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Sommario del 29/09/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Card. Menichelli: "divorzio cattolico"? Una cosa senza senso

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Dall’abbraccio con i partecipanti all’Incontro mondiale di Filadelfia all’assise sinodale che inizierà domenica prossima, il tema della famiglia resta in primo piano nell’agenda di Papa Francesco. E lo resta anche nell’attenzione dei media, riflesso di un interesse che travalica i confini unicamente ecclesiali, specialmente per gli argomenti più delicati. Prova ne è, ad esempio, la domanda rivolta al Papa durante la conferenza stampa di due giorni fa sul volo di rientro a Roma, riguardante la riforma dei processi per nullità matrimoniale, voluta da Francesco e bollata da taluni come “divorzio cattolico”. Il Pontefice ha detto che quelli che pensano al ‘divorzio cattolico’ sbagliano, perché la riforma favorisce solo lo snellimento dei processi, mentre il matrimonio è un sacramento indissolubile. In questo orizzonte, si inserisce la riflessione di uno dei padri sinodali, il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo, al microfono di Fabio Colagrande: 

R. – A me pare che le scelte di Papa Francesco abbiano tutte una connotazione particolare, che possiamo riassumere con l’aggettivo “scelte pastorali”: la Chiesa, nel contesto così complesso che viviamo rispetto alle problematiche della vita familiare e prima ancora le problematiche della vita sponsale, fa un passo pastorale, di maternità: vuole offrire alle persone che ne hanno bisogno, che ne hanno desiderio, una modalità di approccio – diciamo tra virgolette – più semplice, più materna, senza fare cammini complessi che spesso, qualche volta, durano anche anni. Papa Francesco ha fatto questo e fa questo aiutato e consolato dall’orientamento che nel Sinodo straordinario per la famiglia i padri sinodali presero e approvarono. E’ un modo del Papa di rendere operativo ciò che lì già fu detto. Mi auguro che questo venga compreso come un gesto che aiuta - non che sovverte, ma che aiuta – in questo contesto così complesso, in cui spesso le persone fanno delle scelte non sempre così consapevoli sia sul versante umano e psicologico, sia sul versante della fede. Credo, però, ci sia da fare una cosa: liberare, per quello che è possibile, queste sofferenze – uso una espressione un po’ così – da questa ingordigia comunicativa. Oggi, spesso, la comunicazione moltiplica, ingigantisce le sofferenze. Allora, qualche volta, c’è un’ansia… Bisogna recuperare tutti un grande rispetto delle sofferenze, un grande silenzio, una grande fede e una grande maternità.

D. – Secondo lei, questa riforma del Papa che effetto potrà avere sulla discussione del prossimo Sinodo ordinario?

R. – Io credo che avrà un effetto buono, se noi le cose le leggiamo sul versante del Vangelo e della fede.

D. – Qualche osservatore esterno, che magari conosce poco il Diritto Canonico, parla addirittura di un “divorzio cattolico”…

R. – Io credo che queste espressioni non abbiano assolutamente senso. La Chiesa crede nel matrimonio e si impegna affinché chi si sposa lo faccia sapientemente e saggiamente. La Chiesa si impegna affinché queste persone facciano una scelta sul versante anche spirituale e di fede. Poi teniamo presente che il Papa non fa una cosa per l’Italia: è un atto pastorale per il mondo.

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Martinez: catechesi Papa su famiglia non lasciano dubbi interpretativi

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Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito e tra i partecipanti alla Giornata Mondiale delle Famiglie di Filadelfia, si sofferma sull’importanza di questo evento in chiave sinodale e con uno sguardo che porterà al prossimo appuntamento di Dublino 2018. L’intervista è di Massimiliano Menichetti

R. – Siamo la prima generazione di cristiani del primo secolo del terzo millennio. È bello pensare che possa essere a misura di famiglia: è bello pensare che ci sia questo grande investimento che parte dall’Europa. L’Irlanda è stato un Paese di grandi migrazioni. Papa Francesco invita ad una nuova missionarietà. È bello pensare che l’Europa di metta in missione attraverso le famiglie.

D. – Le famiglie cardine della società. Le famiglie volute da Dio: il Papa lo ha ribadito più volte in tutto il suo viaggio…

R. – Sì, del resto le catechesi delle udienze generali dedicate alle famiglie non lasciano dubbi interpretativi. Il Papa dice: attenzione, perché è un dovere salvaguardare la famiglia, è un dovere promuovere la famiglia. All’interno di questo dovere possiamo leggere i diritti. Ci sono tanti diritti, ci sono tante attese, tante pretese di cittadinanza, ma va preservata e fortemente santificata la volontà di Dio.

D. – Il Papa ha guardato anche la concretezza, ha guardato anche la quotidianità della famiglia e ha valorizzato i bambini e i nonni, il futuro e la memoria…

R. – Sì, le tre generazioni, perché in mezzo tra i bambini e i nonni ci sono i genitori. C’è chi sostanzialmente fa da “trait d’union” – lo ha ribadito in modo in modo molto chiaro – e la nota distintiva, l’elemento caratterizzante di questa trasmissione della fede è l’amore. Bisogna rigenerare l’amore all’interno delle nostre case. Il Papa ha detto che c’è una grande globalizzazione da mettere in atto a condizione che queste grandi diversità siano salvaguardate all’interno della famiglia. Il Papa ha una visione diacronica della storia e questo mi sembra importante: noi siamo dentro un cammino. Il Papa è solito dire: è il cammino del popolo di Dio. Ma non è un cammino amorfo, è un cammino che ha dei volti, delle storie, e mostrarlo attraverso la famiglia mi sembra davvero di ritornare alla dimensione di Nazareth, la realtà la più incarnata, la più credibile, la più vera.

D. – E tutta questa ricchezza va verso il Sinodo che si apre domenica…

R. – Sì, spero che il volto di queste famiglie sia per tutti i nostri padri sinodali un grande monito per guardare la realtà con grande speranza, con grande fiducia. C’è tanto bene che può essere raccontato, c’è tanta ricchezza d’amore che deve essere ancora valorizzata. La speranza è che il Sinodo introduca questa nuova stagione di testimonianza e di missionarietà, che creda profondamente nella soggettività della famiglia e investa concretamente nell’impegno di questi genitori a vantaggio della nuova evangelizzazione e di questa missionarietà che sta tanto a cuore a Papa Francesco.

