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Sommario del 28/02/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Angelus, Papa chiede negoziati efficaci per i profughi e prega per la pace in Siria

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Il dramma dei profughi: il Papa all’Angelus, invoca una risposta efficace di tutte le Nazioni, invita quindi a pregare per la pace in Siria e per le vittime del ciclone che ha devastato le isole Fiji. Nella catechesi, un monito a non avere una mentalità superstiziosa che fa attribuire a Dio le disgrazie del mondo. Il servizio di Roberta Gisotti: 

I profughi che fuggono da guerre e altre situazioni disumane sono sempre presenti nella mia preghiera, ha confidato Francesco, chiedendo a tutte le Nazioni di collaborare con “la Grecia e gli altri Paesi” che “in prima linea” “stanno prestando” loro “un generoso soccorso”.

“Una risposta corale può essere efficace e distribuire equamente i pesi. Per questo occorre puntare con decisione e senza riserve sui negoziati".

Il pensiero Francesco è andato poi alla speranze riposte nella cessazione delle ostilità in Siria:

“…invito tutti a pregare affinché questo spiraglio possa dare sollievo alla popolazione sofferente, favorendo i necessari aiuti umanitari, e apra la strada al dialogo e alla pace tanto desiderata”.

E ancora il Papa ha espresso “vicinanza al popolo delle Isole Fiji, duramente colpito da un devastante ciclone”, la scorsa settimana:

“Prego per le vittime e per quanti sono impegnati nel prestare soccorso”.

Se “ogni giorno - ha osservato Francesco - “le cronache riportano notizie brutte: omicidi, incidenti, catastrofi….”, non dobbiamo cadere nella “mentalità superstiziosa” di attribuire a Dio la responsabilità di fatti tragici e pensare che le vittime abbiano meritato il suo castigo e chi venga risparmiato dalla disgrazia debba sentirsi a posto, come insegna Gesù quando - nel Vangelo di Luca - accenna a due fatti tragici che a quel tempo avevano suscitato molto scalpore.

“Gesù rifiuta nettamente questa visione, perché Dio non permette le tragedie per punire le colpe, e afferma che quelle povere vittime non erano affatto peggiori degli altri".

Gesù piuttosto “invita a ricavare” dai fatti dolorosi “un ammonimento che riguarda tutti”, perché tutti siamo peccatori e ci porta a riflettere: “che idea di Dio ci siamo fatti?”:

“Siamo proprio convinti che Dio sia così, o quella non è piuttosto una nostra proiezione, un Dio fatto ‘a nostra immagine e somiglianza’?”.

“Gesù, al contrario, ci chiama a cambiare il cuore”:

"... a fare una radicale inversione nel cammino della nostra vita, abbandonando i compromessi con il male - questo lo facciamo tutti, compromessi con il male - e le ipocrisie - io credo che quasi tutti ne abbiamo almeno un pezzetto, di ipocrisia - per imboccare decisamente la strada del Vangelo”.

“Ma ecco di nuovo la tentazione di giustificarci”:

“Da che cosa dovremmo convertirci? Non siamo tutto sommato brava gente - quante volte abbiamo pensato questo: tutto sommato io sono bravo, brava non è cosi? -  non siamo dei credenti, anche abbastanza praticanti?”.

Purtroppo - ha sottolineato il Papa – noi somigliamo a un albero sterile da anni anni e dobbiamo essere grati a Gesù, simile a quel contadino che nel racconto evangelico ottiene dal suo padrone “ancora una proroga per il fico infecondo”.

“L’invincibile pazienza di Gesù, e la sua irriducibile preoccupazione per i peccatori, come dovrebbero provocarci all’impazienza nei confronti di noi stessi! Non è mai troppo tardi per convertirsi, mai!".

“Ma è urgente”:

“Incominciamo oggi…”

Infine l’invocazione a Maria:

“Ci aiuti a non giudicare mai gli altri, ma a lasciarci provocare dalle disgrazie quotidiane per fare un serio esame di coscienza e ravvederci”.

Nei saluti finali, Francesco ha ricordato la Giornata delle malattie rare, che ricorre domani, assicurando una “preghiera speciale e un incoraggiamento” alle associazioni che ne occupano, presenti in Piazza San Pietro.

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"Sinderesi", scuola nata alla Gregoriana per "minoranze creative"

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“Religion and Politics”. E’ il titolo di un volume frutto dell’impegno della “Scuola Sinderesi”, presentato alla Pontificia Università Gregoriana. Nata 5 anni fa, “Sinderesi” rappresenta una originale esperienza che ha finora coinvolto 300 giovani di tutto il mondo che, guidati da mons. Samuele Sangalli docente responsabile, si confrontano sulle grandi sfide della Chiesa nel mondo di oggi. Il servizio di Alessandro Gisotti

Una scuola di giovani che dialogano tra loro e con il mondo: è la sfida di “Sinderesi”, esperienza nata nell’università Gregoriana che oggi conta già cinque anni di storia e una proiezione ambiziosa verso il futuro. Ultimo risultato della scuola, la pubblicazione del volume “Religion and Politics”. Mons. Samuele Sangalli, docente responsabile di “Scuola Sinderesi” del Centro Fede e Cultura “Alberto Hurtado” dell’ateneo, indica quali sono i messaggi principali che ci si propone con questa esperienza:

R. – Il primo messaggio è: non è vero che i giovani oggi non vogliano sottomettersi anche ad un percorso duro, di disciplina, per crescere e pensare, per avere uno sguardo critico e intelligente sul mondo: non è vero! Dipende dal tipo di offerta che noi gli facciamo. La seconda idea di “Sinderesi” è proprio quella di creare una generazione con la mente aperta, aperta e capace di intercettare le sfide di oggi. Quando Benedetto XVI parlava di “minoranze creative” ecco: noi abbiamo un po’ la pretesa di camminare su questa strada.

