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Sommario del 26/09/2015
- Papa alle Nazioni Unite: il mondo chiede soluzioni urgenti ed efficaci
- Francesco a Ground Zero: vita prevale su distruzione e morte
- Francesco agli studenti di Harlem: non smettete di sognare
- Papa al Madison Square Garden: Dio vive nelle città, cammina con noi
- Papa all'Onu. Lombardi: discorso coraggioso, mondo lo ascolti
- Mons. Paglia: Meeting famiglie ispiri i lavori del Sinodo
- Philadelphia: Bocelli, il mio canto una preghiera per il Papa
- Nomine di Papa Francesco
- Papa a Congresso Eucaristico irlandese: costruire mondo riconciliato
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Clima: da Obama e Xi Jinping impegno per riduzione gas serra
- Gas: accordo tra Russia, Ucraina e Ue fino a marzo 2016
- Torino Spiritualità: incontri su alchimia tra divino e terreno
- I Cammini del Lazio: i percorsi di fede verso la Porta Santa
- LoppianoLab 2015: la cultura del dialogo per vincere la paura
- Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
- Il Messico ricorda la strage di un anno fa dei 43 studenti di Iguala
- Terra Santa: ancora irrisolto il problema delle scuole cattoliche
- Vescovi pakistani: no a discriminazione di stato su minoranze religiose
- Myanmar: card. Bo chiede elezioni libere e trasparenti
- Cile: vittime del terremoto aiutano altre vittime
- Consiglio Chiese: soddisfazione per accordo di pace in Colombia
- Egitto: il Patriarca Tawadros visita la “Chiesa sorella” etiope
Papa alle Nazioni Unite: il mondo chiede soluzioni urgenti ed efficaci
Un discorso "totale", come mondiale era il consesso che lo ha ispirato. Dalla tribuna delle Nazioni Unite a New York, davanti alla platea dell'Assemblea generale al gran completo, Papa Francesco ha affrontato ieri – in un discorso dall'enorme impatto mediatico – le principali questioni che riguardano la convivenza sul pianeta. “Il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante”, ha affermato Franceso, quarto Pontefice a far visita all’Onu, nell'anno in cui si celebra il 70.mo dell’Assemblea Generale e il 50.mo del primo discorso di un Papa in questa sede: quello del Beato Paolo VI. Lodando l’importanza delle Nazioni Unite, Francesco ha parlato dei mali che affliggono il pianeta come sfruttamento, guerre, povertà, il narcotraffico ed ha chiesto “soluzioni urgenti ed efficaci”. Il servizio del nostro inviato, Massimiliano Menichetti:
“Alzo mi voz, junto a la de todos aquellos que anhelan soluciones urgentes y efectivas...
Alzo la mia voce, insieme a quella di tutti coloro che aspirano a soluzioni urgenti ed efficaci”.
Il Papa alle Nazioni Unite, accolto tra gli applausi, con forza inquadra le situazioni di esclusione e di inequità che feriscono l’umanità. Inizia ribadendo l’importanza dell’Istituzione dell’Onu, la necessità di regole, parla della storia dell’istituzione e degli importanti successi comuni, come il perfezionamento di tanti diritti in favore della libertà e tutela dell’uomo:
“Todas estas realizaciones son luces que contrastan la oscuridad del desorden…
Tutte queste realizzazioni sono luci che contrastano l’oscurità del disordine causato dalle ambizioni incontrollate e dagli egoismi collettivi”.
La missione dell'Onu – la giustizia
Rende omaggio a coloro che sono caduti nelle missioni umanitarie di pace e di riconciliazione, ricorda il premio Nobel per la pace e due volte segretario generale dell’Onu, Dag Hammarskjöld. Tratteggia il percorso delle Nazioni Unite e le sfide, come quella di concedere a tutti i Paesi “una partecipazione e un’incidenza reale ed equa nelle decisioni”. Per il Papa è necessario che “gli organismi finanziari internazionali” vigilino per lo “sviluppo sostenibile dei Paesi” per evitare – dice – “asfissianti sottomissioni” che invece di promuovere “il progresso, sottomettono le popolazioni a meccanismi di maggiore povertà, esclusione e dipendenza”. La giustizia – continua – è requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale e “la limitazione del potere” è un’idea implicita nel concetto di diritto.
Nessuno può considerarsi onnipotente – Il diritto dell'ambiente
“Ningún individuo o grupo humano se puede considerar omnipotente, autorizado a pasar por encima…
Nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali”.
Occorre affermare che esiste un vero “diritto dell’ambiente perché – spiega – in primo luogo come esseri umani facciamo parte dell’ambiente e questo ha limiti etici che l’azione umana deve riconoscere e rispettare”:
“Cualquier daño al ambiente, por tanto, es un daño a la humanidad.
Qualsiasi danno all’ambiente, pertanto, è un danno all’umanità”.
Il Papa ribadisce che ogni creatura ha un valore in sé stessa ed è interdipendente con le altre creature:
“El abuso y la destrucción del ambiente, al mismo tiempo, van acompañados por un imparable proceso...
L’abuso e la distruzione dell’ambiente, allo stesso tempo, sono associati ad un inarrestabile processo di esclusione".
Parla dell’egoismo e potere bramoso e della conseguente esclusione dei deboli, dei meno abili:
L'esclusione sociale
“La exclusión económica y social es una negación total de la fraternidad humana…
L’esclusione economica e sociale è una negazione totale della fraternità umana e un gravissimo attentato ai diritti umani e all’ambiente”.
