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Sommario del 02/01/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a S. Maria Maggiore: perdono della Chiesa sia come quello di Dio

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"Chi non sa perdonare non ha ancora conosciuto la pienezza dell’amore”: così Papa Francesco durante la Messa presieduta ieri pomeriggio a Santa Maria Maggiore in occasione dell'apertura della Porta Santa nella quarta Basilica papale di Roma. Nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, il Papa ha invitato tutti a riferirsi a Maria come Madre della Misericordia e a “immergersi nell’amore di Dio con piena fiducia e senza alcun timore”. Al termine della Messa, la preghiera di Papa Francesco davanti all'immagine di Maria Salus Populi Romani, conservata in una cappella della Basilica e poi all'uscita parole di saluto ai fedeli presenti. Il servizio di Fausta Speranza: 

Maria “icona di come la Chiesa deve estendere il perdono a quanti lo invocano”. Papa Francesco è chiaro: ricorda, con le espressioni di un antico inno, che la Madre di Dio è Madre di Misericordia e di perdono. “Chi non sa perdonare non ha ancora conosciuto la pienezza dell’amore”, dice, suggerendo che non può essere la legge o la sapienza a fermare il perdono:

"Il perdono offerto sul Golgota non conosce limiti. Non può fermarlo la legge con i suoi cavilli, né la sapienza di questo mondo con le sue distinzioni. Il perdono della Chiesa deve avere la stessa estensione di quello di Gesù sulla Croce e di Maria ai suoi piedi. Non c’è alternativa”.

Da Santa Maria Maggiore, il Papa lancia un messaggio forte: “La Porta Santa che abbiamo aperto – dice - è di fatto una Porta della Misericordia”. E dunque l’invito a tutti:

“Chiunque varca quella soglia è chiamato a immergersi nell’amore misericordioso del Padre, con piena fiducia e senza alcun timore; e può ripartire da questa Basilica con la certezza ... con la certezza che avrà accanto a sé la compagnia di Maria”.

Il Papa sottolinea “la fede di generazioni di persone che, - dice - tenendo fissi i loro occhi sull’icona della Vergine, chiedono a lei l’intercessione e la consolazione”. Maria - spiega - è Madre della misericordia, perché ha generato nel suo grembo il Volto stesso della divina misericordia, Gesù. E Maria, “insieme a noi, si fa pellegrina per non lasciarci mai soli nel cammino della nostra vita, soprattutto nei momenti di incertezza e di dolore”.

Ancora Papa Francesco spiega che “ai piedi della Croce, Maria vede il suo Figlio che offre tutto Se stesso e così testimonia che cosa significa amare come ama Dio. In quel momento sente pronunciare da Gesù parole che probabilmente nascono da quello che lei stessa gli aveva insegnato fin da bambino: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). In quel momento, Maria è diventata per tutti noi Madre del perdono". Lei stessa - sottolinea - sull’esempio di Gesù e con la sua grazia, è stata capace di perdonare quanti stavano uccidendo il suo Figlio innocente.

“E’ per questo - dice Francesco al mondo - che lo Spirito Santo ha reso gli Apostoli strumenti efficaci di perdono, perché quanto è stato ottenuto dalla morte di Gesù possa raggiungere ogni uomo in ogni luogo e in ogni tempo”.   

E ancora parole sul perdono, per sottolinearne la forza:

“La forza del perdono è il vero antidoto alla tristezza provocata dal rancore e dalla vendetta. Il perdono apre alla gioia e alla serenità perché libera l’anima dai pensieri di morte, mentre il rancore e la vendetta sobillano la mente e lacerano il cuore togliendogli il riposo e la pace”.

E a braccio il Papa aggiunge: "Cose brutte sono il rancore e la vendetta". 

Ricordando l’inno mariano, il Papa si rivolge a Maria anche come “Madre della speranza e Madre della grazia, Madre piena di santa letizia”, poi chiede di acclamarla "con amore di figli  con le stesse parole del popolo di Efeso, al tempo dello storico Concilio: "Santa Madre di Dio!". E all'assemblea chiede di "fare questa acclamazione tre volte, forte, con tutto il cuore e l’amore, tutti insieme: "Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio!”:

“Attraversiamo, dunque, la Porta Santa della Misericordia con la certezza della compagnia della Vergine Madre, la Santa Madre di Dio, che intercede per noi. Lasciamoci accompagnare da lei per riscoprire la bellezza dell’incontro con il suo Figlio Gesù. Spalanchiamo il nostro cuore alla gioia del perdono, consapevoli della fiduciosa speranza che ci viene restituita, per fare della nostra esistenza quotidiana un umile strumento dell’amore di Dio”.

Infine, Papa Francesco afferma che “speranza, grazia e santa letizia sono sorelle”. E invita a capire che “il regalo che Maria ci dona dandoci Gesù Cristo è quello del perdono che rinnova la vita, che le consente di compiere di nuovo la volontà di Dio, e che la riempie di vera felicità”.