Sull’importanza di un libro come “Religion and Politics” che affronta il ruolo della fede nel mondo di oggi, il commento di Francesco Nicotri, segretario del Corso “Sinderesi”:

R. - Senz’altro l’incontro con le tradizioni, che apparentemente sembrano molto lontane, ma sono sempre più vicine. Lo abbiamo fatto con le comunità religiose che sono oggi qui su Roma, ed è stata un’esperienza importante per tutti noi.

D. – In un qualche modo, quindi, anche un’esperienza di cultura dell’incontro…

R. – È stata una festa del dialogo: un dialogo in cui ognuno di noi è partito con la propria identità, incontrando altre identità, e scoprendo come si possa appunto dialogare insieme senza rinunciare alle propria identità.

D. – Chi leggerà questo volume che cosa troverà?

R. – Troverà innanzitutto il metodo “Sinderesi”: un metodo di studio e di ricerca di ragazzi che, ogni giorno, si impegnano e interpretano un modo diverso di essere giovani, impegnati nella società senza ritorni immediati.

Su questa originale esperienza, il commento di Antonella Piccinin, impegnata in prima linea nella scuola “Sinderesi”:

R. – Noi abbiamo analizzato varie aree del mondo e varie esperienze religiose, e siamo giunti alla conclusione di dare un ruolo fondamentale alla religione, almeno un ruolo di promozione morale e spirituale all’interno anche delle società contemporanee.

D. – Il ruolo di Papa Francesco che ricerca proprio nella "cultura dell’incontro" anche chi è lontano dalla Chiesa può avere un ruolo in questo senso…

R. – Sicuramente Papa Francesco è una figura fondamentale per noi: anche un esempio, non solo da cattolici, ma credo anche a livello internazionale, come leader religioso e come persona, perché nella sua umanità rende concreto, vero, tutto ciò che porta come suo insegnamento.

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Oggi in Primo Piano



Elezioni in Iran. Vittoria vicina per riformisti e moderati

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Sembrano aver premiato riformisti e moderati le elezioni legislative di venerdì scorso in Iran, i cui risultati definitivi si sapranno solo tra domani e martedì. Certi, invece, i dati dell’affluenza: il 60% dei 55 milioni di iraniani aventi diritto. Il servizio di Roberta Barbi: 

A pesare sul risultato sono stati certamente l’accordo sul nucleare raggiunto nel luglio dello scorso anno e la fine delle sanzioni. Con il 90% delle schede scrutinate, alle legislative in Iran – le prime dopo la storica intesa - sembra stia trionfando la “Speranza”: così si chiama, infatti, la lista di moderati e riformisti guidata da Mohammad Reza Aref, che appoggia la presidenza di Hassan Rohani. Secondo gli ultimi dati, la lista avrebbe già conquistato tutti e 30 i seggi parlamentari di Teheran (fino a ieri almeno uno pareva andasse ai fondamentalisti) e vola verso i 96 totali su 290, superando i fondamentalisti fermi a 91. Buona affermazione degli indipendentisti con 25 seggi, mentre per l’assegnazione degli altri 52 bisognerà aspettare il ballottaggio, che si svolgerà a fine aprile in almeno 21 circoscrizioni. I 33 milioni di iraniani che si sono recati alle urne hanno votato anche per il rinnovo dell’Assemblea degli Esperti, l’organismo formato da 88 religiosi che in futuro dovrà nominare la nuova Guida Suprema del Paese, carica attualmente occupata da Ali Khamenei, che ha 76 anni. Anche qui, i rappresentanti ultraconservatori sarebbero stati estromessi.

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Afghanistan. Margelletti: coinvolgere attori regionali per trovare pace

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In Afghanistan, ancora violenze nonostante i tentativi di mediazione. Almeno 25 i morti ieri in due attentati: il primo, nel centro di Kabul, è stato rivendicato dai talebani; il secondo, ad opera di un kamikaze, è avvenuto ad Asadabad, nella provincia di Kunar. Altri 28 i morti tra i talebani, in diverse località, in scontri tra l'esercito e gli ex studenti coranici. Maria Laura Serpico ha intervistato il presidente del Centro Studi Internazionali, Andrea Margelletti

R. – Per troppo tempo si è pensato che si potesse risolvere la situazione in Afghanistan solo guardando il problema interno afghano. Nella realtà dei fatti, occorreva coinvolgere gli attori regionali ben prima. Ma non solo: gli stessi attori regionali, che possono rappresentare una soluzione, sono contestualmente anche parte del problema, perché hanno una propria agenda nazionale e questa non sempre è armonica con un Afghanistan stabilizzato e pacifico.

D. – Come vive oggi la popolazione afghana?

R. – In alcune zone c’è una situazione decisamente più tranquilla: la gente vive. Naturalmente, in questi anni è stato fatto tantissimo: non sono stati commessi soltanto errori, ma ci sono persone che hanno accesso – migliaia e migliaia di persone – all’istruzione, alla sanità, che prima non sapevano neanche che cosa volesse dire. In alcune zone dell’Afghanistan la vita è ragionevolmente tranquilla per quello che può essere lo standard afghano. In altre zone, la situazione è certamente molto più complessa e critica.

D. – Quali sono le reali possibilità del governo attuale di perdurare nel tempo?

R. – Dipenderà molto se tradizionali alleati dell’Afghanistan nell’Occidente non gli faranno mancare supporto. La solitudine porta sempre instabilità. Quindi la speranza è che questo supporto possa mantenersi nel tempo e consentire al governo legittimo di Kabul di proseguire nel suo lavoro.