I più poveri sono quelli che soffrono maggiormente questi attentati – dice il Papa – perché “scartati dalla società”, “obbligati a vivere di scarti” e sofferenti per le conseguenze dell’abuso dell’ambiente. Per Francesco è un segno di speranza che nelle grandi assemblee internazionali si affrontino questi problemi, ma questo non basta:
“El mundo reclama de todos los gobernantes una voluntad efectiva, práctica, constante...
Il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica, costante”.
Bisogna preservare e migliorare l’ambiente, dice, l’esclusione sociale ed economica, realtà queste che compromesse comportano “flagelli” come “la tratta degli esseri umani”, “commercio di organi”, traffico di “droghe” e “armi”, “terrorismo e crimine internazionale organizzato”.
Le analisi dei fatti non bastano - Lo sviluppo non imposto
Il Papa esorta a non fermarsi alle analisi delle situazioni, ma ad agire a fronte di uomini e donne che molte volte vivono miseramente, privati di qualsiasi diritto. Bisogna, afferma, consentire loro di essere degni attori del loro stesso destino, “in comunione con gli altri esseri umani”:
“El desarrollo humano integral y el pleno ejercicio de la dignidad humana no pueden ser impuestos.
Lo sviluppo umano integrale e il pieno esercizio della dignità umana non possono essere imposti”.
Al tempo stesso – prosegue – i governanti devono fare tutto il possibile affinché tutti possano disporre della base minima materiale e spirituale per rendere effettiva la loro dignità e per formare una famiglia, che – rimarca – è la cellula primaria di qualsiasi sviluppo sociale.
Il minimo assoluto
“Este mínimo absoluto tiene en lo material tres nombres: techo, trabajo y tierra...
Questo minimo assoluto, a livello materiale ha tre nomi: casa, lavoro e terra; e un nome a livello spirituale: libertà dello spirito, che comprende la libertà religiosa, il diritto all’educazione e gli altri diritti civili”.
Il Papa parla in questo senso di fondamento comune: il diritto alla vita e in senso ancora più ampio, di “diritto all’esistenza della stessa natura umana”.
Il bene comune - la biodiversità
E’ il bene comune che deve prevalere, per il Papa, non la sete di guadagno e potere. La crisi ecologica – afferma – assieme alla distruzione di buona parte della biodiversità, può mettere in pericolo l’esistenza stessa della specie umana:
“ La defensa del ambiente y la lucha contra la exclusión exigen el reconocimiento de una ley moral…
La difesa dell’ambiente e la lotta contro l’esclusione esigono il riconoscimento di una legge morale inscritta nella stessa natura umana, che comprende la distinzione naturale tra uomo e donna e il rispetto assoluto della vita in tutte le sue fasi e dimensioni”.
Senza questo riconoscimento di limiti etici naturali insormontabili – continua il Papa – il rischio è la guerra, abusi, corruzione, la promozione della colonizzazione ideologica che impone modelli e stili di vita anomali estranei all’identità dei popoli, irresponsabili:
La guerra nega ogni diritto
“La guerra es la negación de todos los derechos y una dramática agresión al ambiente.
La guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente”.
Da qui la necessità dell’impegno per di evitare la guerra attraverso negoziati, come indica anche la Carta delle Nazioni Unite, che deve essere usata con trasparenza e sincerità per la pace e non con secondi fini per mascherare intenzioni ambigue. Poi, il “no” alla proliferazione delle armi, specialmente quelle di distruzione di massa. Il Successore di Pietro, esprimendo soddisfazione in maniera indiretta per il recente accordo sul nucleare iraniano, guarda poi a quelle che ha definito le “conseguenze negative di interventi politici e militari non coordinati tra i membri della comunità internazionale”:
Le crisi mondiali
“No puedo dejar de reiterar mis repetidos llamamientos en relación con la dolorosa situación de todo el Oriente Medio...
Non posso non reiterare i miei ripetuti appelli in relazione alla dolorosa situazione di tutto il Medio Oriente, del Nord Africa e di altri Paesi africani”.
Parla di “odio” e “pazzia” che uccidono, schiavizzano, “distruggono luoghi di culto” e “patrimoni culturali”. Il Papa chiede un esame di “coscienza” a chi ha responsabilità internazionali. Francesco ricorda espressamente i conflitti in Ucraina, in Siria, in Iraq, in Libia, nel Sud-Sudan e nella regione dei Grandi Laghi:
“En las guerras y conflictos hay seres humanos singulares, hermanos y hermanas nuestros...
Nelle guerre e nei conflitti ci sono persone, nostri fratelli e sorelle, uomini e donne, giovani e anziani, bambini e bambine che piangono, soffrono e muoiono”.
Esseri umani, prosegue, che diventano materiale di scarto mentre non si fa altro che enumerare problemi, strategie e discussioni. Il Pontefice chiede di “proteggere le popolazioni innocenti”. Quindi, affronta la piaga del narcotraffico:
“Una guerra «asumida» y pobremente combatida.
Una guerra sopportata e debolmente combattuta”.
Una guerra – evidenzia – che “si accompagna alla tratta e allo sfruttamento delle persone”, “alla corruzione” che crea strutture parallele e “mette in pericolo la credibilità delle” “istituzioni”.
Il monito di Paolo VI
Il Papa cita il monito di Paolo VI alle Nazioni Unite che esorta alla riflessione e inquadra rischi:
“«El verdadero peligro está en el hombre, que dispone de instrumentos cada vez más poderosos...
Il pericolo vero sta nell’uomo, padrone di sempre più potenti strumenti, atti alla rovina ed alle più alte conquiste!”.
Il bene comune
Francesco parla di bene comune, necessità di fraternità universale, rispetto della sacralità di ciascuna vita umana. La casa comune, spiega, deve edificarsi anche sulla comprensione di una certa sacralità della natura creata:
“Tal comprensión y respeto exigen un grado superior de sabiduría, que acepte la trascendencia...
