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Sommario del 28/09/2015
- Papa in aereo: muri non sono soluzione, obiezione coscienza è diritto
- Papa: santità legata a piccoli gesti. A Dublino Giornata famiglie 2018
- Papa: vergogna per abusi, responsabili ne renderanno conto
- Il Papa ai detenuti: è penoso un carcere che non recupera
- Francesco a Usa: siete terra di opportunità, condividetele
- Bagnasco: al Sinodo confronto sulla famiglia a tutto campo
- P. Lombardi: Usa ammirati dall'umanità di Francesco
- Messaggio Papa Giornata Gioventù: misericordia non è buonismo
- Nuovo Cd Cappella Sistina. Mons. Palombella: rivisitare musica sacra
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Siria: incontro tra Putin e Obama a margine dei lavori Onu
- Elezioni in Catalogna. Prof. Venza: passo avanti verso la secessione
- Violenza in Centrafrica. Nzapalainga: leader religiosi la condannano
- Immigrazione: la testimonianza dei profughi in Ungheria
- Gerusalemme: nuovi scontri alla Spianata delle Moschee
- Israele: accordo con il governo. Riaprono le scuole cattoliche
- Iraq. Nuovo patriarca assiro: la religione al servizio della pace
- Vescovi Nigeria: potenziare economia per evitare migrazioni
- Nepal: segnali preoccupanti per i cristiani
Papa in aereo: muri non sono soluzione, obiezione coscienza è diritto
Dalla piaga degli abusi sessuali all’emergenza migratoria in Europa, dal prossimo Sinodo sulla famiglia all’obiezione di coscienza, Papa Francesco ha risposto a tutto campo ai giornalisti sul volo di ritorno verso Roma da Filadelfia. Nella tradizionale conferenza stampa sul volo papale, durata 50 minuti, Francesco ha parlato anche della pace in Colombia, del suo desiderio di visitare la Cina, del ruolo delle donne nella Chiesa. Prima di rientrare in Vaticano, Francesco si è recato come di consueto a ringraziare la Madonna, nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Sulla conferenza stampa in aereo, il servizio di Alessandro Gisotti:
“Mi ha sorpreso il calore della gente”. Papa Francesco esordisce così nella conferenza stampa ritornando all’accoglienza ricevuta negli Stati Uniti. Sono stato colpito, ha detto, “dalla bontà, dall’accoglienza” nelle cerimonie religiose e anche “dalla pietà, dalla religiosità”, si “vedeva pregare la gente – ha detto – e questo mi ha colpito molto”. Francesco osserva poi che non c’è stata alcuna “provocazione” e, a proposito della Chiesa negli Stati Uniti, afferma che la sfida è accompagnare “il popolo nella gioia e nei momenti brutti di difficoltà, quando non c’è lavoro, quando c’è la malattia”. La sfida della Chiesa, ribadisce, è essere “vicina alla gente, vicina al popolo degli Stati Uniti”, “non una Chiesa staccata dal popolo: no. Vicina, vicina. E questa è una sfida che la Chiesa degli Stati Uniti ha capito bene”.
Gli abusi sessuali sono un “sacrilegio”, non coprirli mai più
Francesco ha dunque risposto ad una domanda sugli abusi sessuali perpetrati da parte di membri del clero. Il Pontefice mette l’accento sulla “grande tribolazione” che ha colpito l’episcopato americano al quale si è rivolto a Washington. Tanti di loro, commenta, “hanno sofferto” per questa “cosa bruttissima”, “uomini di Chiesa, di preghiera, veri pastori”. Quindi, ribadisce con parole inequivocabili quanto siano gravi questi abusi che definisce “un sacrilegio”. Quando “un sacerdote commette un abuso – avverte – è gravissimo, perché la vocazione del sacerdote è far crescere quel bambino” verso “l’amore di Dio, verso la maturità affettiva, verso il bene” e invece di fare questo lo schiaccia:
“E per questo è quasi un sacrilegio. E lui ha tradito la vocazione, la chiamata del Signore. Per questo la Chiesa, in questo momento, è forte, in questo: anche non si deve coprire, anche sono colpevoli quelli che hanno coperto queste cose! Anche alcuni vescovi che hanno coperto questo! E’ una cosa bruttissima. E le parole di conforto, non sono a dire: ‘Ma, stai tranquillo, non è niente!’: no, no, no! Sono state quello, ma ‘è stato tanto brutto e io mi immagino che voi abbiate pianto tanto’: in quel senso sono state le parole. E oggi ho parlato duro”.
Comprendere chi non riesce a perdonare gli abusi
Francesco non manca poi di parlare del perdono in queste drammatiche situazioni. A riguardo dei sacerdoti che non chiedono perdono per i proprio crimini, il Papa sottolinea che se un “sacerdote è chiuso al perdono, non lo riceve perché ha chiuso la porta a chiave da dentro, e quello che resta è pregare, perché il Signore apra quella porta”. Diversa è la questione per chi è stato abusato o i familiari che non riescono a perdonare. “Li comprendo – afferma – prego per loro e non li giudico. Non li giudico, prego per loro”. Una volta, confida, ho incontrato diverse persone, e una donna mi ha detto: “Quando mia madre è venuta a sapere che avevano abusato di me, ha bestemmiato contro Dio, ha perso la fede ed è morta atea”. “Io - dice il Papa - comprendo quella donna. La comprendo. E Dio che è più buono di me la comprende.”
Cosa resta nel cuore del Papa dopo un viaggio
Francesco rivolge così il pensiero agli accordi di pace in Colombia, favoriti proprio dall’azione del Papa e della Santa Sede. “Sono rimasto contentissimo”, è il commento, “e mi sono sentito parte nel senso che io sempre ho voluto questo, e ho parlato due volte con il presidente Santos del problema”, la Santa Sede “è tanto aperta a aiutare come potesse”. Poi, il Pontefice confida cosa porta nel cuore alla fine di un viaggio apostolico:
“Quando l’aereo parte dopo una visita, mi vengono gli sguardi di tanta gente e mi viene una voglia di pregare per loro e dire al Signore: ‘Ma, io sono venuto qua per fare qualcosa, per fare del bene. Forse ho fatto del male: perdonami. Ma custodisci tutta quella gente che mi ha guardato, che ha pensato le cose che io ho detto, che ha sentito, anche quelle che mi hanno criticato, tutti …’. Sento questo”.
I muri prima o poi cadono, accogliere i migranti
Il Papa risponde dunque ad una domanda sull’emergenza immigrazione in Europa. Francesco parla dell’Africa “continente sfruttato” a lungo e chiede che, “invece di sfruttare un continente o un Paese o una terra”, si facciano "investimenti perché quella gente abbia lavoro" e così "eviterebbe questa crisi”. E critica i muri che tornano nel cuore dell’Europa:
“Lei sa come finiscono i muri. Tutti. Tutti i muri crollano: oggi, domani o dopo 100 anni. Ma crolleranno. Non è una soluzione. Il muro non è una soluzione. In questo momento l’Europa è in difficoltà: è vero. Dobbiamo essere intelligenti, perché viene tutta quella ondata migratoria e non è facile trovare soluzioni. Ma con il dialogo tra i Paesi, devono trovarla. I muri, mai sono soluzioni; invece i ponti, sì: sempre. Sempre. Non so: quello che penso sui muri, le barriere … no: durano poco tempo, molto tempo, ma non sono una soluzione. Il problema rimane, rimane anche con più odio”.
Non esiste un “divorzio cattolico”, matrimonio è indissolubile
Il Pontefice parla ampiamente della famiglia, in vista del prossimo Sinodo, e in particolare della riforma sulla nullità matrimoniale. “Quelli che pensano al ‘divorzio cattolico’ – sottolinea Francesco – sbagliano perché questo ultimo documento ha chiuso la porta al divorzio che poteva entrare – era più facile – per la via amministrativa. Sempre ci sarà la via giudiziale”. I processi, aggiunge, “cambiano”, la “giurisprudenza cambia in meglio, si migliora sempre”. “I Padri sinodali – ribadisce – hanno chiesto questo: lo snellimento dei processi di nullità matrimoniale”:
“Questo documento, questo Motu Proprio facilita i processi nei tempi, ma non è un divorzio, perché il matrimonio è indissolubile quando è sacramento, e questo la Chiesa no, non lo può cambiare. E’ dottrina. E’ un sacramento indissolubile. Il procedimento legale è per provare che quello che sembrava sacramento non era stato un sacramento: per mancanza di libertà, per esempio, o per mancanza di maturità o per malattia mentale … tanti sono i motivi che portano, dopo uno studio, un’indagine, a dire: ‘No, lì non è stato sacramento, per esempio, perché quella persona non era libera’”.
A Buenos Aires, rileva, per molti quando una fidanzata rimaneva incinta doveva sposarsi. Io, rammenta, “ai sacerdoti consigliavo – ma con forza, quasi proibivo di fare il matrimonio in queste condizioni. Noi li chiamiamo 'matrimoni di fretta' per salvare le apparenze”. Rivolge poi l’attenzione al “problema delle seconde nozze, dei divorziati che fanno una nuova unione”. “A me – annota il Papa – sembra un po’ semplicistico” dire che “la soluzione per questa gente è che possano fare la Comunione. Questa non è la soluzione”. Anche il problema delle “nuove unioni dei divorziati: non è l’unico problema”, ammonisce e invita a leggere l’Instrumentum Laboris. “Per esempio: i giovani non si sposano, non vogliono sposarsi. E’ un problema pastorale per la Chiesa. Un altro problema: la maturità affettiva per il matrimonio”. Il Sinodo, riprende, “deve pensare bene come fare la preparazione al matrimonio: è una delle cose più difficili”:
“E ci sono tanti problemi … Ma, tutti sono elencati nell’Instrumentum Laboris. Ma mi piace che lei mi abbia fatto la domanda sul ‘divorzio cattolico’: no, quello non esiste. O non è stato matrimonio – e questa è nullità, non è esistito – e se è esistito è indissolubile. Quello è chiaro”.
