iracheni cresce l'ossessione per la durata del conflitto
Questo ha comportato, tra le altre cose “il fallimento del sistema scolastico e il peggioramento di quello educativo; l’aumento della disoccupazione; il deterioramento della situazione economica e della sicurezza; la caduta dei servizi pubblici”. Oggi, denuncia Mar Sako, “in Iraq ci sono migliaia di morti, milioni di profughi e di sfollati interni, case e strutture distrutte, e nelle persone cresce l’ossessione per la durata del conflitto”.

Cristiani e minoranze spinti a lasciare l'Iraq
Il Patriarca non esita, poi, a puntare l’indice contro l’agonia dei cristiani e degli altri gruppi etnici causata, a sua detta, da “una ben concertata agenda da parte dell’Iraq di spingere i cristiani e le altre minoranze religiose a lasciare la propria terra”. A ciò si aggiungano le azioni del sedicente Stato Islamico (Is) contro cristiani e yazidi scacciati dalle loro case a Mosul e nella Piana di Ninive. Un comportamento contro le minoranze che può essere definito “genocidio”. 

Appello per un governo iracheno forte 
Nella lettera Mar Sako riferisce anche esempi di violazioni e di offese contro i cristiani, non ascrivibili all’Islam in generale, di gruppi fondamentalisti: “il divieto di fare auguri di Natale ai cristiani, la distruzione dell’albero di Natale in diversi centri commerciali,  il rifiuto di costruttori di edificare case e monasteri per i cristiani ritenuti infedeli, l’espropriazione da parte di alcune milizie di case e proprietà cristiane a Baghdad, l’invito alle donne cristiane di indossare il velo seguendo l’esempio della Vergine Maria”. Davanti a tutto ciò il Patriarca caldeo invoca la necessità di “avere un Governo forte, un’istruzione aperta, leader religiosi musulmani che si oppongano ai fanatici e che ci facciano sentire cittadini di questa nazione, con stessi diritti e doveri”. 

Per l'Iraq il federalismo è la soluzione più adatta
​Da Mar Sako anche l’idea che “il federalismo sia attualmente la soluzioni più accettabile capace di tenere unito l’Iraq” e la convinzione che “la cultura della tolleranza e del rispetto sia il modo migliore per smantellare il terrorismo alle radici e opporsi all’estremismo”. (R.P.)

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Terra Santa: fermati due minorenni per attacco alla Dormizione

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La “rapidità” con la quale le autorità israeliane hanno indagato sulla vicenda, arrivando al fermo di due giovani di 15 e 16 anni, è un “elemento positivo”. Tuttavia, questa vicenda è la prova che “se già minorenni nutrono questo odio, questa intolleranza verso i cristiani, essa non viene in modo spontaneo, ma è il frutto di indottrinamento e di educazione all’intolleranza”. È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme, commentano l’arresto di due ragazzi di origine ebraica tra i 15 e i 16 anni, sospettati degli atti vandalici alla basilica della Dormizione del 17 gennaio scorso. “È necessario - aggiunge il prelato - controllare come viene svolta l’educazione nelle scuole religiose, in particolare quelle ultra-ortodosse che non sono sotto il controllo del governo”. 

La polizia ha arrestato due sospetti
A due giorni dalla profanazione dei muri della basilica della Dormizione - con la comparsa di scritte ingiuriose fra cui “Cristiani infedeli” e “Cristiani all’inferno” e disegni minacciosi - la polizia ha arrestato due sospetti; ieri i due giovani sono stati interrogati e nei prossimi giorni dovranno comparire davanti al tribunale di Gerusalemme per la convalida del fermo giudiziario, in attesa del processo. 

La basilica della Dormizione è un luogo simbolo del dialogo interreligioso
L’attacco giunge a sole tre settimane di distanza dall’atto vandalico al convento salesiano di Beit Gemal. Fra le altre frasi ingiuriose ritrovate sul luogo di culto, la scritta “Morte ai cristiani pagani, morte ai nemici di Israele” e ancora, “I cristiani all’inferno”. Secondo la tradizione cristiana, la chiesa fu eretta nel luogo dove Maria ha trascorso l’ultima notte prima di “addormentarsi”. Nella cripta c’è una statua della Madonna che dorme. Nel 2014 papa Francesco ha celebrato una Messa nell’abbazia, visitata anche da Paolo VI durante il pellegrinaggio in Terra Santa nel 1964.