Tale comprensione e rispetto esigono un grado superiore di saggezza, che accetti la trascendenza, rinunci alla costruzione di una élite onnipotente”.
Cita “Il gaucho Martin Fierro”, “un classico della letteratura” argentina: “I fratelli siano uniti perché questa è la prima legge. Abbiano una vera unione in qualsiasi tempo, perché se litigano tra di loro li divoreranno quelli di fuori”:
Il mondo frammentato chiama a nuovi dinamismi
“El mundo contemporáneo, aparentemente conexo, experimenta una creciente…
Il mondo contemporaneo apparentemente connesso, sperimenta una crescente e consistente e continua frammentazione sociale”.
Invita ancora a nuovi dinamismi, a fronte dei conflitti mondiali che aumentano il numero degli esclusi e dei bisognosi.
“No podemos permitirnos postergar «algunas agendas» para el futuro.
Non possiamo permetterci di rimandare ‘alcune agende’ al futuro”.
Francesco dunque chiede ancora una volta di mettere da parte interessi settoriali, le ideologie e cercare sinceramente la costruzione del bene comune.
Francesco a Ground Zero: vita prevale su distruzione e morte
Uniti nelle diverse lingue, culture, religioni per dire "no" ad ogni tentativo uniformante e "sì" a una “differenza accettata e riconciliata”: così un luogo di morte si trasforma anche in un luogo di vita per un mondo di pace. È il senso delle parole di Papa Francesco nell’incontro interreligioso a Ground Zero, a New York, dove 14 anni fa sorgeva il World Trade Center, con le sue Torri Gemelle. Assieme ai leader religiosi della città, ha pregato in memoria delle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001, ha ricordato “il pianto di ieri e il pianto di oggi” per le distruzioni passate e presenti. Quindi, ha esortato a essere “profeti” di riconciliazione. Il servizio di Giada Aquilino:
Nelle differenze e nelle discrepanze “è possibile vivere in un mondo di pace”. È un invito all’unità e non all’uniformità quello che Francesco fa levare da Ground Zero, lì dove circa tremila vite “sono state strappate in un atto insensato di distruzione”, l’11 settembre 2001. Sono trascorsi 14 anni dagli attentati terroristici, eppure il silenzio del ricordo e della commozione mentre il Papa lascia una rosa bianca lì dove una volta sorgevano le Torri Gemelle, il fluire dell’acqua che scorre nelle fontane del Memoriale, la forza della preghiera riempiono di “speranza” il Pontefice. All’interno della costruzione, nella penombra delle fondamenta dell’edificio, assieme ai leader – uomini e donne – delle molte religioni “che arricchiscono” la vita di New York, Francesco ribadisce come quelle stesse fedi vogliano essere “forze di riconciliazione, forze di pace e giustizia” in ogni parte del mondo:
“Frente a todo intento uniformizador es posible...
Davanti a ogni tentativo di rendere uniformi è possibile e necessario riunirci dalle diverse lingue, culture, religioni e dare voce a tutto ciò che vuole impedirlo. Insieme oggi siamo invitati a dire: ‘no’ ad ogni tentativo uniformante e ‘sì’ ad una differenza accettata e riconciliata”.
Soltanto pace
Per questo, esorta a “bandire” odio, vendetta, rancore: ciò è possibile – sottolinea – “soltanto come un dono del cielo”, ciascuno a proprio modo “ma insieme”. Quindi, un momento di silenzio e preghiera per invocare “il dono di impegnarci per la causa della pace”:
“Paz en nuestras casas...
Pace nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nelle nostre comunità. Pace in quei luoghi dove la guerra sembra non avere fine. Pace sui quei volti che non hanno conosciuto altro che dolore. Pace in questo vasto mondo che Dio ci ha dato come casa di tutti e per tutti. Soltanto, pace”.
La preghiera interreligiosa
Al fianco di 12 leader religiosi – perché a New York, aveva precedentemente sottolineato il cardinale Timothy Dolan, c’è una “sincera e fruttuosa amicizia interreligiosa” – il Papa aveva già pregato il Signore di portare pace:
“God of peace, bring your peace to our violent world…
Dio della pace, porta la Tua pace nel nostro mondo violento: pace nei cuori di tutti gli uomini e le donne e pace tra le Nazioni della terra”.
Lacrime per distruzioni di ieri e oggi
Dopo le riflessioni del Rabbino Elliot Cosgrove e dell’Imam Khalid Latif, le meditazioni indù, buddista, sikh, cristiana e musulmana sulla pace e la preghiera ebraica per i defunti, il Pontefice osserva che ancora oggi a Ground Zero “il dolore è palpabile” e l’acqua che scorre nelle fontane del Memoriale ricorda le vite “che stavano sotto il potere di quelli che – aggiunge – credono che la distruzione sia l’unico modo di risolvere i conflitti”. Si tratta di persone, spiega, che “hanno sofferto nella loro carne la logica della violenza, dell’odio, della vendetta”, che causa “solo dolore, sofferenza, distruzione, lacrime”. Ma l’acqua che scorre è pure simbolo delle nostre lacrime, “per le distruzioni di ieri” e per le “tante distruzioni di oggi”:
“Este es un lugar donde lloramos...
Questo è un luogo in cui piangiamo, piangiamo il dolore provocato dal sentire l’impotenza di fronte all’ingiustizia, di fronte al fratricidio, di fronte all’incapacità di risolvere le nostre differenze dialogando. In questo luogo piangiamo per la perdita ingiusta e gratuita di innocenti, per non poter trovare soluzioni per il bene comune. E’ acqua che ci ricorda il pianto di ieri e il pianto di oggi”.
