Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 25/02/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: è una grazia vedere il povero che bussa al nostro cuore

◊  

La fede vera è accorgersi dei poveri che ci sono accanto. Lì c’è Gesù che bussa alla porta del nostro cuore: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha poi sospeso le udienze del giorno per una lieve indisposizione, ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi. Il servizio di Sergio Centofanti

Cristiani in una bolla di vanità
Nel Vangelo del giorno Gesù racconta la parabola dell’uomo ricco “che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo e ogni giorno si dava a lauti banchetti” e non si accorgeva che alla sua porta c’era un povero, di nome Lazzaro, coperto di piaghe. Il Papa invita a porsi questa domanda: “Se io sono un cristiano sulla via della menzogna, soltanto del dire, o sono un cristiano sulla via della vita, cioè delle opere, del fare”. Quest’uomo ricco, infatti – nota Francesco – “conosceva i comandamenti, sicuramente tutti i sabati andava in sinagoga e una volta all’anno al tempio”. Aveva “una certa religiosità”:

“Ma era un uomo chiuso, chiuso nel suo piccolo mondo - il mondo dei banchetti, dei vestiti, della vanità, degli amici - un uomo chiuso, proprio in una bolla, lì, di vanità. Non aveva capacità di guardare oltre, soltanto il suo proprio mondo.  E quest’uomo non si accorgeva di cosa accadesse fuori del suo mondo chiuso. Non pensava per esempio ai bisogni di tante gente o alla necessità di compagnia degli ammalati, soltanto pensava a lui, alle sue ricchezze, alla sua buona vita: si dava alla buona vita”.

Il povero è il Signore che bussa alla porta del nostro cuore
Era, dunque, un “religioso apparente”, “non conosceva alcuna periferia, era tutto chiuso in se stesso. Proprio la periferia, che era vicina alla porta della sua casa, non la conosceva”. Percorreva “la via della menzogna”, perché “si fidava soltanto di se stesso, delle sue cose, non si fidava di Dio”. “Un uomo che non ha lasciato eredità, non ha lasciato vita, perché soltanto era chiuso in se stesso”. Ed “è curioso” sottolinea Papa Francesco - che “aveva perso il nome. Il Vangelo non dice come si chiamava, soltanto dice che era un uomo ricco, e quando il tuo nome è soltanto un aggettivo è perché hai perso, hai perso sostanza, hai perso forza”:

“Questo è ricco, questo è potente, questo può fare tutto, questo è un prete di carriera, un vescovo di carriera… Quante volte noi… ci viene di nominare la gente con aggettivi, non con nomi, perché non hanno sostanza. Ma io mi domando: ‘Dio che è Padre, non ha avuto misericordia di questo uomo? Non ha bussato al suo cuore per muoverlo?’. Ma sì, era alla porta, era alla porta, nella persona di quel Lazzaro, che sì aveva nome. E quel Lazzaro con i suoi bisogni e  le sue miserie, le sue malattie, era proprio il Signore che bussava alla porta, perché quest’uomo aprisse il cuore e la misericordia potesse entrare.  Ma no, lui non vedeva, soltanto era chiuso: per lui oltre la porta non c’era niente”.

La grazia di vedere i poveri
Siamo in Quaresima – ricorda il Papa – e ci farà bene domandarci quale strada stiamo percorrendo:

“’Io sono sulla strada della vita o sulla strada della menzogna? Quante chiusure ho nel mio cuore ancora? Dove è la mia gioia: nel fare o nel dire? Nell’uscire da me stesso per andare incontro agli altri, per aiutare? - Le opere di misericordia, eh! O la mia gioia è avere tutto sistemato, chiuso in me stesso?’. Chiediamo al Signore, mentre pensiamo questo, no, sulla nostra vita, la grazia di vedere sempre i Lazzari che sono alla nostra porta, i Lazzari che bussano al cuore, e uscire da noi stessi con generosità, con atteggiamento di misericordia, perché la misericordia di Dio possa entrare nel nostro cuore!”.

inizio pagina

Francesco in un libro per bambini: voi siete la mia speranza!

◊  

Un libro originale, semplice e straordinario al tempo stesso. E’ da oggi, nelle librerie italiane, “L’amore prima del mondo. Papa Francesco scrive ai bambini”. Edito in Italia da Rizzoli, ispirato e voluto dalla casa editrice dei gesuiti americani “Loyola Press”, il libro – realizzato grazie alla collaborazione di padre Antonio Spadaro – offre al lettore un dialogo da cuore a cuore tra il Papa e i bambini di tutto il mondo, che si rivolgono a Francesco come a un padre confidandogli problemi e speranze. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Prima di creare il mondo, Dio amava”, “Dio ama sempre. Dio è amore”. Papa Francesco risponde così a Ryan, bambino canadese che gli chiede cosa facesse Dio prima di creare il mondo. Il Papa risponde con parole semplici, intime, come un padre premuroso, confidando ai più piccoli la sua riflessione sulla vita e sulla fede. A volte con risposte sorprendenti. Del resto è proprio Francesco ad affermare che per lui “vedere un bambino è vedere il futuro” e sente salire nel suo cuore “tanta speranza”.

Se potessi fare un miracolo, guarirei tutti i bambini
Francesco tocca le corde del cuore quando si sofferma sulla sofferenza dei bambini. A William che dagli Stati Uniti gli chiede cosa farebbe se potesse compiere un miracolo, risponde: “Io guarirei i bambini”, “se potessi fare un miracolo guarirei tutti i bambini”. E aggiunge che non è “ancora riuscito a capire perché i bambini soffrano”, è un mistero “a cui non sa dare una spiegazione”. “La mia risposta al dolore dei bambini – aggiunge – è il silenzio oppure una parola che nasce dalle mie lacrime”. Di miracoli parla anche in una risposta a Joaquin, che dal Perù gli chiede “perché non ci sono più miracoli”. “Ma chi te lo ha detto questo?”, replica il Papa, “non è vero! I miracoli ci sono anche adesso”: “il miracolo della gente che soffre e non perde la fede, per esempio”. Il Papa pensa anche ai martiri in Medio Oriente “che si lasciano uccidere per non rinnegare Gesù”. “Anche io – rivela – ne ho sperimentati tanti. No, non sono i miracoli spettacolari. Io non ho mai visto risuscitare un morto, no. Ma ho visto tanti miracoli quotidiani nella mia vita”. A Luca, bimbo australiano, che ha perso la mamma, scrive che ora sua madre è “in cielo” ed è “più bella che mai”. “Ogni volta che ti vede – soggiunge – tua mamma è contenta se ti comporti bene. Se non ti comporti bene, lei ti vuol bene lo stesso e chiede a Gesù di farti più buono”.

Non siamo prigionieri della sofferenza, Gesù ha vinto il male
A Mohammed, che scrive dalla Siria, parla della sofferenza, della “gente cattiva che fabbrica armi perché le persone combattano e facciano la guerra. C’è gente che ha nel cuore odio”. “Questo è terribile”, commenta, “ma questa sofferenza è destinata a terminare”, “non è per sempre”. “Noi – sottolinea Francesco – non siamo prigionieri della sofferenza”, perché Gesù “è venuto a salvarci e ha sconfitto il diavolo”. “Il diavolo è uno sconfitto – dice ad una bambina peruviana – è come un cane legato che abbaia e ringhia, ma se non ti avvicini non può morderti”. E nella risposta a un bambino dello Zimbabwe, osserva che Gesù ha sconfitto il male sulla croce. “Il diavolo – ribadisce – è stato sconfitto e per questo ha tanta paura della croce”.

Dio vuole la salvezza di tutti noi
Ad Emil, della Repubblica Dominicana, rassicura che i nostri parenti che sono in cielo “non sono lontano da noi”, “pregano per noi e si prendono cura di noi con affetto”. A Michael che, dalla Nigeria gli chiede cosa fare per risolvere i conflitti nel mondo, risponde con franchezza che “non c’è una bacchetta magica”. Per questo, “bisogna convincere tutti – è la sua esortazione – che il modo migliore di vincere una guerra è non farla. Non è facile, lo so. Ma io ci provo. Provaci anche tu”. A un bambino cinese che gli chiede se il nonno che non è cattolico andrà in Paradiso, il Papa risponde che “Gesù ci ama tantissimo e vuole che tutti andiamo in cielo. La volontà di Dio è che tutti si salvino”. Una volta, racconta, una signora andò da San Giovanni Maria Vianney disperata perché suo marito si era suicidato buttandosi da un ponte. “Era disperata – spiega il Papa – perché immaginava che il marito fosse certamente all’inferno”, ma il Curato d’Ars le disse: “Guarda che tra il ponte e il fiume c’è la Misericordia di Dio”.