Obiezione di coscienza è diritto umano che va rispettato
Francesco risponde poi sull’obiezione di coscienza in particolare riguardo a quei funzionari statali che, negli Usa, si sono rifiutati di firmare i certificati di “matrimonio omosessuale”. “L’obiezione di coscienza è un diritto”, è la sua risposta, “e se una persona non permette di esercitare l’obiezione di coscienza, nega un diritto”:
“E’ un diritto umano. Se il funzionario di governo è una persona umana, ha quel diritto. E’ un diritto umano”.
Il Papa parla poi delle guerre, e chiede di evitare i “bombardamenti” che portano “morte, sangue”
Desidero visitare la Cina
Papa Francesco torna poi ad esprimere il desiderio di visitare la Cina:
“Io amo il popolo cinese; gli voglio bene. Io mi auguro che ci siano le possibilità di avere buoni rapporti… Buoni rapporti! Ne abbiamo contati, ne parliamo… Andare avanti. Ma per me avere un Paese amico come la Cina, che ha tanta cultura e tanta possibilità di fare bene, sarebbe una gioia”.
Il grazie alle suore Usa. No a sacerdozio femminile
Ancora, il Papa si sofferma sul ruolo delle donne nella Chiesa e in particolare su quanto le suore siano amate negli Stati Uniti:
“Sono brave, sono donne brave, brave, brave. Ognuna segue la sua Congregazione, le sue regole, ci sono differenze, ma sono brave e per questo ho sentito l’obbligo di ringraziare per quello che loro hanno fatto”.
A proposito del successo ottenuto in questa visita, il Papa torna poi a definire il potere come servizio. “Io - rivela - mi sento sempre debole, nel senso di non avere il potere, il potere è anche una cosa passeggera: oggi c’è, domani non c’è… E’ importante se tu con il potere puoi far bene”. Sul sacerdozio femminile, ribadisce che non si può fare, come già aveva affermato San Giovanni Paolo II. Tuttavia, aggiunge, nella Chiesa “sono più importanti le donne che gli uomini” e serve una “teologia della donna” su cui dobbiamo andare avanti.
Non sono una star, sono il Servo dei Servi di Dio
Francesco risponde inoltre sulla sua grande popolarità e a quanti lo definiscono una “star”:
“Tu sai quale era il titolo che usavano i Papi e che si deve usare? Servo dei servi di Dio. E’ un po’ differente dalla star. Le stelle sono belle a guardarle, a me piace guardare quando il cielo è sereno d’estate.... Ma il Papa deve essere - deve essere! - il servo dei servi di Dio. Sì, nei media si usa questo, ma c’è un’altra verità: quante star abbiamo visto noi che poi si spengono e cadono… E’ una cosa passeggera. Invece essere ‘Servo dei servi di Dio’, questo è bello! Non passa!”.
Infine, a proposito della presenza del sindaco di Roma, Ignazio Marino, all’Incontro mondiale delle Famiglie di Filadelfia, Papa Francesco ha affermato che non è stato lui ad invitarlo.
Papa: santità legata a piccoli gesti. A Dublino Giornata famiglie 2018
"La parola del Signore invita tutti a partecipare alla profezia dell’alleanza tra un uomo e una donna, che genera vita e rivela Dio”. Lo ha detto il Papa nell’omelia della Messa che ha chiuso l’ottavo Meeting Mondiale delle Famiglie di Filadelfia. Centinaia di migliaia le persone hanno pregato con il Papa, provenienti dai cinque continenti. Francesco ha rimarcato che la felicità e la santità sono legati a piccoli gesti. Poi l'annucio del prossimo incontro mondiale del 2018 che sarà a Dublino. Il nostro inviato a Filadelfia, Massimiliano Menichetti:
Philadelphia, gli Stati Uniti, il mondo si sono fermati in preghiera con il Papa, l’immagine è quella di un fiume di fede lungo Benjamin Franklin Parkway. Centinaia di migliaia di persone si sono rivolte alla Croce su Eakins Oval, l’emiciclo dove le famiglie sabato hanno festeggiato e pregato con il Papa. Sul palco la celebrazione della grande Messa che ha chiuso il Meeting Mondiale delle Famiglie 2015. Francesco sulla Jeep bianca ha percorso tutto il perimetro del viale accompagnato dalle grida di gioia e amore dei fedeli che sin dall’uscita dal Seminario San Carlo Borromeo, dove ha risieduto, hanno alzato i propri figli porgendoglieli. Molti sono stati benedetti, baciati accarezzati dal Successore di Pietro. Le mani protese nel saluto del cuore dunque hanno accompagnato il Papa, come le bandiere, i cartelloni colorati, i fazzoletti agitati al vento.
"Nuestro Padre no se deja ganar en generosidad y siembra...
Dio nostro Padre non si lascia vincere in generosità e semina, semina la sua presenza nel nostro mondo”.
L'amore di Dio
Dio ha amato per primo - prosegue - indicando il soffio dello Spirito e la certezza della fede ancorata all’Amore che "cerca" ed "aspetta". Francesco parla alle famiglie e ribadisce l'importanza di affidarsi al Signore, ricordando le parole di Gesù: “Non ostacolate ciò che è buono, al contrario, aiutatelo a crescere”. Quindi, sottolinea che la “felicità e la santità” sono “legate ai piccoli gesti”. E cita il Vangelo di Marco:
I piccoli gesti
«El que les dé a beber un vaso de agua en mi nombre...
Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome… non perderà la sua ricompensa”.
Questo per il Papa nella vita della famiglia si incarna in "gesti minimi", che si "perdono nell’anonimato della quotidianità":
"Son gestos de ternura, de cariño, de compasión...
Sono gesti di tenerezza, di affetto, di compassione”.
Un piatto caldo, la benedizione prima di dormire, un abbraccio... Sono gesti familiari – evidenzia – “l’attenzione ai dettagli di ogni giorno”, “fanno sì che la vita abbia sempre sapore di casa”. “La fede - aggiunge - cresce quando è vissuta e plasmata dall’amore”.
"Por eso, nuestras familias, nuestros hogares, son verdaderas Iglesias domésticas...
Perciò le nostre famiglie, le nostre case sono autentiche Chiese domestiche: sono il luogo adatto in cui la fede diventa vita e la vita diventa fede".
L'affidamento allo Spirito
Torna a ribadire che “Gesù ci invita a non ostacolare questi piccoli gesti miracolosi, anzi, vuole che li provochiamo, che li facciamo crescere”. Invita ad affidarsi allo Spirito “che ci chiama e ci sfida” a rispondere al senso dell’esistenza a ciò che vogliamo lasciare "ai nostri figli".
La costruzione della casa comune
"Nuestra casa común no tolera más divisiones estériles...
La nostra casa comune non può più tollerare divisioni sterili”.
Il Papa invoca ancora una volta l’unità dell’intera “famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”.
"Que nuestros hijos encuentren en nosotros referentes de comunión...
Che i nostri figli trovino in noi dei punti di riferimento per la comunione non di divisione”. Che i nostri figli – continua – trovino in noi persone capaci di associarsi ad altri per far fiorire tutto il bene che il Padre ha seminato.
L'alleanza generativa di uomo e donna
In un mondo stanco di “divisioni” e “disastri” guardando all’odierna celebrazione con le famiglie la definisce come “qualcosa di profetico” e invita all’apertura della famiglia che rinnova la fede nella parola del Signore e così invita tutti a partecipare alla profezia dell’alleanza tra un uomo e una donna, che genera vita e rivela Dio.
Dublino 2018
Poi, il saluto di mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, che si è stretto al Santo Padre condividendo il cammino verso un'unica famiglia dei popoli, poi l’annuncio della prossima edizione del Meeting delle Famiglie del 2018 che si terrà a Dublino.
Papa: vergogna per abusi, responsabili ne renderanno conto
E’ stato commovente l’incontro che Papa Francesco ha avuto ieri a Filadelfia con alcune vittime di abusi non solo da parte di esponenti del clero ma anche di familiari e persone vicine. “Vi prometto – ha detto il Pontefice - che seguiremo la strada della verità, ovunque possa portarci”. “Le parole – ha proseguito - non riescono a esprimere appieno il mio dolore per l’abuso che avete sofferto. Siete figli preziosi di Dio e dovreste aspettarvi sempre la nostra protezione, la nostra cura e il nostro amore”. Quindi, ha fatto questa richiesta: “Prego umilmente voi e tutte le vittime di abusi di rimanere con noi, di rimanere con la Chiesa affinché insieme, come pellegrini nel viaggio della fede, possiamo trovare la strada per giungere al Padre”. Di questo incontro il Papa ha poi parlato con i vescovi ospiti della Giornata mondiale delle famiglie, ricevuti presso il Seminario San Carlo Borromeo a Filadelfia. Nel suo discorso ai presuli il Papa ha ribadito che “senza la famiglia, la Chiesa non esisterebbe”. Il servizio di Paolo Ondarza:
Dio piange per gli abusi sui minori. I responsabili ne renderanno conto
"Llevo grabado en mi corazón, las historias, el sufrimiento y el dolor de los menores..."
La voce seria, commossa di Francesco apre l’incontro con i vescovi ospiti del Meeting di Filadelfia: la riunione avuta poco prima con le vittime di abusi da parte di sacerdoti impone al Santo Padre di far precedere il suo discorso da queste importanti considerazioni: gli abusi sui minori da parte di sacerdoti sono incisi nel mio cuore, “sono continuamente perseguitato dalla vergogna”, “Dio stesso piange”, “tali reati non possono essere silenziati”, “la Chiesa protegge i minori; i responsabili ne renderanno conto”. Le vittime – spiega il Papa – si sono trasformati in ministri di misericordia, dobbiamo loro e alle loro famiglie la gratitudine per l’immenso coraggio nel servire la battaglia di Cristo contro gli abusi”.
La famiglia è per la Chiesa la conferma della benedizione di Dio sulla creazione
Il Papa sposta quindi la sua riflessione sul tema della famiglia:
"En efecto, la familia no es para la Iglesia principalmente una fuente de preocupación..."
Per la Chiesa la famiglia non è innanzitutto un motivo di preoccupazione, ma la felice conferma della benedizione di Dio al capolavoro della creazione”.
"La familia es el lugar fundamental de la alianza de la Iglesia con la creación con esa creación de Dios..."