L'abbraccio con i familiari delle vittime
Proprio accanto ad una delle fontane Francesco ha salutato i familiari di soccorritori caduti in servizio. Poi racconta di aver constatato come “la distruzione non è mai impersonale, astratta o solo di cose”, ma che “ha un volto e una storia, è concreta, possiede dei nomi”. Nei volti dei familiari delle vittime, dice Francesco, si può vedere il dolore che “grida al cielo” e assieme “l’altra faccia di questo attentato”, cioè “il potere dell’amore e del ricordo”, “che non ci lascia vuoti”: perché attraverso quei nomi scritti dove c’erano le basi delle torri, possiamo vedere, toccare e “mai più” dimenticare quelle persone.
“Aquí, en medio del dolor lacerante…
Qui in mezzo al dolore lacerante, possiamo toccare con mano la capacità di bontà eroica di cui è anche capace l’essere umano, la forza nascosta a cui sempre dobbiamo fare appello”.
Nel dolore ha prevalso la solidarietà
Perché nel momento di maggior dolore e sofferenza, abbiamo assistito ad uno “dei più grandi atti di dedizione e di aiuto”:
“Manos tendidas, vidas entregadas…
Mani tese, vite offerte. In una metropoli, che può sembrare impersonale, anonima, di grandi solitudini, siete stati capaci di mostrare la potente solidarietà dell’aiuto reciproco, dell’amore e del sacrificio personale. In quel momento non era una questione di sangue, di origine, di quartiere, di religione o di scelta politica; era questione di solidarietà, di emergenza, di fraternità. Era questione di umanità”.
La vita è destinata a trionfare sulla morte
I pompieri di New York, ricorda, sono entrati nelle torri che stavano crollando: molti hanno perso la vita, salvandone al contempo tante altre:
“Este lugar de muerte se transforma también en un lugar de vida…
Questo luogo di morte si trasforma anche in un luogo di vita, di vite salvate, un canto che ci porta ad affermare che la vita è sempre destinata a trionfare sui profeti della distruzione, sulla morte, che il bene avrà sempre la meglio sul male, che la riconciliazione e l’unità vinceranno sull’odio e sulla divisione”.
Così, conclude scambiando il segno della pace con gli esponenti delle altre religioni, la vita dei nostri cari ci spinge a essere “profeti” di ricostruzione, riconciliazione e appunto pace.
Francesco agli studenti di Harlem: non smettete di sognare
La bellezza dell’integrazione e dell’accesso all’educazione, la gioia del sognare seguendo la spinta di Martin Luther King, nelle parole del Papa che, ad Harlem, ha incontrato i giovani studenti delle elementari e medie della scuola cattolica di Nostra Signora Regina degli Angeli. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Ruba qualche minuto alla lezione, il Papa che entra nella scuola Nostra signora degli Angeli di Harlem, uno dei quartieri simbolo di Manhattan, con alle spalle anni di degrado e disagio, oggi impegnato in un forte riscatto sociale e culturale. Si scusa dell’interruzione Francesco, ma il suo messaggio è importante per gli allievi che lo ascoltano, perché a loro, figli di immigrati, rifugiati, e afroamericani, spiega quanto sia bello incontrare nuove persone, anche se “doversi spostare, trovare una nuova casa, nuovi vicini, amici, non è per niente facile. All’inizio può essere un po’ faticoso”:
“Muchas veces aprender un nuevo idioma…
Tante volte imparare una nuova lingua, adattarsi a una nuova cultura, un nuovo clima. Quante cose bisogna imparare! Non solo i compiti della scuola".
“Il bello – prosegue – è che incontriamo persone che ci aprono le porte e ci mostrano la loro tenerezza, la loro amicizia, la loro comprensione, e cercano di aiutarci perché non ci sentiamo estranei, stranieri. E’ un lavoro di persone che ci aiutano a farci sentire a casa. Anche se a volte l’immaginazione diventa la nostra patria, però abbiamo incontrato brave persone che ci aiutano a sentirci a casa”.
Ecco che a questo punto la scuola, così come i luoghi di ritrovo, diventano “una grande famiglia per tutti”, dove si impara l’aiuto reciproco, la condivisione di ciò che di buono c’è in ciascuno, si impara a dare il meglio di se stessi, “a lavorare in gruppo, a giocare in gruppo, che è importante, e a perseverare nei nostri obiettivi”.
Il Papa, così come già fatto davanti al Congresso, cita la figura di Martin Luther King, “una persona che ha fatto tanto bene per gli altri”, dice ai ragazzini, ma anche agli adulti, che lo ascoltano:
“El dijo un dia: 'Tengo un sueño'…
Egli un giorno disse: 'Ho un sogno'. Sognò che tanti bambini, tante persone avrebbero avuto uguaglianza di opportunità. Sognò che tanti bambini come voi avrebbero avuto accesso all’educazione. Sognò che molti uomini e donne, come voi, potevano tenere la testa alta, con la dignità di chi può guadagnarsi la vita. E’ bello avere dei sogni e poter lottare per essi. Non dimenticatelo".
Continuiamo a sognare, chiede Francesco, “festeggiamo” ogni volta che a tutti, grandi e piccoli, viene data l’opportunità di non perdere “la speranza in un mondo migliore, con maggiori possibilità”. E a questi piccoli che sono la speranza del domani, il Papa chiede di restare sorridenti, di contagiare con la loro gioia le persone che hanno vicino. "Non sempre è facile – riconosce Francesco – in tutte le case ci sono problemi, situazioni difficili, malattie, ma non smettete di sognare di poter vivere felicemente".