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Il viaggio di Papa Francesco a Cuba e negli Usa in 10 punti

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Tantissimi i commenti che continuano a offrire riflessioni e interpretazioni sul viaggio di Papa Francesco a Cuba e negli Stati Uniti: il viaggio più lungo del Pontificato, già definito storico da molti. Nella sua missione, Papa Francesco ha lanciato messaggi non solo alla Chiesa e alle società di questi due Paesi, ma a tutto il mondo: ve li proponiamo in 10 punti in questo servizio di Sergio Centofanti

1. “Costruire ponti”. In un’epoca di crescenti conflittualità, il Papa invita a gettare ponti, “piccoli ponti, ma un piccolo ponte” dopo l’altro “fanno il grande ponte della pace”. Si tratta della “capacità di unire”, di creare “amicizia sociale” che costruisce il bene comune anche nella diversità. “Il nostro metodo – ha affermato - è il dialogo, non per astuta strategia, ma per fedeltà a Colui che non si stanca mai” di proporre “il suo invito d’amore”. Offriamo il tesoro del Vangelo – è la sua esortazione - con umiltà, evitando “il linguaggio aspro e bellicoso della divisione”: “solo il fascino durevole della bontà e dell’amore resta veramente convincente”. Ricordiamo sempre che l’altro è un “fratello da raggiungere e riscattare”. Atti concreti di questo “costruire ponti” è il riavvicinamento tra Stati Uniti e Cuba e l’annuncio dell’accordo di pace in Colombia, anche grazie al ruolo di Papa Francesco, dopo mezzo secolo di conflittualità.

2. “Non ci chiudiamo nelle conventicole delle ideologie e delle religioni”.  “Cuori aperti, menti aperte”, esorta il Papa. Occorre “accogliere e accettare chi la pensa diversamente”. “Quando una religione diventa conventicola”, in cui “io sono buono e tu cattivo”, “perde il meglio che ha”, la capacità di adorare e credere in Dio. E’ la tentazione del “semplicistico riduzionismo che vede solo bene o male” e divide il mondo in “giusti e peccatori”. “Nel tentativo di essere liberati dal nemico esterno, possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno”: l’odio. La fede è apertura, è “lontana da ogni tipo di elitarismo”, “non è per pochi privilegiati capaci di giungere” a “distinti livelli di spiritualità”. La fede è proposta per tutti.

3. “Chi serve il più piccolo serve Gesù nel modo più alto”. E’ “la logica dell’amore” di Gesù che “sconvolge la nostra logica”. L’amore è servire i più fragili: “il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne”, si lascia coinvolgere. “Il servizio non è mai ideologico dal momento che non serve idee ma persone”. Bisogna guardarsi da quei progetti “seducenti” che “si disinteressano del volto di chi ti sta accanto”. Amare è accarezzare “quelli che il mondo scarta” perché “preferisce che non ci siano”, come i bimbi abortiti, i malati, i poveri. Dove ci si pone al servizio di chi per il mondo è “inutile”, perché non fa guadagnare soldi e non produce nulla di “costruttivo”, in quel piccolo “risplende Gesù. E lì risplende la mia scelta per Gesù”.

4. “La nostra rivoluzione passa attraverso la tenerezza”. Il Papa invita a credere “nella forza rivoluzionaria della tenerezza”, della compassione. “Non è pietismo, è patire-con per liberare”. E’ portare la misericordia di Gesù dove c’è il peccato, dove c’è il fallimento. Senza paura, senza “purismi”. Incontrare lo sguardo misericordioso di Gesù cambia la vita, dà nuova vita. Ai sacerdoti dice: “Siate perdonatori. Non stancatevi di perdonare … Non nascondetevi dietro paure o rigidità”. Cita Sant’Ambrogio: “Dove c’è misericordia c’è lo spirito di Gesù. Dove c’è rigidità ci sono solo i suoi ministri”. Commoventi gli incontri negli Usa con le vittime di abusi e i carcerati.

5. L’attaccamento alla ricchezza “ci rende poveri dell’unica ricchezza che conta”. La prima Beatitudine esalta i poveri in spirito. E’ necessario amministrare saggiamente il denaro, ma essere attaccati alle ricchezze del mondo “impoverisce”, distrugge anche le anime generose, rendendole mediocri, senza amore. Lo spirito di povertà genera la fiducia in Dio. Quando una Congregazione si attacca alla ricchezza, Dio le invia “un economo disastroso che la manda in fallimento. Sono tra le migliori benedizioni di Dio per la sua Chiesa gli economi disastrosi, perché la rendono libera, la rendono povera”.

6. “Una Chiesa che esce dai suoi templi”. “La presenza di Dio nella nostra vita non ci lascia mai tranquilli, ci spinge sempre a muoverci”, “ci tira fuori di casa” per “condividere la gioia ricevuta”. E’ una Chiesa che “esce dalle sue sacrestie” per “accompagnare la vita, sostenere la speranza”,  per “accompagnare tutte le situazioni ‘imbarazzanti’ della nostra gente”. Non con “una predicazione di complesse dottrine”, ma con “l’annuncio gioioso di Cristo, morto e risorto per noi”, un annuncio che attraverso “la creatività dell’amore” e “l’umiltà della verità” sia “capace di riscaldare il cuore”.  “Il Santo Popolo fedele di Dio non teme lo sbaglio: teme la chiusura, la cristallizzazione in élite, l’attaccarsi alle proprie sicurezze”. “Siamo debitori di una Tradizione, di una catena di testimoni che hanno reso possibile che la Buona Novella continui ad essere di generazione in generazione Nuova e Buona”. “La missione  nasce sempre da una vita che si è sentita cercata e guarita, trovata e perdonata”. “Andate! Annunciate! La gioia del Vangelo si sperimenta, si conosce e si vive solo donandola, donandosi”. E ribadisce: occorre dare più spazio ai giovani e alle donne. “Il futuro della Chiesa … esige fin d’ora una partecipazione dei laici molto più attiva”.

7. “La speranza dà vita”.  In un tempo di crisi, il Papa rilancia questa parola: speranza. Non è l’ottimismo, che è “uno stato d’animo. Domani ti alzi col mal di fegato e non sei ottimista”. “La speranza sa soffrire per portare avanti un progetto, sa sacrificarsi ”. Spera chi sa dare la vita. Spera chi sa sognare cose grandi. Di qui l’appello: “Sogna che il mondo con te può essere diverso”.  La vera speranza è fondata nella promessa di Gesù che mai delude.

8. Custodire la propria identità per non cadere in una “superficiale ricerca di unità”. “La tendenza a globalizzarci è buona”, ma c’è una globalizzazione cattiva che pretende di “rendere tutti uguali”, mirando “consapevolmente a un’uniformità unidimensionale” che cerca di “eliminare tutte le differenze e le tradizioni”. C’è però una globalizzazione buona che unisce conservando le identità di ognuno in un “sano pluralismo”: “fa crescere un popolo e dà dignità a tutti gli uomini”. Maria custodisce le nostre radici, la nostra identità, perché non ci perdiamo su vie di disperazione”.

9. Libertà e giustizia vanno insieme. Sono le due parole che il Papa ripete a Cuba e Stati Uniti. “Una nazione può essere considerata grande quando difende la libertà”, promuove “pieni diritti per tutti”, “lotta per la giustizia e la causa degli oppressi”, “semina pace”. Il Papa invoca “casa, lavoro e terra “ per tutti, libertà religiosa e di coscienza, diritto alla vita in ogni fase del suo sviluppo (no anche a pena di morte), difesa dell’ambiente. Di fronte alla grande sfida dei migranti ricorda la regola d’oro del Vangelo: “Fai agli altri ciò che vorresti che gli altri facessero a te”. Esorta a fermare le persecuzioni contro le minoranze etniche e religiose e il commercio delle armi.