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Card. Abril: Porta Santa di S. Maria Maggiore si schiude da sinistra

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Ha assunto un’impronta profondamente mariana il Giubileo della Misericordia, con la solenne apertura della Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore, avvenuta ieri pomeriggio. A presiederla Papa Francesco, che ha ribadito come il cammino dell’Anno Santo non possa essere concepito senza la certezza di viverlo avendo “accanto la compagnia” della Vergine. Alessandro De Carolis ha chiesto un commento all’arciprete della Basilica mariana, il cardinale Santos Abril y Castelló

R. – Credo vi sia un significato particolare anche per la data scelta. Per iniziare l’Anno della Misericordia, era stata fissata l’apertura della Porta Santa a San Pietro il giorno 8 dicembre, nella festa dell’Immacolata, e poi non c’era nessun’altra festa in onore della Madonna fino alla data di ieri, la Maternità divina di Maria. Ed è per questo che è stata scelta questa data. Inoltre, molti non sanno che persino la maniera di aprire la Porta Santa ha un significato del tutto particolare. Fino a non molto tempo fa, io non sapevo che per poter aprire la Porta Santa di Santa Maria Maggiore non si potevano spingere i due battenti allo stesso tempo, perché ciò avrebbe potuto creare anche dei problemi per l’apertura stessa. Sul battente di sinistra della Porta c’è l’immagine della Madonna ed è questa parte che deve essere spinta prima, deve essere aperta, affinché poi non ci siano problemi per l’apertura. È stata concepita proprio con questa intenzione e ciò vuole significare che è Maria, è la Madre, la Madonna che ci apre la strada verso Gesù e ci apre anche questo cammino di Misericordia. Ed è per questo che il Santo Padre ha spinto prima il battente di sinistra. Gliel’ho spiegato, gli ho detto: “Santo Padre, spinga prima la parte sinistra proprio perché ha questo significato particolare”. E lui mi ha detto: “È molto bello”.

D. – La forte simbologia spirituale della Porta Santa di Santa Maria Maggiore mi fa pensare al messaggio che ieri il Papa ha dato, un messaggio tutto volto al perdono, in particolare quando lui ha detto che Maria, ai piedi della Croce, è stata la prima a perdonare…

R. – Sì, è stato un messaggio bellissimo. Il Santo Padre ha voluto insistere su questo: che anche la Madonna, come Gesù stesso, ha saputo perdonare dalla Croce. Ha richiamato il posto di Maria, la Madre della Misericordia, che deve spingere anche noi a saper mostrare questo nella nostra vita e saper farlo presente nella vita di tutti gli altri, in maniera tale che questo ci spinga al perdono. In questo momento, nel mondo, ci sono tante guerre contro le quali il Santo Padre sta lottando, e direi anche in maniera efficace, come la notizia bella che ci è arrivata dalla Repubblica Centroafricana. Dopo che il Santo Padre ha chiesto di cessare le ostilità, di cercare di rispettarsi gli uni gli altri, il nunzio ci diceva che questa tregua che è stata decretata sta ancora reggendo. Credo che questa sia una cosa molto, molto bella: una cosa che ci spinge a cercare di trovare nelle radici della nostra fede la forza sufficiente per comportarsi con un po’ più di misericordia, rispetto e amore verso gli altri.

D. – Il Giubileo “mariano” – potremmo anche dirlo con questo accento che lei ha spiegato – il Giubileo mariano della Misericordia, in particolare a Santa Maria Maggiore, quali momenti forti vivrà nei prossimi mesi?

R. – Nelle festività tutte mariane, vogliamo che proprio questo accento mariano si possa notare: specialmente qui, che queste siano delle giornate particolari. Abbiamo già una fitta lista di gruppi che hanno già prenotato per poter venire. Vogliamo aiutarli sempre, sempre, cercando di potenziare questa vitalità della vita cristiana che deve avere anche un accento mariano, perché la maniera migliore per poter trovare la Madre contenta è quando vede che i figli cercano di aiutarsi, di capirsi, di perdonarsi anche in tante occasioni… Insomma, di sentirsi incoraggiati per creare una Chiesa migliore e anche contribuire in questa maniera a creare un mondo migliore.

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Giubileo. I pellegrini: siamo qui per chiedere e dare perdono

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Ricevere il perdono dei propri peccati Dio, ma imparare anche a perdonare i torti subiti. Sono questi i sentimenti più comuni dei numerosi pellegrini giunti in questi giorni di festa a Roma, per vivere il Giubileo della Misericordia aperto da papa Francesco lo scorso 8 dicembre. Il servizio di Marina Tomarro

Arrivano da ogni parte del mondo mettendosi in fila e aspettando pazientemente il proprio turno. Ogni giorno, sono tanti i pellegrini che giungono a Piazza San Pietro per poter entrare nella Basilica attraverso la Porta Santa e vivere così il loro Giubileo della Misericordia. E grandi le emozioni e le attese. Ascoltiamo i loro commenti

D. – Signora, da dove viene?

R. – Da Asti...

D. – Cosa vuol dire per lei attraversare la Porta Santa?

R. – Passare la Porta Santa è un momento veramente importante per capire il bisogno delle persone di oggi. Devono imparare cosa vuol dire saper perdonare e voler bene e aiutare chi ha più bisogno: questo è importante, oggi.

D. – Da dove venite?

R. – Dal Venezuela...

D. – Perché avete fatto questo lungo viaggio?

R. – Soprattutto per sperimentare la misericordia di Dio. Adesso varcherò la Porta Santa: questo mi aiuterà a ricordare le mie mancanze, i miei peccati, avere questa esperienza di Dio che mi accoglie nel varcare questa Porta.

R. – Veniamo a chiedere per tutti, per tutto quello che sta succedendo nel mondo... A chiedere non soltanto per noi, ma per tutta l’umanità, per tutte le cose brutte che stanno succedendo, per tutti gli attentati che stanno facendo del male a tutti. Vogliamo la pace, la serenità e l’amore per andare avanti. Anche per i nostri figli.