"La famiglia è il luogo fondamentale dell’alleanza della Chiesa con la creazione di Dio. Senza la famiglia anche la Chiesa non esisterebbe. Nonostante tutti gli ostacoli che abbiamo di fronte, la stima e la gratitudine devono prevalere sul lamento”, spiega il Papa pensando alle tante famiglie nel mondo che “anche nelle prove più dure onorano le promesse e custodiscono la fede.
Un mondo che consuma e scarta non ha più legami
“Il cristiano non è immune dai cambiamenti del suo tempo”, constata Francesco commentando le trasformazioni del quadro epocale contemporaneo che di fatto incidono sulla cultura sociale e giuridica dei legami familiari, coinvolgendo credenti e non. “Questo mondo concreto – rileva – è il luogo in cui dobbiamo vivere, credere e annunciare”:
"La cultura actual parece estimular a las personas a entrar en la dinámica de no ligarse a nada ni a nadie...
La cultura odierna sembra stimolare le persone a entrare nella dinamica di non legarsi a niente e a nessuno. Ciò che è importante lo determina il consumo: si consumano anche le relazioni e si scarta ciò che non serve". Questo – spiega il Papa – provoca la solitudine di tante persone, una delle principali povertà di oggi:
"Corriendo detrás de un like, corriendo detrás de aumentar el número de followers...
Inseguendo un 'mi piace' o l’aumento dei followers sui social network le persone seguono la proposta della società contemporanea, in una solitudine timorosa dell’impegno, in una ricerca sfrenata di sentirsi riconosciuti”.
I vescovi invitino i giovani all'audacia nella scelta della famiglia
Ma Francesco chiede ai vescovi di non limitarsi a fotografare ciò che va male, condannando i nostri giovani perché cresciuti in questa società e rimpiangendo il passato. Il Papa sollecita i pastori a investire le energie nell’invitare i giovani a essere audaci nella scelta del matrimonio e della famiglia. Anche qui – dice – ci vuole parresia, la concretezza e il coraggio di chiedere: “Perché non ti sposi?":
“En Buenos Aires cuantas mujeres se lamentaban..."
“A Buenos Aires – racconta – quante madri si lamentavano: mio figlio di 30 anni non si sposa, non so cosa fare. Signora – era la risposta – smetta di stirargli le camicie”.
La Chiesa ha bisogno della famiglia e la famiglia della Chiesa
Compito del pastoreè pregare e annunciare la Buona Notizia della famiglia, incoraggiare i fedeli a puntare in alto. In questo modo – spiega Francesco ai vescovi – accettando umilmente l’apprendistato cristiano delle virtù familiari del popolo di Dio, assomiglieremo sempre di più a padri e madri:
"Nuestro ideal, en efecto, no es la carencia de afectos..."
Il nostro ideale non è infatti quello di vivere senza affetti: il buon Pastore rinuncia agli affetti familiari per destinare tutte le sue forze alla benedizione evangelica degli affetti dell'uomo e della donna che danno vita al disegno della creazione di Dio. Dunque, la Chiesa ha bisogno della famiglia e la famiglia della Chiesa: altrimenti, spiega Francesco, il nostro ministero si inaridisce e la famiglia umana si allontana dalla Buona Notizia donata da Dio.
Porsi alla scuola della tenerezza di Dio
Speciale cura il Papa raccomanda nei confronti delle situazioni ferite, perdute, abbandonate, devastate, private della loro dignità, invitando i pastori a porsi alla scuola della tenerezza di Dio, usando infinita pazienza, e senza risentimento, nei confronti dei "solchi non sempre lineari in cui dobbiamo seminare". "Se saremo capaci di questo rigore degli affetti di Dio – è la conclusione – anche una donna samaritana con cinque 'non-mariti' si scoprirà capace di testimonianza. E per un giovane ricco che sente tristemente di doversi pensare ancora con calma, ci sarà un maturo pubblicano che si precipiterà giù dall’albero e si farà in quattro per i poveri ai quali – fino a quel momento – non aveva mai pensato".
Al termine dell'incontro, il Papa ha consegnato ai presuli un'immagine della Vergine del Cobre ricevuta nei giorni scorsi dai vescovi cubani perchè fosse regalata a nome loro ad una comunità cubana degli Stati Uniti.
Il Papa ai detenuti: è penoso un carcere che non recupera
E’ penoso un sistema carcerario che non recupera le persone. Francesco manda un messaggio diretto, chiaro, durante l’incontro con un centinaio di detenuti nell'Istituto di Curran-Fromhold, a Philadelphia. Seduto su una sedia costruita apposta per lui dai detenuti, che gliene hanno poi fatto dono, il Papa ha parlato dei mali delle società che non hanno compassione. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Sono venuto come pastore, ma soprattutto come fratello a condividere la vostra situazione e a farla anche mia. Francesco è fermo nelle sue parole, solleva lo sguardo mentre parla, a guardare chi, nella sua divisa celeste, lo ascolta, a lui arrivato per parlare a loro, i detenuti, gli esclusi dalla società:
Ya que una sociedad, una familla que no sabe sufrir…
“Perché una società, una famiglia che non sa soffrire i dolori dei suoi figli, che non li prende sul serio, che li tratta come cose “naturali” e li considera normali e prevedibili, è una società “condannata” a rimanere prigioniera di sé stessa, prigioniera di tutto ciò che la fa soffrire.
Camminare è vita, vivere è andare per strade che lasciano il segno
Il Papa è lì per pregare con loro, per presentare a Dio ciò che fa male, ciò che incoraggia, e per ricevere da lui la forza della Risurrezione. Francesco racconta della Lavanda dei piedi all’Ultima Cena. Spiega la ragione di quell’abitudine, nata per pulire i piedi dei viandanti che entravano in un casa, spiega la difficoltà dei discepoli a capire il perché di quel gesto da parte del Signore, che in quel modo lava anche i piedi dei discepoli di oggi. E a chi, in questo momento, ha la sua vita chiusa in una cella, Francesco spiega che camminare è vita:
Todos sabemos que vivir es caminar…
“Tutti sappiamo che Vivere è camminare, vivere è andare per diverse strade, diversi sentieri che lasciano il loro segno nella nostra vita”.
Reclusione non significa espulsione. Tutti hanno bisogno di purificazione
La fede ci permette di sapere che “Gesù ci cerca, vuole guarire le nostre ferite, curare i nostri piedi”, “pulirci dalla polvere” che ognuno di noi ha raccolto nel suo cammino. Gesù non chiede dove siamo andati, o cosa stessimo facendo, ma solo ci dice: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Lavare i piedi di tutti noi significa quindi dare la vita per la quale siamo stati creati. E’ Gesù che “viene incontro a noi per calzarci di nuovo con la dignità dei figli di Dio”. E’ lui che aiuta a riprendere il cammino, recuperare la speranza, restituire fede e fiducia. E’ lui che vuole il ritorno alle strade, alla vita, perché ognuno ha una missione, perché “questo tempo di reclusione non è mai stato e mai sarà sinonimo di espulsione”:
Vivir supone “ensuciarse los pies” por los caminos polvorientos de la vida…
“Vivere comporta “sporcarsi i piedi” per le strade polverose della vita, della storia. Tutti abbiamo bisogno di essere purificati, di essere lavati, io per primo. Tutti siamo cercati da questo Maestro che ci vuole aiutare a riprendere il cammino. Il Signore ci cerca tutti per darci la sua mano”.
Penoso un sistema penitenziario che non tende al reinserimento sociale
Ma questi sistemi penitenziari non curano le piaghe, non guariscono le ferite, non generano nuove opportunità e questo, dice Francesco, è penoso. E’ doloroso “riscontrare come a volte si crede che solo alcuni hanno bisogno di essere lavati, purificati, non considerando che la loro stanchezza, il loro dolore, le loro ferite sono anche la stanchezza, il dolore e le ferite di tutta una società”. Il Signore, invece, rifiuta l’esclusione perché il suo gesto di “lavare i piedi per andare a tavola”, ci dice che Lui vuole che “nessuno rimanga fuori”. La tavola è stata apparecchiata per tutti e tutti vi sono invitati”. L’essere in carcere, è ciò che il Papa dice, ha un unico scopo:
“…tender la mano para volver al camino, tender la mano para que ayude a la reinserción social…
“...tendere la mano per riprendere il cammino, tendere la mano che aiuti al reinserimento sociale. Un reinserimento di cui tutti facciamo parte, che tutti siamo chiamati a stimolare, accompagnare e realizzare. Un reinserimento cercato e desiderato da tutti: reclusi, famiglie, funzionari, politiche sociali e educative. Un reinserimento che benefica ed eleva il livello morale di tutta la comunità e la società”.
In conclusione, Francesco incoraggia i detenuti ad essere artefici di opportunità, di cammino, di nuove vie. Perché tutti hanno “qualcosa da cui essere puliti, purificati. Che tale consapevolezza ci risvegli alla solidarietà, a sostenerci e a cercare il meglio per gli altri”.
Francesco a Usa: siete terra di opportunità, condividetele
La vostra terra “è stata benedetta con enormi doni e opportunità”, siatene “generosi custodi” e attenti a chi ne è escluso. È stato questo l’ultimo pensiero del Papa agli Stati Uniti prima di imbarcarsi per il volo di ritorno a Roma. Il saluto di Francesco all’aeroporto di Filadelfia, alla presenza del vicepresidente Joe Biden, è stato per i circa 500 tra organizzatori, volontari e benefattori che hanno preparato e sostenuto la visita papale. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Giorni alcuni dei quali già pronti e fissati per essere storia, ma che per Francesco sono stati “brevi”. È il primo aggettivo dell’ultimo discorso del Papa, rivelatore dei sentimenti che affollano il suo cuore al momento del congedo dagli Stati Uniti.
Famiglie coraggiose
Giorni “brevi” ma anche “di grande grazia” e le parole che risuonano nell’hangar dello scalo di Philadelphia rivolte alla piccola e indispensabile folla degli organizzatori e dei volontari – spina dorsale del suo soggiorno – sono un intreccio di gratitudine e freschi ricordi. Alle famiglie testimoni sul palco del Meeting riconosce anzitutto il coraggio di aver “condiviso pubblicamente” la loro vita:
“Their honesty and humility before the Lord...