10. “Difendiamo la famiglia perché lì si gioca il nostro futuro”: è l’esortazione di Papa Francesco a pochi giorni dall’inizio del Sinodo. “La famiglia ci salva da due fenomeni attuali: la frammentazione, cioè la divisione”, perché in questa società della comunicazione si stanno perdendo sempre di più i legami veri, “e la massificazione. In entrambi i casi, le persone si trasformano in individui isolati, facili da manipolare e governare”, semplici consumatori in un mondo che è diventato un grande supermercato. Le nostre società rotte, divise, massificate “sono conseguenza della rottura dei legami familiari”. “La famiglia è scuola di umanità” che “insegna a mettere il cuore nelle necessità degli altri, ad essere attenti alla vita degli altri”. Il Papa denuncia ancora i tentativi di “colonizzazione ideologica mediante l’imposizione di modelli e stili di vita anomali estranei all’identità dei popoli” e “irresponsabili”. Ribadisce il diritto primario dei genitori all’educazione dei figli. La difesa dell’ambiente – precisa – include anche “il riconoscimento di una legge morale inscritta nella stessa natura umana, che comprende la distinzione naturale tra uomo e donna e il rispetto assoluto della vita in tutte le sue fasi e dimensioni”. E’ necessaria una nuova prossimità della Chiesa alla famiglia, occorre seminare anche nei “solchi storti”: allora, “anche una donna samaritana con cinque ‘non-mariti’ si scoprirà capace di testimonianza. E per un giovane ricco che sente tristemente di doversi pensare ancora con calma, ci sarà un maturo pubblicano che si precipiterà giù dall’albero e si farà in quattro per i poveri ai quali – fino a quel momento – non aveva mai pensato”.

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Nomine episcopali in Colombia e Portogallo

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In Colombia, Papa Francesco ha nominato vescovo di Apartadó mons. Hugo Alberto Torres Marín, finora ausiliare di Medellín. Il presule è nato a Briceño, diocesi di Santa Rosa de Osos, il 9 agosto 1960. Compì gli studi ecclesiastici nel Seminario Maggiore diocesano “Santo Tomás de Aquino” di Santa Rosa de Osos. Ricevette l'Ordinazione Sacerdotale il 24 novembre 1987. Ottenne la Licenza in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e la specializzazione in Filosofia ed Educazione Religiosa presso l’Università Cattolica dell’Oriente a Santa Rosa de Osos. Come sacerdote ha svolto successivamente i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale di “Nuestra Señora del Rosario” a Don Matías, Professore del Seminario Maggiore a Santa Rosa de Osos, Direttore della Scuola Apostolica “Monseñor Miguel Ángel Builes” a Don Matías, Formatore del Seminario Maggiore, Vice Rettore e Direttore Accademico dell’Università Cattolica del Nord a Santa Rosa de Osos, Rettore dell’Università Cattolica del Nord,  Vicario Episcopale per la Pastorale, Parroco a Valdivia e Rettore del Seminario Maggiore “Santo Tomás de Aquino” a Santa Rosa de Osos. Il 3 maggio 2011 è stato nominato Vescovo titolare di Bossa e Ausiliare di Medellín. Ricevette la Consacrazione episcopale il 4 giugno successivo. Dal 9 ottobre 2014 è Amministratore Apostolico di Apartadó.

In Portogallo, il Papa ha nominato coadiutore della diocesi di Angra mons. João Evangelista Pimentel Lavrador, trasferendolo dall’ufficio di Vescovo Ausiliare di Porto e titolare di “Luperciana”. Mons. Lavrador è nato il 18 febbraio 1956 a Seixo de Mira, diocesi di Coimbra. Ha compiuto gli studi nel Seminario diocesano ed è stato ordinato sacerdote il 14 giugno 1981. Nel 1988 ha seguito gli studi a Salamanca conseguendo la Licenza e il Dottorato in Teologia Dogmatica. Nel corso del ministero sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Viceparroco a Pombal; Direttore del Segretariato diocesano di Pastorale Giovanile; Segretario del Consiglio Presbiterale; Rettore del Seminario; Direttore dell'Istituto Universitario “Giustizia e Pace”; Segretario della Commissione Episcopale della Cultura, dei Beni Culturali e delle Comunicazioni Sociali; Pro Vicario Generale della diocesi di Coimbra. Il 7 maggio 2008 è stato nominato Vescovo Ausiliare di Porto e titolare di Luperciana, ricevendo l’ordinazione episcopale il 29 giugno successivo.

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Giornata delle Comunicazioni Sociali sul tema della misericordia

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“Comunicazione e Misericordia: un incontro fecondo”: questo è il tema scelto da Papa Francesco per la 50.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che ricorrerà domenica 8 maggio, Solennità dell’Ascensione del Signore.

La prima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali è stata celebrata per la prima volta il 7 maggio del 1967. Il messaggio del Papa viene tradizionalmente pubblicato il 24 gennaio, nella memoria liturgica di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. 

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Festa Radio Vaticana. Parolin: siate strumento della Chiesa “in uscita”

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“Fate risuonare chiaro e forte il messaggio evangelico” e siate “esempio di buona informazione”. E’ l’esortazione rivolta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, nella Messa celebrata a Palazzo Pio, in occasione della Festa di San Grabriele Arcangelo, patrono della Radio Vaticana. Hanno concelebrato mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, e padre Andrzej Koprowski che, proprio oggi – dopo dieci anni di servizio nella nostra emittente – ha concluso il suo impegno di direttore dei Programmi della nostra emittente. A succedergli, il cardinale Parolin ha nominato padre Andrzej Majewski, in passato già responsabile della redazione polacca della Radio Vaticana. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Una voce e un messaggio che dal Vangelo scaturiscono e al Vangelo intendono condurre”. E’ l’immagine che il cardinale Pietro Parolin trova per sintetizzare lo straordinario compito che la Radio Vaticana da 84 anni è chiamata a svolgere. Nella sua omelia, il segretario di Stato vaticano sottolinea dunque che il mondo ha “estremo bisogno” di questo messaggio “di pace, di vita, di solidarietà e di perdono che si diffonde” per mezzo della nostra emittente.

Radio Vaticana faccia risuonare forte il messaggio evangelico
Il porporato rammenta che, anche nella comunicazione, servire Cristo offre “l’impareggiabile vantaggio di diventare servi della verità” e così si diviene “autenticamente liberi, perché Cristo è verità che ci libera”:

“Analogamente alla Chiesa, che sulla scena internazionale non ha nulla da difendere, se non la verità e la dignità dell’essere umano, e fa sentire a questo scopo la sua voce, così Radio Vaticana non ha altro obiettivo che far risuonare chiaro e forte il messaggio evangelico e di essere esempio di buona informazione. Essa, a tale scopo, si è sempre distinta – fin dalla sua nascita, nel 1931 – anche per l’adozione di tecnologie all’avanguardia, idonee a raggiungere il suo obiettivo; ponendo la scienza e la tecnica, frutto dell’ingegno umano, al servizio del suo nobile fine”.