Una piccola minoranza ebraica predica odio
Il vicario patriarcale di Gerusalemme sottolinea come l’attacco alla basilica riveli “un odio tremendo” verso i cristiani, i quali invece muovono con decisione “verso il dialogo e l’accettazione”. Tuttavia, una parte della comunità ebraica “va in senso contrario; non si tratta di una linea voluta dal governo, quanto piuttosto di una posizione radicale che unisce una parte della comunità ebraica, una minoranza che predica odio e dice di allontanare i cristiani da Gerusalemme e dalla Terra Santa”. 

I cristiani sempre più determinati a restare in Terra Santa
Mons. Shomali parla di “minoranza” che compie gesti codardi, nel buio della notte, “non sono coraggiosi” e “non ci fanno paura, siamo sempre più determinati a restare qui, una terra in cui viviamo da duemila anni… la Terra Santa è per tutti”. “Sono sicuro - aggiunge - che il dialogo darà frutto e la prova sono le visite del Papa alla sinagoga e, a breve, alla moschea a Roma”. Questi attacchi, prosegue il prelato, indicano “non indeboliscono il dialogo ma confermano che esso va allargato a tutte le classi, alle scuole, alle università secondo un modello educativo. Un esempio: nei giorni scorsi mons. Bruno Forte (arcivescovo di Chieti-Vasto, ndr) ha tenuto una lezione sul cristianesimo alla facoltà ebraica, rispondendo alle domande degli studenti. Un altro sforzo nel solco dell’educazione al dialogo”. 

A Betlemme corsi di dialogo interreligioso
La riforma deve avvenire nei manuali e nei testi scolastici, afferma mons. Shomali, nelle scuole del governo dove studia la maggioranza dei giovani “bisogna presentare le diverse religioni con semplicità, con un rappresentante per ciascuna fede che ne racconti la storia partendo dai testi. Così ci sarà un vero confronto, un dialogo”. Il vicario di Gerusalemme cita un esempio al riguardo: “All’università cattolica di Betlemme c’è un corso di 30 incontri dedicato al dialogo interreligioso. Un cristiano presenta il cristianesimo, un musulmano l’islam. Gli studenti sono cristiani e musulmani - conclude il prelato - e fanno molte domande. I professori affermano che questi corsi sono una meraviglia”. 

Atti vandalici in altri siti cristiani
Ad opera di estremisti ebrei o coloni, nel recente passato sono stati colpiti diversi obiettivi a sfondo religioso, fra cui la chiesa vicino al Cenacolo, la basilica di Nazareth, altri luoghi di culto cattolici e greco-ortodossi a Nazareth e altri luoghi. L’ultimo in ordine di tempo è l’incendio alla chiesa della moltiplicazione dei pani e dei pesci a Tabgha. Nel mirino vi sono anche moschee e luoghi di culto musulmani - secondo la logica del cosiddetto “price tag”. Il “prezzo da pagare” è un motto utilizzato dagli estremisti israeliani, che minacciano cristiani e musulmani per aver “sottratto loro la terra”. Un tempo il fenomeno era diffuso solo nelle aree al confine con la Cisgiordania e a Gerusalemme, ma oggi si è esteso in gran parte del territorio. (R.P.)

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Chiesa Pakistan: governo protegga gli istituti educativi

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Ferma condanna dell’attentato alla Bacha Khan University di Charsadda, che ha fatto 21 morti e 60 feriti, rivendicato dall’organizzazione dei talebani “Tehrik-i-Taliban Pakistan”: è quanto esprime la Commissione nazionale di “Giustizia e Pace”, in seno alla Conferenza episcopale del Pakistan.

Pakistan al 2° posto nel mondo per dispersione scolastica
Una nota ripresa dall'agenzia Fides, firmata da padre Emmanuel Yousaf Mani, presidente della Commissione, e Cecil Chaudhry, direttore esecutivo, osserva: “Il Pakistan è al secondo posto nel mondo tra i Paesi con la più alta dispersione scolastica, mentre solo il 5% degli studenti raggiunge l'istruzione superiore in Pakistan. E' essenziale che il governo adotti le misure necessarie per garantire la sicurezza di tutte le istituzioni educative al fine di proteggere quanti lavorano per formare un Pakistan migliore”.