D. – Come i Paesi sviluppati possono contribuire alla stabilizzazione?

R. – Sicuramente continuare a mantenere un supporto alle forze armate e di sicurezza afghane. E dall’altra parte, con un’attenta e oculata politica di supporto economico, aiutare il governo di Kabul a far crescere le proprie istituzioni.

D. – Quali sono le fazioni interne invece all’Afghanistan? Qual è il loro ruolo e a chi si appoggiano?

R. – Vi sono una molteplicità di realtà in Afghanistan: è un Paese per tradizione diviso in gruppi e fazioni. Non vi sono soltanto i talebani, a loro volta suddivisi in diversi gruppi, ma vi sono anche fortissime fazioni della criminalità organizzata che tendono a minare la stabilità del Paese.

D. – Come si può arrivare, dunque, alla stabilizzazione di un contesto così frastagliato?

R. – E' dando supporto al governo di Kabul che spinge verso uno Stato unitario e non a una suddivisione di fazioni, tagiki, pashtun, uzbeki e quanto altro, che si potrà trovare – speriamo – la chiave di questo Paese martoriato da troppi anni.

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Unioni civili. Il giurista: sempre più svincolati da logica e realtà

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Prosegue il dibattito sulle unioni civili dopo la fiducia ottenuta al Senato dal ddl Cirinnà. Secondo l'avvocato Livio Podrecca, presidente dell’Unione giuristi cattolici di Piacenza, “nonostante lo stralcio della stepchild adoption e dell’obbligo di fedeltà, il maxiemendamento licenziato dal Senato sovrappone le unioni civili al matrimonio”. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. – La disciplina delle unioni civili è totalmente sovrapponibile al matrimonio. C’è quello stralcio dell’articolo 5 sulla “stepchild adoption”, ma c’è un rinvio alla normativa vigente eccetera eccetera ... e questo pare evidentemente una strizzatina d’occhi a quella giurisprudenza che si va formando che di fatto riconosce la “stepchild adoption”, anche quando proveniente da pratiche di “utero in affitto”. Quindi, abbiamo un’unione civile che prevede un rito in presenza di testimoni, prevede impedimenti pari pari come quelli per il matrimonio, compreso il divieto dell’incesto, gli impedimenti derivati dalla parentela, eccetera eccetera. Abbiamo il regime patrimoniale della comunione dei beni e della separazione, abbiamo il richiamo alle discipline della separazione e del divorzio, abbiamo il richiamo alla disciplina successoria, non solo della legittima, ma anche dei legittimari; abbiamo il richiamo all’equivalenza della posizione di coniuge in tutte le norme in cui è prevista, diverse da quelle del Codice civile non espressamente richiamate, comunque il richiamo; c’è l’applicazione al membro dell’unione civile di tutte le norme che sono riferite al coniuge del matrimonio; abbiamo la disciplina del divorzio … gli altri aspetti non so se li ho detti tutti, ma è totalmente sovrapponibile alla disciplina del matrimonio. Sì, si toglie l’obbligo di fedeltà: è un obbligo che discende dal matrimonio. Noi sappiamo che ci sono delle mine vaganti che ormai viaggiano negli ordinamenti giuridici, sia europeo sia sovrannazionali che nazionali, che sono questo diritto alla vita privata-familiare, questo divieto di non-discriminazione, per cui si pongono dei problemi che giuridicamente rappresentano veramente dei rompicapo e delle impasse logiche impressionanti. Perché domani non si potrà dire: “Ma allora è discriminatorio che le unioni civili non abbiano questo obbligo e nel matrimonio invece ci sia” …

D. – Cioè, sta dicendo che c’è una sovrapponibilità piena tra unioni civili e matrimonio; per il principio di non discriminazione si potrebbe dire: le unioni civili sono avvantaggiate nel non avere l’obbligo di fedeltà a scapito del matrimonio …

R. – Certo, avvantaggiate da un certo punto di vista, ovviamente. Allora uno potrebbe dire: siccome dalla violazione dell’obbligo di fedeltà, per esempio, in caso di separazione possono discendere, ad esempio, l’addebito della separazione, possono discendere anche conseguenze patrimoniali, può essere usato pretestuosamente per attaccare l’altro coniuge, non è un aspetto secondario. Il coniuge – marito o moglie – potrebbe dire: ma perché io devo essere fedele se quelli non lo sono?, per esempio in una separazione …

D. – Non sono ipotesi fantascientifiche, quelle che stiamo facendo …

R. – Conoscendo la giurisprudenza, direi proprio di no. Ma non abbiamo da fare altro che aspettare. Già il livello scientifico del dibattito l’abbiamo un po’ assaggiato in quello che è successo in Parlamento. La ragione, la logica giuridica è stata messa completamente da parte, è stata nascosta. Quando togliamo la ragione in riferimento alla realtà, allora tutto è possibile, perché a questo punto è vero tutto e il contrario di tutto. Lo diceva un noto studioso del linguaggio americano che si chiedeva: “Possiamo con il linguaggio inventarci una realtà totalmente artificiale, svicolata dalla realtà delle cose?”. Questa è la domanda. Possiamo noi definire cos’è il matrimonio in base a quello che ci piace meglio, oppure no? Perché dalla risposta che ci dà questa domanda viene tutto il resto …

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Caritas Ragusa: opportunità di lavoro per italiani e immigrati