“Un tale dinamismo – riprende il cardinale Parolin – si è reso necessario anche per rimanere al passo con i tempi nel mondo dell’informazione digitale e telematica, contrassegnata dalla velocità e globalità dei cambiamenti e dal nascere e perfezionarsi, in questi anni, di nuovi mezzi come il web, che hanno aperto vie nuove e offerto possibilità un tempo impensabili per raggiungere la fine del mondo in pochi istanti e rendere per certi aspetti il mondo davvero un villaggio globale”.

Serve informazione credibile, non asservita agli interessi
Il segretario di Stato rammenta che la Radio Vaticana trasmette in 40 lingue e 79 programmi giornalieri e mette l’accento sull’impegno dell’emittente a fornire “un’informazione credibile” anche nel Continente digitale:

“Oggi più che mai si sente il bisogno di un tale tipo di informazione, non asservita ad interessi che vorrebbero piuttosto servirsi della verità o che inseguono l’effimera moda del momento o la pesante superficiale tirannia delle emozioni. Si auspica, invece, uno stile informativo che osi radicarsi senza presunzione di infallibilità, ma con dedizione e impegno costante, nella verità dei fatti e nella sobrietà e puntualità dei commenti”.

Il cardinale Parolin osserva dunque che “l’interesse per l’opera e l’azione del Santo Padre e della Santa Sede passano attraverso uno stile che si riconosca per limpidezza, serenità, capacità di approfondire con il dialogo e lo studio, le questioni più spinose che l’attualità pone”. E non manca di sottolineare che la missione della Radio Vaticana viene “apprezzata dal Papa e dai superiori”. Un apprezzamento, rileva, che è di aiuto “nell’affrontare le difficoltà” e i tanti impegni degli ultimi tempi dal viaggio a Cuba e Stati Uniti appena concluso all’imminente Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, ancora al Giubileo della Misericordia.

Radio Vaticana fondamentale per nuova Segreteria Comunicazione
In questo periodo, prosegue il cardinale Parolin, “siete tutti impegnati per rinnovare nel migliore modo possibile i modi concreti di realizzare questa missione, con gli strumenti offerti dalle odierne tecnologie di comunicazione e linguaggi appropriati alle culture d’oggi”. Il porporato cita in particolare la nuova  Segreteria per la Comunicazione, guidata dal prefetto, mons. Viganò. Un dicastero, evidenzia, che nasce “dalla consapevolezza e dall’esigenza” che “l’attuale contesto comunicativo richiede un ripensamento del sistema informativo della Santa Sede ed impegna ad una riorganizzazione”:

“Questa Segreteria della Comunicazione sa di poter contare sull’esperienza, sulla disponibilità e sulla collaborazione del personale della Radio, che costituisce una componente fondamentale di questa nuova realtà e che pertanto potrà e dovrà dare un contributo essenziale per la riuscita dell’impresa comune. Forse non tutto sarà facile, perché le grandi imprese – in generale – non sono facili; ma ciò costituisce un motivo in più per dedicarvisi con generosità, libertà di spirito e animo grande, mettendo a disposizione il meglio delle proprie capacità e risorse umane e spirituali”.

Il cardinale Parolin ha così concluso la sua omelia augurando alla Radio Vaticana di essere "sempre capace di rinnovarsi, rimanendo al contempo fedele a se stessa” e di diventare "strumento sempre più efficace al servizio del Papa e di quella Chiesa in uscita, che è la sua consegna a tutti noi”.

Commozione per il congedo di padre Andrzej Koprowski
Dopo la Messa nella Cappella dell’Annunciazione, la comunità della Radio Vaticana si è ritrovata nella Sala Marconi per la tradizionale consegna delle onorificenze ad alcuni colleghi. La Direzione Programmi ha insignito della “Croce pro Ecclesia et Pontifice” Teresa Xiao Xiao Ling del programma Cinese e Silvija Krivteza del programma Lettone. Da parte sua, la Direzione Tecnica ha insignito del titolo di “Cavaliere dell’Ordine di San Silvestro Papa” Flavio Costanzo del Supporto e Sviluppo Tecnico.

E’ seguito un momento di sincera commozione per il congedo di padre Andrzej Koprowski, che dopo dieci anni come direttore dei Programmi alla Radio Vaticana torna nella sua Polonia. Il cardinale Parolin e padre Lombardi hanno ringraziato il gesuita polacco per il suo instancabile impegno al servizio del Papa e della Chiesa, mettendone in rilievo anche le qualità umane da tutti apprezzate.

Dal canto suo, padre Koprowski ha rammentato che in questo ultimo decennio alla Radio, si è fatto “il possibile per aiutare non solo i singoli ascoltatori-navigatori, ma anche le Chiese particolari, i mass-media - prima di tutto cattolici, ma anche laici - ad assorbire in modo approfondito l’insegnamento dei Papi che si sono succeduti, i documenti principali della Santa Sede, gli avvenimenti significativi della vita delle Chiese particolari”. Tutto questo, ha detto ancora, “è il senso di ‘sentire con la Chiesa’ in cammino, con la Chiesa al centro dei problemi del mondo con la propria missione”.

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Il card. Parolin: dal Beato Paolo VI attenzione per l'umanità

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“Alla vigilia del Sinodo dei vescovi sulla famiglia mi sembra di dover cogliere nel magistero del Beato Paolo VI un’attenzione profetica per l’umanità, con particolare attenzione alla famiglia, al matrimonio e ai coniugi stessi, uomo e donna”. Lo ha affermato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, alla Messa della prima memoria liturgica di Papa Montini, a San Pietro.

Per il cardinale, “la Chiesa attende una sapienziale e pastorale riflessione per offrire ai coniugi e alle famiglie una parola di concreta speranza nella verità e nell’attenzione evangelica, che sappia essere segno dell’amore di Colui che è l’autore dell’amore sponsale. Amore che è condivisione, reciproca attenzione, apertura alla vita, dignità donata e ricevuta”.

Il cardinale ha ricordato “la delicata attenzione di Papa Montini per le periferie esistenziali in ogni latitudine del pianeta, il gesto della rinuncia e dell’offerta della tiara, conservata nella cripta del Santuario nazionale dell’Immacolata concezione a Washington, dove il Santo Padre Francesco ha celebrato la settimana scorsa; la sua capacità di dar voce agli ultimi e ai lontani e il richiamo nel suo testamento spirituale a una Chiesa povera, cioè libera; la sua attenzione per la famiglia e la paternità e maternità responsabili”.