Perché tutti, bambini e grandi, hanno il diritto di sognare, e hanno bisogno dell’appoggio necessario. “D'altra parte – è la considerazione di Francesco – chi è colui che semina la tristezza, che semina sfiducia, che semina invidia, che semina desideri malati? Come si chiama? Il diavolo? Il diavolo. Il diavolo semina sempre tristezza perché non ci vuole felici, non ci vuole far sognare”:
“Donde hay sueños, donde hay alegría…
Dove ci sono sogni, dove c’è gioia, lì c’è sempre Gesù. Perché Gesù è gioia e vuole aiutarci perché questa gioia duri tutti i giorni".
E prima di lasciare tutti di nuovo alle loro lezioni, Francesco dà loro “un compito a casa”: quello di pregare non solo per il Papa stesso, ma anche perché in molti possano “godere di questa gioia” che loro, i bambini, sanno vivere.
Papa al Madison Square Garden: Dio vive nelle città, cammina con noi
Al termine della visita alla scuola di Harlem, il Papa è risalto in macchina e attraversando Central Park salutato da migliaia e migliaia di fedeli, ha raggiunto lo stadio più famoso della città, il Madison Square Garden per celebrarvi la Messa. Animata dal magnifico coro della Cattedrale di S. Patrick, la cerimonia ha chiuso la visita a New York del Pontefice che ha lasciato un messaggio forte: “Imparare a guardare” a “riconoscere” Dio che cammina nelle strade delle nostre città e le trasforma in luoghi di fratellanza e di pace. Il servizio di Gabriella Ceraso:
L’arena più famosa degli Stati Uniti, il tempio dello sport, della musica e delle convention politiche, si è trasformata ieri, come nel "79 quando accolse Giovanni Paolo II, in una chiesa gremita di oltre 20 mila fedeli in un clima di festa che ha avvolto da subito il Papa al suo arrivo.
Cristo è Luce nella vita quotidiana, nello smog delle città
Sotto un suggestivo crocifisso in legno, Francesco si è rivolto per l’ultima volta ai newyorkesi, ”popolo”, come quello narrato da Isaia al capitolo 9, “che cammina nelle tenebre e ha visto una grande luce”. E’ la luce che porta Cristo, ha ripetuto più volte il Pontefice, tra successi e errori, paure e opportunità della vita quotidiana, in ogni suo spazio:
"Con el profeta hoy podemos decir: el pueblo que camina, respira, vive entre el «smog», ha visto una gran luz..."
"Con il profeta oggi possiamo dire: il popolo che cammina, respira e vive dentro lo 'smog' ha visto una grande luce, ha sperimentato un aria di vita. Vivere in una grande città, contesto multiculturale con grandi sfide, osserva il Papa, è qualcosa di piuttosto complesso:
“Las grandes ciudades son recuerdo de la riqueza que esconde nuestro mundo: la diversidad de culturas, tradiciones e historias..."
"Le grandi città ci ricordano la ricchezza nascosta nel nostro mondo: le diverse culture, tradizioni e storie, ma esse nascondono anche il volto di tanti, "cittadini di seconda categoria".
Città plurali che condannano all'anonimato gli ultimi
"En las grandes ciudades, bajo el ruido del tránsito, bajo 'el ritmo del cambio'..."
"Nelle grandi città, nel rumore del traffico, nel 'ritmo dei cambiamenti', rimangono coperte le voci di tanti che non hanno 'diritto' alla cittadinanza, non hanno diritto a far parte della città – gli stranieri, i loro figli (e non solo) che non ottengono la scolarizzazione, le persone prive di assistenza medica, i senzatetto, gli anziani soli – confinati nei nostri marciapiedi in un anonimato assordante". Entrano a far parte di un paesaggio urbano che lentamente diventa naturale ai nostri occhi e specialmente al nostro cuore:
"Saber que Jesús sigue caminando en nuestras calles, mezclándose vitalmente con su pueblo, implicándose e implicando..."
“Sapere che Gesù continua a percorrere le nostre strade mescolandosi col suo popolo, coinvolgendosi e coinvolgendo tutti in un’unica storia di salvezza, ci riempie di speranza, speranza che ci libera dall’isolamento – da “connessioni” vuote, dalle analisi astratte, o dal bisogno di sensazioni forti – e ci apre all’altro.Ci invita a vedere nel mezzo dello smog la presenza di Dio, perché Dio, ribadisce con forza il Papa è nelle nostre città.
Cristo in cammino con noi salva, libera, abbraccia
Ma com'è questa luce che passa nelle nostre strade? Come incontrare Dio vivo e operante? “Imparare a guardare” è la risposta del Profeta Isaia, e questo è anche il messaggio che il Papa ripete ai cittadini della grande Mela:
"Vayan, una y otra vez, vayan sin miedo, vayan sin asco, vayan y anuncien esta alegría que es para todo el pueblo..."
"Andate, una, due, tre volte, andate senza paura, senza repulsione, andate e annunciate questa gioia che è per tutto il popolo…Andate incontro agli altri dove sono e non dove ci piacerebbe che fossero… Andate e annunciate la buona notizia che Dio è nostro Padre". Il suo abbraccio accoglie e consola. E' Cristo che ci libera dall’anonimato, dalla competizione, dall’autoreferenzialità, per aprirci al cammino della pace. Quella pace che nasce dal riconoscimento dell’altro, quella pace che emerge nel cuore guardando specialmente al più bisognoso come a un fratello. Quindi, per un ultima volta il Papa ricorda:
"Dios vive en nuestras ciudades, la Iglesia vive en nuestras ciudades. Y Dios y la Iglesia que viven en nuestras ciudades quieren y quiere..."
"Dio vive nelle nostre città; la Chiesa vive nelle nostre città e vuole essere fermento nella massa, vuole mescolarsi con tutti, accompagnando tutti, annunciando le meraviglie di Colui che è Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace".