D. – Con quali sentimenti ci si prepara a passare la Porta Santa?

R. – Sicuramente con quelli della fede, e poi con quelli della misericordia, come dice il nostro Papa.

D. – Da dove viene, signora?

R. – Da Ischia...

D. – Ha appena passato la Porta Santa: cosa le lascia?

R. – Cercare di perdonare, di passare oltre. Non è facile.

D. – La misericordia di Dio, per lei che cosa vuol dire?

R. – Misericordia è aiutare il prossimo.

R. – La misericordia è quotidiana. La misericordia dev’essere una cosa vissuta giorno per giorno, altrimenti ha poca importanza viverla una volta, per il Giubileo o per un’occasione particolare.

R. – L’amore infinito di Dio che mi vuole bene e mi vuole portare in Cielo con lui.

D. – Giuseppe, cosa racconterai ai tuoi amici quando tornerai in Puglia?

R. – Che sono andato in Piazza San Pietro e alla Basilica e alla Porta Santa.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Per uscire dalla falsa neutralità: nella Messa per la giornata mondiale della pace Francesco chiede solidarietà e condivisione.

In prima pagina un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo "A Maria tutto il suo posto".

Entrata in vigore dell'accordo tra Santa Sede e Stato di Palestina.

Terrore a Tel Aviv.

Grandi sfide: il discorso di fine anno del presidente Mattarella.

Fuori controllo: capodanno in televisione.

Non è amore quello che non arde: Rita Mboshu Kongo sul cammino cristiano di Rosella Staltari.

La collaborazione tra uomo e donna è il tema del numero di gennaio di "donne chiesa mondo".

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Oggi in Primo Piano



Sparatoria a Tel Aviv, due morti: ricercato arabo-israeliano

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In Israele il 2016 si è aperto nel segno di nuove violenze. Un arabo israeliano ha sparato in un locale di Tel Aviv, uccidendo due persone. Sette i feriti. Poche ore dopo almeno 4 razzi sono stati lanciati dalla striscia di Gaza verso lo Stato ebraico: immediata la reazione dei caccia israeliani che hanno colpito obiettivi di Hamas. Episodi che non hanno causato vittime. Il servizio di Marco Guerra

In Israele è caccia all’uomo che ieri ha aperto il fuoco in un bar di Tel Aviv. Si tratta di un arabo-israeliano, di cui non è stato ancora reso noto il nome, originario del nord di Israele e rilasciato di recente dopo una condanna per aver tentato di sottrarre un'arma a un militare. L’uomo è stato riconosciuto dal padre dalle immagini in tv. Per il suo avvocato, un parente, il giovane è "mentalmente instabile" e non ha legami con gruppi radicali. Per le autorità era invece noto come un estremista. Così farebbe pensare anche la copia del Corano trovata nello zainetto indossato durante l’attacco. Tensione che torna alta anche con la Striscia di Gaza, dalla quale ieri sera sono partiti due razzi verso il territorio Israeliano. In risposta, caccia dello Stato ebraico hanno colpito due strutture per l'addestramento di Hamas. Tuttavia, secondo alcuni analisti, i lanci più recenti sarebbero opera di militanti sunniti vicini all'Is. Su queste nuove violenze sentiamo il commento di Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente (Cipmo):

R. – In questo momento esiterei a parlare di Intifada; si tratta in genere di attacchi di lupi solitari che esprimono il loro disagi con questi attacchi contro civili israeliani. L’elemento è che le forme di repressione, anche più articolate, messe in campo, non sono in grado, come gli stessi apparati di sicurezza dicono, di controllare gli attacchi di lupi solitari che non fanno capo ad organizzazioni stabili tipo Hamas o jihad islamica. Quindi di fronte a questi attacchi di lupi solitari, l’unica cosa è aumentare il controllo e sperare che non avvengano, senza averne nessuna certezza. L’altro elemento è che si tratta di un arabo israeliano, non è il primo, ma questo marca una situazione di scontento anche tra i palestinesi israeliani che esprimono questo disagio e una rottura tra la vecchia e la nuova generazione. Non è un caso che sia stato il padre a  denunciare il figlio che aveva compiuto l’attentato.

D. – Queste nuove tensioni quali ripercussioni possono avere sull’auspicata ripresa dei colloqui di pace? Questi colloqui sembrano veramente fermi, in una fase di stallo…

R. – Non c’è nessuna ripresa dei colloqui di pace in vista. Il processo di pace è totalmente congelato e da una parte e dall’altra l’unica cosa che continua in questa fase è la cooperazione di sicurezza, dei servizi di sicurezza israeliani e quelli palestinesi, che continua a tutto livello. Anche perché questa cooperazione non serve solamente agli israeliani per evitare gli attentati ma serve anche all’autorità palestinese per evitare che Hamas, che secondo i sondaggi ha la maggioranza dei consensi, prenda il controllo anche in Cisgiordania.

D.  – Quindi a livello anche della diplomazia internazionale, con il tentativo diplomatico a guida americana non ci sono novità…

R.  – Il tentativo a guida americana non c’è più. C’è il tentativo di calmare un po’ la tensione con misure di rassicurazione verso i palestinesi come il permesso di costruire nelle città palestinesi, cosa che peraltro Netanyahu dopo un’iniziale apertura durante il suo viaggio negli Stati Uniti per il suo incontro con Obama, ha chiuso per le proteste della sua destra interna. Quindi in questo momento ci sono, al limite, tentativi sia da parte europea e Stati Uniti di calmare la situazione. In questo senso l’incontro di Kerry con il Re di Giordania e l’accordo fra i giordani e gli israeliani sulla gestione delle moschee ha certamente contribuito a svelenire la componente religiosa della tensione ma non c’è e non è in vista un nuovo processo di pace.