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Cd Cappella Sistina. Mons. Gänswein: musica per evangelizzare

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“Musica ed arte sono fondamentali per il cristianesimo”, lo ha ribadito mons. Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, illustrando - stamane nella Sala stampa vaticana - il nuovo Cd, “Cantate Domino. La Cappella Sistina e la musica dei Papi”, registrato dalla Cappella Musicale Pontificia nella Cappella Sistina che oggi pomeriggio alle 18 ospiterà il Concerto inaugurale del nuovo album musicale. Presente alla conferenza mons. Massimo Palombella, maestro direttore della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” e Mark Wilkinson, presidente di Deutsche Grammophon, che ha editato il Cd. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Le note della Corale più antica del mondo - 20 cantori adulti e 30 pueri cantores - per la prima volta incise nella Cappella Sistina, nel cuore del Palazzo Apostolico Vaticano, con un’acustica straordinaria a beneficio di questo Cd con musiche rinascimentali di Palestrina, Allegri, Da Vittoria e Lasso. Musica ed arte - ha sottolineato il prefetto mons. Gänswein - “toccano le corde più profonde dell’uomo” ed “aiutano ad esprimere il cuore dell’evento cristiano, l’incarnazione”:

“…la Chiesa continua ad investire in cultura e nella musica…sapendo bene che la perdita dell’arte, del bello e della cultura significa smarrire un veicolo essenziale di evangelizzazione e privare il mondo di quel raggio di bellezza che lascia intravedere quella Bellezza, per dirla con Dostoevskij, che sola salva il mondo”.

Un secondo Cd, dopo “Habemus Papam” editato con la prestigiosa etichetta tedesca Deutsche Grammophon e rivolto al grande pubblico, raccogliendo la sfida di dialogare con la modernità, come ha spiegato il maestro direttore Palombella:

“Spesso 'serpeggia' la convinzione che la Chiesa cattolica, con la Riforma della liturgia voluta dal Concilio Vaticano II, abbia rinunciato al suo grande patrimonio musicale…. Ciò che la Riforma chiede è un’intelligente ricollocazione dello storico repertorio musicale nell’attuale liturgia... Questo esige riflessione, studio, conoscenza delle fonti e insieme serio dialogo con la cultura contemporanea per operare quella vitale 'sintesi' che la Liturgia in ogni momento storico ha attuato…Una sfida che ci conduce, in un imprescindibile dialogo con la modernità, a rendere vivo oggi lo storico patrimonio musicale della Chiesa fuggendo dalla sottile tentazione di 'conservare', di 'bloccare', di rimpiangere il passato”.

“Quest’incisione ha in sé la forza, la bellezza e l’eccellenza necessarie - ha osservato Mark Wilkinson, presidente della Deutsche Grammophon - per raggiungere l’umanità intera, non solo il pubblico appassionato di musica classica”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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La sfida della Chiesa: il Papa con i giornalisti durante il volo di ritorno dagli Stati Uniti.

Semplicità e umiltà: il viaggio di Francesco secondo la stampa internazionale.

Il vero progresso si fonda sulla famiglia: intervento del segretario per i Rapporti con gli Stati alle Nazioni Unite.

Dialogo a distanza: nessun accordo globale sulla Siria dal colloquio tra Obama e Putin all'Onu.

Venuto per cambiare: l'arcivescovo Bruno Forte sull'episcopato di Loris Francesco Capovilla in terra d'Abruzzo.

Come l'islam si prende cura del creato: Damian Howard su somiglianze e differenze con la "Laudato si'".

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Oggi in Primo Piano



Obama-Putin all'Onu: lotta comune a Is, disaccordo su Assad

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Incontro bilaterale sulla lotta al sedicente Stato islamico, ieri, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu a New York, tra il presidente statunitense, Barak Obama, e quello russo, Vladimir Putin. Si apre l’ipotesi di una partecipazione di Mosca ai raid internazionali sulla Siria, ma resta il disaccordo tra i due sulla funzione di Bashar al Assad, che Putin vorrebbe nella transizione politica siriana, ma che Obama considera un tiranno che ha massacrato decine di migliaia di civili. Sul significato diplomatico e geopolitico di questo incontro, Elvira Ragosta ha intervistato Fulvio Scaglione, direttore di Famiglia Cristiana web: 

R. – E’ stato un incontro-scontro, perché la Russia e gli Stati Uniti hanno interessi locali specifici, ma anche generali geopolitici contrastanti. Certamente, quello che è successo in questi anni è che gli Stati Uniti hanno lavorato per destabilizzare il Medio Oriente o, come dicono loro, per cambiarlo, diffondendo la democrazia, mentre la Russia ha sempre lavorato per stabilizzarlo, oppure, se vogliamo dirlo negativamente, per proteggere dei regimi che certamente non sono, per usare un eufemismo, l’ideale. Quindi, questo naturalmente agevola il lavoro di Putin.

D. – Su Bashar al-Assad c’è un grande punto di rottura tra i due. Non c’è sicuramente accordo su quella che dovrebbe essere la transizione politica siriana...

R. – Bashar al-Assad è un dittatore, è il primo responsabile del tracollo del suo Paese. L’alternativa, però, è Bashar al-Assad o l’Is. Non c’è altro. Tutti i tentativi più o meno veri, reali, concreti degli americani e dei sauditi di creare una alternativa moderata all’Is sono falliti. L’idea russa è: intanto eliminiamo l’Is e ci teniamo Assad, il cui esercito sul campo è il primo e vero baluardo alla diffusione dell’Is, e poi se ne parla. Gli americani non lo vogliono, perché in realtà gli americani con i sauditi stanno gestendo la guerra all’Is non per eliminare più in fretta possibile l’Is, ma per dare all’Isis il tempo di far fuori Assad e poi eventualmente essere eliminato. 

D. – Si è parlato di questo bilaterale come di una sorta di prova generale di nuove manovre diplomatiche, ma cosa può cambiare sul terreno della geopolitica?

R. – Può cambiare qualcosa sul piano della geopolitica globale, perché è chiaro che tra Russia e Stati Uniti c’è un continuo "trade off", una politica di scambio, per cui la Russia che è stata messa in forte crisi con il rivolgimento politico - anche questo in qualche modo accompagnato, se non pilotato dagli Stati Uniti - in Ucraina sta cercando di rispondere "conquistando" terreno in Medio Oriente. E’ un continuo bilanciamento, che naturalmente vede la Russia più in difficoltà, perché è un Paese meno potente, ma che offre comunque al Cremlino delle leve per farsi valere. E, in Medio Oriente, l’asse con i Paesi della Mezza Luna fertile sciita è un buon punto di forza per la Russia.

D. – Un punto di incontro potrebbe essere l’Iran per gli Stati Uniti e per la Russia?

R. – Che l’Iran possa giocare un ruolo regionale decisivo non saprei dirlo. Dipende dall’evoluzione politica anche iraniana, perché l’Iran ha le sue colpe nell’isolamento internazionale in cui è precipitato. Certamente, l’accordo sul nucleare lo ha reimmesso nel gioco politico e l’Iran è sicuramente un interlocutore importante.