Prego dovunque, mi piace sentirmi padre e stare con la gente
Naturalmente, molte lettere dei bambini riguardano la vita personale di Francesco, cosa voglia dire essere il Papa. Lui non si sottrae e risponde con naturalezza, sottolineando innanzitutto che non saprebbe riconoscere se stesso senza il sentimento di paternità. “Non potrei proprio pensare a me stesso se non come padre”. “Mi fa felice stare con la gente – risponde a Judith che gli scrive dal Belgio – questo mi fa felice. Se non riesco a stare con la gente sto con Gesù e gli parlo della gente”. A Josephine che gli chiede qual è il suo posto preferito per pregare, risponde che a lui “piace pregare dovunque”, “posso pregare mentre cammino o anche quando vado dal dentista. Dio lo trovo dovunque”. Una preghiera che deve venire dal cuore, perché “Lui ci ascolta con il cuore”. Ma qual è la scelta più difficile per Papa Francesco, scrive Tom dal Regno Unito? “Mandar via qualcuno o da un compito di responsabilità o da una posizione di fiducia o da un cammino che sta facendo perché inadatto”. Per me, riprende, “allontanare una persona è davvero molto difficile”, “io amo fidarmi della gente, dei collaboratori, delle persone che mi sono affidate. Mi sento male se devo mandar via qualcuno, ma a volte bisogna farlo”.

Da ragazzo mi piaceva ballare il tango, è bello essere allegri
Francesco torna anche alla sua infanzia, ricorda che gli piaceva tanto ballare il tango da ragazzo. Annota poi che anche Re Davide quando l’Arca dell’Alleanza tornò a Gerusalemme si mise a ballare davanti ad essa, ma sua moglie Micol lo disprezzò nel suo cuore. “Questa donna era malata di serietà, la sindrome di Micol io la chiamo. La gente che non può esprimere allegria sta sempre seria. Ballate voi che siete bambini, così non sarete troppo seri quando sarete grandi”. E confessa simpaticamente che, da piccolo, voleva fare il macellaio perché quando andava al mercato con sua nonna questi aveva una grande tasca nel suo grembiule con tanti soldi e quindi pensava che fosse un uomo ricchissimo. “E’ buffo – scrive a Basia, bambino polacco di otto anni, – ma devo confessarti questa cosa”. Ad Alessio, di Catania, Francesco racconta invece di quando era chierichetto. A quei tempi, ricorda, la Messa non era in spagnolo. “Il prete – confida – parlava ma io non capivo niente. E così anche i miei compagni. Allora per gioco imitavamo il prete storpiando un po’ le parole per fare strane frasi in spagnolo. Ci divertivamo. E ci piaceva tanto servire la Messa”. Il Papa torna poi al suo amore per il pallone. “Si gioca bene al calcio – evidenzia – quando si gioca insieme, quando si fa gioco di squadra e si cerca il bene di tutti senza pensare al bene personale o a mettersi in mostra. Così dovrebbe essere anche nella Chiesa”.

Tutti litighiamo anche il Papa, ma bisogna sempre fare la pace
Anche la famiglia e le relazioni con gli altri sono tra i temi che spesso ricorrono nelle lettere dei bambini al Papa. “Tutti noi litighiamo”, “anch’io ho litigato – afferma rispondendo ad Alexandra, una bimba filippina – è normale che la gente discuta. E così anche i genitori discutono”. Tuttavia, avverte, i genitori “mai finiscano la giornata senza fare la pace”. E raccomanda ai bambini: “Se vuoi aiutare i tuoi genitori io ti consiglio soprattutto di non parlare mai male di tuo papà a tua mamma e di tua mamma a tuo papà. Stai vicina a tua mamma e a tuo papà e parla bene di loro. Questo farà bene a tutti”. A Mansi, che scrive dall’India, aggiunge: “Puoi trovare Dio nella tua famiglia volendo bene a tua mamma, tuo papà”, “se vuoi bene ai tuoi familiari allora troverai Dio”. Ed evidenzia che Dio ci ha creati liberi, ma molti hanno paura della libertà “perché non è programmabile e proprio per questo la libertà è bella ed è il dono più grande”. A Thierry, che dall’Australia gli chiede perché Gesù non dia da mangiare a tutti, Francesco sottolinea che “il problema non è Gesù, ma la gente cattiva ed egoista che vuole tenere tutto per sé e non vuole condividerlo”, per questo “dobbiamo imparare a condividere le ricchezze che abbiamo”.

Vorrei ringraziare Dio per la sua pazienza e aiutare chi soffre
Il Papa risponde poi ad alcune questioni di fede poste dai bambini. A Juan Pablo che gli chiede perché Gesù abbia scelto alcuni come apostoli e non altri, Francesco risponde che “Gesù non sceglie le masse, ma ciascuno, uno per uno”. Tutti, prosegue, “siamo eletti per amore di Gesù”, “questo amore ci fa sentire scelti”. Lui “non esclude mai nessuno dal suo cuore”. E a Karla che, dal Nicaragua, si domanda se anche le persone cattive abbiano un angelo custode, il Papa risponde che tutti ne abbiamo. E aggiunge che “un modo di aiutare le persone cattive è pregare il loro angelo custode perché le aiuti a diventare buone”. E invita così i bambini ad andare al catechismo perché questo ci aiuta a conoscere meglio Gesù e “la sua grande famiglia che è la Chiesa”. Francesco risponde infine a due bambini olandesi che gli chiedono cosa vorrebbe fare ancora nella sua vita. “Mi piacerebbe sorridere sempre – risponde – sorridere a Dio innanzitutto”, “vorrei ringraziare Dio per la sua pazienza”, per il bene che fa e “mi piacerebbe aiutare la gente che soffre”.

inizio pagina

Parolin: nessuna equiparazione tra matrimonio e unioni civili

◊  

All’indomani dell’incontro tra Santa Sede e Italia per l’anniversario dei Patti Lateranensi, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin è tornato a parlare di unioni civili, a margine di un incontro alla Biblioteca Apostolica Vaticana. Ascoltiamolo al microfono di Michele Raviart: 

R. - Ieri (martedì, ndr) abbiamo avuto un buon incontro. Ci siamo confrontati su questioni specifiche che riguardano i rapporti bilaterali. Poi è stato toccato anche questo tema delle unioni civili che però non si è approfondito. Le posizioni sono molto chiare: la questione dello stralcio delle adozioni ci è sembrata una cosa quanto mai opportuna. Io facevo notare, e qui sono anche stato male interpretato – qualcuno ha citato proprio il contrario di quello che ho detto -  che il punto fondamentale è che non si equipari in nessun modo il matrimonio alle unioni civili e cioè che siano due discipline completamente distinte.

D. – Ci sono dei rischi secondo lei, nel testo così com’è, che ci sia un’equiparazione?

R. – Stanno lavorando, mi hanno detto, proprio per evitare questo. Stanno lavorando per evitare il più possibile questo.

inizio pagina

Congresso a 10 anni dalla Deus Caritas est di Benedetto XVI

◊  

A dieci anni dalla Enciclica Deus Caritas est, la prima di Benedetto XVI, si è aperto in Vaticano un Congresso internazionale che ne vuole esaminare le prospettive teologiche e pastorali per il mondo di oggi. “La carità non avrà mai fine” è il titolo, per sottolineare che il messaggio di Dio-Amore, contenuto nel testo ha validità in ogni tempo. Gli organizzatori del Pontificio Consiglio Cor Unum e i partecipanti da diverse Conferenze episcopali e da numerosi organismi di carità cattolici saranno in udienza dal Papa questo venerdì. Il servizio di Gabriella Ceraso

"Abbiamo dieci anni alle spalle di Deus Caritas est, è un bel traguardo, però pensiamo che sia un testo che parla ancora!". Così mons. Giampietro dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, spiega il motivo del Congresso. Non dunque una commemorazione di un testo ma la prospettiva che esso apre nel mondo di oggi dominato spesso dalla dimensione dell’utilità:

"La Carità apre una prospettiva di gratuità ma, se vogliamo, ancora più profondamente, questo messaggio della carità risponde in fondo a quello che è l'uomo perchè ogni uomo nel profondo del suo cuore chiede di essere amato e di amare. E sentire che Dio è Carità è un messaggio che può fare del bene".

La Carità è il cuore della fede e della vita della Chiesa e il servizio della carità è costitutivo ad essa, come lo sono i Sacramenti e la Parola. Carità, spiega il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, non è “semplice appello morale” né “obbligo religioso” né una “specie di assistenza sociale”. A partire dall’amore sublime che unisce uomo e donna nel matrimonio, in una “comunione fisico spirituale” naturale - rispetto alla quale ogni altro tipo di unione rappresenta una falsa ideologia imposta dalla politica - l’amore vero è dedizione e perdono, è dono al prossimo di quanto ricevuto da Dio. E nella misura in cui sapremo essere testimoni di questo amore, sottolinea il porporato, porteremo la luce di Dio al mondo.