Papa all'Onu. Lombardi: discorso coraggioso, mondo lo ascolti
Molti i richiami forti nell’ampio discorso del Papa all’Onu, secondo il direttore della Sala stampa Vaticana, padre Federico Lombardi. Nel suo intervento i problemi, le difficoltà del mondo, i conflitti che fanno soffrire tanti uomini, donne e bambini, le ingiustizie, i diritti di ogni persona, quelli alla casa, al lavoro, ad un ambiente sano in cui vivere. Dominante, commenta padre Lombardi, il tema della pace sul quale il Papa ha portato una parola autorevole, coraggiosa e credibile e che è stata ascoltata con grande rispetto. Nell’incontro interreligioso a Ground Zero, l’impegno comune di tutti i credenti in Dio per la pace ha avuto poi una sua espressione, afferma ancora padre Lombardi, assolutamente chiara, profonda ed efficace. Ecco quanto ha detto padre Lombardi nell'intervista di Adriana Masotti:
R. – Certamente, il Papa ha detto moltissime cose in questo grandissimo discorso. Tra l’altro questo discorso apriva una Assemblea Generale e, quindi, a differenza degli incontri dei Papi precedenti con l’Assemblea delle Nazioni Unite, questo è il discorso che aveva una audience più ampia e più importante. Il Papa ha parlato con molta efficacia della necessità di un impegno concreto, di non fermarsi mai al solo livello delle parole, ma di cercare di arrivare anche alla realtà. Ha fatto dei richiami molto forti. Per esempio, quello sugli organismi finanziari internazionali, che devono aiutare lo sviluppo dei Paesi più poveri e non sottometterli – ha detto – in un modo asfissiante a sistemi creditizi, che li tengono in una situazione di esclusione, di povertà e di dipendenza sempre maggiore. Il Papa ha parlato con molta chiarezza anche dell’impegno necessario per la tutela dell’ambiente, ha parlato con molta chiarezza del disarmo nucleare, facendo anche riferimento in modo positivo al recente accordo sull’Iran. E questo è stato un punto evidentemente impegnativo, sapendo che si tratta di un accordo che non tutti hanno apprezzato. Poi ha parlato anche dell’importanza della natura e ha anche fatto riferimento alla natura della persona umana che comprende la distinzione naturale tra uomo e donna, per esempio, e anche dell’assoluto rispetto della vita in tutte le sue tappe e dimensioni. Quindi non ha perso l’occasione per presentare anche le posizioni della Chiesa su punti piuttosto impegnativi. E’ stato toccato pure il tema dei rifugiati, delle minoranze che sono oggetto di violenza, in particolare le minoranze cristiane nel Medio Oriente, e poi tutte le questioni che riguardano la povertà, la giustizia, il diritto di tutti ad avere un tetto, un lavoro e un ambiente sano in cui vivere, augurando evidentemente un progresso della pace attraverso i negoziati, attraverso il dialogo fra i diversi popoli. Il tema della pace certamente è un tema dominante in questo viaggio e non poteva che essere così. In questo il Papa ha portato una parola autorevole, una parola coraggiosa, che è stata ascoltata veramente con grande rispetto.
D. – Nel citare le diverse situazioni conflittuali del mondo, le guerre, è sembrato voler presentare ai rappresentanti delle nazioni proprio i singoli uomini, donne, bambini e bambine che soffrono nel mondo, a causa anche di ritardi nella politica, nella gestione di queste difficoltà…
R. – E’ vero, nello stile, nell’impostazione dei discorsi del Papa, noi vediamo questa sua insistenza sui volti concreti delle persone: gli anziani, i bambini, i giovani, i disoccupati. Il Papa insiste continuamente a non fermarsi al livello delle discussioni ideologiche o a considerare le persone come numeri nelle statistiche, ma a pensare sempre che sono persone concrete - i nostri fratelli, le nostre sorelle - e quindi a stimolare così la responsabilità dei governanti a ricordare la concretezza delle persone, che sono in attesa del loro impegno per trovare delle risposte concrete per la loro vita. In questo senso è stato bello anche l’incontro del Papa con il personale delle Nazioni Unite, con le migliaia di persone che lavorano ogni giorno per rendere possibile la vita e l’attività di questa organizzazione.
D. - L’altro momento importante di questa giornata è stato la visita al Ground Zero: il momento dell’incontro tra le differenze…
R. – Sì, il Papa ha incontrato una ventina di familiari delle persone cadute durante questo attentato spaventoso, persone cadute anche in servizio, e questo ha dato un senso di positività, di amore che diventa poi, alla fine, più forte dell’odio, di speranza di vita. E questo è stato fatto in modo molto significativo con un incontro interreligioso. Erano presenti, dunque, rappresentanti delle altre religioni con delle meditazioni molto appropriate sui valori fondamentali e sulla pace. Quindi l’impegno per la pace, che vede insieme tutti i credenti in Dio, ha avuto anche in questo viaggio un suo momento e una sua espressione assolutamente chiara e, direi, anche molto profonda ed efficace.