L'attacco terroristico ha provocato shock e lutto in tutto il Paese
​La Commissione esprime la vicinanza della Chiesa cattolica alla popolazione di Charsadda nel momento del dolore e chiede di portare i colpevoli davanti alla giustizia. “Questo tragico evento ha provocato shock e lutto in tutto il Paese. Preghiamo per le vittime innocenti di questo attacco orribile e per le loro famiglie. Dio conceda loro la forza per far fronte a questa perdita irreparabile” conclude il messaggio. (P.A.)

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Usa: messaggio dei vescovi per la Marcia per la vita

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Un “rinnovato impegno” per la difesa di una visione della vita e dell’amore che “non esclude nessuno”. E’ quanto chiede  il card. Timothy Dolan, presidente della Commissione per le attività pro-life della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, nel messaggio per il 43.mo anniversario della “Roe contro Wade”, la sentenza con cui, nel 1973, la Corte Suprema ha legalizzato l’aborto nel Paese. Il messaggio è stato pubblicato a qualche giorno dall’annuale Veglia e Marcia per la Vita, in programma a Washington oggi e domani per ricordare quella storica decisione.

Molti americani disposti ad ascoltare le ragioni dei movimenti pro-vita
“La maggior parte degli americani si oppone a politiche che permettono l’aborto legale per qualsiasi ragione, eppure molti non si rendono ancora conto che questo è quello che ci ha dato la Corte Suprema”, scrive il card. Dolan. “Molti vogliono proteggere la vita dei bambini non nati nelle fasi più avanzate della gravidanza, regolare o limitare la pratica dell’aborto e fermare l’uso dei soldi dei contribuenti per la distruzione  della vita di un bambino non nato. Eppure, molti di quelli che sostengono importanti obiettivi del movimento pro-vita, non si considerano pro-life.  Questo – afferma - dovrebbe indurci a riflettere su come presentiamo la nostra visione pro-vita agli altri”.

La politica sull’aborto condizionata da potenti lobby abortiste
“Nonostante gli americani siano turbati dall’aborto - osserva ancora l’arcivescovo di New York - una potente lobby ben finanziata sostiene che esso sia un bene per le donne e la società e che coloro che, in coscienza, non possono praticarlo siano da condannare per avere dichiarato guerra alle donne. Il card. Dolan cita in proposito l’opposizione dei leader democratici alla Abortion Non-Discrimination Act, Anda in sigla),  la legge presentata al Congresso che mira a tutelare meglio l’obiezione di coscienza in materia di aborto.

Diventare “migliori messaggeri” della cultura della vita
Questi fatti turbano, ma – afferma il card. Dolan -  sono anche “un’opportunità” per i movimenti pro-vita e uno stimolo a fare valere meglio le proprie ragioni presso quella “grande maggioranza di americani che è disposta ad ascoltare il loro messaggio sul rispetto che si deve verso ogni essere umano”. Di qui, in conclusione, l’invito ai cattolici e “a chiunque abbia a cuore la tragedia dell’aborto”  a diventare “migliori messaggeri” della cultura della vita.

Il tema della 43.ma edizione della Marcia per la vita
Come ogni anno,  la Marcia del 22 gennaio sarà preceduta da una Veglia notturna di preghiera per la vita nella basilica del santuario nazionale dell’Immacolata Concezione aperta da una Messa presieduta dallo stesso Dolan e alla quale sono attese 20mila persone. Il tema di questa 43.ma edizione sarà “Pro-vita è pro-donna”, a sottolineare che l’aborto non è solo l’uccisione di una vita nascente, ma anche una ferita indelebile per la donna che lo pratica e che la lotta contro l’aborto non è rivolta alle donne.  (A cura di Lisa Zengarini)

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Arcivescovo di Los Angeles: non dimenticare gli immigrati

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“Le persone non cessano di essere nostri fratelli e sorelle perché sono immigrati irregolari”: è quanto scrive, in una nota, mons. José Gomez, arcivescovo di Los Angeles, negli Stati Uniti. La sua dichiarazione arriva dopo che, due giorni fa, la Corte Suprema del Paese ha deciso di esaminare la decisione di un tribunale del Texas che ha bloccato una parte del piano sull’immigrazione, voluto dal Capo dello Stato, Barack Obama. In particolare, il blocco riguarda la sezione che prevede di non applicare il rimpatrio forzato a più di cinque milioni di immigrati irregolari.