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Riad, 47 esecuzioni tra loro imam sciita. L'Iran: la pagherà

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Oltre 40 le esecuzioni in Arabia Saudita, dove a essere stati decapitati sono stati presunti terroristi ma anche oppositori di Riad. Tra loro un importante sceicco, la cui uccisione ha provocato la dura reazione di Teheran. Il servizio di Francesca Sabatinelli

L’Arabia Saudita sin da queste prime ore del 2016 vuole confermare le statistiche che la pongono tra i Paesi con il più alto numero di esecuzioni. Quarantasette le persone messe a morte. Tra loro, secondo il Ministero dell’interno saudita, alcune sarebbero state legate ad Al Qaeda e coinvolte in una serie di attentati, avvenuti tra il 2003 e il 2006. Altre invece sono state uccise per la loro opposizione al conservatore e sunnita regime di Riad. Le conseguenze più gravi, senz’altro, le avrà la decapitazione dello sceicco Nimr al-Nimr, religioso sciita molto influente, condannato per sedizione, per aver guidato un forte movimento di protesta popolare nella parte orientale del Paese e per aver incitato i suoi alla rivolta per chiedere più diritti e maggiore indipendenza, ma senza mai istigare alla violenza. Immediata la reazione dell’islam sciita, dai ribelli Houthi dello Yemen, al Bahrein, ma la minaccia più pesante arriva dall’Iran, che ha avvertito che l’Arabia Saudita "pagherà a caro prezzo" l’esecuzione dell’imam. Paolo Branca, docente di Storia dei Paesi arabi all'Università cattolica di Milano:

R. – Noi siamo abituati a pensare al mondo musulmano come a un tutto omogeneo, il che è assolutamente falso. Ci sono delle differenze e non soltanto per l’appartenenza religiosa, ci sono anche delle antichissime dinamiche legate alla geopolitica. L’Iran, quello che era una volta la Persia, è sempre stato un Paese concorrente sia delle potenze dell’Egeo, dai greci fino agli ottomani, sia anche dei Paesi del golfo arabo e questo per ragioni strategiche, ovviamente, e per interessi molto concreti. Che poi la religione venga in qualche modo utilizzata e strumentalizzata per giustificare ben altri interessi o per coprirli e mascherarli non è una novità.

D. – Però adesso, secondo lei, ci potrà essere qualche sorpresa nella reazione dell’Iran o le minacce saranno verbali e basta?

R. – No, in effetti penso che la situazione sia sempre più tesa, anche perché siamo in una fase di “sdoganamento” del regime di Teheran, dopo moltissimi anni di embargo quasi totale, e quindi gli equilibri stanno cambiando e chi ne sta facendo le spese sono soprattutto l’Iraq e la Siria, che sono Paesi ormai distrutti, in cui minoranze e maggioranze sciite e sunnite – ma anche altre tipologie perfino etniche come i curdi, tanto per citare un esempio  – sono in fermento perché l’ordine provvisorio e precario dato a questa regione dopo la Prima Guerra mondiale sta mostrando tutta la sua fragilità. E’ certo che pensare a ridisegnare i confini di questa area su basi etniche o religiose comporterebbe due conseguenze spaventose, che sono deportazioni di massa e genocidi. Quindi, anche l’inasprimento, diciamo così, della repressione interna di ogni voce dissidente fa parte di un degradamento della situazione del Medio Oriente, che purtroppo vediamo ma sulla quale però non stiamo facendo nulla di efficace.

D – In questo caso, pensando a Riad vengono in mente immediatamente gli Stati Uniti. Washington, secondo lei, dovrebbe reagire?

R. – Non credo che lo farà, perché ormai gli interessi degli Stati Uniti sono nel Pacifico, il grande gioco si sta svolgendo tra Cina e Stati Uniti. Noi rischiamo di diventare un’area marginale nel mondo e infatti lo stesso intervento di Putin, o addirittura quello di una nave da guerra cinese nel Mediterraneo – che penso sia, forse, la prima volta nella storia che si registra – quasi non generano reazioni, soprattutto da parte dell’Unione Europea che dovrebbe invece muoversi, anche perché siamo i primi a “patire” le conseguenze dirette di questo sconvolgimento del Medio Oriente e del Nord Africa, se non altro per le masse di disperati che si riversano sulle nostre coste.

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In Georgia per ridare speranza ai bimbi con malformazioni facciali

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Emergenza Sorrisi, la Ong che opera i bambini affetti da malformazioni facciali è tornata di recente dalla missione umanitaria in Georgia, nella capitale Tbilisi. Grazie alla collaborazione tra la Ong e l’ospedale della città, sono stati operati molti piccoli pazienti. Al microfono di Maria Cristina Montagnaro, il presidente dell'organizzazione, Fabio Massimo Abenavoli, racconta che situazione hanno trovato: 

R. – Io ero stato già alcuni anni fa in Georgia, dopo gli eventi bellici e - diciamo - l’invasione della Russia, ed era una situazione molto drammatica. Ora devo dire – a distanza di sette anni – la situazione si è molto rasserenata: c’è una gran voglia di crescita, una grande energia; ci sono molti giovani e molta attività. Noi siamo andati per portare avanti un progetto: creare un centro di riferimento per le patologie del volto, quindi il labbro leporino, la palatoschisi e tutte le deformità connesse a queste patologie nei bambini.