“Non ci sono barriere per la carità, la cui missione interna è proprio far sentire la bontà di Dio oltre ogni frontiera” scrive il Papa emerito Benedetto XVI ai partecipanti del Congresso. “Nessuno è indifferente agli occhi di Dio” e questo è tratto comune tra le religioni tanto da poter costituire una piattaforma per un dialogo e un lavoro comune. Per il mondo ebraico, parla il rabbino David Shlomo Rosen dell'American Jewish Committee:

R. -There is not one word…
Non c’è soltanto una parola nell’ebraismo per indicare la carità….. La più comune è il concetto di “Sadaqah”, che significa giustizia. In altre parole, è il modo giusto di comportarsi. Non è qualcosa per cui tu ricevi una pacca sulla spalla, ma dovrebbe essere automaticamente il modo naturale di comportarsi, con generosità di spirito. E’ radicata nel riconoscimento che ogni essere è creato ad immagine divina. In altre parole, la presenza di Dio si trova negli altri, e perciò la nostra risposta agli altri è la risposta a Dio. Ma c’è anche una parola più profonda ed è la parola “Hesed”, che significa più che semplice carità, "grazia", nel senso più vicino al concetto cristiano di questo termine, e si riferisce non solo alla nostre interazioni umane di bontà amorevole e misericordiosa, ma soprattutto all’atteggiamento di Dio verso di noi: di amore illimitato, che sempre ci perdona.

D. – Può essere strumento di dialogo tra le religioni?

R. – Of course, even on the concept…
Certamente, anche nel concetto di “Sadaqah”, che è vero, perché il momento in cui riconosciamo che ogni essere umano è stato creato ad immagine divina, allora riconosciamo che non possiamo davvero servire Dio se non serviamo i nostri compagni; non possiamo amare Dio, se non ci amiamo l’un l’altro.

Gli fa eco il prof. Saeed Ahmed Khan, della Wayne State University:

R. – Charity oftentimes is limited in the way that people describe it: they think of it as giving …
Spesso il concetto di “carità” viene limitato dal modo in cui le persone la descrivono: pensano, infatti, che significhi dare qualcosa a qualcuno che è in necessità e generalmente questo viene posto in termini di necessità materiali: dare cibo, riparo, vestiti … Invece, “carità” è un termine molto più ampio che, ancora, nell’Islam è considerato una benedizione, uno strumento per manifestare l’amore e la misericordia e l’empatia nei riguardi dell’umanità. Il profeta Mohammed ha detto che perfino un sorriso può essere una forma di “carità”.

Al Congresso sarà dato spazio anche alle testimonianze di progetti concreti di carità sul territorio: da Capo Verde, alla Siria, all'America latina. Il Congresso affronta anche le prospettive antropologiche e filosofiche della carità.

inizio pagina

Tagle: imparare la misericordia al di là dei confini della Chiesa

◊  

Giubileo, dialogo interreligioso, impegno per i poveri e l’ambiente. Sono i temi forti che il cardinale Luis Antonio Tagle ha affrontato alla Gregoriana, durante la presentazione del volume “Religion and Politics”, frutto della scuola Sinderesi, promossa dall’ateneo pontificio. All’evento c’era Alessandro Gisotti che, in questo servizio, riassume i passaggi fondamentali dell’intervento del presidente della Caritas Internationalis

“L’evangelizzazione in Asia e non solo deve avere la forma del dialogo soprattutto con le culture e le religioni”. Esordisce così il cardinale Tagle dialogando con i ragazzi della scuola Sinderesi dell’università Gregoriana.

Non studiare le religioni in astratto, creare amicizia
Invita i giovani, in particolare, a fare esperienza in luoghi lontani dai propri, dove si può sperimentare il proprio essere minoranza:

“Make the religion and the culture of somebody…
Rendere concreta la religione e la cultura dell'altro, creando amicizia; non studiare le culture solo dai libri o in astratto. Le culture, le religioni, sono incarnate nelle persone, quindi arriviamo a conoscere le persone: parliamo con loro, litighiamo con loro, piangiamo con loro, ridiamo con loro. Allora saremo capaci di entrare in quel mondo e in quella cultura”. 

E’ importante, prosegue, “l’intelligenza culturale”. Bisogna chiedersi, riprende il porporato, come la cultura influisce sul proprio modo di pensare e di qui provare a comprendere la cultura e la religione di un’altra persona, come incida sul proprio modo di pensare:

“We both search…
Tutti e due cerchiamo dove convergiamo, dove ci differenziamo. Ma la differenza ora non è nemica: è una differenza con il rispetto, anche con una capacità di imparare l’uno dall’altro. Il mio consiglio è che i giovani comincino a crescere e a sviluppare un’intelligenza culturale”.

Anche le altre religioni possono insegnarci la misericordia
Il cardinale Tagle ha quindi affrontato il tema del Giubileo. La chiamata alla misericordia, sottolinea, va oltre i confini della Chiesa cattolica come chiede Papa Francesco. Questo, però, deve avvenire a livelli differenti. La Chiesa, riprende, è chiamata a testimoniare la misericordia non solo ai suoi membri, ma anche all’esterno:

“That is a sign of mercy…
Quello è un segno di misericordia: vedere un fratello, vedere una sorella, vedere un vicino, specialmente quelli che soffrono, gli abbandonati. Se si guarda al mondo, non solo in Asia: ovunque ci sia ingiustizia, c’è una assenza di misericordia. Le vittime dell’ingiustizia non hanno misericordia o sono vittime di azioni prive di misericordia. Quindi, durante l’Anno della Misericordia, guardiamo a tutti loro, alle vittime, ed estendiamo a loro la misericordia, perché vediamo un fratello, un vicino, una sorella”.

Un secondo livello, soggiunge l’arcivescovo di Manila, e questo si vede bene in Asia, dobbiamo cercare le fonti di misericordia presenti nelle religioni. Qualcosa che i vescovi asiatici, rammenta, hanno già iniziato a fare. Parla così dell’esempio dei monaci buddisti che condividono il cibo con gli affamati delle loro comunità. Vanno mendicando cibo non per sé ma per gli altri. Bisogna allora imparare da questa testimonianza di misericordia: il meglio viene dato a chi ha bisogno:

“This type of learning mercy…
Questo imparare la misericordia al di là dei confini della Chiesa cattolica è acquisito in Asia più precisamente nelle famiglie, nelle famiglie interreligiose. Mariti e mogli di tradizioni religiose differenti imparano ad essere misericordiosi l’uno con l’altro ogni giorno, ogni giorno. La famiglia diventa scuola di misericordia, specialmente nelle famiglie interreligiose”.

Riguardo al ruolo delle religioni nel mondo globalizzato, il presidente di Caritas Internationalis avverte poi che di fronte ai fondamentalismi irrazionali, gli uomini di fede devono mostrare il contrario: provare che le religioni possano fare il bene, mostrare che le religioni lavorando assieme possano promuovere lo sviluppo umano.

Uomini di fede trovino terreno comune nell’aiuto ai sofferenti
Ancora, ammonisce che non bisogna permettere che la religione sia usata come mezzo di distruzione. E qui, il cardinale Tagle fa riferimento all’impegno comune delle religioni in particolare rispetto a chi soffre, e oggi soprattutto rifugiati e migranti:

“A few months ago…
Qualche mese fa con la Caritas abbiamo visitato il campo per rifugiati di Idomeni, in Grecia. C’era un ragazzo siriano, era solo, e quando gli abbiamo dato del cibo, nel suo inglese, mi ha chiesto: 'Sei un musulmano?'. Ho sorriso ed ho risposto: 'No'. Mentre si allontanava, i suoi occhi erano fissi sui miei. Sono passati almeno due anni da quell’incontro di occhi ed io gli auguro tutto il bene, ogni notte prego per lui. Non conosco il suo nome, ma lui ha ricevuto pane da un non musulmano e per quel breve momento c’è stata una connessione, una connessione tra due persone legate dalla sofferenza”. 

Da ultimo, il cardinale filippino ha indicato il cambiamento climatico come terreno comune. La Federazione degli episcopati asiatici, evidenzia, ha già pubblicato due documenti su questo con un approccio e un contenuto interreligioso. Su questo, il cardinale Tagle ne è convinto, le persone di fede devono lavorare assieme:

“So it’s not just…
Quindi non riguarda solo gli scienziati, i tecnocrati, ma anche i gruppi religiosi, che potrebbero mettersi insieme per una causa comune. Lasciatemi aggiungere di non dimenticare le religioni tradizionali indigene, non solo le grandi religioni. Anche loro sono importanti nel rispondere nella ricerca della giustizia, della pace e dell’integrità climatica”.

inizio pagina

Giubileo, presentata la stampa ufficiale "Misericordiae Vultus"

◊  

Si chiama "Misericordieae Vultus", come la bolla di indizione del Giubileo, la stampa ufficiale e celebrativa dell’Anno della Misericordia. L’opera, realizzata secondo l’antica arte calcografica da Pierluigi Isola e dal maestro incisore Patrizio di Sciullo con la collaborazione della Biblioteca Apostolica Vaticana e del Governatorato, è stata stampata in 200 copie con l’auspicio di essere donata ai capi di Stato e di governo ricevuti dal Papa in Vaticano. Il servizio di Michele Raviart

Le “sette chiese di Roma”, meta tradizionale dei pellegrini in alto; le opere di misericordia, cuore di quest’Anno santo, in basso. Un doppio registro figurativo per un’inedita veduta allegorica dell’Urbe, stampata incidendo il rame con acquaforte e bulino. Un’opera realizzata a partire dai disegni di Pierluigi Isola, che spiega la sfida maggiore nell’ideazione della stampa:

"Sicuramente, cercare di mettere insieme tutti questi elementi dando loro un’immagine unitaria e facendo  in modo che non fossero dei frammenti giustapposti così, in maniera arbitraria, ma risultassero una immagine coerente, pur contenendo all’interno tutta una serie di elementi che poi erano anche abbastanza difficili da mettere insieme: l’idea dei Sacramenti, delle opere di misericordia, delle sette chiese... Un elemento che richiama il colonnato di Bernini, all’interno del quale vengono accolte delle figure che rappresentano dei pellegrini, un elemento che è la tavola imbandita e un elemento che è la porta di un carcere”.