Ma la loro sincerità e umiltà di fronte a Dio e a noi ha mostrato la bellezza della vita familiare in tutta la sua ricchezza e varietà. Prego che queste giornate di preghiera e riflessione sull’importanza della famiglia per una società sana incoraggeranno le famiglie a continuare ad impegnarsi per la santità e a vedere la Chiesa come una compagna fedele, qualsiasi prova dovranno affrontare”.
Il male non vincerà mai
Francesco ricorda la canonizzazione di Junipero Serra e il suo messaggio di missionarietà, e la sosta a “Ground Zero”, luogo in cui riecheggia “forte” il “mistero del male”…
“…Yet we know with certainty…
…ma noi sappiamo con certezza che il male non ha mai l’ultima parola e che, nel piano misericordioso di Dio, l’amore e la pace trionferanno su tutto”.
Attenti ai più poveri
Ad ascoltare Francesco c’è il vicepresidente americano, Joe Biden, che diventa il tramite per un ulteriore appello ai vertici statunitensi:
“This land has been blessed…
Questa terra è stata benedetta con enormi doni ed opportunità. Prego affinché siate buoni e generosi custodi delle risorse umane e materiali che vi sono state affidate (…) Le vostre attenzioni nei miei confronti e la vostra accoglienza sono segno del vostro amore per Gesù e della vostra fedeltà a Lui. E altrettanto lo sono l’attenzione per i poveri, per i malati, i senzatetto e i migranti, la vostra difesa della vita in ogni sua fase, come pure la preoccupazione per la vita familiare”.
Sempre vicini a Gesù e alla Chiesa
L’ultima sottolineatura è per la generosità di organizzatori, volontari e benefattori ai quali Francesco riserva il suo ultimo abbraccio. “Non si esaurisca il vostro entusiasmo per Gesù, per la sua Chiesa, per le nostre famiglie e la più grande famiglia della società”, dice loro, soggiungendo: “Come abbiamo ricevuto tanto da Dio – doni dati a noi gratuitamente e non per le nostre forze –, così cerchiamo in cambio di donare gratuitamente agli altri.
“God bless America!”
Bagnasco: al Sinodo confronto sulla famiglia a tutto campo
A Filadelfia era presente anche il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, che – al microfono dell’inviato Massimiliano Menichetti – come molti legge nell’Incontro mondiale delle famiglie un preludio al prossimo Sinodo:
“Sono certo che, come l’anno scorso, sarà un momento di grazia, di grande comunione attorno al Santo Padre per noi come rappresentanti di tutti vescovi di tutto il mondo. Come tematica mi pare che anche la volta scorsa il Santo Padre abbia insistito nell’affrontare il tema della famiglia – la realtà della famiglia – a tutto campo, perché la situazione di partenza che tutti compatiamo, e che il Santo Padre qui a Filadelfia ha ricordato, riguarda ad esempio la difficoltà di creare rapporti stabili e la paura di impegni definitivi e quindi una certa tendenza a non sposarsi… Fatto sta che c’è una paura di fondo a concepire l’amore più come gratificazione esclusiva che come conquista quotidiana da fare insieme. Sono queste le realtà a tutto campo che il Papa vuole che noi affrontiamo per trovare le risposte pastorali migliori. Molte risposte sono già state date, si deve andare avanti migliorandole: la preparazione al matrimonio, i gruppi di sostegno, le politiche famigliari… Altre se ne potranno trovare”.
P. Lombardi: Usa ammirati dall'umanità di Francesco
Sui momenti salienti del viaggio apostolico di Papa Francesco negli Stati Uniti, Alessandro De Carolis ha intervistato il direttore della Sala stampa vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:
R. – Il Papa ha sempre rilevato, già fin da Cuba,– che la tematica della famiglia era un po’ quella che lo aveva condotto a decidere di fare questo viaggio, che infatti si concludeva poi a Filadelfia per l’incontro mondiale. Il tema della famiglia lo ha ricordato in ognuno dei discorsi importanti di questo viaggio: lo ha ricordato parlando davanti al presidente Obama, davanti al Congresso delle Stati Uniti, davanti alle Nazioni Unite... Il Papa ha parlato della gravità delle domande che riguardano la situazione della famiglia e del matrimonio nel momento storico attuale. Quindi, anche se il clima, per fortuna, era un clima molto di festa, molto gioioso – di annuncio di una parola positiva del Vangelo della famiglia nella sua prospettiva cristiana – però la consapevolezza della serietà della situazione delle domande sull’avvenire dell’umanità, anche per quanto riguarda il modo in cui vive, tutela o non tutela questa cellula fondamentale che è la famiglia, era del tutto presente. Naturalmente, nelle grandi folle che ci sono state c’era tutto l’entusiasmo della popolazione degli Stati Uniti, delle tre grandi città che sono state visitate, per vedere il Papa, per sentirlo, per entrare in contatto con lui. Si vedeva che il Papa arrivava incontrando un interesse, una simpatia, una disponibilità della gente comune eccezionale, veramente molto, molto notevole. E quello che colpisce – lo ha rilevato anche il presidente Obama, lo ha rivelato Ban Ki-moon, lo ha rilevato in diversi – è proprio l’umanità di questo Papa, la sua capacità di stabilire un rapporto con la gente, che dice vicinanza, che dice prossimità, che dice solidarietà. C’è questa attrazione, diciamo, della sua figura umana che gli dà una possibilità di dire delle parole, a volte anche scomode, ma chiare e orientatrici per l’umanità di oggi. Gli elementi di questo entusiasmo e di questo desiderio della gente americana di incontrare il Papa erano evidentissimi e quindi anche la copertura informativa e televisiva, che è stata data a questa presenza del Papa, è stata grandiosa.
D. – Le sue parole mi fanno venire in mente ciò che Papa Francesco ha detto congedandosi all’aeroporto di Filadelfia agli organizzatori: siate generosi. Continuate a essere entusiasti del messaggio del Vangelo, guardate sempre ai poveri in questa terra che è stata benedetta da tantissime opportunità…
R. – Sì, il Papa – anche lui – è andato verso il popolo americano con una grandissima amicizia, con una grandissima disponibilità e benevolenza, per coglierne i valori, per entrare in dialogo con esso, comprendendo la grande storia di libertà, di democrazia, di pluralismo, di costruzione di una grande nazione, a partire da immigrazioni di tante origini diverse, pur avendo poi anche tutti i suoi messaggi da dire di responsabilità, di necessità di impegno e di cambiamento per il futuro, sotto i diversi aspetti, sia per quanto riguarda l’accoglienza dei migranti, sia per quanto riguarda la cura dell’ambiente, le responsabilità a livello internazionale e così via… Tutte cose che il Papa ha detto, ma le ha sapute dire partendo da una base, da una premessa di comprensione molto piena di rispetto e di ammirazione per i valori della storia di questo grande Paese.
D. – Guardando alla globalità di questo decimo viaggio apostolico, il più lungo di quelli finora compiuti da Papa Francesco, che cosa le rimane a caldo più impresso?
R. – Direi che così, dal punto di vista anche emotivo dell’esperienza umana, a me è rimasta impressa la simpatia che si respirava nell’Aula del Congresso in attesa del Papa… Era veramente un’atmosfera di festa, pensando e sapendo che tipo di dibattiti, anche di divisioni e di tensioni, si svolgono in quell’aula anche in questo periodo: lo speaker del Parlamento si è dimesso il giorno dopo la visita del Papa, probabilmente in conseguenza della difficoltà della sua situazione e del suo servizio. Però, si capiva che tutti i presenti erano estremamente interessati e disponibili a sentire che cosa il Papa avrebbe detto. Ho trovato anche molto emozionante il momento di “Ground Zero”, la cerimonia interreligiosa: proprio nel profondo della terra, in questo luogo terribile di manifestazione del male e dell’odio, il Papa ha potuto in qualche modo dare un messaggio che comporta una luce di speranza, proprio sulla base dell’amore e della generosità che hanno accompagnato in quei giorni tremendi la manifestazione del male, rispondendo invece con un amore pronto addirittura a dare la vita generosamente per cercare di salvare le vite delle persone colpite, come tutti i pompieri e le persone della sicurezza. Certamente, quello che rimane molto impresso è questo calore dell’incontro: in particolare a New York si è manifestato questo entusiasmo nella grande Messa a Madison Square Garden, che essendo un ambiente raccolto e chiuso, anche se di grandissime dimensioni, si prestava molto a costituire comunità che si sentiva unita attorno al suo pastore. E poi, sono stato molto toccato dall’incontro con i detenuti: in un ambiente impressionante – in cui tutta l’architettura dice isolamento, dice chiusura, dice limite delle possibilità di espressione – questo messaggio così cordiale, così capace di invitare a guardare al di là e a guardare alla speranza che il Papa ha dato è stata una manifestazione della vicinanza agli ultimi particolarmente efficace e profonda.
Messaggio Papa Giornata Gioventù: misericordia non è buonismo
La gioia di Dio è perdonare, la misericordia non è “buonismo”, né sentimentalismo: così scrive ai giovani Papa Francesco nel Messaggio per la 31.ma Giornata mondiale della gioventù, in programma a Cracovia nel 2016. Nel documento, il Pontefice esorta i ragazzi a “portare la fiamma dell’amore misericordioso di Cristo” nella vita quotidiana, mettendo in pratica, ogni mese, un’opera di misericordia corporale ed una spirituale. Il servizio di Isabella Piro:
È una Gmg davvero speciale quella che si terrà a Cracovia a luglio del prossimo anno: sarà, infatti, la prima ad essere celebrata, a livello mondiale, dopo la canonizzazione dei Giovanni Paolo II, che delle Gmg fu l’ideatore, e soprattutto si inserirà nell’Anno Santo della Misericordia, indetto da Papa Francesco. Quello che aspetta i ragazzi in Polonia sarà, dunque, un vero e proprio “Giubileo dei giovani”.