D. – Da un lato, questo previsto rafforzamento della coalizione internazionale, con il possibile intervento anche della Russia. Dall’altro, la creazione di questo gruppo di contatto, di cui dovrebbero far parte Russia, Stati Uniti, Siria, Iran, Arabia Saudita, Turchia ed Egitto. Quale sarà il ruolo allora di questo gruppo, ma soprattutto qual è il ruolo dell’Europa se c’è, in questa fase di pacificazione dell’area…   

R. – Il ruolo del gruppo di contatto è tutto da decidere. La parte interessante sarà probabilmente l’atteggiamento di tre Paesi che pur, più o meno, fedeli a un’alleanza storica con gli Stati Uniti, negli ultimi tempi hanno mostrato più di un malumore e più di una velleità di mettersi in proprio, che sono: l’Arabia Saudita, per la questione del petrolio, per la questione dell’Iran la Turchia, che ha sempre l’incubo Kurdistan, e l’Egitto, dove al-Sisi non ha per niente gradito la benevolenza con cui l’amministrazione americana ha guardato nel recente passato ai Fratelli Musulmani. Ecco, questi tre Paesi, con i loro mal di pancia, possono determinare e spostare l’asse del lavoro di questo gruppo di contatto in una direzione piuttosto che in un’altra. Quanto all’Europa, lo sappiamo tutti, soffre di una impotenza politica a livello internazionale ormai clamorosamente accertata. Sarebbe ora che si desse una svegliata e sarebbe ora che soprattutto cercasse di uscire da questa monotona timidezza nei confronti della politica americana, che come ben vediamo in Medio Oriente e anche in Ucraina, bada all’interesse nazionale e non tanto alle alleanze internazionali.

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Cooperante italiano ucciso a Dacca: l'Is rivendica l'attacco

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Un cooperante italiano di 51 anni, Cesare Tavella, è stato ucciso ieri sera nella capitale del Bangladesh, Dacca, da tre uomini armati probabilmente legati al fondamentalismo islamico. L’attacco è stato infatti rivendicato su Internet da una cellula locale dello Stato islamico. Nel comunicato, sulla cui attendibilità sta indagando la Farnesina, si definisce la vittima “uno spregevole crociato” e si minacciano di morte di tutti i non musulmani presenti nel Paese. L’episodio è l’ultimo di una serie di attacchi da parte dei fondamentalisti islamici, in un Paese tradizionalmente estraneo al fenomeno come spiega Diego Abenante, docente di storia dei Paesi Afro-Asiatici all’Università di Trieste, al microfono di Michele Raviart: 

R. – L’Asia meridionale, da un punto di vista islamico, è una regione storicamente tollerante in cui è in atto un braccio di ferro tra una versione ideologizzata dell’islam e chi invece si sforza di mantenere le radici locali dell’islam. Questa sorta di contrasto religioso è stato ulteriormente rafforzato dal dibattito che è sorto nel 2013 e 2014, riguardo ai processi per i crimini di guerra della guerra civile del 1971. Questi processi, che sono stati fortemente voluti dal governo del primo ministro, Sheikh Hasina, hanno finito in qualche modo per riportare sulla pubblica piazza la divisione che esiste nella società bengalese tra i fautori di due diverse visioni dell’islam: una visione prettamente locale, più tollerante, più sincretista e fortemente bengalese e, dall’altra parte, invece una visione internazionalista islamica, più tendente al fondamentalismo.

D. – L’omicidio del cooperante italiano è stato rivendicato da una cellula dello Stato islamico. E’ plausibile che gli uomini del Califfato siano arrivati anche in Bangladesh?

R. – Ci sono certamente dei tentativi di trasportare questa organizzazione in Asia meridionale. Abbiamo delle informazioni che tentativi analoghi siano stati portati avanti anche in Pakistan e in Afghanistan. Quindi, non sorprende che qualcosa del genere stia avvenendo anche in Bangladesh. C’è, però, bisogno di essere cauti, perché effettivamente è un po’ presto per dire che Daesh abbia effettivamente creato una organizzazione in loco.

D. – Invece, c’è una cellula di al-Qaeda che è stata fondata da al-Zawahiri, che sta in una sorta di competizione con altri estremismi. Che cosa vuole il fondamentalismo islamico per il Bangladesh?

R. – Il Bangladesh, come il suo più grande vicino, cioè l’India, rappresenta per il mondo del fondamentalismo islamico una contraddizione, perché è un Paese con una forte componente musulmana che però ha sempre preferito adottare e mantenere una propria personale versione dell’islam, poco interessata a sviluppare delle forme di identità musulmana ortodossa e interessata invece a conservare le proprie peculiarità locali. Quindi, è noto che l’islam bengalese è un islam che ha molto in comune persino con le pratiche religiose dell’induismo. Agli occhi di un certo estremismo islamico contemporaneo tutto questo rappresenta una contraddizione che deve essere eliminata.

D. – Negli ultimi mesi sono stati presi di mira, uccisi o aggrediti almeno quattro blogger che si definivano o atei o contro il fondamentalismo islamico, e un’altra ventina sono stati messi all’indice. Perché l’estremismo si focalizza proprio su queste figure? 

R. – Questo è un fenomeno molto simile a ciò che abbiamo osservato in altri Paesi musulmani, purtroppo, dell’area sud asiatica e del Medio Oriente. Vengono prese di mira le voci dissenzienti, cioè quelle persone, quegli intellettuali, giornalisti o semplicemente blogger, che pubblicamente affermano il proprio dissenso nei confronti di una visione ideologizzata dell’islam. Fanno paura, perché potrebbero essere dei portavoce di una nuova generazione di musulmani, soprattutto di giovani musulmani, che pur rivendicando il proprio essere musulmani affermano di non condividere una visione invece “scritturalista” e ideologizzata dell’islam.

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Centrafrica: è crisi a Bangui. Domani opposizione in piazza

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Ancora alta la tensione in Centrafrica, dopo le violenze dei giorni scorsi nella capitale Bangui, con un bilancio di almeno 40 morti, un centinaio di feriti e oltre 20 mila sfollati. Grande preoccupazione è stata espressa anche dall’Assemblea generale dell’Onu che affronterà la crisi in corso nel Paese in una seduta straordinaria, giovedì prossimo. Il servizio di Gabriella Ceraso

Coprifuoco violato e saccheggi hanno segnato anche la giornata odierna a Bangui, città che da almeno tre giorni è completamente paralizzata dalle barricate e dalle violenze innescate innanzitutto dalla contrapposizione tra combattenti Seleka, che hanno deposto il presidente Bozizè nel 2013, e unità anti-Balaka, nate come gruppi di difesa contro il banditismo. Uomini armati hanno preso d’assalto sedi di organizzazioni internazionali e hanno causato l’evasione dalla prigione centrale di centinaia di detenuti, puntando anche al palazzo della presidente di transizione che vogliono dimissionaria, Catherine Samba Panza, che intanto sta rientrando dalla sede della Nazioni Unite di New York. “Ristabilite la calma e troveremo una soluzione”, ha detto appellandosi al suo popolo.