Milioni di persone vivono nell’ombra: situazione ingiusta ed intollerabile
Un anno fa, infatti, il Presidente aveva annunciato un programma che permetteva a oltre 5 milioni di residenti senza documenti americani o senza visto di fare richiesta di regolarizzazione ed avere, così, un permesso di lavoro. Secondo i giudici federali texani, agendo così Obama avrebbe abusato dei suoi poteri. Il caso, dunque, è ora in mano alla Corte Suprema e l’arcivescovo di Los Angeles si dice “lieto” di questa decisione. “Non mi esprimo sulla questione costituzionale – afferma – ma parlo in quanto pastore, perché conosco la situazione ingiusta ed intollerabile di milioni di persone costrette a vivere nell’ombra”.

Mettere in atto strumenti di misericordia
“In tutto il Paese – scrive mons. Gomez – oltre due milioni di persone senza documenti sono state deportate solo negli ultimi otto anni, inclusi migliaia di uomini e donne costretti a lasciare i propri coniugi ed i propri figli”. Non solo: sempre più numerosi sono “coloro che vivono costantemente nella paura di essere rimpatriati forzatamente, all’improvviso, senza rivedere mai più le loro famiglie”. Di qui, l’auspicio del presule affinché si mettano in atto “strumenti di misericordia” nei confronti dei migranti, perché “non importa come essi sono arrivati negli Usa: non si può comunque dimenticare la loro umanità, senza perdere anche la nostra”.

Restituire umanità alla politica sull’immigrazione
“Finché i legislatori di Washington non troveranno l’umiltà ed il coraggio di mettere da parte le differenze e cercare una soluzione comune – conclude l’arcivescovo di Los Angeles – la Corte Suprema rimarrà la nostra ultima speranza per restituire umanità alla politica nazionale sull’immigrazione”. (I.P.)

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Chiese europee: guida sull’accoglienza dei rifugiati

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Una sorta di vademecum sulle sfide che le Chiese in Europa si trovano ad affrontare di fronte ai flussi migratori.  E’ il nuovo rapporto aggiornato “Mapping Migration - Mapping Churches’ response in Europe”,  pubblicato dalla Conferenza delle Chiese Europee (Cec), dalla Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme), e dal Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc).  

Un’interpretazione teologica e un’analisi sociologica del fenomeno migratorio
Lo studio, uscito in vista della Conferenza di alto livello sull’emergenza rifugiati organizzata il 18 e 19 gennaio a Ginevra dallo stesso Wcc e dalle Nazioni Unite, combina l’interpretazione teologica, l’analisi sociologica del fonomeno migratorio e i racconti degli stessi migranti. In particolare, esso punta l’attenzione su molteplici temi come l’integrazione, l’appartenenza etnica, i luoghi di origine degli immigrati e si articola sia sulle loro esperienze, sia sul modo in cui essi formano e costruiscono comunità ecclesiali in Europa.

Un aiuto al prezioso lavoro svolto dalle Chiese nell’attuale crisi migratoria
L’obiettivo, spiega il segretario generale del Ccme, Doris Peschke — è di contribuire a “una migliore comprensione della migrazione e della diversità nelle società e nelle Chiese in Europa”. La pubblicazione, ha sottolineato da parte sua il Segretario generale del Wcc, il rev Olav Fykse Tveit, “aiuterà il prezioso lavoro svolto dalle Chiese nell’attuale crisi dei rifugiati”. Come è noto, più di un milione e ottocentomila persone sono entrate nel territorio dell’Unione Europea tra gennaio e ottobre 2015 e oltre la metà di queste ha fatto richiesta di asilo politico. (L.Z.)

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Vescovi Ibadan: la Nigeria ha bisogno della misericordia

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Un invito a cercare la misericordia di Dio con la penitenza, il Sacramento della Riconciliazione e la pratica di opere di misericordia corporale e spirituale, a cominciare dal perdono reciproco. A rivolgerlo ai fedeli nigeriani sono i vescovi della Provincia ecclesiastica dell’Ibadan, in un comunicato diffuso al termine della loro prima riunione plenaria dell’anno, svoltasi il 18 e 19 gennaio a Oke-Ado.

L’Abc del Giubileo
“Tutti dovremmo essere impegnati a conoscere quello che è l’Abc di questo Giubileo: chiedere la misericordia di Dio, essere misericordiosi e comunicare la Sua misericordia”, scrivono i presuli, sottolineando che “l’ingiustizia, la violenza e lo spargimento di sangue che affliggono oggi la società nigeriana sono una chiara indicazione che tutti hanno bisogno di questa misericordia”.