La misericordia è realtà concreta che include sempre il perdono
“Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” è il motto della Gmg ed il Papa esorta i giovani a comprendere che l’amore di Dio per il suo popolo è come quello di una madre, di un padre per il proprio figlio: un amore capace di “fare spazio all’altro dentro di sé, di sentire, patire, gioire con il prossimo”, un amore “fedele, che perdona sempre”. Per questo, ricorda il Pontefice, “nella misericordia è sempre incluso il perdono”, perché non si tratta “di un’idea astratta, ma di una realtà concreta”. In Gesù – sottolinea il Papa – “tutto parla di misericordia”, anzi “Egli stesso è misericordia”, e la “sintesi di tutto il Vangelo” sta in questo: “la gioia di Dio è perdonare”.
Il confessionale, luogo di misericordia: Dio perdona sempre
Poi, il Papa torna indietro con la memoria e ricorda quando, a 17 anni, l’incontro con un sacerdote, durante la Confessione, gli cambiò la vita: di qui, l’invito ai ragazzi ad accostarsi al sacramento della Riconciliazione, perché “quando apriamo il cuore con umiltà e trasparenza, possiamo contemplare in modo molto concreto la misericordia di Dio”. “Dio ci anticipa sempre, ci cerca da sempre e ci trova per primo”, continua Papa Francesco, ed allora sarà bello “incontrare il suo abbraccio misericordioso” scoprendo il confessionale come “il luogo della misericordia”, perché “il Signore ci perdona sempre” e posa su di noi “uno sguardo d’amore infinito, che al di là di tutti i nostri peccati, limiti e fallimenti, continua a fidarsi di noi ed a guardare alla nostra esistenza con speranza”.
La croce, segno dell’amore smisurato di Dio per l’umanità
Quindi, il pensiero del Papa va al “segno più eloquente della misericordia di Dio”, ovvero la croce, come quella che fu donata da Papa Wojtyła ai giovani nel 1984: essa dimostra che l’amore di Dio è “senza misura”, perché in Lui “troveremo sempre l’amore incondizionato che riconosce la nostra vita come un bene e ci dà sempre la possibilità di ricominciare”.
Misericordia non è buonismo, né sentimentalismo. In gioco credibilità dei cristiani
Ma la misericordia – mette in guardia il Pontefice – non si riceve soltanto, si mette anche in pratica. Anzi: “Saremo veramente beati e felici soltanto se entreremo nella logica divina del dono, dell’amore gratuito, se scopriremo che Dio ci ha amati infinitamente per renderci capaci di amare come Lui, senza misura”. Come diventare, allora, strumenti di misericordia verso il prossimo, ricordando che “la misericordia non è ‘buonismo’, né mero sentimentalismo”, perché in essa è in gioco “la nostra credibilità di cristiani nel mondo di oggi?
Mettere in pratica un’opera di misericordia ogni mese
E qui il Papa dà ai giovani un suggerimento concreto: scegliere, tra gennaio e luglio 2016, un’opera di misericordia corporale ed una spirituale da mettere in pratica ogni mese, perché il messaggio della Divina Misericordia è “un programma di vita molto concreto ed esigente” che implica delle opere, tra le quali la più difficile è “quella di perdonare chi ci ha offeso, chi ci ha fatto del male”, chi ci è nemico.
Giustizia e misericordia devono camminare insieme
Tanti giovani, continua il Papa oggi si dicono “stanchi di questo mondo così diviso, in cui si scontrano sostenitori di fazioni diverse, ci sono tante guerre e c’è addirittura chi usa la propria religione come giustificazione per la violenza”. Ma “l’unica via per vincere il male – ribadisce Francesco – è la misericordia”: la giustizia è necessaria, ma non sufficiente, perché “giustizia e misericordia devono camminare insieme”.
Cracovia ci aspetta con braccia e cuore aperti! Non abbiate paura!
“Cracovia ci aspetta con le braccia ed il cuore aperti!” dice ancora il Papa ai giovani, invitandoli a fissare gli occhi di Dio “colmi di amore infinito ed a lasciarsi raggiungere dal suo sguardo misericordioso”, “capace di cambiare la vita”, “guarire le ferite dell’anima”, “saziare la sete d’amore, di pace, di gioia e di felicità vera”. “Venite a Lui e non abbiate paura! – è l’accorato appello del Papa ai ragazzi – Lasciatevi toccare dalla sua misericordia senza limiti per diventare apostoli della misericordia in un mondo ferito da egoismo, odio e tanta disperazione”. Portate “la fiamma dell’amore misericordioso di Cristo” nella vita quotidiana e “sino ai confini della terra”, conclude il messaggio, ed il Papa vi accompagnerà con la sua preghiera.
Terza Gmg della storia coincidente con un Giubileo
Da ricordare che nel 2016 sarà la terza volta che un raduno internazionale dei giovani coincide con un Anno giubilare. Così accadde nel 1983-84, durante l’Anno Santo della Redenzione, e poi nel il Grande Giubileo del 2000, quando più di due milioni di giovani di circa 165 paesi si riunirono a Roma per la 15.ma Gmg.
Nuovo Cd Cappella Sistina. Mons. Palombella: rivisitare musica sacra
“Cantate Domino. La Cappella Sistina e la musica dei Papi”, è il titolo del nuovo Cd, edito dalla Deutsche Grammophon, in commercio dal 25 settembre, con una selezione di musiche di Palestrina, Allegri, Da Vittoria e Lasso. Un opera davvero originale, incisa per la prima volta dalla Corale più antica del mondo, sotto la volta della Cappella Sistina, che ospiterà domani pomeriggio il Concerto inaugurale. Roberta Gisotti ha intervistato mons. Massimo Palombella, maestro direttore della Cappella Musicale Pontificia “Sistina”.
D. - Mons. Palombella, c’è attesa per questo nuovo Cd, rivolto anche al grande pubblico. E’ possibile conciliare eredità di repertori storici e cultura contemporanea.
R. – Non solo è possibile, è doveroso, nel senso che quando noi davvero perseguiamo la ricerca dell’antico nella sua accezione di prezioso, ci troviamo davanti ad un prodotto, a dell’arte che ci insegna un metodo per vivere oggi e inculturare oggi la rivelazione ed oggi evangelizzare. Quindi lo studio della musica antica, in questo caso del Rinascimento come periodo "magico" di questa istituzione, è una grande metodologia che risponde proprio alle esigenze del Concilio Vaticano II, cioè il posizionamento nella Liturgia attuale di realtà preziose della tradizione, ma insieme nell’imparare scientificamente un metodo per poter dialogare oggi con la contemporaneità.
D. - La Corale più antica del mondo che però non è istituzione del passato, ma espressione della Chiesa odierna…
R. – Precisamente. C’è sempre un po’ il rischio, quando abbiamo queste importanti istituzioni con grande storia, di vivere un po’ della gloria del passato, senza rendersi conto che invece noi siamo significativi culturalmente se dialoghiamo con l’oggi. Paradossalmente il Concilio ci chiede di recepire tutto ciò che in qualche modo è stato fatto nella musica antica per dare sempre più pertinenza estetica a quello che noi facciamo. Quindi il Concilio, nel chiederci di dialogare con la contemporaneità, ci investe di una grande missione di cultura: che vuol dire dialogare a 360 gradi con tutto.
D. - Come è avvenuta la selezione dei brani inseriti nel Cd?
R. - Abbiamo cercato di prendere ciò che, in maniera più immediata, fosse esaustivo di un certo momento storico della musica. La preminenza è stata data a Palestrina che è legato identitariamente alla Cappella musicale pontificia, ma insieme ci sono anche altri autori del Rinascimento e abbiamo incluso il celebre Miserere di Allegri, però con una particolarità, cioè nella sua versione originale trascritta dal Fondo Cappella Sistina della Biblioteca Vaticana, codice del 1661. Abbiamo restituito al Miserere di Allegri la sua originalità rinascimentale. Quello che ordinariamente si sente nei Cd che sono in commercio è il Miserere con tutte le fioriture e ‘incrostazioni’ dei secoli. Noi abbiamo trascritto l’originale di Allegri e abbiamo riproposto questo.
D. - Maestro Palombella, sappiamo che la Cappella Musicale Sistina è impegnata sotto la sua direzione - da cinque anni - a portare il suo patrimonio artistico fuori dalle mura del Vaticano. Questo Cd darà un nuovo impulso a questa attività?
R. - Ovviamente. Ma la Cappella Musicale Pontificia deve fare, prima di tutto, un lavoro che risponde a un suo mandato ecclesiale al servizio del ministero petrino: attraverso la musica evangelizzare, è la sua identità profonda. La nobiltà di questo mandato la obbliga ad una professionalità disarmante. Il grande cambio che è stato fatto nella Sistina - al di là del fatto musicale che si sente - è stato di ritmo lavorativo; cioè noi abbiamo stabilito le prove, da regolamento generale della Curia Romana, tutti i giorni per tre ore, in conformità con l’accezione contrattuale di ogni cantore. Io ho trovato una Sistina che provava due o tre ore a settimana; oggi provano tutti i giorni, perché la professionalità che ci è richiesta è alta se vogliamo fare il dialogo ecumenico, se vogliamo evangelizzare attraverso la cultura. Io personalmente devo studiare continuamente, devo ricercare, devo scrivere. La professionalità che investiamo nella Cappella Sistina e anche ciò che in qualche modo la Santa Sede investe economicamente per questa istituzione è volto alla cosa più nobile: far conoscer il Signore, la salvezza, l’evangelizzazione.
D. - Possiamo anticipare qualche evento?
R. - Il 29 giugno del prossimo anno, in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, si unisce sempre un prestigioso Coro non cattolico insieme alla Cappella musicale pontificia. Per l’Anno della Misericordia abbiamo il progetto di mettere insieme in una sola celebrazione un prestigioso Coro anglicano, un Coro luterano, un Coro ortodosso e la Cappella Sistina. C’è tutto questo lavoro di cercare percorsi di unità all’interno della cultura e dell’arte. E, facendo questo ci si accorge che sono più le cose che ci uniscono che quelle che ci dividono. Una delle vie del dialogo ecumenico è proprio la cultura e l’arte: il bello.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
A conclusione della visita di Papa Francesco negli Stati Uniti, in prima pagina un editoriale del direttore dal titolo “Vicina al popolo”.