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Un progetto che vuole formare professionalità nell’edilizia e nell’agricoltura favorendo l’integrazione tra diverse culture ed etnie. Lo sta portando avanti la Caritas di Ragusa grazie alla diocesi, che ha messo a disposizione terreni e beni immobili, e alla collaborazione di associazioni ed enti. “Costruiamo saperi”, questo il nome del progetto, che sta coinvolgendo immigrati di diverse nazionalità e ragusani in una serie di iniziative volte anche a creare opportunità di lavoro. Ne parla, al microfono di Tiziana Campisi, il direttore della Caritas di Ragusa, Domenico Leggio

R. – Con “Costruiamo saperi” ci siamo chiesti: ma come possiamo professionalizzare delle maestranze in alcuni settori portanti per il nostro territorio, per la nostra economia diocesana e soprattutto del territorio di Ragusa? Questi settori sono stati individuati in falegnameria, in edilizia e in agricoltura come settori su cui investire e su cui poter chiedere la disponibilità delle persone a professionalizzarsi.

D. – Chi coinvolge questo progetto?

R. – Sta coinvolgendo 25 immigrati. Abbiamo 14 nazionalità all’interno del gruppo, provenienti sia dall’Unione Europea ma anche da Tunisia, Marocco, Afghanistan, Pakistan, El Salvador, Eritrea, Etiopia … Hanno partecipato a un bando; sono state oltre 70 le domande. Di queste 70, 50 persone hanno iniziato un percorso di workshop, quattro fine settimana di 16 ore ciascuno. Soprattutto, abbiamo lavorato proprio con loro e questo già ha ribaltato la mentalità: vederci come coloro che vogliono costruire con loro e non come il datore di lavoro-padrone …

D. – La Caritas con chi sta portando avanti il progetto “Costruiamo saperi”?

R. – Chiaramente c’è stato il coinvolgimento della diocesi, che ha voluto che l’organismo Caritas portasse avanti questa progettualità su un fondo di disponibilità e di proprietà della diocesi, con un vasto caseggiato e con 10 ettari di terreno attorno, ma anche con due locali nel centro storico della città di Ragusa. Sono stati coinvolti anche “Conf-cooperative Regione Sicilia”; “Uniti senza frontiere”, che è un’associazione formata da immigrati e da italiani, presente nel nostro territorio storicamente; “Architetti senza frontiere” con sede a Milano, che opera proprio nel settore degli interventi ed è anche una no-profit dell’edilizia e della ricostruzione. Questa disponibilità di due locali della diocesi nel centro storico, nel cuore di Ragusa, vuole anche sancire questo: ci preoccupiamo di ri-donare alla collettività luoghi in cui poter partecipare a eventi e a iniziative, ma lo leghiamo al cuore pulsante di una città, che è il centro storico. Quindi, la possibilità, in questi locali, di raccontare il progetto, di incontrare la gente, di organizzare degli eventi in cui gli stessi beneficiari del progetto incontrano la città; locali in cui si possono anche degustare cibi di diverse nazionalità e in cui le persone hanno potuto anche donare libri, testi, con cui poi si sono organizzati momenti di lettura e momenti di gioco con i più piccoli.

D. – Che frutti sta portando “Costruiamo saperi”?

R. – Il primo frutto è di tipo culturale, perché le persone non solo beneficiarie del progetto, ma anche le diverse maestranze, la rete che stiamo coinvolgendo, si sta rendendo conto del grande valore – anche in termini partecipativi – che il progetto ha. Un altro valore è quello di tipo sociale, dell’integrazione, della possibilità di confrontarsi tra le diverse nazionalità. E l’altro punto è quello economico, anche di sviluppo del territorio. L’idea è anche quella di creare due cooperative in cui i beneficiari possano trovare possibilità di lavoro, ma non soltanto loro, anche altre persone.

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60 anni fa la morte di don Gnocchi, padre dei mutilatini

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Sacerdote, cappellano militare, “padre dei mutilatini”, apostolo del dolore innocente, angelo dei bimbi, Beato. E’ questa la straordinaria parabola che ha scandito l’opera di don Carlo Gnocchi, di cui questa domenica, 28 febbraio, ricorre il 60.mo anniversario della morte. Amedeo Lomonaco ripercorre, in questo servizio, le principali tappe della sua vita: 

Don Carlo Gnocchi nasce a San Colombano al Lambro, in provincia di Milano, il 25 ottobre 1902. Rimasto orfano del padre all’età di cinque anni, si trasferisce nel capoluogo lombardo con la madre e i due fratelli, Mario e Andrea, morti di tubercolosi nel 1909 e 1915. Nel 1925 viene ordinato sacerdote. Il cardinale Ildefonso Schuster, nel 1936, lo nomina direttore spirituale dell'Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

Gli anni della guerra
Nel 1940 don Gnocchi si arruola come cappellano volontario nel battaglione "Val Tagliamento" degli Alpini, con destinazione il fronte greco-albanese. Terminata la campagna nei Balcani, riparte per il fronte, in Russia, con gli Alpini della Tridentina. Nel gennaio del 1943, durante la drammatica ritirata del contingente italiano, viene salvato ormai allo stremo delle forze.

Don Carlo “padre dei mutilatini”
In questa tragica esperienza, assistendo gli Alpini feriti e morenti, nasce in don Gnocchi l'idea di realizzare una grande opera di carità che troverà compimento dopo la guerra. Ritornato in Italia nel 1943, viene arrestato dalle SS con l’accusa di spionaggio. A partire dal 1945, comincia a prendere forma concreta il progetto di aiuto ai sofferenti e don Gnocchi diventa il "padre dei mutilatini".