Preoccupazione è stata espressa anche dall’Assemblea generale dell’Onu, che parla di un regresso ai tragici fatti del 2013 per il Paese. Si rincorrono voci dell’arrivo in città di rinforzi provenienti dall’interno del Paese sia per gli anti balaka sia per la milizia seleka. Per domani l’opposizione e gli anti-Balaka hanno programmato una grande manifestazione popolare per sostenere le loro richieste. I caschi blu intanto stanno radunando personale civile straniero delle Ong in luoghi sicuri. La tensione anche con i soldati Onu non cala: respinte le accuse di aver colpito volutamente tre manifestanti ieri, ora si indaga per accertare lo svolgimento reale dei fatti.

Intanto, la politica interna è allo stallo: il 4 ottobre doveva tenersi un referendum sull’adozione della nuova Costituzione e il primo turno delle presidenziali era stato fissato per il 18 ottobre. Forte resta tuttavia l'impegno della chiesa. Mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, rilancia ai nostri microfoni l'impegno portato avanti contro la diffusione delle armi e la speranza che la venuta del Papa, a fine novembre, porti con sè "una parola di pace, di riconciliazione, di misericordia, per la convivenza e la concordia".

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Nella Chiesa e nel mondo



Yemen: decine di morti per bombe su corteo nuziale

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È salito a 131 morti il bilancio del bombardamento che ha colpito ieri un corteo nuziale a al Wahijah, nei pressi della città costiera di Mocha, sud-ovest del Paese. Lo hanno riferito fonti mediche di  Maqbana, nella zona, dove un esponente di spicco della ribellione houthi stava celebrando il proprio matrimonio. La coalizione araba a guida saudita impegnata da mesi nel contrastare, con i suoi raid aerei, l’avanzata ribelle - riferisce l'agenzia Misna - ha smentito di aver effettuato l’attacco.

L'Onu chiede di tornare al negoziato
Intanto, il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha condannato “il disprezzo per la vita umana mostrato dalle parti” in lotta in Yemen. Intervenendo all'Assemblea Generale in corso al Palazzo di vetro, il rappresentante Onu ha ribadito che "Non c'è una soluzione militare al conflitto" e ha chiesto "alle parti di tornare a negoziare, per risolvere la crisi con il dialogo facilitato dall'inviato speciale Onu". (A.d.L.)

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Morte cooperante in Bangladesh: l'amarezza dei vescovi

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“Abbiamo appreso della notizia dell’omicidio del cooperante italiano dalla televisione. Siamo sconcertati e amareggiati. Come Chiesa cattolica esprimiamo la condanna per il gesto esecrabile e la solidarietà alla famiglia e alla nazione italiana. Anche esponenti del governo e molti leader della società hanno condannato l’omicidio”: lo dice all’agenzia Fides mons. Theotonius Gomes, vescovo ausiliare di Dacca, dopo l’omicidio dell’italiano Cesare Tavella, che lavorava in Bangladesh con una Ong olandese, che sarebbe stato freddato - secondo una rivendicazione giunta dopo l'attentato - da militanti del sedicente Stato Islamico (Is).

Vescovi chiedono al governo di garantire la sicurezza
“Sulla presenza dell’Is in Bangladesh c’è generale apprensione. Sappiamo che è un fenomeno ormai mondiale e che gruppi di militanti locali possono essere influenzati dall’Is. Auspichiamo un'azione del governo per garantire la sicurezza a tutti i cittadini” dice il vescovo.

Appello dei vescovi contro il fondamentalismo
“Come tutti siamo preoccupati per la crescita della violenza militante e del fondamentalismo nel Paese, e ci appelliamo al governo perchè la situazione non vada fuori controllo. Ma siamo consapevoli che di recente sono stati colpiti anche dei blogger laici, dunque tutte le persone con la mente aperta nella società civile sono potenziali vittime di omicidi extragiudiziali” osserva. I cattolici, conclude il vescovo, “continuano a vivere con fede una vita pacifica, all’insegna del dialogo e delle opere di carità. La nostra vita è nelle mani di Dio”. (P.A.)

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Siria. Vescovo di Aleppo: sconsiderate le scelte dell'Occidente

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L'iniziativa militare unilaterale della Francia, che nei giorni scorsi ha dato inizio a incursioni aeree contro le basi del sedicente Stato Islamico in territorio siriano, rappresenta “un altro episodio nella serie di azioni e scelte sconsiderate compiute dalle potenze occidentali nel quadro dei conflitti che stanno massacrando i popoli del Medio Oriente”. E' questo il giudizio perentorio espresso dal vescovo Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, in merito ai raid aerei in terra siriana ordinati dal governo francese, giustificati con l'intenzione di colpire le roccaforti del terrorismo jihadista.

Scelte della Francia insensate e contraddittorie
“E' dall'inizio della guerra - aggiunge all'agenzia Fides il vescovo Abou Khazen - che ci chiediamo cosa davvero muova la Francia nelle sue scelte. Viene da pensare agli interessi economici, ma non so se questo basta a giustificare certe linee-guida così insensate e contraddittorie, come la scelta di sostenere e accreditare i ribelli, unita ai bombardamenti degli ultimi giorni, indirizzati contro quello Stato Islamico che non avrebbe mai assunto tanta forza se non avesse avuto appoggi e finanziamenti da parte dei Paesi dell'area, più allineati con l'Occidente”.

Gli altri bombardano... ed i siriani muoiono
​Negli ultimi giorni – aggiunge il vicario apostolico di Aleppo – la situazione nella città-martire siriana ha segnato qualche momento di calma: “Qui sono tutti tanto contenti perchè l'acqua arriva e l'elettricità funziona per almeno due ore al giorno, poveretti... Gli altri bombardano, e a morire è questa gente, che ha già perso tutto e non ha più altro da difendere... Parlano tanto di democrazia e di diritti umani: che ci lascino almeno il diritto alla vita”. (G.V.)

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Betlemme: incendio doloso al convento di San Charbel

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“Si è trattato di un incendio doloso, innescato ad arte, non certo di un corto circuito legato all’impianto elettrico. Un atto di vandalismo in piena regola, che racchiude una matrice confessionale, ad opera di un gruppo o singoli esponenti del radicalismo islamico”. È quanto riferisce all'agenzia AsiaNews, Sobhy Makhoul, cancelliere del patriarcato maronita a Gerusalemme, in merito al rogo divampato nel fine settimane nel convento di san Charbel dei maroniti a Betlemme. Le fiamme non hanno causato vittime o feriti, perché l’edificio al momento è disabitato e oggetto di lavori di restauro, ma i danni sono evidenti e la comunità cristiana della zona non nasconde i timori per possibili nuovi episodi di violenza.  Gli autori del rogo “sono riusciti ad entrare in una camera in cui erano stati accatastati molti oggetti e mobili” racconta Sobhy Makhoul, perché l’edificio è interessato a lavori di restauro. “Le fiamme hanno raggiunto gli oggetti - prosegue - e si sono propagate in modo rapido in tutta la struttura”. 