Accompagnato dalla gratitudine: il viaggio del Pontefice nei commenti della stampa internazionale.
Come cinquant’anni fa: sintesi dell’omelia del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, durante la celebrazione (oggi pomeriggio nella Basilica Vaticana) della prima memoria liturgica di Papa Montini, e un intervento del cardinale Dionigi Tettamanzi su Giovanni Battista Montini nella storia del Novecento.
Famiglia e sviluppo sostenibile: una sintesi dell’intervento, al summit delle Nazioni Unite, dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.
Siria: incontro tra Putin e Obama a margine dei lavori Onu
Al via oggi a New York i lavori della 70esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, che vede riuniti oltre 150 capi di Stato e di governo. Tra i temi che saranno affrontati, quello della crisi siriana e del futuro del Presidente Bashar Al-Assad. Dopo i primi bombardamenti della Francia contro le postazioni siriane del sedicente Stato Islamico, l’Iran si è detto pronto ad un “piano d’azione” comune con gli Stati Uniti. Molto attiva anche la Russia, che ha rafforzato il coordinamento con l’intelligence dei Paesi dell’area in funzione anti-Is. Intanto è atteso per oggi a New York l’incontro tra il Presidente russo Putin e quello americano Obama. Per un commento su quanto sta avvenendo a New York sentiamo Maria Grazia Enardu, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Firenze al microfono di Michele Raviart:
R. – Quello che rende questa Assemblea importante è il grande ritorno della Russia. L’aspetto paradossale è che, in questo momento, la Russia è un Paese debole perché il petrolio è crollato, perché non innovano, non hanno tecnologia: hanno invece armi, uomini e hanno Lavrov che fa il ministro degli esteri russo da 11 anni, conosce la situazione politica come nessuno al mondo e presenta a Putin tutte le opportunità che poi Putin naturalmente fa vedere come sue.
D. – Sembrerebbe che una sorte di fronte russo-sciita si stia formando e che uno dei nodi sia sulla presenza o meno di Assad…
R. – I russi sono nel lungo periodo disposti a sacrificare Assad. Però mai nessuno darà una garanzia che i russi firmino una intesa, in cui dicano “poi Assad se ne andrà” e che domani non cambino idea… Assad permette a tutti – tutti! – di continuare a fare i propri giochi: lo permette ai sauditi, lo permette ai turchi… Quindi tutti hanno una mano in questo ed è una mano quasi sempre invisibile. Paradossalmente le mani che si vedono meglio sono quelle degli occidentali.
D. – E’ atteso per oggi questo faccia a faccia fra Putin e Obama, il primo da due anni: quali sono i temi, a questo punto, che possono affrontare e le visioni che si contrappongono tra Putin e Obama sulla Siria?
R. – I temi che possono affrontare sono in particolare il Medio Oriente e l’Ucraina o la situazione in Europa Orientale. L’incontro è determinante perché è la prima volta che si vedono da molto tempo e perché si è all’inizio di una possibile collaborazione – con parecchie virgolette … - su questi temi. E’ importante che si incontrino, ma non credo uscirà nulla di definitivo dall’incontro.
D. – Un altro attore molto attivo è l’Iran, che ha detto di essere disposto ad un piano di azione comune con gli Stati Uniti e che prima bisogna distruggere l’Is e poi occuparci di Assad… Ecco, qual è il ruolo di Teheran?
R. – Il ruolo di Teheran è quello di un grande attore, a lungo escluso dalla scena internazionale e soprattutto mediorientale, che ora torna in gioco e ci torna con prudenza, perché l’Iran ha obiettivi di lungo periodo e quindi sarà prudente, sarà attento, ma conterà a rafforzare se stesso, la posizione degli sciiti in Medio Oriente e ad indebolire non tanto i Paesi sunniti, ma quei Paesi sunniti – soprattutto l’Arabia Saudita – che sono, per tutta una serie di ragioni, di ostacolo all’Iran.
D. – La Francia ha cominciato a bombardare lo Stato Islamico. Qual è la strategia sottesa a questa azione?
R. – Le ragioni della Francia sono assolutamente storiche: da 5-6 secoli la Francia considera il Levante - Libano e Siria – come zona di suo grande interesse. In queste circostanze ci vuole tornare in qualche modo… E’ chiaro che, a parte il ruolo che può avere in sede Onu e in sede europea, l’unico modo per farsi vedere è mandare degli aerei e dire: “Ci sono anche io e non si può decidere senza di me!”. E’ anche vero che un bombardamento è una cosa occasionale, per fare qualcosa di incisivo che riporti un minimo di ordine in Siria, – bisogna essere in molti e bisogna essere assai costruttivi.
D. – Qual è il futuro e il presente della coalizione internazionale guidata dagli Usa?
R. – La prima cosa che la coalizione dovrebbe fare è mettersi d’accordo su un obiettivo minimo e cercare di perseguirlo. In questo momento non ne hanno neanche uno… Buttare fuori Assad non è un obiettivo, perché tutti sanno che se non c’è un successore a quella parte di Siria che dovrebbe rimanere nella sfera di Assad - anche con lui fuori - anche questa parte della Siria entrerà nel caos.
Elezioni in Catalogna. Prof. Venza: passo avanti verso la secessione
In Spagna i partiti indipendentisti hanno fatto registrare una netta affermazione nelle elezioni amministrative di ieri in Catalogna. I movimenti secessionisti hanno conquistato la maggioranza assoluta dei seggi. Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy si dice pronto al dialogo, ma non sulla fine dell'unità della Spagna. Il governatore catalano uscente, Artur Mas, ha promesso, entro il 2017, l'indipendenza della Catalogna. Sul significato di questa consultazione Amedeo Lomonaco ha raccolto il commento del prof. Claudio Venza, docente di Storia della Spagna contemporanea all’Università di Trieste:
R. – Artur Mas, come governatore catalano, ha preso una serie di decisioni politiche antipopolari: tagli alla sanità, all’istruzione e ai servizi pubblici. I sondaggi, di qualche mese fa, lo davano per sconfitto. Invece lui ha tirato fuori dal cappello – come si direbbe – un coniglio, un’idea spregiudicata. Era sempre stato un conservatore autonomista ed è diventato, invece, un indipendentista. Ha spinto, cioè, ben al di là della pura e semplice autonomia regionale. Il suo obiettivo era quello proprio di deviare le proteste sociali verso un fine politico-istituzionale: l’indipendenza della Catalogna. In ciò è stato anche aiutato dalla politica intollerante di Madrid.
D. – I partiti indipendentisti hanno ottenuto la netta maggioranza dei seggi – 72 su 135 – ma non la maggioranza assoluta dei voti. Questa vittoria, anche se incompleta, rende possibile – nonostante la contrarietà di Madrid – il percorso verso la secessione della Catalogna?
R. – Riflettiamo un attimo su questa che sembra una anomalia - e in parte lo è - e che dipende anche da una norma elettorale catalana: sono stati assegnati più seggi alle province piccole, Girona, Lleida e Tarragona, e quindi il risultato di Barcellona pesa relativamente di meno nel complesso dei seggi. La secessione, secondo me, ha fatto un passo avanti: non ha fatto il passo avanti che si aspettava, completo e decisivo, ma ha confermato che una notevole fetta della popolazione è favorevole all’indipendenza.
D. – Questo passo avanti verso la secessione potrà essere ostacolato concretamente dalla Spagna oppure alla fine riuscirà a vincere proprio la tesi indipendentista?
R.- E’ difficile fare questa previsione. Consideriamo che ci sono delle forze nettamente anti-catalaniste. Buona parte dei partiti della Castiglia, della zona centrale della Spagna che ruota attorno a Madrid, hanno perlomeno diffidenza, se non ostilità aperta, nei confronti del catalanismo: la considerano una sorta di fuga da una situazione critica, perché sullo sfondo c’è tutto il discorso della crisi economica, senza il quale non si riuscirebbero a capire questi sussulti dell’opinione pubblica. Resterebbe tutto abbastanza indefinito. Invece la crisi porta ad una insoddisfazione di fondo e in Catalogna questo alimenta la speranza di un cambiamento notevole con il passo verso l’indipendenza. Però gli anti-indipendentisti in Catalogna non sono pochi e quindi il discorso non sarà facile nella stessa Catalogna.
D. – E poi c’è anche la Costituzione spagnola proprio su questo fronte contrario…
R. – Sì, la Costituzione spagnola è sostanzialmente unitaria: è del ’78 ed è venuta fuori dalla caduta del franchismo. Adesso bisogna vedere perché questa Costituzione soddisfa sempre di meno. E' di un periodo lontano in cui l’emergenza, la necessità di unire aveva, in qualche modo, messo da parte tutta una serie di rivendicazioni, sia sociali sia autonomiste. Adesso queste si sono riproposte perché la Spagna, nata dalla Costituzione del ’78, non soddisfa buona parte delle popolazione. E questo lo abbiamo visto anche dai risultati elettorali delle municipali.