D. – Quanti bambini avete operato?

R. – Abbiamo fatto molta formazione: abbiamo fatto operare i medici locali e abbiamo visitato molti bambini, le cui famiglie sono venute anche dalle zone limitrofe di Tbilisi, malgrado la situazione dal punto di vista climatico ora è abbastanza pesante, perché fa molto freddo e si muovono con difficoltà. Era stata fatta una campagna di informazione e quindi – malgrado il clima – sono venute molte persone. Ci riserviamo quindi di continuare questo progetto per operare un numero importante di bambini nei prossimi 3-4 mesi.

D. – Restituire il sorriso ai bambini che cosa significa?

R. – In questo contesto significa dare l’opportunità ai medici locali di creare le condizioni per poter lavorare con la propria energia e con le proprie competenze a favore di queste famiglie e di questi bambini. Lei consideri che in questi contesti un bambino con questa deformità viene ancora emarginato: per i medici è difficile trattarli e non hanno una organizzazione tale che permetta loro di prendere in carico questi bambini, ridandogli quella che è la serenità.

D. – Voi siete stati anche in Iraq, a Nassiriya. Non è un po’ rischioso in questo periodo svolgere le vostre missioni?

R. – Noi siamo passati in Turchia, dove siamo stati parecchie ore in aeroporto: devo dire che c’è un clima di grossa preoccupazione. Siamo stati in Iraq due settimane fa e prossimamente torneremo di nuovo in Iraq e anche in Afghanistan… Io credo che se uno ha fede e comprende che quello che fa è rimettere i propri doni a favore degli altri, tanto più che siamo in un anno particolare, l’Anno giubilare: per cui cercare di portare avanti questi percorsi ritengo che sia fra le cose che ci danno maggiore garanzia e sicurezza.

D. – Come finanziate le vostre missioni umanitarie?

R. – Noi abbiamo diverse attività, che si possono vedere anche sul nostro sito… Abbiamo veramente tante attività.

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Agente Lisa, il poliziotto virtuale contro le truffe sul web

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L’Agente Lisa è la pagina creata dalla Polizia di Stato per stare più vicino ai cittadini. L’obiettivo è evitare truffe, dare consigli e smascherare notizie non vere e falsi allarmi legati al terrorismo. Ma chi c’è dietro l’Agente Lisa? Lo spiega, al microfono di Elisa Sartarelli, il vice questore aggiunto Sarah Scola, responsabile dell’ufficio comunicazione on line: 

R. – L’Agente Lisa è un poliziotto virtuale, presente sia su Facebook che su Twitter, che parla con i cittadini e dà informazioni, consigli in tempo reale e li mette in guardia dai pericoli che si incontrano nella vita di tutti i giorni. L’Agente Lisa non è sola, perché alle sue spalle ha una piccola redazione: sono quattro donne, in tutto, che tra l’altro vengono anche dalla vita operativa, quindi hanno lavorato su strada e quindi hanno quella sensibilità particolare per tradurre nei post il lavoro quotidiano degli uomini e delle donne in divisa. E’ un successo di pubblico – possiamo dire – e un caso unico in Italia: adesso è arrivato a oltre 280 mile “like” e ha una media di 10 mila contatti al mese.

D. – Perché la scelta di una donna?

R. – Quando siamo arrivati sui social – era il 2009 – siamo entrati in punta di piedi; abbiamo scelto un profilo femminile perché ci è sembrato quello più adatto per avere un approccio un po’ più delicato, più sensibile e per parlare con i cittadini in maniera più colloquiale, in maniera più amichevole. Quindi, forse abbiamo pensato che la donna potesse incarnare meglio queste caratteristiche.

D. – Grazie alla pagina dell’Agente Lisa è possibile conoscere il tempo reale anche i falsi allarmi, oggi spesso legati al terrorismo …

R. – Proprio qualche giorno fa, l’Agente Lisa ha condiviso un post, presente su “Una vita social”, che è un’altra pagina della Polizia di Stato: si trattava di una “bufala”, diffusa attraverso il sistema di messaggistica Whatsapp. Era un messaggio vocale in cui una madre avvertiva la propria figlia, che viveva a Roma, di non uscire di casa perché ci sarebbe stato un attentato terroristico nel centro della città, e che a essere colpiti sarebbero stati i giovani che frequentavano i luoghi della “movida”. In questo messaggio la donna diceva di avere una fonte sicura di informazioni, cioè un’amica che lavorava al Ministero degli Interni. Questo messaggio è diventato “virale”, passato attraverso i vari telefonini, sempre tramite whatsapp, e stava creando un grande allarme. Allora l’Agente Lisa ha condiviso questo messaggio, questa “bufala”, avvertendo tutti gli utenti di questo falso allarme che tra l’altro, successivamente, anche il premier Renzi ha dato mandato agli inquirenti di rintracciare gli autori di questo falso messaggio. E’ stato importante avvisare tutti, specie in un momento così delicato.