La Fondazione Pro Juventute
Nel 1951 nasce la Fondazione "Pro Juventute", per minori e invalidi di guerra. Nel 1955 cominciano i lavori per la Creazione di un centro riabilitativo, di cui don Carlo non vedrà la fine dei lavori. Queste le sue parole prima dell’inizio dell'opera:

“Vogliamo creare un centro che contempli tutta la personalità umana; un centro sociale, un centro che rimetta l’uomo nella sua piena attività. Dando il via a questi lavori, noi intendiamo dare più che una realtà materiale, una realtà spirituale a questi bimbi”.

La morte e la beatificazione
Don Gnocchi muore il 28 febbraio 1956. I funerali sono celebrati dall’allora arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, che nel 1963 salirà al soglio pontificio con il nome di Paolo VI. L'ultima sua volontà è la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti. Don Gnocchi viene beatificato il 25 ottobre del 2009. All’Angelus, Papa Benedetto XVI sottolinea che “la sua opera ha continuato a svilupparsi ed oggi la Fondazione Don Gnocchi è all’avanguardia nella cura di persone di ogni età che necessitano di terapie riabilitative”.

Don Gnocchi è stato - come ha detto il cardinale Carlo Maria Martini – un “imprenditore della carità”. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il presidente della Fondazione don Carlo Gnocchi, mons. Angelo Bazzari: 

R. – Era la misericordia in azione e costituisce l’anello di congiunzione tra i santi del passato - il Cottolengo, don Orione, don Calabria - e quelli più vicini a noi come Madre Teresa e i nuovi testimoni, le nuove pietre miliari della carità nell’oggi. Ha inventato la riabilitazione, la restaurazione della persona umana. Questa è la novità che ha introdotto.

D. – Quale eredità ci ha lasciato don Gnocchi, grazie a questa cura integrale della persona?

R. – Ci ha lasciato un messaggio focalizzato sulla integralità della persona umana, quindi, continuità assistenziale. Al centro, più che le malattie – diceva lui – sono i malati e, soprattutto, la persona che in quel momento è malata. Il bisogno umano c’è sempre, il dolore fisico e la sofferenza psichica sono universali e poi ricadono su ciascuno. E quindi, quello che lui voleva era che ci interessassimo più della vita che ci potrebbe essere, che non delle fragilità che ci sono.

D. – Come ha ricordato anche Benedetto XVI all’Angelus, il 15 ottobre 2009, giorno della Beatificazione di don Gnocchi, la sua opera ha continuato a svilupparsi e questo grazie anche al ruolo cruciale della Fondazione …

R. – Sì, noi siamo gli eredi e i continuatori più prossimi di quegli “amis de la baracca” di cui lui parlava. Evidentemente, nella nostra azione quotidiana e nel realizzare nell’oggi il suo spirito, i suoi insegnamenti, i suoi messaggi, cerchiamo esattamente di puntare decisamente sulla frontiera dei più deboli. Noi oggi copriamo con i nostri servizi tutta la stagione umana: dall’alba al tramonto, dall’esordio fino all’epilogo della vita, e la nostra compagnia oggi sono gli handicap fisici, psichici, sensoriali, la neuropsichiatria infantile... Ci interessiamo degli anziani non autosufficienti, di malattie come Parkinson, Alzheimer, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica … Continuiamo a dare attenzione soprattutto ai malati terminali con gli "hospice", con gli stati vegetativi. Insomma, è la frontiera più debole della vita su cui noi abbiamo posizionato tutte le nostre professionalità, la nostra passione.

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Solidarietà in nome di Totò: card di spesa a famiglie in disagio

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Gesti di solidarietà compiuti nel nome di un artista grande di talento e di cuore. È per questo che l’Associazione “Amici di Totò a prescindere” ha deciso di destinare a otto famiglie campane in disagio economico una card di 200 euro mensili per un anno da spendere in un supermercato convenzionato di Salerno. La card è solo una tessera del più ampio “Progetto sociale” che la onlus costruisce da anni, recentemente finanziato dalla pubblicazione di una biografia di Totò, intitolata “Antonio de Curtis, il grande artista dalla straordinaria umanità". Il presidente della onlus, Alberto De Marco, spiega al microfono di Alessandro De Carolis, l’iniziativa della card per le famiglie: 

R. – Ci siamo attivati coinvolgendo le parrocchie. Ci siamo rivolti alle parrocchie che avevano competenze nei quartieri più popolari e di maggiore bisogno. Noi proponiamo di aumentare anche il numero delle famiglie, perché Totò è un’espressione delle classi meno abbienti. Lui ha sempre ricordato, infatti, la sua povertà pure quando era ricco e ha dato sempre agli altri, era sempre disponibile. Anche chi non lo conosceva, quando aveva bisogno si rivolgeva a lui e trovava sempre un approdo e una risoluzione a qualsiasi tipo di problema: interventi chirurgici, l’acquisto di un appartamento…

D. – A quali altri progetti l’Associazione sta pensando?

R. – L’Associazione si propone interventi non soltanto a livello nazionale, non soltanto di aiuto alle famiglie bisognose, ma anche ad altre realtà: in Brasile per la costruzione di ospedali, a Valmontone per realizzare una casa per immigrati con l’intervento anche di don Aniello Manganiello. In sintonia riusciamo a fare questo sui beni della mafia, che grazie al nostro intervento sono stati acquisiti dallo Stato al Comune e dove è stato stabilito che l’Associazione debba realizzare questo Progetto sociale. Sono circa 5 mila metri quadrati. E poi perché bisogna coinvolgere queste persone che scappano da una morte certa, per dare loro piena dignità. Hanno la speranza, infatti, di poter sopravvivere solo attraverso la fuga. Senza dimenticare tante altre realtà, anche nostre. Alcune famiglie ci chiedono aiuto quotidianamente: coniugi che sono stati entrambi licenziati e hanno la difficoltà di dover dare gli alimenti ai propri figli. Situazioni, quindi, proprio disperate. E’ importante, dunque, preoccuparsi di tutti.