Violenza in Centrafrica. Nzapalainga: leader religiosi la condannano
Il Centrafrica vive nuove forti tensioni dopo le violenze che sabato hanno insanguinato la capitale Bangui, con un bilancio di almeno 20 morti e un centinaio di feriti. Il servizio di Giada Aquilino:
Barricate, copertoni in fiamme, sparatorie. Bangui è piombata di nuovo nel caos da sabato scorso. Gli scontri sarebbero scoppiati in una zona a maggioranza musulmana, a seguito dell’uccisione di un conduttore di moto-taxi, che avrebbe innescato poi rappresaglie ed esecuzioni sommarie in altre aree della città. Il governo di transizione ha decretato il coprifuoco notturno, che non ha però impedito saccheggi e conflitti a fuoco. Centinaia di profughi, riferiscono fonti dell’agenzia Misna, hanno raggiunto i campi allestiti presso il convento di Notre Dame du Mont Carmel e il seminario maggiore di Bangui. A innescare le violenze, secondo le medesime testimonianze, non soltanto la contrapposizione tra combattenti musulmani Seleka e unità anti-Balaka, costituite perlopiù da cristiani, ma anche il malcontento per la costante insicurezza, nonostante la presenza della missione internazionale dell’Onu, Minusca, affiancata da un contingente francese. Stamani, una manifestazione di protesta degli abitanti nel centro città ha chiesto alla comunità internazionale di riportare la pace nel Paese. Il Centrafrica, una delle tappe del prossimo pellegrinaggio in Africa di Papa Francesco, a fine novembre, è piombato nell’instabilità oltre due anni fa: nel marzo 2013 il presidente François Bozizé fu rovesciato dalla ribellione Seleka; ne sono seguiti sanguinosi scontri che hanno provocato la peggiore crisi nell’ex colonia francese dalla sua indipendenza, nel 1960. Per il prossimo 18 ottobre sono previste elezioni presidenziali e legislative, ma forti ritardi nell’organizzazione mettono a rischio il voto, che potrebbe essere ulteriormente posticipato. Per una testimonianza sulla situazione a Bangui, Xavier Sartre ha intervistato mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo della capitale:
R. - Une ville morte, parce que on voit pas beaucoup de véhicules circulés…
Una città morta! Si vedono circolare soltanto pochi veicoli, ci sono le barricate… Io stesso ho fatto un giro per andare a trovare i rifugiati, coloro che hanno perso tutto, la loro casa e i loro beni, per confortarli e per consolarli. Ho visto i rifugiati nelle parrocchie. Ho ho visto tante gente, con i pacchi sulla testa, che cammina per cercare riparo, all’occorrenza anche nelle parrocchie e nei presbiteri.
D. - Come si può spiegare l’esplosione di questa violenza, sabato mattina?
R. – Jusqu'à présent nous cherchons à savoir comment se passé…
Stiamo cercando tuttora di capire cosa sia successo… Quello che so è che ogni atto di violenza dobbiamo condannarlo ed io condanno questo episodio. E quando succedono queste cose, bisogna condurre un’inchiesta e bisogna sapere chi ne è l’autore per dire ‘no’ all’impunità. Si ha l’impressione che la gente voglia una vendetta popolare, facendosi giustizia da sola. Noi abbiamo visto aumentare questa violenza. Sono scappati tutti. E gli innocenti stanno perdendo la vita! Negli ospedali ho visto molti feriti, molti morti, gente che continua a soffrire: e si tratta proprio di innocenti che non hanno nulla a che fare con questa guerra, con questo odio e con questa vendetta. Noi condanniamo, pensiamo che soltanto così si possa favorire la costruzione della coesione sociale, per arrivare alla pace.
D. – La città di Bangui è tuttora controllata dalle forze dell’Onu: come possiamo spiegare una tale violenza, quando è presente una forza militare internazionale in città?
R. – Cet déclenchement de violence ha surpris tout le monde…
Questo scoppio di violenza ha sorpreso tutti, perché si credeva rimanesse una cosa circoscritta e che non riuscisse a coinvolgere anche altri quartieri della città. Siamo rimasti veramente meravigliati nel vedere come quartieri interi si siano mossi e si siano diretti nella zona delle violenze. Allora, che cosa è successo? Sono delle domande che rivolgeremo al responsabile della forza internazionale, perché possa spiegare cosa sia successo, cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato, tanto da permettere un avvenimento del genere, con un numero di morti e feriti enorme. Tutti vogliono avere risposta a questi quesiti.
D. – Ci sono ancora tantissime armi che circolano in città e più generalmente nel Paese. Secondo voi, ricuperare queste armi e disarmare certe milizie e certe persone non sarebbe un’azione prioritaria da effettuare?
R. – Nous, les leaders religieux, c'est à dire le responsable…
Noi leader religiosi – cioè i responsabili della comunità musulmana, il capo delle Chiese evangeliche ed io stesso – abbiamo insistito sul fatto che si facciano sparire le armi dalle mani della gente, che non sa neanche utilizzarle. Sono pericolose! Siamo seduti su una polveriera. Questi avvenimenti ci mostrano ancora una volta che la gente porta con sé le armi ed è pronta ad utilizzarle, non importa per quale ragione.
D. – Alla fine del mese di novembre Papa Francesco verrà in visita in Centrafrica. Voi credete che, se la violenza a Bangui continuerà e se altri episodi di questo genere si verificheranno, questo viaggio verrà messo in discussione?
R. – Pour l'instant, nous sommes les hommes de foi….
Noi siamo uomini di fede, noi preghiamo e invitiamo tutti, sia gli uni che gli altri, a prepararsi a questo grande evento, in cui il Papa toccherà il nostro Paese. Francesco viene a consolarci, a portare la Buona Novella di riconciliazione e di misericordia. Noi non vogliamo mancare questo incontro. Il Signore toccherà le coscienze di tutti. Noi ci prepariamo a ricevere il Santo Padre, che ci porta una parola di pace, di riconciliazione, di misericordia, per la convivenza e la concordia.
Immigrazione: la testimonianza dei profughi in Ungheria
Negli ultimi tre giorni la Guardia costiera greca ha tratto in salvo 922 migranti che cercavano di raggiungere clandestinamente le isole dell'Egeo dalla vicina costa turca. I salvataggi sono stati realizzati nel corso di 32 operazioni da venerdì. Dall'inizio dell'anno oltre 250 mila migranti hanno attraversato
la Grecia. Stamani, la nave Cigala Fulgosi, della Marina militare, ha soccorso un gommone carico di migranti nel Canale di Sicilia: 105 le persone recuperate. Intanto non si ferma il flusso sulla rotta balcanica, come ci conferma la nostra inviata in Ungheria, Fausta Speranza, al seguito della delegazione di parlamentari italiani con l'eurodeputata Silvia Costa:
“We had to run away from the killing and the bombs …”
Uccisioni e bombe, racconta Said da Baghdad, più di quelle che riportano i media. E gli uomini del sedicente Stato islamico che volevano arruolarlo: “Volevo cercare una nuova vita – ci dice – perché a Baghdad c’è gente che uccide con autobombe, terroristi che uccidono la gente con i fucili o le pistole … succede di tutto. Sono scappato perché hanno cercato di uccidermi. Quelli dell’Is mi hanno detto: ‘Vieni a combattere con noi’. Ma io ho risposto: ‘No, non posso, perché quelli uccidono gente innocente’. E loro hanno iniziato a perseguitarmi e così sono scappato in Turchia e da lì in Grecia e da lì ancora sono arrivato qui. La mia famiglia è scappata in Turchia: spero di riuscire a portarli via dalla Turchia quando arriverò nel Paese nel quale potrò fermarmi”.
“Purtroppo – ci dice - ora non posso chiamarli, perché non ho una sim. L’avevo comprata in Turchia, ma qui non funziona. Spero di arrivare a Vienna e lì posso trovare una sim per chiamarli e avvisarli che sto bene e sapere se stanno bene anche loro, ringraziando Dio”.
Said racconta che ha dovuto pagare una persona per poter scappare dalla Turchia verso la Grecia, via mare: “Avevamo paura di affondare. Abbiamo pagato il passaggio in treno dalla Macedonia e il passaggio in Serbia e qualche taxi. Mi è costato dalla Grecia fino ad Atene 60 euro e da Atene fino alla Serbia ancora 60 euro e dalla Serbia alla Macedonia 10 euro; poi abbiamo pagato 50 euro per passare e in Macedonia abbiamo preso il treno e abbiamo pagato 50 euro. Ma non c’era posto seduti, e così abbiamo fatto il viaggio in piedi: un viaggio così lungo … siamo stanchi … Ho lasciato l’Iraq, e siamo stati in viaggio nove giorni”.
“In questo momento – dice Said - sono felice ma soprattutto sollevato, perché avevamo paura di quello che sarebbe potuto succedere in Ungheria: temevamo che avrebbero preso le nostre impronte digitali e non ci avrebbero fatto uscire dal Paese. Ma quando sarò arrivato a Vienna, sarà tutto a posto. Sono arrivato in Grecia vivo. Il secondo giorno, 30 barche sono affondate nel mare e molta gente è morta. Chiediamo al governo turco di aiutarci, non di perseguitarci per farci tornare nel nostro Paese. Ho un amico che stava fuggendo dalla Turchia: l’hanno preso e l’hanno rimandato a casa. Se io torno a casa, sono morto perché ci stanno aspettando per ucciderci!”.
Dunque, tante storie sui volti delle 10 mila persone che abbiamo visto arrivare in due giorni a Beremend, al confine croato, e che poi abbiamo visto accompagnare sugli autobus verso l’Austria, a Egyelshalom. Tante storie simili: uomini, donne, bambini da Siria e Iraq, chiedono sim telefoniche che funzionino in Europa e wifi per orientarsi. Viaggi di una decina di giorni, faticosissimi. La risposta dell’Ungheria è il muro già costruito con la Serbia, quello in costruzione con la Croazia. Ma Marco Monguzzi, della Croce Rossa Europa, ci parla delle prossime, nuove frontiere di passaggio:
“Sono probabilmente la Romania, la Bulgaria, il Montenegro e l’Albania. Con tutti questi Paesi, la Croce Rossa sta lavorando per prepararsi: una delle nuove grosse sfide sarà l’imminente inverno, perché il passaggio tra Bodrum e le prime isole del Mare Egeo – Kos, Lesbos – è molto breve. E questo potrebbe non avere uno ‘stop’ come succede solitamente durante l’inverno tra Libia e Italia”.
Gerusalemme: nuovi scontri alla Spianata delle Moschee
Sono proseguiti questa mattina gli scontri alla Spianata delle Moschee di Gerusalemme - teatro di tensioni tra palestinesi e israeliani da più di due settimane – dove un gruppo di giovani palestinesi si è barricato ieri sera all’interno della moschea di Al Aqsa. Il loro obiettivo è di impedire l’ingresso nell’area agli israeliani che vi si volessero recare in occasione della festività ebraica di Sukkot, la festa delle capanne, in cui gli ebrei ricordano la fuga del popolo d’Israele dall’Egitto attraverso il deserto. Le celebrazioni, per quella che è una delle festività ebraiche più importanti dell’anno, durano otto giorni e sono cominciate sabato sera.