D. – L’Agente Lisa non è l’unico profilo sui social della Polizia di Stato. Quali sono gli altri?

R. – Siamo presenti anche con Polizia di Stato, che è la pagina ufficiale, certificata, quella che – diciamo – ha il “bollino blu”. Questa pagina è riservata alla comunicazione più istituzionale, ma anche agli aggiornamenti in tempo reale in caso di emergenze o di eventi straordinari. La cosa forte, importante di questa pagina è il “brand”, che è sinonimo di sicurezza, di legalità ed è un punto di riferimento per tutti i cittadini. Sempre su fb, siamo presenti anche con le pagine di varie questure e siamo presenti anche con una pagina – “Una vita da social”, appunto – che è dedicata alla sicurezza su internet. Troviamo informazioni relative all’uso consapevole della rete. Tra l’altro, “Una vita social” – questa pagina fb – è legata a un progetto di legalità itinerante, è un “truck” che attraversa l’Italia, si ferma nelle città più importanti; all’interno di questo “truck” ci sono poliziotti della Polizia postale che danno consigli ai ragazzi, ma anche ai genitori e agli insegnanti, su come evitare le insidie presenti in internet. Siamo presenti, infine, anche su twitter, con “Agente Lisa” e “Polizia di Stato”; e con “Polizia di Stato” è importante perché diamo notizie in esclusiva e in anteprima con riferimento, soprattutto, alle operazioni più importanti di polizia giudiziaria, nonché pubblichiamo video in diretta streaming grazie all’applicazione.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella seconda Domenica dopo Natale, la liturgia ci ripropone il Prologo del Vangelo secondo Giovanni: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”:

“Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo … Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti: 

“Dio è luce e in lui non ci sono tenebre”, dichiara la 1ª Lettera di S. Giovanni (1,5). Ed è questa luce che irrompe nelle tenebre del caos iniziale. Non viene a togliere qualcosa all’uomo, non viene a minare la sua libertà! Viene – e lo abbiamo celebrato a Natale presente tra di noi, lo proclamiamo presente in ogni azione liturgica – viene perché tutto quello che è vita, creatività, gioia, libertà, amore… possa esplodere nella pienezza di Dio. Oggi, questo Dio-luce, da molti non è compreso, è rifiutato…, forse perché in 2000 anni di cristianesimo ci siamo abituati alla luce e pensiamo che sia opera nostra. Ma se Dio scompare dall’orizzonte umano è l’uomo a precipitare nel caos delle tenebre e del non senso, perché “il mondo è stato fatto per mezzo di Cristo”, la luce che Dio ha provveduto per l’uomo. “Non abbiate paura di Dio, spalancate le porte a Lui, alla sua luce”, ci ha ripetuto più volte S. Giovanni Paolo II. È in lui, fatto carne per noi, venuto ad abitare in mezzo a noi, che si apre la speranza, perché ci dà il potere “di diventare figli di Dio”, di essere illuminati dalla sua gloria, di dare alla nostra piccola statura umana, la dimensione infinita di Dio. In Cristo, luce del mondo, è il cuore dell’uomo che si apre a misura di Dio e diventa capace di amare, di farsi dono agli altri. Il Vangelo di oggi proclama e annunzia quest’opera: tu e Cristo, non più due, ma uno solo, una sola carne, rivestita di grazia e di verità. Davanti a noi c’è un nuovo anno, dove permettere a Cristo di rivelare e compiere in noi l’opera per cui il Padre lo ha mandato.

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Nella Chiesa e nel mondo



Patriarca Twal: israeliani e palestinesi abbandonino la violenza

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“Nell’anno che si apre oggi, continueremo a pregare per la pace nella nostra terra, perché gli israeliani e i palestinesi abbandonino le vie della violenza e si mettano sulla strada che conduce alla pace. Il Signore, quando sarà venuto il momento, ci accorderà pace e riconciliazione”. Lo ha detto il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal,  nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio e per la Giornata mondiale della pace, celebrata ieri, 1° gennaio, nella chiesa concattedale del Patriarcato latino di Gerusalemme. 

Il bene morale nasce dall’amore
​Nell’omelia - riferisce l'agenzia Sir - mons. Twal ha esortato a non lasciarsi vincere dal male ma a rispondere con “la generosità e con il perdono”. “Il male – ha spiegato – non è una forza anonima. Il male passa attraverso la libertà umana. Il male ha sempre un viso e un nome: il viso e il nome degli uomini e delle donne che l’hanno scelto liberamente e che noi conosciamo. E se andiamo a cercarne le componenti più profonde, il male è, in definitiva, una tragica rinuncia alle esigenze dell’amore. Al contrario, il bene morale nasce dall’amore, si manifesta come amore ed è orientato all’amore”. 

Appello contro la vendita delle armi
Il patriarca si è soffermato sull’Anno Santo della misericordia che, ha detto, “ci impone di lasciarci coinvolgere sempre e in modo responsabile per far sì che la vita delle persone e dei popoli sia rispettata e promossa. Non possiamo che stigmatizzare con vigore i mali di carattere sociale e politico che affliggono il mondo. Non possiamo che condannare la vendita di armi”. 

La preghiera per i capi politici
Il pensiero di Twal si è rivolto poi all’Iraq e alla Siria, alla “minacciosa situazione” della Terra Santa, dove “non si arriva ancora, nella verità e nella giustizia, a riallacciare i fili della reciproca comprensione”, al terrorismo, “che sembra spingere il mondo intero verso un futuro di paura e di angoscia. È vero: noi abbiamo paura, il mondo ha paura, e le bombe atomiche che accumuliamo non servono a niente”. Da qui l’esortazione finale, per l’anno nuovo, “a pregare per i capi politici” e a “condividere con tutti gli abitanti di questa terra le loro gioie e le loro pene”. (R.P.)

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Terra Santa: dal 7 gennaio visita vescovi Usa-Ue-Canada-Sud Africa

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I vescovi di Stati Uniti, Unione Europea, Canada e Sud Africa, facenti parte dell’Holy Land Coordination (Hlc), organismo di supporto della Chiesa di Terra Santa, saranno, dal 7 al 14 gennaio 2016, a Gaza, a Betlemme e in Giordania per fare visita e sostenere le locali comunità cristiane. Un pellegrinaggio – riferisce l’agenzia Sir - che prenderà il via dalla Striscia di Gaza dove i vescovi celebreranno una Messa presso la parrocchia della Sacra Famiglia, incontreranno i circa 200 fedeli e faranno visita a scuole cristiane e ad istituti che gestiscono progetti di accoglienza e riabilitazione di persone toccate dal conflitto del 2014.