Alberi e animali ricordano l’Enciclica “Laudato si’”, mentre accanto alla porta Santa di S.Pietro, sormontata dallo stemma di Papa Francesco, una scena raffigura la lavanda dei piedi. Una scelta particolarmente significativa, afferma il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, che insieme al cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato e ai vertici della Bibiloteca Apostolica Vaticana, ha contribuito alla realizzazione dell’opera:

"Un’opera che a me piace tantissimo e che ho incoraggiato fin dall’inizio, quando mi hanno portato il primo bozzetto, che era ancora soltanto disegnato per metà… Poi, è nata l’idea, appunto, delle Opere di Misericordia. L’autore è riuscito a fare un riferimento un po’ a tutte. E poi c’è questa idea della lavanda dei piedi che le riassume tutte: la misericordia di Dio nei nostri confronti, perché Colui che lava i piedi è il Signore, che deve appunto tradursi – a nostra volta – in opere di misericordia, perché Lui dice: 'Come io ho lavato i piedi a voi, così voi dovete lavarli agli altri'”.

La stampa "Misericordiae Vultus" si inserisce in una tradizione secolare, per la quale ai pellegrini giunti a Roma per il Giubileo veniva consegnata una mappa aggiornata di Roma. Già nel Duemila era stata realizzata con lo stesso metodo di questa stampa una "Forma urbis Romae", pianta monumentale della città, iniziativa replicata nel 2007 con la mappa della Città del Vaticano. Mons. Jean-Louis Bruguès, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa:

"Abbiamo cercato di rappresentare in modo esplicito cosa sia la misericordia e innanzitutto la misericordia a Roma, dunque il pellegrinaggio: qui ci sono le Basiliche e sotto le opere della misericordia. Tutto quello fa parte della tradizione. Noi abbiamo sempre illustrato l’Anno del Giubileo con un disegno particolare".

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Il nome e l'aggettivo: messa a Santa Marta.

Gianluca Biccini sulle domande difficili dei bambini: presentato a Francesco il libro "L'amore prima del mondo".

Tregua in bilico: le tensioni fra Russia e Turchia rischiano di compromettere l'accordo sulla Siria.

Il cammino del Giubileo nella visione di Mario Luzi, di cui ricorre l'undicesimo anniversario della morte: la versione riveduta di un testo del poeta scritto nel 2000, anticipazione di un nota di Gianantonio Borgonovo sulle origini e il significato del giubileo e i versi tratti dal poema "Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini" che sono stati tradotti in cinese.

Mandato conciliare: il cardinale Jean-Louis Tauran ricorda il vescovo Piero Rossano nel venticinquestimo della morte.

Camminare insieme: la prefazione del cardinale Lorenzo Baldisseri al libro di Maurizio Gronchi "Chiesa Sinodo Famiglia".

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Nigeria, cristiani perseguitati e nuove violenze a Yola

◊  

È il peso della violenza, della persecuzione e dell’insicurezza a caratterizzare la presenza cristiana nel nord della Nigeria e nella cosiddetta "Middle Belt" del Paese africano. A rivelarlo è il recente rapporto “Crushed but not Defeated” dell’organizzazione "Open Doors", secondo cui tra i 9 mila e gli oltre 11 mila cristiani sono stati uccisi, oltre un milione di cristiani dal Duemola a oggi sono diventati sfollati interni o sono stati obbligati a trasferirsi altrove e 13 mila chiese sono state distrutte o costrette a chiudere, per non parlare delle migliaia di attività economiche, proprietà e abitazioni cancellate. A generare tale violenza gli attacchi degli estremisti islamici di Boko Haram ma anche gli scontri e le rivalità degli allevatori Hausa-Fulani, in un Paese in cui anche nelle ultime ore un’esplosione ha sconvolto la città di Yola, nello Stato dell’Adamawa. Ce ne parla padre Patrick Alumuku, direttore della comunicazione dell’arcidiocesi di Abuja, intervistato da Giada Aquilino

R. – Stiamo vivendo questa situazione già da 3-4 anni. La maggior parte di questi problemi si verifica nella zona di Jos, nello Stato di Plateau, e anche in quello di Benue. In questi Stati, gli allevatori musulmani, che sono Hausa-Foulani, scendono con mucche e vario bestiame nel centro del Paese, che è una parte popolata da cristiani. Il bestiame si ciba di tutto quello che trova nei campi degli agricoltori e si viene a creare così una situazione di disagio, di tensione tra tali allevatori e la gente del posto.

D. – Su questa situazione già critica si innesta la violenza dei Boko Haram?

R. – Esatto, perché sono tutti insieme. Infatti, tante persone fanno parte di Boko Haram. In questo anno, con il nuovo governo si è fatto molto anche perché il presidente Buhari è musulmano ed è fortemente contro Boko Haram: insiste sul fatto che Boko Haram non è l’Islam e che i musulmani veri non sono membri di Boko Haram. Sottolinea che i Boko Haram sono fondamentalisti che cercano di mettere in difficoltà tutti, sia cristiani sia musulmani.

D. – Proprio nelle ultime ore c’è stato un ennesimo attentato a Yola che ha colpito, tra i vari obiettivi, anche una scuola primaria. Perché?

R. – Adesso, Boko Haram non ha più la forza che aveva prima, quindi cercano “soft target”, cioè cerca obiettivi come la popolazione inerme che si va a trovare davvero in difficoltà con una sofferenza del genere. Boko Haram ha sempre avuto tra i suoi obiettivi le scuole, dove crede che la gente impari i valori occidentali. Però, vedendo quello che faceva prima, sappiamo che Boko Haram non ha più la capacità di conquistare e di instaurare un califfato o quello che sperava di fare.

D. – Ritornando al rapporto, il documento parla di vittime tra i cristiani, di sfollati, di chiese distrutte o costrette a chiudere, di abitazioni, negozi, attività economiche cancellate. Ci sono testimonianze da parte della comunità cristiana su quanto sta avvenendo?

R. – Io vengo dalla zona di Makurdi, nello Stato di Benue. E un giorno, andando da Abuja verso Makurdi, ho incontrato mezzo milione di sfollati che camminavano trasportando tutti i loro averi. E’ stata una cosa incredibile, mai vista prima. Uomini armati hanno cominciato a sparare. Hanno preso il telefonino di un giovane e, dopo averlo ucciso, hanno iniziato a chiamare ogni numero registrato in quel cellulare. Hanno chiamato praticamente tutte le persone della zona, dicendo: “Questa sera saremo lì e, quando arriveremo, uccideremo tutti”. Quindi, gli abitanti impauriti hanno cominciato veramente ad abbandonare la zona.

D. – Nonostante le violenze, le discriminazioni, le persecuzioni nei confronti del cristiani, nelle aree del centro e nord della Nigeria i cristiani sono ancora presenti?

R. – Quella del centro è una zona cristiana. La settimana scorsa poi abbiamo avuto una Messa in cui il cardinale Onaiyekan ha detto come ultimamente nonostante gli attacchi di Boko Haram nel nord - dove sembrava ci fossero tutti musulmani - il numero di cristiani sia molto grande. Per questo dobbiamo pregare per loro: sono lì, nei campi profughi, con la speranza di tornare a casa, perché non c’è alternativa a dove andare. La Chiesa chiede continuamente che il governo faccia qualcosa per chi è perseguitato e fa il possibile. Abbiamo tanti campi profughi, portiamo cibo, vestiti, un po’ di denaro, sapone, medicine.

inizio pagina

Siria, da sabato la tregua. In arrivo aiuti umanitari

◊  

Consensi nella comunità internazionale sul cessate-il-fuoco in Siria in vigore da sabato prossimo, raggiunto grazie all’accordo tra Stati Uniti e Russia. La tregua non impedirà di continuare la lotta contro l’Is e altri gruppi terroristici. Parere favorevole è giunto anche dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, che auspica l’apertura di corridoi umanitari e che è già riuscito a inviare aiuti nella città orientale di Dar Az Zor. Per un commento sulla tregua, Giancarlo La Vella ha intervistato Gabriele Iacovino, analista politico del Centro Studi Internazionali: 

R. – E’ un segnale. E’ un segnale di negoziato, è un segnale di dialogo. Certo è che gli effetti sul campo saranno ben pochi, se non dal punto di vista umanitario. E’ anche un tentativo di prendere del tempo, per quanto riguarda sia gli Stati Uniti che la Russia, per evitare che la situazione si evolva verso una escalation di violenze ulteriore con un intervento turco o saudita.