Chiuse tutte le porte d'accesso alla Spianata
Le autorità hanno imposto severe limitazioni all’accesso dei palestinesi e tutti i fedeli che si trovavano sul posto dopo la preghiera del mattino sono stati evacuati dalle forze dell’ordine che consentono l’ingresso solo ai palestinesi di più di 50 anni. Una misura imposta regolarmente nei periodi di tensione. Tutte le porte d’accesso alla Spianata sono chiuse e, all’esterno, si concentrano gruppetti di palestinesi che scandiscono slogan in difesa delle moschee. La festa di Sukkot attira solitamente numerosi israeliani nella città vecchia di Gerusalemme, alimentando – di conseguenza – tensioni con i palestinesi.
I musulmani accusano Israele di voler modificare lo 'status quo'
La Spianata delle Moschee, terzo luogo santo dell’Islam, che si estende sopra il Monte del Tempio, il sito più sacro dell’ebraismo di cui non permane – in basso - che il Muro del pianto, è al centro di violenze e scontri da diverse settimane. I musulmani accusano le autorità di voler modificare lo ‘status quo’ in base al quale gli ebrei possono entrare sulla Spianata ma non hanno il diritto di pregare. (A.d.L.)
Israele: accordo con il governo. Riaprono le scuole cattoliche
L'Ufficio delle scuole cristiane in Terra Santa e il Ministero dell'educazione israeliano hanno trovato la via per uscire dal contenzioso che li contrappone da mesi. Così, dopo tre settimane di sciopero e di mobilitazione - riporta l'agenzia Fides - le 47 scuole cristiane operanti nello Stato di Israele oggi hanno finalmente aperto le porte ai loro 33mila studenti e hanno dato inizio alle lezioni del nuovo anno scolastico. Lo riferiscono le fonti ufficiali del patriarcato latino di Gerusalemme.
La battaglia per le scuole cattoliche, sostenuta da Chiesa di Terra Santa e vescovi europei
“Siamo soddisfatti - commenta all'agenzia AsiaNews mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale di Gerusalemme - oggi le scuole cristiane sono aperte ed è cominciato in via ufficiale l’anno scolastico. In teoria abbiamo perso 28 giorni, in realtà con le vacanze e le festività ebraiche, cristiane e musulmane i giorni sono solo 15 e abbiamo tutto il tempo per recuperarli”. La battaglia di genitori e alunni è stata sostenuta dalla Chiesa di Terra Santa e dai vescovi europei.
L'accordo conferma il ruolo di ponte dei cristiani nella società
Per mons. Marcuzzo “l'accordo è stato possibile grazie all’unità, alla collaborazione e alla solidarietà che si è venuta a creare a tutti i livelli. Famiglie, sindaci, sindacati, società civile, arabi ed ebrei, cristiani e musulmani, tutti si sono adoperati per questo obiettivo. Questo - aggiunge - è l’elemento di maggiore soddisfazione, perché conferma il ruolo di ponte dei cristiani nella società, perché è fonte di unità e vicinanza”.
Un primo contributo dello Stato ebraico ha sbloccato il contenzioso
Nelle scorse settimane, gli alunni delle scuole cristiane, insieme ai propri genitori e agli insegnanti, avevano organizzato anche manifestazioni di piazza per denunciare il taglio massiccio dei contributi statali imposto negli ultimi due anni da parte del governo d'Israele. La scorsa settimana, alcune proposte per uscire dall'impasse erano state presentate dal Ministero israeliano per l'educazione all'Ufficio delle scuole cristiane, che le ha accettate. L'accordo prevede l'attribuzione alle scuole cristiane di un primo contributo di 50 milioni di shekel – pari a quasi 11 milioni e 350mila euro - per il primo trimestre dell'anno scolastico 2015-2016. Poi verrà creato un nuovo organismo negoziale, incaricato di affrontare e risolvere le questioni in sospeso. (G.V.)
Iraq. Nuovo patriarca assiro: la religione al servizio della pace
I discorsi politici e religiosi devono servire a infondere nei cuori lo spirito d'amore e di servizio, e non, al contrario, fomentare conflitto e divisione. E' questo il concetto-chiave espresso da Mar Gewargis III, nuovo patriarca della Chiesa assira d'Oriente, in occasione della liturgia per il suo insediamento, che ha segnato l'inizio del suo ministero patriarcale. La cerimonia, trasmessa in diretta sui media locali, si è svolta presso la chiesa di San Giovanni Battista ad Ankawa, il sobborgo di Erbil abitato in maggioranza da cristiani, e dove adesso sono concentrati anche buona parte dei cristiani della Piana di Ninive costretti a abbandonare le proprie case davanti all'offensiva dei jihadisti del sedicente Stato Islamico (Daesh).
Per la Santa Sede presente a Erbil il card. Koch
Alla liturgia hanno partecipato, tra gli altri, anche Nechirvan Barzani, Primo Ministro della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, il patriarca caldeo Louis Raphael Sako e il patriarca siro ortodosso Mar Ignatius Aphrem II. La Santa Sede è stata rappresentata dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani.
Mar Gewargis III era l'unico metropolita assiro ancora residente in Iraq
Mar Gewargis III succede a Mar Dinkha IV spentosi a marzo negli Stati Uniti, dopo un mandato patriarcale durato ben 39 anni. Il Sinodo della Chiesa assira d'Oriente aveva scelto il suo nuovo patriarca lo scorso 16 settembre. Il 74enne Mar Gewargis Sliwa, già metropolita di Iraq, Giordania e Russia, era l'unico metropolita assiro ancora residente in territorio iracheno. La sede patriarcale assira, in seguito all'esilio del patriarca Mar Eshai Shimun XXIII, ha lasciato il Medio Oriente dal 1933 e dal 1940 è stata insediata presso Chicago, negli Stati Uniti. Dal 2006 è iniziato il progetto di costruzione di una residenza patriarcale a Erbil, che viene portato avanti ancora oggi e che fa pensare a un possibile futuro trasferimento della sede patriarcale nella capitale del Kurdistan iracheno. (G.V.)
Vescovi Nigeria: potenziare economia per evitare migrazioni
“L’economia nigeriana è in sofferenza. Sempre più nigeriani lottano o sono incapaci di soddisfare le necessità di base delle loro famiglie” affermano i vescovi della Nigeria in un comunicato, ripreso dall’agenzia Fides, stilato alla fine della loro seconda Assemblea Plenaria. La forte disoccupazione giovanile, sottolineano i vescovi, “costringe i nostri cittadini, specialmente i giovani, a emigrare, sia all’interno sia in altri Paesi, esponendosi a condizioni inumane, incluse diverse forme di depravazione e di criminalità. In tanti casi giovani vite sono andate perdute nelle nostre strade, nei deserti di qualche Paese africano e sulle rive dell’Europa”.
Investire nel settore agricolo
Nel messaggio si nota con soddisfazione la volontà espressa dal nuovo governo “di investire nel settore agricolo e di cercare altre alternative al gas e al petrolio”. L’economia nigeriana infatti dipende da decenni dalle esportazioni di petrolio, mentre gli altri settori economici nazionali, a iniziare dall’agricoltura, sono stati a lungo trascurati, con conseguenze negative sull’occupazione in un Paese di oltre 100 milioni di abitanti.
Lotta alla corruzione
I ricavi del settore petrolifero sono stati inoltre depredati dalla corruzione. Un tema sul quale i vescovi sono più volte intervenuti. “Fin dalla sua fondazione, questa Conferenza episcopale ha costantemente condannato la corruzione, la violenza e l’ingiustizia, ed ha invitato i nigeriani a vivere nella trasparenza e con spirito di servizio” ricorda il messaggio, che loda la guerra alla corruzione lanciata dal Presidente Muhammadu Buhari. “Tutti i nigeriani devono aderire alla lotta alla corruzione in modo da recuperare le opportunità sprecate”.
Apprezzamento per il rientro degli sfollati dalle zone riconquistate a Boko Haram
I vescovi esprimono apprezzamento per i successi conseguiti nella lotta contro Boko Haram, permettendo il graduale ritorno alle loro case di rifugiati e sfollati interni. Queste persone necessitano però degli sforzi di tutti per la ricostruzione e la riconciliazione. La Chiesa cattolica, affermano i vescovi, farà la sua parte. Il messaggio si conclude invitando i fedeli a pregare per la Nigeria, in un momento decisivo per la nazione: nonostante lo svolgimento pacifico delle elezioni di marzo, occorre infatti essere sempre vigilanti. (L.M.)
Nepal: segnali preoccupanti per i cristiani
Gruppi estremisti indù nepalesi hanno intimato ai missionari cristiani stranieri di lasciare il Paese. E gli attentati contro due chiese, verificatisi nelle scorse settimane, “sono un segnale preoccupante”, notano fonti locali dell'agenzia Fides. Sebbene il Nepal abbia da poco approvato una nuova Costituzione che conferma la laicità dello stato, il gruppo estremista indù “Morcha Nepal” ha distribuito volantini e opuscoli che minacciano i cristiani, chiedendo loro di abbandonare la nazione
Gli estremisti chiedevano uno Stato indù
I gruppi radicali avevano proposto un emendamento alla Carta, respinto dal Parlamento, che chiedeva di proclamare nuovamente il Nepal “Stato indù”. “L'influenza straniera ha manipolato le decisioni del governo” e “i cristiani hanno corrotto il Paese”, afferma il volantino in circolazione.
La legge anti-conversione viola la libertà religiosa
Fonti di Fides riferiscono che “i cristiani continueranno nella loro missione di dialogo e di annuncio del Vangelo, di carità verso tutti”. Inoltre gruppi come “Christian Solidarity Worldwide” (Csw) notano che nella nuova Costituzione è presente una clausola che rende illegale “qualsiasi atto per convertire un'altra persona da una religione ad un'altra”. Questo approccio che, secondo le associazioni di tutela dei diritti umani, viola la libertà religiosa in quanto lede la libertà della coscienza individuale, è stato considerato una concessione fatta ai gruppi radicali, che promuovono, come accade in India, “leggi anti-conversione”, lamentando il presunto proselitismo dei cristiani. (P.A.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 271