Mons. Paglia: Meeting famiglie ispiri i lavori del Sinodo
Dopo Washington e New York, è l’ora di Philadelphia. Quella che è tra le più antiche e popolose metropoli americane si appresta ad accogliere Papa Francesco, il quale alle 10.30, ora locale, presiederà la Messa con il clero locale nella Cattedrale intitolata ai Santi Pietro e Paolo, quindi nel pomeriggio si recherà all’incontro per la libertà religiosa con la comunità ispanica e altri immigrati. In serata – quando in Italia sarà l’1.30 del mattino – per Francesco e le famiglie radunate al “Benjamin Franklin Parkway” sarà il momento di fare festa e di pregare insieme nella Veglia che precederà la Messa di domani. L’inviato Massimiliano Menichetti ha parlato dell’importanza del Meeting con mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia:
R. – La famiglia deve riformare se stessa, anzitutto. Perché purtroppo – ed è questa una delle crisi fondamentali della famiglia – si è come rinchiusa, si è come individualizzata… Anzi, potremmo dire che, se prima la famiglia era chiamata la “cellula della società”, oggi potremmo chiamarla la “cellula dell’individuo”: gli altri servono a me, alla mia realizzazione. Una famiglia di questo genere è una famiglia che esplode. Una famiglia, invece, che accoglie l’amore, l’amore evangelico, è una famiglia che per forza di cose apre la porta, apre le finestre e se c’è bisogno scoperchia pure il tetto, come accade a Gesù nel Vangelo. Noi oggi abbiamo bisogno che le famiglie ritrovino questa passione per essere fermento di familiarità nel mondo. Non ci si sposa per sé, ci si sposa per cambiare il mondo: questo vuol dire sposarsi nel Signore, questo vuol dire sposarsi in Chiesa.
D. – Tutte le persone giunte da ogni parte del mondo a Filadelfia mostrano la bellezza della famiglia…
R. – Ci sono molti modi di realizzare la famiglia. La crisi che stiamo vivendo è una crisi di crescita, se vogliamo… Dobbiamo trovare nuovi modi di essere famiglia: non basta più padre-madre-figlio, ma c’è bisogno di allargare, di pensare - per esempio – a cosa vuol dire adozione, c’è bisogno di pensare a cosa vuol dire una rete di famiglie, c’è bisogno di recuperare l’insostituibile presenze delle generazioni, dei nonni, dei nipoti… La sfida che abbiamo davanti è una nuova creatività, da parte dei credenti in particolare, di mettere su famiglia.
D. – Lei ha detto che la famiglia co-edifica la Chiesa…
R. – Voglio dire che è indispensabile ritrovare una alleanza tra la famiglia e la comunità cristiana: sposarsi nel Signore è impossibile, se non ci sono gli altri membri della comunità; crescere come famiglia è impossibile, se non si è legati al Corpo di Cristo, che è la Chiesa. Allo stesso tempo, una Chiesa che non vive l’ispirazione familiare diventa burocrazia, diventa un luogo chiuso, diventa un po’ folclore. Ecco perché, a mio avviso, tra famiglie e Chiesa c’è una alleanza da riscoprire e da rafforzare e questo richiede una creativa – sia dottrinale, sia pastorale – enorme. E una Chiesa così, nello stesso tempo larga e familiare, dove i rapporti sono veri, diventa inevitabilmente fermento di familiarità per i popoli. Ed è questa una visione che io vorrei tornasse a vibrare nel cuore soprattutto dei giovani, che se non riscoprono questa forza e questa passione continueranno a vedere il matrimonio e la famiglia con diffidenza.
D. – Lei ha detto: “Il Meeting delle famiglie potrebbe essere la chiave per il Sinodo”…
R. – Perché è come una grande assemblea popolare di tante famiglie del mondo, che si riuniscono per incoraggiare il Papa e i Padri sinodali a raccogliere tutte le speranze, tutte le angosce che le famiglie del mondo vivono quotidianamente. In un certo senso è una sorta di “Instrumentum Laboris” vivo e il fatto che per una settimana si dibatta di temi ovviamente tutti legati alla famiglia e che alla fine con il Papa ci sia un dialogo diretto, con più di un milione e mezzo di persone, è ovvio che le vele del Sinodo possono essere spinte a correre in questo territorio straordinario che è, appunto, la vocazione alla missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo.
D. – Qual è il suo augurio per questi giorni del Meeting di Filadelfia?
E. – Che l’entusiasmo di Filadelfia travolga il Sinodo di Roma e il mondo.
Philadelphia: Bocelli, il mio canto una preghiera per il Papa
Sarà la voce di Andrea Bocelli, oltre a quella di Aretha Franklin, ad esprimere la gioia e l’intensità della preghiera delle famiglie presenti alla Veglia del Meeting di Philadelphia. Massimiliano Menichetti, ha chiesto al celebre cantante con quali sentimenti si accinge a vivere questa serata tra fede e musica:
R. – Sicuramente vivrò questo evento con uno spirito prevalentemente religioso. Ho scelto di cantare il ”Padre Nostro” in inglese, perché naturalmente le persone che saranno presenti saranno nella stragrande maggioranza di lingua inglese. Ma lo spirito con cui affronterò questa esibizione sarà senz’altro questo.
D. – Cosa dirà al Papa? Cosa vorrebbe dire alle famiglie di tutto il mondo con la sua voce?
R. – Io ho sempre considerato fin da quando ero un bambino – fin da quando alle scuole elementari la mia maestra mi ricordava che la mia voce era un dono di Dio –sono abituato a considerare questo proprio così. Quindi, mi auguro che la mia voce sia lo strumento attraverso il quale il buon Dio riesca - Lui, non io - a parlare al cuore della gente.
D. – C’è un legame tra l’essere credente e la sua musica, il suo canto?
R. – Mi viene sempre in mente in questi casi quello che ha detto Sant’Agostino: “Chi canta, prega due volte”. In questo caso, mi sento abbastanza tranquillo con la coscienza, perché avendo cantato molto nella vita in questo senso ho anche molto pregato. Sicuramente, la musica eleva lo spirito e quando lo spirito si eleva, evidentemente aiuta a calarsi in una dimensione più profonda e – se uno lo desidera – anche religiosa.