D. – Allo studio dell’Associazione c’è anche la realizzazione di una Fondazione a nome di Totò…

R. – Esatto, di due fondazioni: una a nome di Totò – sempre chiaramente, a tutto campo, con un interesse culturale, ma soprattutto sociale – e l’altra con un interesse a tutte le disabilità e già sappiamo che la fondazione sarà dedicata a Duilio Paoluzzi, l’eroe disabile che per salvare una persona è rimasto paralizzato e ha vissuto diversi anni della sua vita sulla sedia a rotelle. Sono due fondazioni che in sinergia opereranno con l’aiuto di Dio e con l’aiuto di quelli che ci vogliono bene e che ci hanno preceduto – dal maestro, Ottavio fantini, a Duilio Paoluzzi a Totò naturalmente – una serie di persone cui noi abbiamo dedicato questo “Progetto Arcobaleno - Terapia dell’amore e del sorriso”. E portiamo avanti lo slogan “Insieme nella solidarietà e contro ogni barriera”, barriera intesa anche a livello culturale.

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Presentato a Roma il libro "Francesco. La carità politica"

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Quattro discorsi storici pronunciati da Papa Francesco, in occasione dei viaggi a Strasburgo, a Washington e a New York, sono stati riuniti nel volume “Francesco. La carità politica. Un volto della misericordia”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Il testo, presentato a Roma presso la Camera dei Deputati, è rivolto a tutti coloro che operano nella politica. Il servizio di Marina Tomarro

I discorsi al Parlamento Europeo e al Consiglio d’Europa, a Strasburgo nel viaggio del 25 novembre del 2014, fino al viaggio dello scorso settembre che ha visto Papa Francesco parlare davanti all’Assemblea plenaria del Congresso degli Stati Uniti e all’Onu. Sono questi i quattro grandi discorsi riuniti nel volume “Francesco. La carità politica. Un volto della misericordia”. Ascoltiamo mons. Lorenzo Leuzzi, cappellano della Camera dei Deputati, che ha curato la presentazione:

R. - L’insegnamento di Papa Francesco offre, in questo momento storico, a tutti coloro che sono impegnati nelle attività politiche, un’occasione importante per recuperare una dimensione che certamente è già stata presente, ma che oggi – grazie alla sua testimonianza – diventa sempre più urgente: recuperare cioè il sociale come punto di riferimento per una riflessione progettuale. Nella prospettiva che ci indica Papa Francesco non si può guardare più al sociale nella prospettiva puramente della carità samaritana, ma occorre una capacità progettuale che sappia cogliere le attese del sociale e rilanciarle in una visione comunitaria e globale. Non è un impegno semplice, ma accorre che la stessa classe politica sia capace di dialogare con coloro che hanno una responsabilità nello studio e nella riflessione.

Il servizio al bene comune e la difesa della dignità dell’uomo sono i due concetti base che fanno da filo conduttore tra i quattro incontri, dove il Papa ha più volte chiesto di “Puntare a restaurare la pace, rimediare agli errori, mantenere gli impegni, e così promuovere il benessere degli individui e dei popoli”. Il commento di Maurizio Lupi, capogruppo alla Camera di Area Popolare:

R. - La carità politica vuol dire che ogni giorno la politica si incontra con il bisogno e con la domanda dell’uomo e quindi deve avere la capacità e il coraggio non di chiudersi, ma di aprirsi ad accogliere questa domanda e di metterla al centro della propria azione: dai bisogni concreti alla casa, alla qualità della vita, alla dignità della persona, all’accoglienza, fino alle grandi leggi. Per far questo – proprio perché la politica ha contatto ogni giorno con l’umano e con la persona e gli ideali – c’è bisogno di un richiamo costante e continuo alla ragione e allo scopo per cui si fa politica. E questo non può che avvenire se non attraverso luoghi di formazione, di educazione. Per il cristiano è la comunità cristiana, è la vita attuale della fede; ma per ognuno è quel luogo che rimanda e richiama ad un ideale che non è del passato, ma che è vivo.

Ma cosa vuol dire oggi operare per la buona politica? Ascoltiamo Ettore Rosato, capogruppo alla Camera del Partito Democratico:

R. - Il buon politico è quello che interpreta il mestiere di politico con uno spirito di servizio a tempo, alla comunità e con attenzione a quelli che sono i problemi dei nostri concittadini, con senso di responsabilità e consapevolezza che bisogna essere al servizio fino in fondo.

D.- Dei quattro discorsi cosa l’ha colpita in particolare?

R. – Sicuramente ha un grandissimo fascino l’intervento al Congresso degli Stati Uniti, in cui il richiamare le figure storiche – cominciando da Abramo Lincoln – ci dà il senso di una partecipazione di Papa Francesco alla storia di quel popolo. Papa Francesco è andato lì a dare un messaggio di grande chiarezza, grande lucidità. Perché poi Papa Francesco accarezza tutti, ma con parole vere: quindi le parole vere sulla pena di morte, le parole vere sul commercio delle armi, sul Trattato di non proliferazione nucleare.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria. Tregua regge con violazioni “non preoccupanti”

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Raid aerei di velivoli non identificati – russi secondo alcune fonti sul terreno – su almeno sei città siriane e 10 civili morti a Tel Abiad, città curda al confine con la Turchia: questo il bilancio, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, del secondo giorno della fragile tregua raggiunta sulla Siria tra Stati Uniti e Russia. Il cessate il fuoco, accettato dal governo di Damasco e dalla principale alleanza dell’opposizione siriana, esclude la lotta allo Stato islamico e ad al-Nusra, la filiale siriana di al Qaeda: infatti i raid di oggi, che avevano per obiettivo alcune località nella provincia di Aleppo e un villaggio vicino Hama, sono stati effettuati in un’area dove è molto attiva al-Nusra; mentre l’attacco a Tel Abiad è stato portato avanti dalle milizie del Califfato. Un bombardamento aereo ha colpito anche la città di Raqqa, roccaforte dell’Is nel Paese.