Prevista tappa anche in Giordania, in segno di solidarietà con i rifugiati
È il terzo anno consecutivo che i vescovi dell’Hlc si recano nella Striscia di Gaza dove vivono circa 2.500 cristiani, solo 200  dei quali sono cattolici. Dopo Gaza, il programma della visita prevede una sosta a Betlemme e a Beit Jala, villaggio cristiano che si è visto confiscare, nella vicina valle di Cremisan, da Israele, terre, frutteti e uliveti per la costruzione del muro di separazione. Una vicenda, questa, che l’Hlc - di cui fanno parte anche il Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) e la Commissione delle Conferenze episcopale europee (Comece) - da anni segue da vicino. Quest’anno, inoltre, i vescovi di Usa, Ue, Canada e Sud Africa si recheranno anche in Giordania, dal 10 al14 gennaio, per portare la loro solidarietà ai rifugiati costretti a sfuggire ai conflitti in corso in Siria e in Iraq.

I cristiani di Terra Santa non chiedono privilegi, ma tutela dei loro diritti
​Scopo dell’Hlc è sostenere la Chiesa di Terra Santa attraverso la “preghiera ed il pellegrinaggio”, anche grazie ad un lavoro sensibilizzazione sui cristiani di Terra Santa che i vescovi portano avanti, una volta tornati nelle rispettive nazioni, presso i rispettivi governi, ambasciatori, mass-media ed opinione pubblica. Da sottolineare che l’Hlc non chiede privilegi per i cristiani, “pietre vive” di queste aree  di conflitto, ma dignità e rispetto  dei loro diritti. Il coordinamento di questo gruppo e la relativa comunicazione è gestita dalla Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles. L’iniziativa si svolge dal 1998 ogni anno nel mese di gennaio. (I.P.)

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Iraq. Patriarca Sako: gesti di carità come segno di pace

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Il Patriarca caldeo, Mar Louis-Raphaël I Sako ed il suo ausiliare mons. Basel Yaldo hanno festeggiato l’inizio del nuovo anno per le strade di Baghdad. I due prelati hanno percorso a piedi una delle principali arterie del quartiere di Mansour, al centro della città, per recarsi dalla sede del Patriarcato alla chiesa dell’Assunzione della Vergine Maria dove è stata celebrata la Messa. Lo riferisce il sito Baghdadhope. In una Baghdad affollata di gente nonostante le sempre precarie condizioni di sicurezza Mar Sako e mons. Yaldo hanno deciso, come dichiarato dal Patriarca caldeo a Baghdadhope “di andare senza scorta per poter scambiare gli auguri di un nuovo anno di pace e serenità con i passanti. Una cosa che se fossimo stati scortati non sarebbe stato possibile”. 

Augurio di pace in un  clima di violenza
L’augurio di pace è stato poi ribadito nell’omelia e specialmente rivolto all’Iraq ed alla Siria dove, proprio giovedì, un attentato nella città a maggioranza curda di Qamishli ha provocato 18 vittime, tra le quali alcuni giovani che avevano frequentato l’oratorio dei Salesiani, e causato il ferimento di 30 persone. 

Offerte per famiglie sfollate di tutte le fedi
​Il desiderio di riconciliazione espresso dalle parole del Patriarca caldeo è stato concretizzato durante le festività natalizie dalla distribuzione da parte del patriarcato di 70.000 dollari a 2.000 famiglie povere e sfollate in maggioranza cristiane ma anche appartenenti alle altre fedi, ed a 40 studentesse e studenti universitari cristiani dell’università di Baghdad. “Un gesto – ha sottolineato Mar Sako, – che esprime il valore della carità cristiana e della volontà che tutti dovrebbero avere di riconciliare le parti per arrivare finalmente alla pace”. (R.P.)

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Dai vescovi Usa 2,5 mln di dollari per le Chiese dell’est Europa

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Ammontano a 2,5 milioni di dollari gli aiuti stanziati dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti per le Chiese dell’Europa centrale ed orientale. L’obiettivo – si legge in una nota della Sottocommissione episcopale americana per gli aiuti alla Chiesa europea – è quello di promuovere programmi di sviluppo per i giovani, sostenere iniziative di evangelizzazione e rafforzare la pastorale familiare nei Paesi dell’ex Unione Sovietica.

La sfida pastorale delle Chiese nei Paesi dell’ex Urss
“Sin dalla caduta dell’Urss – spiega l’arcivescovo di Chicago, Blase Cupich, presidente della Sottocommissione episcopale – le nazioni che ne facevano parte hanno dovuto lottare per crearsi, ciascuna, uno spazio di preghiera e di crescita spirituale”. Per questo, sottolinea il presule, “provvedere a tutte le necessità pastorali di questi Paesi rappresenta una vera sfida”, ma gli stanziamenti della Chiesa statunitense “aiuteranno a risolvere i problemi maggiori”.