D. – Perché non si riesce a identificare, come nemico comune, il sedicente Stato islamico e le altre formazioni fondamentaliste?

R. – Perché di fatto non c’è una divisione netta nelle posizioni. Nella stessa città di Aleppo, ad esempio, lo Stato islamico combatte al fianco di al-Nusra, ma combatte anche al fianco di tutti quei gruppi di opposizione che vengono in parte appoggiati dall’Arabia Saudita.

D. – L’auspicio dell’Onu è che questa tregua consenta, perlomeno, l’apertura di corridoi umanitari e renda possibile la consegna di aiuti per le popolazione colpite…

R. – Questo sarà possibile solo in alcune regioni specifiche del Paese, ad esempio in alcuni quartieri di Aleppo ma non nell’intera città. Di fatto, se è vero che i combattimenti in questo momento stanno scendendo un minimo di intensità, non tutta la città è pacificata e in alcuni quartieri ancora si combatte e si continuerà a combattere. Quindi, di fatto gli aiuti potranno arrivare, ma soltanto in zone specifiche. Questo potrà portare parziale sollievo alla popolazione siriana, che è ormai sfinita, ma purtroppo non a una soluzione per la crisi siriana che è ancora totalmente lontana in questo momento.

inizio pagina

Iran, sfida Rohani Khamenei alla prova del voto parlamentare

◊  

Grande attesa non solo in Iran, ma sullo scenario internazionale per le elezioni domani, volte a rinnovare il parlamento e l’Assemblea degli Esperti. Due grandi personalità la Guida suprema religiosa, l’ayatollah Ali Khamenei e il presidente della Repubblica, Hassan Rohani, hanno duellato fino a ieri sera per affermare le ragioni dei due rispettivi schieramenti conservatore e riformista moderato. Roberta Gisotti ha intervistato Annalisa Perteghella, analista dell’Ispi-Istituto per gli studi di politica internazionale: 

D. – Dott.ssa Perteghella, quali principali interessi interni all’Iran sono in gioco in questa tornata elettorale?

R. – Senza esagerare direi che potrebbe esserci in gioco il futuro della Repubblica Islamica, anche se non si potrà parlare in ogni caso di cambiamento radicale istantaneo. Quello che c’è in gioco, in maniera più immediata, è il capitale politico di Hassan Rohani e della formazione politica che si riunisce attorno a lui, perché queste elezioni sono viste un po’ come un referendum sui primi anni di mandato di Rohani, che ha portato a casa il famoso Accordo sul nucleare. Ricordiamo che in questo momento il parlamento è a maggioranza conservatrice e che in questi mesi ha dato battaglia in tutti i modi a Rohani e ai suoi ministri. Per cui quello che Rohani auspica, quello che auspica Rafsanjani, che è uomo vicino a Rohani, è un parlamento più favorevole, in modo da portare avanti l’agenda e le promesse elettorali dello stesso Rohani, perché – ricordiamolo – il prossimo anno ci saranno le nuove elezioni presidenziali, per cui se non dovesse riuscire a realizzare le riforme sociali e politiche che ha promesso in campagna elettorale potrebbe venire penalizzato.

D. – Khamenei ha giocato, ancora una volta, la carta della paura verso il nemico occidentale e del complotto contro l’Iran; mentre Rohani ha puntato molto all’aspetto economico…

R. – Sì. Khamenei ha poi invitato comunque a partecipare alle elezioni, perché un elemento molto importante è quello che le elezioni sono la prova della legittimità – per così dire – del sistema della Repubblica Islamica. Per cui Khamenei e i conservatori a lui più vicini hanno invitato ad andare alle urne, perché una grossa affluenza vorrebbe dire voto di legittimità nei confronti del sistema; invece i più forti oppositori al sistema della Repubblica Islamica hanno invitato all’astensione – astensione che però, ricordiamolo, finisce per danneggiare i riformisti più moderati, perché se non vanno a votare c’è poca speranza di cambiamento.

D. – Quali conseguenze la vittoria dell’uno o dell’altro schieramento può portare nei rapporti con l’Occidente?

R. – Sicuramente, se dovesse affermarsi la “lista della speranza”, che è la variegata formazione politica che converge attorno a Rohani e ai riformisti, potrebbe proseguire la strada della distensione. Vero è che anche con un parlamento che dovesse rimanere come quello attuale, quindi a maggioranza conservatrice, difficilmente si arresterebbe il processo che è cominciato in seguito alla firma sul nucleare. E parlo dei molti contatti delle varie delegazioni economiche, ecc., perché all’Iran in questo momento interessa riprendere i contatti con il resto del mondo e con tutto ciò che può aiutare a sollevare la propria economia. Ma fino ad un certo punto: nel senso che se dovesse prevalere la fazione conservatrice, questa apertura sarebbe un’apertura certamente controllata. Ma lo sarebbe in ogni caso, perché  poi i vari centri di potere convergono attorno alla guida, per cui il parlamento ha un certo margine di azione, ma soltanto fino ad un certo punto… Quindi una maggiore apertura con un Parlamento a maggioranza moderata e un’apertura, diciamo, più controllata anche per salvaguardare gli interessi economici dei blocchi militari, che stanno con i conservatori, nel caso appunto di una maggioranza conservatrice. 

inizio pagina

Spagna, accordo Psoe-Ciudadanos, fiducia a rischio

◊  

Dopo settimane di trattative per il nuovo governo, la situazione politica in Spagna è in un vicolo apparentemente cieco: il leader del partito socialista Pedro Sanchez, incaricato dal Re Felipe VI di formare l’esecutivo, scarta l’estrema sinistra di "Podemos" e sceglie i centristi di "Ciudadanos", con i quali però non raggiunge la maggioranza utile per la fiducia del prossimo 3 marzo. "Podemos" dichiara che non appoggerà il nuovo esecutivo. A Riccardo Pennisi, analista di politica europea per l’Aspen Institute, Stefano Pesce ha chiesto i motivi del mancato accordo socialista con la sinistra e le future conseguenze: 

R. – La matematica, nel nuovo parlamento spagnolo, offre ai socialisti due possibilità: o rivolgersi a sinistra, verso "Podemos" e altri piccoli partiti per metterli insieme e cercare di fare una coalizione di sinistra, oppure cercare un accordo con i centristi liberali di "Ciudadanos". Davanti alla difficoltà dell’accordo con la sinistra radicale di "Podemos", che non solo appunto è più radicale dei socialisti, ma è anche interessata allo stesso elettorato – e quindi non è molto contenta dopo una campagna elettorale molto forte, radicale, dai toni aspri, di sedersi adesso a trattare con i socialisti – Pedro Sanchez ha deciso che la sua migliore possibilità era quella di rivolgersi verso il centro. E ha quindi cominciato a discutere con il leader di "Ciudadanos", Albert Rivera, per cercare di ottenere da lui un accordo di governo.

D. – Perché è fallito l’accordo con "Podemos"?

R. – "Podemos" e "Ciudadanos" sono i due nuovi partiti della politica spagnola, mentre i Socialisti e i Popolari sono i due partiti “classici”. C’è un po’ di concorrenza tra "Podemos" e "Ciudadanos": si litigano quell’elettorato spagnolo molto consistente in cerca di novità politiche. "Podemos", da un lato, non vuole accordarsi con "Ciudadanos", perché li considera troppo liberali, amici delle imprese: li chiamano “il partito della Borsa”, perché li accusano di essere al servizio solamente della grande industria e dei grandi imprenditori spagnoli e di non essere dalla parte del popolo come loro. Quindi, già in campagna elettorale, avevano promesso di non fare nessun governo con Ciudadanos. Questo è uno dei motivi per cui "Podemos" si è tirata fuori da queste trattative. Il secondo motivo è che Podemos vuole vedere il capo dei Socialisti, Pedro Sanchez, non ottenere la fiducia il 3 marzo, quando la andrà a chiedere in Parlamento. E quindi questo rifiuto lo indebolirebbe e lo ammorbidirebbe nelle future eventuali trattative per un nuovo accordo.

D. – Ecco, in questa situazione, il Partito socialista e Ciudadanos in questa alleanza non raggiungono la maggioranza; Podemos si tira fuori. Il 3 marzo che cosa ci sarà da aspettarsi?