Attesa la ripresa dei negoziati il 7 marzo
Una tregua che sembra reggere nonostante le prevedibili violazioni da entrambe le parti, che finora non destano preoccupazioni, secondo il presidente americano Obama e l’inviato speciale dell’Onu in Siria, Staffan de Mistura -  ma una valutazione attendibile non potrà arrivare prima di domani - in attesa della ripresa dei negoziati che avverrà il 7 marzo prossimo. Se, dunque, nei prossimi giorni i bombardamenti non riprenderanno su larga scala, la priorità sarà la questione umanitaria, con i soccorsi da portare alle circa 480mila persone bloccate nelle 17 aree individuate sotto assedio. (A cura di Roberta Barbi)

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Iraq. I cristiani chiedono riforme a favore delle minoranze

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Maggiore rappresentanza delle minoranze nel governo di tecnici guidato dal primo ministro sciita Haydar al-Abadi e la modifica dell’articolo 26 della legge che di fatto impone il passaggio automatico alla religione musulmana dei minori quando anche uno solo dei due genitori si converte all’Islam: sono le richieste dei membri cristiani presenti nell’assemblea parlamentare irachena tese ad arginare, almeno in parte, la marginalizzazione subita nel Paese da cristiani e da altre minoranze. Le richieste sono state inviate al presidente del Parlamento, il sunnita Salim al-Juburi.

Modificare la recente legge riguardante l’islamizzazione dei figli
Con tale iniziativa - riferisce l’agenzia Fides - i membri che rappresentano le minoranze intendono soprattutto sollecitare la messa in atto della risoluzione di modifica del provvedimento riguardante l’islamizzazione dei figli, adottata a maggioranza a metà novembre, ma finora senza alcun seguito. Giorni fa Haydar al-Abadi ha risposto alle critiche ribadendo che il governo iracheno non discrimina i propri concittadini in base alla loro appartenenza religiosa, considera anche i cristiani come una “componente genuina” dell’identità nazionale e farà il possibile per impedire la loro emigrazione.

La legge approvata a ottobre tra le proteste delle minoranze religiose
Fra coloro che si battono per cambiare l’articolo 26 c’è il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, che all’indomani dell’approvazione della risoluzione di modifica della norma aveva espresso, insieme alla comunità cristiana, grande soddisfazione per la decisione del Parlamento iracheno. Nei mesi precedenti era stato presentato un emendamento che prevedeva che i minori restassero nella religione di nascita fino a 18 anni, per poi decidere in modo personale la loro fede. Ma a fine ottobre il Parlamento aveva respinto tale proposta, sollevando la protesta della comunità cristiana e dei vertici della Chiesa caldea. (L.Z.)

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Figi. Salito a 42 morti il bilancio del ciclone Winston

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È di almeno 42 morti il bilancio del terribile ciclone Winston, che una settimana fa si è abbattuto sulle isole Figi causando gravissimi danni e lasciando senza casa circa 35mila persone che sono attualmente ospitate nei 424 centri d’emergenza allestiti nel Paese, dopo che il governo ha dichiarato lo stato di disastro naturale per 30 giorni. Una delle isole più colpite è quella di Koro, dove interi villaggi sono stati rasi al suolo dalle piogge e dai venti, che sono spirati alla velocità di 325 km orari, ma ovunque mancano acqua ed elettricità. La maggior parte delle isole, inoltre, sono irraggiungibili a causa della distruzione di diversi moli che impedisce l’attracco delle navi dei soccorritori.

Le priorità dei soccorritori: cibo, acqua ed elettricità
La priorità, adesso, è quella di raggiungere la popolazione che ha bisogno fondamentalmente di riparo, cibo e acqua pulita, mentre i soccorritori sono al lavoro per ripristinare anche gli altri servizi essenziali come la corrente elettrica, soprattutto nell’area intorno alla capitale, Suva. E mentre l’ong Save the Children denuncia lo stato di precarietà in cui versano moltissimi minori, con le scuole che restano chiuse, arrivano i primi aiuti dall’estero: 100mila euro sono state stanziate dalla cooperazione italiana, mentre Australia e Nuova Zelanda hanno mandato in aiuto le proprie navi militari. (R.B.)

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Primarie Usa. Clinton trionfa in South Carolina, 39 delegati

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Hillary Clinton vince a mani basse le Primarie della Carolina del sud portando a casa la sua terza vittoria, mentre il rivale Bernie Sanders rimane fermo ad un successo. Questa volta non c’è stata storia tra i due democratici: l’ex First Lady incassa il 73,5% dei voti, mentre il rivale social-democratico si deve accontentare del 26% delle preferenze. Con la vittoria nel Palmetto State, Hillary conquista 39 delegati, a fronte dei 14 di Sanders, e allunga il distacco verso la nomination.