Priorità per donne e bambini
Tra i progetti che verranno finanziati, c’è quello dell’associazione ungherese “Te-Te”: situata nella diocesi di Szombathely, essa si occupa della regolamentazione naturale della famiglia e della salute ginecologica delle donne, offrendo anche soluzioni naturali all’infertilità. Un secondo progetto che riceverà aiuti sarà quello delle Suore Albertine di Irkutsk, in Russia: costruire un asilo-nido per accogliere i bambini provenienti da famiglie disagiate economicamente e socialmente. Tale servizio si andrà ad aggiungere ai 50 pasti caldi che ogni giorno le suore già offrono ai minori, aiutando la loro crescita non solo fisica, ma anche spirituale.

Fondi raccolti anche con la colletta di Quaresima
​Solitamente, i fondi stanziati dalla Sottocommissione vengono raccolti anche grazie alla colletta del tempo di Quaresima. Per il 2016, quindi, la data è fissata per il 10 febbraio, Mercoledì delle Ceneri. (I.P.)

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Sud Corea: la preghiera per i cristiani del Nord

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Il 2016 sia un anno di fede e di fiducia: è quanto auspicato dall’arcivescovo di Seoul, card. Andrew Yeom Soo-jung, nel messaggio per il nuovo anno. Ribadendo che la speranza nasce dalla fede, il porporato sudcoreano ha esortato i fedeli cattolici a diventare una comunità più onesta, credente e fiduciosa.
 
Nel 2016, 150.mo anniversario della persecuzione dei cristiani coreani
Dal card. Yeom Soo-jung anche il richiamo a non dimenticare che quest’anno ricorrerà il 150.mo anniversario del grande martirio dei cattolici coreani, perseguitati ed uccisi a migliaia nel 1866 a causa della loro fede, tanto che quasi la metà della comunità cristiana (20mila seguaci circa) venne massacrata. “Questi martiri – ha spiegato il porporato – hanno dimostrato di rispettare Dio e di amare il loro prossimo”. Per questo, “nonostante le difficoltà, i coreani di oggi dovrebbero condurre la loro vita all’insegna dell’attenzione per i poveri e gli emarginati”.
 
Una preghiera per i fedeli della Corea del Nord
Infine, l’arcivescovo sudcoreano ha elevato una preghiera per la salvezza della popolazione, inclusi gli abitanti della Corea del Nord, ed ha chiesto ai movimenti ecclesiali di Seoul di pregare, in particolare, per i fedeli di Pyongyang. (I.P.)

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Irlanda. Mons. Martin: non lasciamoci rubare la speranza

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“Non lasciamoci rubare la speranza, perché Dio non ci abbandona”: questa l’esortazione dell’arcivescovo Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e Primate di tutta l’Irlanda, contenuta nel messaggio ai fedeli per il nuovo anno. “È particolarmente importante – spiega il presule – avere fede nel fatto che, con l’aiuto di Dio, potremo davvero fare la differenza nel mondo”, nonostante “le terribili realtà della guerra, della povertà, dell’abuso di potere, del terrorismo e le tante battaglie e difficoltà che ogni persona vive” nella quotidianità.

Speranza e pace per vincere il buio e le tempeste della vita
“All’inizio del nuovo anno – continua mons. Martin – è fondamentale ascoltare parole di speranza e di pace nel buio e nelle tempeste della vita”. Ed il presule si riferisce sia alle tempeste climatiche – come quelle denominate Desmond e Frank che a partire dal mese di dicembre hanno flagellato il Regno Unito – sia alle tempeste provocate da “violenze, guerre e persecuzioni su scala mondiale che non sono meno spaventose e devastanti”.

Essere agenti di speranza per contrastare l'indifferenza nei confronti di Dio
Sebbene, quindi, “il mondo secolarizzato voglia passare velocemente dal tempo di Natale ai saldi di gennaio”, è il monito dell’arcivescovo irlandese, è necessario che i fedeli siano “aperti alla gioia della presenza di Cristo, il cui incontro può realmente trasformarli, colmandoli di speranza e rendendoli capaci di fare la differenza nel mondo”, perché “i seguaci di Cristo sono agenti di speranza cristiana”. In particolare, di fronte alla sempre più diffusa “indifferenza nei confronti di Dio”, il presule esorta i cristiani a porsi “come obiettivo quello di introdurre con gentilezza gli altri alla gioia ed alla speranza che derivano dall’incontro con Gesù”, perché “un simile incontro rende impossibile rimanere indifferenti al grido del povero ed al grido della terra, nostra casa comune”.

Nel 2016, due centenari importanti per la storia d’Irlanda
Il Primate d’Irlanda ricorda, poi, che nel 2016 si celebreranno due centenari importanti per il Paese: quello della Rivolta di Pasqua, che vide dal 24 al 30 aprile 1916 i militanti repubblicani irlandesi cercare di ottenere l'indipendenza dal Regno Unito, e quello della Battaglia della Somme, avvenuta nel luglio 1916, nel pieno della prima Guerra mondiale. L’auspicio della Chiesa di Dublino è che entrambi gli anniversari rappresentino “un’occasione per approfondire la comprensione reciproca e per ribadire la speranza nella giustizia e nella pace duratura”, soprattutto “nel contesto di valori cristiani come l’amore per il prossimo, il rispetto per la vita, la riconciliazione”.

Vivere il nuovo anno all’insegna della misericordia
​“I ricordi e le commemorazioni del passato – scrive ancora l’arcivescovo di Armagh – insieme alle speranze e ai desideri per il futuro, rafforzino la nostra volontà di vivere insieme in armonia, fiduciosi nel Signore Gesù Cristo”. Infine, guardando al Giubileo straordinario, indetto da Papa Francesco ed in corso fino al 20 novembre 2016, mons. Martin esorta i fedeli a vivere il nuovo anno con “misericordia, determinazione e speranza”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 2

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.