R. – Ci sarà da aspettarsi probabilmente che Pedro Sanchez non otterrà l’incarico di governo, la fiducia del parlamento, perché questi 130 deputati, come abbiamo detto, non sono la maggioranza assoluta. "Podemos" si è tirata fuori, ma dall’altra parte anche il Partito popolare si è rifiutato di sottoscrivere questo patto. Quindi, molto probabilmente, non ci sarà niente da fare il 3 marzo, e la fiducia non sarà ottenuta da Pedro Sanchez. In compenso, dal punto di vista del giudizio dell’opinione pubblica, sicuramente farà bene ai Socialisti e a Pedro Sanchez, perché gli spagnoli sono un po’ stanchi di tutte queste trattative e di tutto questo tatticismo e politicismo, e vorrebbero vedere il loro Paese guidato da un nuovo governo. Quindi, nonostante il fallimento, sicuramente però apprezzeranno il tentativo di Ciudadanos e di Pedro Sanchez.

D. – E si andrà quindi a elezioni anticipate…

R. – Questo è tutto da vedere, perché, anche se la fiducia non viene raggiunta, la Costituzione spagnola prevede due mesi per tentare un nuovo incarico e potrà ancora farlo Pedro Sanchez, per il quale non servirà stavolta la maggioranza assoluta, ma ne basterà una relativa. Quindi, sarà forse un po’ più facile per il leader dei socialisti mettere in piedi un governo di minoranza, negoziando l’astensione invece che il sostegno con altri partiti. In questo caso, sia "Podemos" che il Partito popolare aspettano le nuove offerte del capo dei socialisti. Altrimenti, se entro il 3 maggio non si troverà un altro accordo, si tornerà a votare verso giugno.

inizio pagina

Accordo sulle unioni civili. Il giurista: resta simil-matrimonio

◊  

Accordo raggiunto tra Pd e Area Popolare sul maxiemendamento sulle unioni civili. Al Senato è in corso la discussione, mentre il voto di fiducia è previsto per le 19.00. Stralciati la stepchild adoption e l’obbligo di fedeltà. “Un fatto storico” per il premier Renzi. “Abbiamo impedito una rivoluzione contro-natura e antropologica" commenta il ministro dell’Interno Alfano. Critiche dal popolo del Familiy day secondo il quale resta l’equiparazione al matrimonio. Insoddisfatto anche il mondo Lgbt. Sui contenuti del maxiemendamento il servizio di Paolo Ondarza

Via la stepchild adoption e l'obbligo di fedeltà, per il resto il maxiemendamento mantiene la sostanza dell’impianto del ddl Cirinnà. Tagliati tutti i rimandi agli articoli 29-30-31 della Costituzione, le unioni civili sono inquadrate come "formazioni sociali” e regolate dagli articoli 2 e 3. Restano tutti i diritti e doveri previsti per i coniugi. Gli omosessuali potranno unirsi con rito civile alla presenza di due testimoni e lo scioglimento andrà regolato dinanzi “all'ufficiale di Stato civile”, potranno partecipare alla quota legittima in caso di successione e godere della reversibilità della pensione. Restano l’obbligo di mantenimento in caso di separazione, la separazione lampo, il cognome unico, “l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Sulle adozioni “resta fermo quanto previsto e consentito dalle norme vigenti”: i giudici quindi saranno liberi di pronunciarsi sui casi singoli. Per il capogruppo al Pd Zanda la stepchild adoption sarà materia di un ddl ad hoc che sarà approvato entro la fine della legislatura.

Incostituzionale nel merito e nella procedura. E’ questo in sostanza il giudizio sul maxiemendamento sulle unioni civili espresso da Filippo Vari docente di diritto costituzionale all’Università Europea di Roma, secondo il quale resta immutata l’equiparazione al matrimonio tra uomo e donna. Paolo Ondarza lo ha  intervistato: 

R. – La situazione mi sembra cambiata poco. Diciamo che sotto il profilo culturale, queste modifiche al ddl Cirinnà sono il segno di una fortissima resistenza nel Paese, che ha avuto successo. Sinceramente, però, rimane nel maxi-emendamento una clausola di equiparazione delle unioni civili al regime del coniugi: diciamo che l’equiparazione al matrimonio, in sostanza, resta. E anche, purtroppo, sulla “stepchild adoption” in realtà il grosso problema è che la Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene che, una volta che le unioni civili sono poste sul piano della famiglia, poi non possa essere negata la possibilità di adottare il figlio del convivente. 

D. – E’ stato dato ampio rilievo al fatto che sia stato stralciato l’obbligo di fedeltà: restano però punti come l’obbligo di mantenimento in caso di separazione, il cognome unico, la possibilità della separazione-lampo, la questione della reversibilità … Sono tutti nodi importanti …

 R. – Determinanti! Basti pensare appunto al tema della pensione di reversibilità: cioè, noi siamo di fronte a un esecutivo che amplia, da un lato, le categorie dei beneficiari della pensione di reversibilità e poi, dall’altro lato, con l’altra mano, invece, vuole restringere la pensione di reversibilità alle vedove! Diciamo che la concorrenzialità rispetto al regime della famiglia è proprio chiara. 

D. – Un testo così formulato rischia di essere dichiarato incostituzionale, una volta approvato?

 R. – Ci sono dei gravissimi problemi di merito perché – ripeto – la Costituzione impone di privilegiare la famiglia e invece questo disegno di legge annulla la preferenza per la famiglia: il caso delle pensioni di reversibilità è clamoroso. E se ne potrebbero citare tanti altri. Poi ci sono però dei gravissimi problemi anche di metodo, perché sostanzialmente quando in alcuni altri Paesi si sono introdotte queste normative, c’è stato un dibattito rigoroso in Parlamento. In Italia invece di fatto noi ci troviamo di fronte a una rivoluzione dell’ordinamento che avrà conseguenze sociali enormi, che volutamente non è stata portata all’esame del merito da parte del Parlamento, e questa è una cosa gravissima!

 D. – Gravissimo, lei dice, l’aver saltato l’esame della Commissione Giustizia del Senato e anche il ricorso al voto di fiducia da parte del governo …

 R. – Siamo di fronte a una rivoluzione delle regole procedurali relative all’approvazione di una legge, che poi sono – in parte – il sale della democrazia. Si pone la questione di fiducia su un maxi-emendamento che, sostanzialmente, restringe la possibilità di un dibattito vero in Parlamento su questa problematica, e questo sotto il profilo procedurale è molto grave. Ci sono dei precedenti della proposizione di un maxi-emendamento cui poi si accompagna la fiducia, però questa è la prima volta nella storia della Repubblica che avviene su un testo che un ramo del Parlamento non ha fatto proprio. Sostanzialmente, c’è un disegno di legge presentato da un senatore, che viene integralmente riscritto dal governo, ma il governo per esercitare l’iniziativa legislativa ha bisogno dell’autorizzazione del capo dello Stato. Invece, siamo di fronte a un’iniziativa legislativa del governo esercitata in contrasto con l’art. 87 senza che ci sia stato alcun controllo da parte del capo dello Stato.

 D. – Il capo dello Stato, però, potrà esprimersi una volta terminato l’iter …

 R. – Una volta terminato l’iter, prima della promulgazione, il capo dello Stato – prevede la Costituzione – ha il potere di rinviare, appunto, alle Camere le leggi che ritenga in contrasto con il testo costituzionale.

inizio pagina

Nei Cie e nei Cara accoglienza inadeguata per gli immigrati

◊  

E’ spesso inadeguata l’accoglienza nei centri per immigrati: ambienti fatiscenti, tempi di permanenza eccessivi, situazioni che sfociano nel trattenimento coatto. E’ quanto emero dalla campagna "Lasciatecientrare", condotta da associazioni e movimenti che hanno avuto accesso ai centri. Il servizio di Alessandro Guarasci

L’accesso ai Centri di identificazione ed espulsione o ai centri per i richiedenti asilo non è garantito a tutti. E questo è già un primo problema. Sono i prefetti che devono rilasciare le autorizzazioni di volta in volta. Per la campagna Lisciatecientrare, le condizioni peggiori sono nei centri di accoglienza straordinaria, strutture di carattere emergenziale, gestite direttamente dalle prefetture. Ospitano il 72% di coloro che ad oggi hanno fatto richiesta d’asilo. Gabriella Guido, portavoce della campagna:

“L’accoglienza presenta degli aspetti ancora molto, molto critici. Noi abbiamo supervisionato prevalentemente le strutture al sud Italia, perché da lì provenivano le richieste, le denunce dei migranti. E quello che abbiamo potuto constatare è appunto un bassissimo standard dei servizi resi in questi centri. Per cui, quello che chiediamo, oltre alla trasparenza, è anche però una migliore gestione di tutta l’accoglienza”.

Sette invece i Cie ispezionati. Per la Campagna sono strutture che vanno chiuse, perché sinonimo di detenzione amministrativa. Ancora Gabriella Guido:

“Mineo, a quanto pare, soprattutto rimane un caso sospeso, perché ci chiediamo perché ancora non sia stato risolto. I casi peggiori però sono anche quei piccoli centri dove ci sono 20-25-40 migranti abbandonati a loro stessi, magari sulla Sila dove veramente non possono ricorrere al sostegno e all’aiuto di nessuno. E non sanno veramente come poter risolvere i problemi. Spesso e volentieri questi migranti si allontanano, proprio perché quelle condizioni sono veramente estreme e non dignitose”.