Mantenere alta la vigilanza nella lotta a Boko Haram
Il documento, intitolato “Rammentate le promesse al Signore” (Is. 62), evidenzia le preoccupazioni dei vescovi della Provincia per le attuali emergenze che minacciano la pace e l’unità del Paese: dai terroristi  di Boko Aram,  alla corruzione diffusa, alla crisi economica. Sul primo punto, essi elogiano i recenti successi militari che hanno permesso di ridurre gli spietati attacchi dei guerriglieri islamisti e il rientro di una parte degli sfollati ed esortano il Governo a mantenere alta la vigilanza nelle aree più minacciate per evitare il ritorno dei giorni peggiori dell’insurrezione.

Elogio della lotta alla corruzione e preoccupazione per la crisi economica
Anche sul fronte della corruzione il comunicato elogia le misure adottate dal Governo del nuovo Presidente Muhammadu Buhari per contrastare il fenomeno, invitando però a non cedere alla tentazione del giustizialismo. “Tutti i diritti delle persone accusate di corruzione - si legge - devono essere rispettati”. Quanto all’attuale congiuntura negativa dell’economia nigeriana - conseguenza del drastico calo del prezzo del petrolio di quest’ultimo anno - i presuli si dicono preoccupati delle sue ripercussioni sociali ed esortano quindi i leader politici a politiche salariali a tenere conto degli effetti della crisi.

All’attenzione dei vescovi la promozione della vita e della famiglia
Altri temi importanti affrontati durante la riunione sono stati la famiglia, l’educazione e il dialogo interreligioso. I vescovi hanno deciso di preparare uno speciale programma di catechesi per una comprensione approfondita degli insegnamenti della Chiesa relativi alla famiglia, al matrimonio e alla vita umana.  Il comunicato finale esorta il clero, i religiosi e i fedeli a sostenere attivamente il programma che, affermano, “vuole animare e arricchire la nostra fede e le nostre famiglie”.

Soddisfazione per i buoni rapporti interreligiosi nell’Ibadan
I vescovi esprimono poi preoccupazione per la situazione critica della scuola nella Provincia, ribadendo la determinazione della Chiesa a continuare il suo impegno per un’educazione integrale aperta a tutti, nonostante le scarse risorse disponibili. Infine, i vescovi esprimono soddisfazione per i buoni rapporti interreligiosi nell’Ibadan, incoraggiando tutti gli sforzi in questo senso. “Questo impegno e il prudente sostegno dei nostri leader religiosi, politici e di tutte le persone di buona volontà – affermano  - consoliderà un lungo periodo di pacifica convivenza nel nostro Paese”. (L.Z.)

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Vescovi Algeria: Lettera per centenario morte Charles de Foucauld

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Figura esemplare per il mondo e per la testimonianza del Vangelo che continua ad ispirare la Chiesa d’Algeria: così definiscono Charles de Foucauld, in una lettera sul centenario della sua morte, i vescovi delle diocesi algerine, mons. Paul Desfarges, (vescovo di Costantina ed amministratore di Algeri), mons. Jean Paul Vesco, (Orano), e mons. Claude Rault, (Laghouat-Ghardaia). Per ricordare fratello Charles di Gesù, i presuli hanno voluto dedicargli un intero anno, congiuntamente al Giubileo della Misericordia. Le celebrazioni si sono aperte il 4 dicembre scorso e culmineranno l’1 dicembre di quest’anno.

Imitando Gesù si è dedicato all’“apostolato della bontà” per essere “fratello universale”
“Si è fatto l’uomo di tutti” scrivono i vescovi nella lettera ricordando il percorso che ha portato Charles de Foucauld in Algeria a dedicarsi all’“apostolato della bontà”, al di là di qualunque proselitismo. “Ha condotto un’esistenza segnata dall’imitazione di Gesù di Nazareth, dalla preghiera e dalla preoccupazione per i poveri – proseguono i presuli –. Il suo desiderio era essere il ‘fratello universale’, ad esempio di Gesù, aperto all’accoglienza di tutti, quali che fossero le condizioni sociali, religiose o etniche”.