Ancora un atto vandalico contro i cristiani di Terra Santa
Fonti della polizia, che ha aperto un’inchiesta sulla vicenda, affermano che si tratterebbe di gruppi estremisti musulmani attivi nella zona e che - già individuati, secondo le prime indiscrezioni - “potrebbero presto essere arrestati”. “C’è una matrice confessionale, il tentativo evidente di colpire i cristiani - afferma il cancelliere del patriarcato maronita - del resto il Medio Oriente è pieno di questi episodi.  Nella zona vi sono questi gruppi estremisti, cellule di Hamas e anche cani sciolti che agiscono dando sfogo alla loro ideologia”. 

Dall'Autorità palestinese 100mila dollari per il restauro del convento
Il convento di san Charbel dei maroniti a Betlemme sorge nel sobborgo di Wadi Maali, in un’area abitata anche da famiglie musulmane, ed è una struttura dotata di diverse camere e una piccola cappella per la preghiera. L’incendio è divampato al piano sotterraneo e poi si è propagato ad altre zone dell’edificio. “Il mese scorso - racconta Sobhy Makhoul - l’Autorità palestinese ha donato 100mila dollari per la sistemazione del convento. Un gesto di riconoscenza verso il patriarca e segno della volontà di partecipare ai lavori di sistemazione”. 

I timori della comunità cristiana
In seno alla comunità cristiana vi è preoccupazione per questo attacco, riferisce il cancelliere del patriarcato maronita a Gerusalemme, ma “dobbiamo andare avanti: apparteniamo a questa terra, siamo fatti per vivere situazioni di tensione, dobbiamo assorbire e non subire quello che succede”. Certo è necessario che l’Autorità palestinese “faccia giustizia e catturi i responsabili”, così come devono essere perseguiti gli autori dell’attacco alla chiesa della Moltiplicazione dei pani e dei pesci” a Tabgha, sul Mare di Galilea. “Va fermato ogni tipo di estremismo - aggiunge - di ebrei e musulmani”. 

I rischi del fondamentalismo islamico
Infine, il rappresentante maronita di Terra Santa lancia un messaggio: “Noi come Chiesa condanniamo questi atti di violenza. Al riguardo, serve un grande lavoro per cambiare le prediche e i sermoni in alcune moschee, in cui si provoca la gente e si fomenta l’odio. Basta - conclude - con questo sentimento di odio e di violenza verso i cristiani”. (D.S.)

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Terra Santa: il 60.mo dell'Opera di San Giacomo

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Proseguono in Israele gli incontri di riflessione e le celebrazioni liturgiche programmati per i 60 anni della fondazione dell'Opera di San Giacomo, nata nel 1954 in seguito alla creazione dello Stato di Israele, per la cura pastorale dei cristiani che vivevano in seno ad un popolo in maggioranza ebraica. Sabato scorso - riferiscono le fonti ufficiali del patriarcato latino di Gerusalemme riprese dall'agenzia Fides - fedeli delle diverse qehillot (comunità parrocchiali) di Israele si sono riuniti presso il santuario della Madonna dell’Arca dell’Alleanza, sulle alture di Abu Gosh, per celebrare una Messa di ringraziamento. 

Mons. Lazzarotto: le comunità parrocchiali siano ponte tra ebrei e cristiani
Durante la celebrazione liturgica, animata con canti in lingua ebraica, il nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico a Gerusalemme e in Palestina, l’arcivescovo mons. Giuseppe Lazzarotto, ha reso omaggio a quella che durante l'omelia ha definito una «forte comunità», capace di affrontare le sfide che le si pongono davanti e radicata nella Chiesa di Terra Santa. Il nunzio ha anche invitato le qehillot ad essere ponte tra ebrei e cristiani, e ha ricordato l’appello dei «discepoli di Cristo di lingua ebraica ed araba a dimostrare che la giustizia, la pace e l’uguaglianza sono possibili nel nostro paese».

Le comunità prrocchiali aperte anche agli immigrati
Nel 1954, grazia anche all'Opera San Giacomo, i cattolici che vivevano in ambiente ebraico (i membri cristiani di famiglie ebree, «Giusti tra le Nazioni…») hanno cominciato a riunirsi per celebrare la Messa insieme. Attualmente le qehillot sono anche luogo di educazione per i bambini cristiani appartenenti a famiglie di immigrati provenienti da Asia, Africa o Sud America che seguono il catechismo in ebraico e partecipano alle varie attività organizzate nella comunità. (G.V.)

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Statua di S. Rita dal Libano a Roma per benedizione del Papa

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Sarà posto accanto alla statua di San Pietro, sul sagrato omonimo, il maestoso monumento raffigurante Santa Rita da Cascia che domani mattina riceverà la solenne benedizione di Papa Francesco, durante l’udienza generale. Accompagnata da migliaia di fedeli che giungeranno in pellegrinaggio per la speciale occasione, la statua sarà poi inaugurata a Cascia il 18 ottobre, posta al centro della rotatoria che sta sorgendo alle porte della città, all’intersezione con la strada che porta a Roccaporena, paese natale della Santa, con una cerimonia che coinvolgerà figure istituzionali e religiose, numerosi fedeli e anche il card. Béchara Boutros Rai patriarca di Antiochia dei maroniti, che guiderà una folta delegazione dal Libano. 

La statua è stata realizzata in Libano
Nella terra dei cedri, infatti, inizia la storia del monumento, non solo fredda pietra marmorea, estratta ad oltre duemila metri di altezza sulle montagne libanesi, bensì messaggio internazionale di pace e fraternità, simbolo dell’eterna e profonda unione tra due comunità, nel segno della fede e degli insegnamenti della Santa. L’opera, che ha già conquistato l’amore del grande popolo di Rita, è stata realizzata nel sito di Ayto, nel nord del Libano, dallo scultore libanese Nayef Alwan, il quale, su commissione del mecenate Sarkis Sarkis molto devoto della Santa, ha lavorato per mesi e sulla base di un bozzetto concordato con l’amministrazione e le comunità agostiniane di Cascia, per dare vita a un gigantesco blocco di pietra. Così, a creazione ultimata, ad inizio settembre il monumento è stato imballato e caricato su un tir che lo ha trasportato fino al porto di Beirut per poi imbarcarsi a bordo di una nave del gruppo Grimaldi Line, per la traversata verso Salerno. 

La statua sarà benedetta a Cascia il 18 ottobre dal card. Beshara Rai
​Mercoledì 23 settembre il monumento ha toccato le coste italiane, per poi essere trasportato presso la Scuola Nazionale dei Vigili del Fuoco di Montelibretti, dove ha atteso il grande momento della benedizione papale. Domani pomeriggio, il grande gruppo di pellegrini prenderà parte alla celebrazione eucaristica nella Basilica Vaticana, alle 15.30, presieduta da mons. Renato Boccardo arcivescovo di Spoleto-Norcia. Il lungo viaggio del monumento, terminerà il 18 ottobre a Cascia, dove darà accoglienza alle migliaia di pellegrini che ogni anno arrivano nelle terre di Rita. La statua sarà benedetta alle 10 e alle 11, seguirà la celebrazione eucaristica nel santuario di Cascia, presieduta dal card. Béchara Boutros Rai. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 272

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.