Trump sempre più in ascesa incassa l’appoggio del Grand Old Party
In casa repubblicana, prosegue la corsa di Donald Trump, che oltre a fare incetta di voti e delegati, ottiene appoggi illustri persino tra i membri dell’establishment del Grand Old Party, che lo ha sempre contrastato. È il caso del governatore del New Jersey, Chris Christie, fino a poco tempo fa anche lui in corsa per la primaria del partito, e del collega del Maine, Paul Le Page. L’appuntamento ora è al 1 marzo col “Super Tuesday”, quando al voto andranno 14 Stati americani, la maggior parte nel sud, e dove il dominio di Trump sembra ancora una volta certificato dai sondaggi.

Tra i repubblicani il prossimo a lasciare potrebbe essere Kasich
L’esito delle urne potrebbe già dare una svolta importante alla corsa, decretando un'accelerata decisiva da parte del magnate del mattone o un suo recupero da parte degli inseguitori Marco Rubio e Ted Cruz. I due sono impegnati in un tentativo di arrembaggio, ma devono fare i conti con un distacco molto ampio e con il successo che Trump riscuote sempre di più tra gli elettori. Per fermare il miliardario newyorkese, servirebbero armi non convenzionali - dicono alcuni osservatori - che riguardano in particolare la sua vita di uomo d’affari. Anche perché i tempi stringono, e pian piano la corsa rischia di diventare sempre più a tre: il prossimo a lasciare potrebbe essere John Kasich, il governatore dell'Ohio, il quale annuncia che se non vincerà nel suo Stato è pronto a ritirarsi. Poi però ci precisa: “Sapete una cosa? Vincerò io in Ohio”. (A cura di Francesco Semprini) 

 

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Yemen. Raid aerei su un mercato a Nehm, almeno 30 morti

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Almeno 30 civili secondo la Bbc – ma per altre fonti sarebbero non meno di 45 e una trentina i feriti – sono morte in un doppio raid aereo effettuato oggi su un mercato a Nehm, a nord-est della capitale yemenita di Sanaa. Secondo testimoni oculari il primo raid avrebbe preso di mira il mercato; il secondo i soccorritori che nel frattempo erano giunti sul posto. Nell’area, in questi giorni, sono in corso violenti combattimenti tra le forze fedeli al presidente Hadi – il cui governo, riconosciuto dalla comunità internazionale ha sede ad Aden – e i miliziani legati all’imam Abdel Malik Houthi.

Ancora ignoti gli autori dei raid
Non è ancora chiaro chi abbia condotto il raid, ma secondo alcuni si tratterebbe degli aerei da guerra della Coalizione a guida saudita, che da circa un anno bombarda i ribelli sciiti Houthi – alleati dell’Iran – che controllano la capitale. Da allora circa 6 mila persone sono morte tra combattimenti sul terreno e raid aerei. (R.B.)

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Ucraina. Shevchuk: no sacramenti a corrotti senza pentimento

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Nessuna assoluzione o comunione a chi non si pente e a chi non rifiuta di partecipare a traffici illegali. Così la Chiesa greco-cattolica ucraina intende combattere la piaga della corruzione dilagante nel Paese. Lo ha detto l’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyic, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk al settimanale ucraino “Focus”. Una presa di posizione netta che giunge dopo i nuovi scandali che, nei giorni scorsi, hanno messo a rischio la tenuta dell’attuale Esecutivo guidato dal premier Arseniy  Yatsenyuk.

La corruzione è un peccato grave
“Vogliamo lottare contro questo fenomeno soprattutto attraverso  il sacramento della Penitenza, perché la corruzione è un peccato grave – ha detto il presule - per confessarti devi prima pentirti e decidere di non commettere più peccato. Chiunque consapevolmente e volontariamente rifiuta di pentirsi per il peccato di corruzione, non può ricevere l’assoluzione e la comunione”. “Sfortunatamente – ha aggiunto mons. Shevchuk – a molti ucraini questo peccato comincia a piacere e non ne percepiscono la gravità”.

La corruzione è come il cibo avariato
Secondo l’arcivescovo greco-cattolico, la corruzione è come il cibo avariato:  “Non daresti mai cibo avariato ai tuo figli, perché potrebbe danneggiare la loro salute. La corruzione è proprio questo: accettandola diamo ai nostri figli una società marcia. Ognuno di noi dovrebbe sentirsi responsabile di questo”, ha concluso il presule. (L.Z.)

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Ambulatorio poveri S.Pietro. Medicina Solidale: grati a Papa

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“Siamo grati a Papa Francesco per aver voluto, ancora una volta, dare un segno concreto di misericordia in piazza San Pietro alle persone senza fissa dimora o in difficoltà. I nostri medici insieme a quelli del Fas e del Policlinico di Tor Vergata hanno accettato con grande passione questa nuova sfida che unisce idealmente il lavoro fatto in questi anni nelle periferie con il cuore della cristianità". È quanto dichiara Lucia Ercoli, direttore dell'associazione Medicina Solidale che sarà presente con i propri medici e infermieri nella nuova struttura - voluta da Francesco - sotto il colonnato di San Pietro per garantire le cure mediche alle persone in difficoltà e senza fissa dimora.

La nuova struttura sotto al colonnato dopo l’esperienza nelle periferie
"Dopo Tor Bella Monaca, Tor Marancia, Montagnola e Regina Coeli - aggiunge - abbiamo accolto l'invito dell'Elemosiniere del Papa a metterci in gioco per garantire le visite mediche e le giuste cure a chi non può più permettersele. C'è ancora tanto lavoro da fare soprattutto nei quartieri periferici della nostra città, ma credo che questo nuovo ambulatorio a San Pietro sia un segno di grande speranza”.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 59

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.