I poveri ci evangelizzano aiutandoci a crescere in umanità
Proclamato beato il 13 novembre 2005, Charles de Foucauld è stato citato da Papa Francesco durante la veglia di preghiera per il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia come colui che “comprese che non si cresce nell’amore di Dio evitando la servitù delle relazioni umane. Perché è amando gli altri che si impara ad amare Dio; è curvandosi sul prossimo che ci si eleva a Dio. Attraverso la prossimità fraterna e solidale ai più poveri e i più abbandonati, comprese che, alla fine, sono loro che ci evangelizzano, aiutandoci a crescere in umanità”.

Le iniziative in Algeria per ricordarlo anche come testimone della misericordia di Dio
Durante l’anno, nelle quattro diocesi algerine, diverse iniziative celebreranno la memoria di Charles de Foucauld e cercheranno di far conoscere meglio la sua vita e la sua testimonianza. Una mostra resterà aperta tutto l’anno nella chiesa di El Meniaa, vicino al cimitero in cui fratello Charles è stato sepolto, una esposizione itinerante invece toccherà diverse località.

Ha risposto alle sfide del suo tempo
“Ha superato le barriere dell’appartenenza religiosa, si è fatto l’uomo di tutti – concludono i vescovi nella loro lettera –. Ha anche dedicato una cura particolare allo studio della lingua per entrare meglio in relazione con le persone intorno a lui. Ha cercato in tutti i modi di rispondere a tutte le sfide del suo tempo. Lo seguiremo su questo arduo cammino di imitazione di Gesù, come uno dei testimoni per eccellenza della misericordia di Dio al di là di ogni frontiera”. (A cura di Tiziana Campisi)

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Vescovi europei: valutare reale utilità biologia sintetica

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“Valutare attentamente la reale utilità delle tecniche di biologia sintetica, così come i loro rischi potenziali”: questo il parere espresso dal Gruppo di lavoro sull’etica nella ricerca e nella medicina del Segretariato della Comece, la Commissione degli episcopati della comunità europea. “Questa tecnologia – spiega la Comece in una nota, ripresa dall’agenzia Sir – potrebbe avere in futuro molteplici applicazioni industriali nei settori della salute, dell’energia, dei materiali, dell’ambiente e dell’agricoltura”.

Rimangono aperte questioni etiche
Ecco perché essa “suscita grandi aspettative, tanto che alcuni scienziati vi intravvedono addirittura la rivoluzione industriale di questo secolo”. In quest’ottica, i vescovi europei ipotizzano che “probabilmente, la biologia sintetica si tradurrà nell’acquisizione di una grande potenza di trasformazione della vita che solleva questioni etiche di fondo”, mentre “permangono molte altre incognite”. Da qui l’invito degli esperti della Comece alla prudenza.

Non mettere in pericolo la salute umana e l’ambiente
Il parere della Comece, presentato in un lungo documento, esamina in particolare “le implicazioni etiche di questa tecnica di ‘creazione del vivente’, i benefici e i rischi esistenti, la questione della responsabilità così come la necessità di un dialogo tra la comunità scientifica e la società nel suo insieme”. “Possa l'umanità raggiungere la saggezza nel suo uso di tali tecnologie” si legge nel testo, così da “non mettere in pericolo la salute umana e l'ambiente, prevenire abusi e mantenere l'interesse alla cooperazione leale tra i Paesi più sviluppati e quelli meno sviluppati”.

Dialogo tra scienza, Stato e popolazione
Di qui, la raccomandazione dei vescovi europei agli scienziati, affinché sviluppino “una riflessione etica che potrebbe concludersi con la necessità di auto-limitarsi”. Allo stesso tempo, si auspica l’avvio di un vero dialogo tra gli scienziati, le autorità pubbliche e la società”, affinché ci siano regole adeguate e la popolazione, debitamente informata, possa partecipare al dibattito.

Intelligenza umana sia orientata sempre al bene comune
​“Non si tratta di ‘giocare a fare Dio’ – conclude la Comece – quando si cerca di produrre nuovi componenti e sistemi biologici, purché essi rispettino la Creazione, affidata all’intelligenza ed alla responsabilità morale degli uomini, sempre orientata al bene comune dell’umanità”. Ideata agli inizi del 2000 negli Stati Uniti, la biologia sintetica, o “di sintesi”, è una disciplina a metà strada tra l’ingegneria e la biologia molecolare che mira a ridisegnare i circuiti metabolici e genetici degli organismi viventi, per creare un organismo sintetico di importanza pratica. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 21

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.