Mafia Capitale è esplosa come un caso mediatico, ma la situazione ad oggi non è cambiata.

inizio pagina

Aumentano gli schiavi del caporalato: paghe da 2,50 euro a ora

◊  

Meno di 2 euro e cinquanta per un’ora di lavoro sotto il sole o sotto la pioggia, senza possibilità di fermarsi, dalla mattina alla sera. Un sistema, quello del caporalato, che lega il bracciante agricolo, spesso extracomunitario, a meccanismi simili alla schiavitù. E come denuncia il rapporto Ambrosetti 2015, il caporalato è in continua crescita: solo lo scorso anno sono stati 400 mila i braccianti agricoli sfruttati, 10 di loro sono morti nei campi. Stefano Pesce ne ha parlato con Davide Fiatti, membro della Flai, la Federazione lavoratori dell’agroindustria: 

R. – Stiamo parlando di un sistema che non è solo ed unicamente di intermediazione di manodopera. Nel caso soprattutto dei lavoratori stranieri – parlo di comunitari ed extracomunitari, bulgari e romeni sono coinvolti nella questione – il caporale in quel caso offre al lavoratore straniero tutto il pacchetto, nel senso che interviene sul lavoratore anche per quegli aspetti “sociali”. Per cui gli trova l’alloggio, veri e propri ghetti o baracche. Il trasporto è fondamentale. Si riesce ad arrivare al luogo di lavoro attraverso il trasporto gestito dai caporali. Per esempio, per i lavoratori italiani è molto lontano, in modo tale che il lavoratore deve assoggettarsi a questa intermediazione. Il caporalato presiede tutta la vita sociale del lavoratore.

D. - È una piaga che affligge tutta Italia o solo alcune zone?

R: - Il caporalato come sistema è presente in tutta Italia. È chiaro che in situazioni sociali più gravi, come quelle al Sud, è più evidente la mancanza di alloggi e quant’altro. Comunque la presenza di caporalato sotto varie forme si sta diffondendo in tutta Italia nell’agricoltura. In Piemonte si stanno presentando cooperative romene o bulgare che portano i lavoratori sul posto, lavorano e poi li riportano via, tutto il pacchetto insomma.

D. - I numeri del rapporto 2015 ci dicono anche che è un fenomeno in crescita …

R. - Sì, è un fenomeno in crescita anche sotto nuove forme, nel senso che si stanno raffinando anche dal punto di vista giuridico e formale sfruttando norme europee che prevedono che una persona possa lavorare in un Paese applicando i contratti nazionali del Paese di provenienza. Il sistema del caporale non è disgiunto dal  sistema imprenditoriale, nel senso che il caporale esiste nella misura in cui ci sono anche imprenditori che richiedono questo tipo di servizio. Per come è strutturata l’agricoltura, c’è la necessità di lavoratori in tempi brevi e in vari luoghi per seguire la stagionalità. Ad oggi c’è modo anche per un imprenditore che vuole stare in regola di riuscire ad andare e cercare un lavoratore, a meno che non abbia amicizie. Per cui paradossalmente il caporalato diventa un servizio per l’imprenditore. Ad esempio: mi servono dieci operai dopodomani in quel terreno per raccogliere queste cose: alzo la cornetta, chiamo il caporale e gli offro il pacchetto chiavi in mano, fuori dalle regole, schiavizzando magari anche il personale.

D. - Le dieci vittime del 2015 i dicono che si può morire a causa del caporalato…

R. - Sì, è un lavoro duro in cui si può morire. Il lavoratore può essere esposto anche alle sostanze chimiche che si utilizzano. Non è casuale che l’agricoltura nel contratto nazionale preveda sei ore e mezzo di lavoro al giorno.

D. - Quali sono i ritmi di un lavoratore sotto caporalato?

R. - Tra le dieci e le quattordici ore al giorno con mezzo litro d’acqua a disposizione, ovviamente acquistato dal caporale, come per il panino. Queste cose vengono sottratte dalla paga, non hanno interruzioni. Questi sono i ritmi.

D. - Quali sono gli strumenti a disposizione per combattere il caporalato?

R. - Sicuramente maggiori controlli, questo va fatto; la creazione di un sistema di incontro pubblico trasparente tra la domanda e l’offerta di lavoro: un luogo, una lista dove imprenditori si iscrivono, così come i lavoratori che vogliono fare i braccianti. Lì l’imprenditore pesca, chiama e può cercare il lavoratore. C’è bisogno di strutture convenzionate per il trasporto dei lavoratori sul territorio, perché poi bisogna fare in modo che questi lavoratori possano arrivare nei campi, spesso luoghi distanti dai centri abitati. Nel 2011 dopo una battaglia della Cgil e della  Flai è stato creato il reato penale di caporalato che va rafforzato per colpire anche l’imprenditore. In Senato c’è un disegno di legge in cui questi aspetti vengono affrontati.

inizio pagina

Milano. "Human Technopole" sorgerà sull'area dell'Expo

◊  

Sette centri di ricerca, cento nuovi team, 1.500 persone coinvolte per un investimento da un miliardo e mezzo nei prossimi dieci anni. Sono le impegnative cifre del progetto “Human Technopole” che sorgerà su 60 mila metri quadrati, una parte dell’area che lo scorso anno ha ospitato per sei mesi l’Esposizione Universale a Milano. Il servizio di Fabio Brenna

Un progetto coordinato dall’Istituto Italiano di tecnologia di Genova che spazierà nel vasto campo delle neuroscienze, della cura dei tumori e delle malattie degenerative, ma anche delle nuove tecnologie per l’agroalimentare. E’ stato il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, a confermare che a maggio partiranno i lavori per la realizzazione dei padiglioni e che arriveranno i finanziamenti al ritmo di 150 milioni di euro l’anno.

“Una sfida ambiziosa per l’Italia”, l’ha definita il presidente del Consiglio. Ma, secondo il rettore dell’Università Statale, Gianluca Vago, c’è il rischio di realizzare “una cattedrale nel deserto”.

“Human Technopole” dovrà armonizzarsi con ciò che sorgerà sulla restante parte, la maggioranza, dell’area ex Expo, 450 mila metri quadrati. In gioco ci sono il trasferimento delle facoltà scientifiche dell’Università, piuttosto che un incubatore per "start-up" ad alto contenuto tecnologico, un progetto che piace ad Assolombarda. Lunedì, dovrebbe essere formalizzato l’ingresso dello Stato nella società "Arexpo", che detiene le aree, mentre resta ancora da decidere se affidare la complessa e lunga operazione a un Commissario apposito e plenipotenziario.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Caritas Internationalis: non chiudere le frontiere ai migranti

◊  

“L’Europa soffre di una crisi di solidarietà nei confronti dei rifugiati che bussano alle sue porte in fuga dalla guerra”: lo afferma Patrick Nicholson, responsabile del Servizio comunicazioni della Caritas Internationalis, citato dall’agenzia Sir. Dopo la decisione dell’Austria di limitare gli accessi ai migranti e l’annuncio, da parte dell’Ungheria, di voler indire un referendum sulle quote obbligatorie, i Paesi della “rotta balcanica” hanno introdotto analoghe misure restrittive, soprattutto alla frontiera greco-macedone, dove possono passare solo profughi dalla Siria e dall’Iraq, muniti di validi documenti di identità.

Migliaia di persone bloccate, senza acqua né cibo
“Si è creato un effetto domino”, spiega Nicholson, preoccupato che “in Grecia, già colpita fortemente dalla crisi, sono rimaste bloccate migliaia di persone senza le adeguate condizioni per un soggiorno più lungo come alloggi, cibo, accesso all’acqua”. A Idoimeni, dalla parte greca del confine con la Macedonia, è stato aperto un altro campo provvisorio per i migranti in attesa. “La situazione sta cambiando velocemente – aggiunge Nicholson – e la rete della Caritas la sta seguendo con molta attenzione”. “Siamo pronti a intervenire, se necessario, sia in Grecia, sia nei Paesi balcanici”, conclude.  

Dare priorità alle persone, non alle frontiere
​Fino ad ora, la Caritas ha distribuito oltre un milione di confezioni di cibo, kit igienici, medicinali, oltre ad offrire un’adeguata assistenza sanitaria e psicologica. Dal suo canto, Caritas Europa ribadisce che “l’Ue deve dare priorità alla vita ed ai diritti delle persone, anziché al controllo delle frontiere”. “I migranti – sostiene l’organismo – non sono ‘flusso’ o ‘invasione’, ma uomini, donne e bambini a rischio. La ‘fortezza Europa’ non scoraggerà le persone a rischiare la propria vita per arrivarci”. (I.P.)

inizio pagina

Vescovi dominicani e haitiani: incontro al confine tra i due Paesi

◊  

Al termine della loro seconda riunione, svoltasi in un clima fraterno e cordiale il 15 e 16 febbraio scorsi a Villa Cana, Cap Haitien (Haiti), le diocesi di confine tra Haiti e la Repubblica Dominicana hanno pubblicato un messaggio in cui sottolineano: "Questi incontri ci incoraggiano e ci danno l'opportunità di continuare il lavoro svolto dalla Chiesa per il bene dei due popoli, in particolare i migranti, i rifugiati, i rimpatriati, i senza documenti, i deportati, vale a dire i più vulnerabili. Vogliamo anche rafforzare la volontà di concretizzare progetti per il miglioramento delle condizioni di vita nelle zone di confine. Abbiamo bisogno di un impegno a coinvolgere tutte le nostre forze ecclesiali: vescovi, sacerdoti, religiosi, laici e organizzazioni della comunità".

Ribadita la cultura dell'accoglienza
"Le diocesi di frontiera, le commissioni di pastorale dei migranti, insieme alle Caritas nazionali dei due Paesi, ribadiscono il loro impegno per la cultura dell'accoglienza, perché chi ospita i nostri fratelli migranti accoglie il Dio misericordioso" si legge nel messaggio ripreso dall'agenzia Fides, che cita il Giubileo della Misericordia e il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.

Invito a scegliere alle elezioni candidati onesti
"Nel contesto del clima pre-elettorale nei due paesi (Haiti e Repubblica Dominicana), chiediamo a tutti di pensare al bene comune, promuovere la coscienza cittadina per scegliere candidati onesti in modo che i cittadini non si vedano obbligati ad emigrare. Chiediamo inoltre di fare tutto il possibile per far crescere la fratellanza bilaterale, perché siamo figli dello stesso Padre." Il documento è firmato dai vescovi delle diocesi di Jacmel, Fort Liberté, Port au Prince (Haiti) e Mao-Monte Cristi, San Juan de la Maguana, Barahona (Rep. Dominicana), e dai presidenti della Caritas dei due Paesi. (C.E.)

inizio pagina

Chiesa del Congo: attenzione alla famiglia da Chiesa e Stato

◊  

Promuovere i valori della famiglia, facilitare ai giovani la scelta del matrimonio, istituire strutture di accompagnamento per le coppie nelle parrocchie: sono alcune delle proposizioni formulate al termine del Congresso sulla famiglia organizzato dalla Commissione episcopale dell’evangelizzazione della Cenco (Conferenza episcopale nazionale del Congo) e svoltosi dal 17 al 21 febbraio a Kinshasa. “Matrimonio e famiglia nella Repubblica Democratica del Congo. Sfide e prospettive pastorali”, questo il tema del congresso cui hanno preso parte rappresentanti delle 47 diocesi del Paese che hanno elaborato delle conclusioni, pubblicate sul portale della Cenco, indirizzate alla Conferenza episcopale, allo Stato, alle diocesi e alle parrocchie, ai teologi, agli operatori pastorali, alle famiglie, ai movimenti cattolici e ai giovani.

Un catechismo specifico per il matrimonio
Nel documento emerge la volontà di dar vita ad un catechismo specifico sul matrimonio e ad un rituale inculturato, ad un Direttorio nazionale per la pastorale della famiglia e ad un accompagnamento per i giovani. Viene chiesta inoltre l’elaborazione di una pastorale per i vedovi e alle diocesi la formazione di commissioni su matrimonio e famiglia.

Nelle parrocchie si formino le famiglie e si accompagnino i giovani
​Alle parrocchie è rivolto anche l’invito a formare ed informare le famiglie e ai teologi quello di contribuire all’elaborazione di una catechesi appropriata al matrimonio cristiano in Africa. Per le famiglie l’esortazione è alla promozione dei valori autentici delle culture africane. Infine l’invito ai giovani a lasciarsi accompagnare nella loro educazione, a sviluppare uno spirito critico e ad impregnarsi del Vangelo al fine di discernere bene le sfide della nuova etica mondiale. (T.C.)

inizio pagina

Etiopia: attaccati tombe e luoghi di culto cristiani

◊  

Diverse tombe e luoghi di culto cristiani sono stati incendiati o distrutti e i loro beni saccheggiati in diverse località nello Stato di Oromia nell’Etiopia occidentale. Lo riferisce l’agenzia di stampa etiopica www.ethpress.gov.et, citata dall’agenzia Aoic. Episodi analoghi si sarebbero verificati nelle regioni di Gambella e di Amhara nel nord-ovest nel Paese.

La condanna del Consiglio interreligioso dell’Etiopia
Immediata la condanna del Consiglio interreligioso dell’Etiopia (Irce) che attribuisce gli attacchi a gruppi di persone che non rappresentano le popolazioni locali. In una dichiarazione congiunta , i leader religiosi etiopici ricordano che questi atti profani sono contrari agli insegnamenti di tutte le religioni ed esprimono il timore che possano turbare il clima di convivenza religiosa pacifica  nel Paese. “La storia, le relazioni secolari, la cultura di tolleranza religiosa e il rispetto reciproco devono essere preservati”, ammoniscono, esortando il Governo e la popolazione, in particolare i giovani, ad operare insieme per assicurare la sicurezza in queste regioni. (L.Z.)

inizio pagina

Vescovi Indonesia: critiche contro la riforma anticorruzione

◊  

I vescovi indonesiani si uniscono al coro di critiche mosse da diversi leader religiosi ed esponenti della società civile alla riforma dell’anticorruzione voluta dal Presidente Joko Widodo.

La riforma rischia di incoraggiare la corruzione già alta nel Paese
Tra le modifiche previste vi è la riduzione dei poteri della Commissione anticorruzione (Kpk), il cui attuale responsabile ha annunciato le dimissioni se la riforma voluta da Giakarta sarà approvata dal Parlamento. Negli ultimi anni, il Kpk ha, portato a processo numerosi governatori provinciali ed esponenti governativi di primo piano, compresi i ministri dello Sport, degli Affari religiosi e dell’Energia e delle risorse del precedente Governo Yudhoyono. Nello specifico, a preoccupare i gruppi religiosi e gli attivisti, guidati dalla Muhammadiyah (seconda organizzazione islamica nel Paese), è la formazione di un “organo di supervisione” con il potere di veto su ogni procedimento del Kpk, sulle intercettazioni e sui pedinamenti richiesti dagli agenti, che sottrarrebbe importanti strumenti di indagine alla Commissione. A loro avviso il rischio è un aumento del già alto livello di corruzione nel Paese, che figura all’88° posto (su 168) nella classifica mondiale di Transparency International.

La Chiesa solidale con la Commissione anticorruzione
​Un giudizio condiviso anche dai vescovi, che lo scorso agosto, in occasione del 70° anniversario dell’indipendenza dell’Indonesia, erano tornati a denunciare la diffusa piaga della corruzione, del nepotismo e dei conflitti di interesse dei leader politici. Il piano annunciato dal Governo, spiega ad Asianews padre Edy Purwanto, segretario esecutivo della Conferenza episcopale indonesiana (Kwi),  “è manipolato da interessi politici. Uno dei suoi scopi è quello di permettere ai politici coinvolti in casi di appropriazione indebita, o collusi con uomini d’affari, di gonfiare i costi degli appalti e degli acquisti pubblici, soprattutto per la realizzazione dei recenti progetti infrastrutturali promossi dal Presidente Joko Widodo”. Il sacerdote ha quindi ha espresso l’appoggio della Chiesa cattolica ai partiti, osservatori e alla società civile che sostengono il Kpk contro i tentativi di modificare la legge. (L.Z.)

inizio pagina

Germania: seminario di formazione su prevenzione abusi

◊  

“Asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”: questo il titolo, ispirato al libro dell’Apocalisse, del sesto seminario di formazione in programma a Colonia, in Germania, il 2 e 3 marzo. Il convegno – riferisce l’agenzia Sir – è destinato a quanti si occupano, nelle diocesi tedesche, di prevenzione degli abusi sessuali. In particolare, il seminario rifletterà su “le sfide pastorali ed i percorsi di guarigione” in relazione a tali crimini. A coordinare l’evento sarà il vescovo di Treviri, mons. Stephan Ackermann.

Affrontare la questione degli abusi anche dal punto di vista spirituale
“Diventa sempre più importante occuparsi degli aspetti spirituali” anche in questo contesto, si legge nel comunicato diffuso dalla Conferenza episcopale tedesca, imparando ad affrontare “le questioni legate al senso di colpa ed al perdono”, così come a saper aprire alla “possibilità di guarigione attraverso la fede e la spiritualità”. Tra i relatori del seminario, ci saranno Karlijn Demasure, membro del Centro per la protezione dell’infanzia della Pontificia Università Gregoriana, e Hildegund Keul, responsabile dell’Ufficio per la pastorale delle donne della Conferenza episcopale tedesca.

Incrementare collaborazione e conoscenza sul tema della prevenzione
​Tali seminari – concludono i presuli della Germania - servono per creare “una migliore collaborazione e conoscenza, insieme ad un cammino comune” nel campo della prevenzione degli abusi, con l’obiettivo di  “fare una sintesi tra gli studi e le conoscenze acquisite sul piano dell’elaborazione teorica e le problematiche pratiche poste dall’attualità”. (I.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 56

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.