D. – Qui siamo al Meeting mondiale delle famiglie. Quale il suo augurio a tutte queste famiglie e al Papa?
R. – Il mio augurio è che ciascuno torni a casa portando con sé un bel ricordo: il trasporto che Papa Francesco riesce a trasmettere a ciascuno di noi, a me in primis, fin dalla prima volta che ho incontrato la sua personalità in televisione, non appena fu eletto. Il mio augurio quindi è questo e sono sicuro che sarà così.
Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico nelle Seychelles mons. Paolo Rocco Gualtieri, arcivescovo titolare di Sagona, nunzio apostolico in Madagascar.
In Perù, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Chiclayo mons. Robert Francis Prevost, O.S.A., finora vescovo titolare di Sufar e amministratore apostolico delle medesima diocesi.
In Polonia, il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare di Gdańsk mons. Zbigniew Zieliński, attualmente parroco della con-Cattedrale (B.V.M. Assunta) e professore nel Seminario Maggiore, assegnandogli la sede titolare di Medeli.
Il Papa ha nominato membri della Congregazione delle Cause dei Santi il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo metropolita di Bologna, e il cardinale Raymond Leo Burke, patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Papa a Congresso Eucaristico irlandese: costruire mondo riconciliato
“Intensificare la vita di preghiera facendo dell’Eucaristia il vero centro delle nostre comunità cristiane dove la lode e il rendimento di grazie conducano a un rinnovato impegno all’evangelizzazione e alla comunione ecclesiale”. È l'esortazione contenuta nel messaggio inviato da Papa Francesco agli organizzatori e partecipanti al Congresso Eucaristico irlandese, in corso oggi e domani nel Santuario mariano di Knock. Due giornate di preghiere, celebrazioni eucaristiche, seminari e discorsi con al centro il tema “Cristo, nostra speranza”, ispirato a quello scelto per il 51.mo Congresso Eucaristico internazionale che si terrà nel gennaio del 2016 a Cebu, nelle Filippine.
Sguardo rivolto al Congresso eucaristico internazionale nelle Filippine
“L’evento permetterà di raccogliere i frutti del precedente Congresso Eucaristico internazionale di Dublino, nel 2012, e di preparaci spiritualmente al prossimo”, ha spiegato, mons. Kevin Doran, vescovo di Elhin, che questa mattina ha presieduto l’apertura del Congresso. “Sarà un’occasione per puntare la nostra attenzione su alcune sfide pastorali importanti per la vita della Chiesa oggi, con riguardo in particolare alla famiglia e alle vocazioni”.
Il Papa: costruire un mondo sempre più giusto e riconciliato
Tra i momenti salienti della due giorni ci saranno la solenne liturgia eucaristica presieduta, questo pomeriggio alle 15, da mons. Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e Primate d’Irlanda e la Santa Messa celebrata domani mattina da mons. Michael Neary, arcivescovo di Tuam, con l’omelia affidata al nunzio apostolico in Irlanda mons. Brown. Ed è stato lo stesso mons. Brown a leggere questa mattina il saluto e la benedizione del Papa. Nel messaggio il Santo Padre esorta i partecipanti ad impegnarsi per “costruire un mondo sempre più giusto e riconciliato, seguendo gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo e della Sua Chiesa”. (L.Z.)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Nel cuore di New York".
L'era della persuasione: il discorso del Papa al Palazzo di Vetro sulla stampa internazionale.
La persona umana al centro dello sviluppo: approvati dall'Assemblea generale dell'Onu gli obiettivi da raggiungere entro il 2030.
Accordo sul clima tra Stati Uniti e Cina.
Clima: da Obama e Xi Jinping impegno per riduzione gas serra
E' sul piano dell'impegno per il taglio delle emissioni e la lotta ai cambiamenti climatici che l’incontro, ieri alla Casa Bianca, tra il presidente statunitense Barack Obama e l’omologo cinese Xi Jinping ha fatto segnare una nuova intesa tra Washington e Pechino. Rilanciando la storica iniziativa congiunta annunciata lo scorso anno, quando Cina e Usa sottoscrissero la riduzione di emissioni per il periodo successivo agli Obiettivi del 2020, Pechino ora si impegna a introdurre per il 2017 un programma nazionale che limiterà e metterà un prezzo alle emissioni di Co2. Le aziende che supereranno le quote dovranno comprare dei permessi da quelle che hanno inquinato di meno. Si tratta di un meccanismo usato anche dai Paesi europei per limitare l’inquinamento. Pechino mobiliterà inoltre 3,1 miliardi di dollari per aiuti ai Paesi in via di sviluppo nel campo delle misure anti inquinanti. Ma cosa significa questo accordo per le industrie cinesi? Risponde Fernando Mezzetti, profondo conoscitore della realtà cinese, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Dovranno adeguarsi a questa nuova normativa e soprattutto in Cina ci sarà uno sviluppo della “green industry”: perché è vero che hanno inquinato tutto con l’industrializzazione veloce che hanno avuto, ma è anche vero che cominciano a rendersi conto dei disastri ambientali e quindi stanno sviluppando, essi medesimi, tecniche “green” per le industrie. Anche per la Cina il “green” può diventare un business. Sul piano degli accordi internazionali si sono impegnati poi a compensare le quote, perché certamente loro supereranno certi livelli fissati da Kyoto e dagli accordi successivi, quindi si impegneranno a compensare i Paesi non inquinanti, per equilibrare gli inquinamenti che continueranno certamente a fare.
D. – Quali saranno i settori a cui si applicherà maggiormente il programma?
R. – Certamente le industrie inquinanti, come nella siderurgia. Si pensi che a 50 km da Pechino - ormai quasi in città - c’è una delle più grandi acciaierie del mondo e la capitale è sottoposta a un alto tasso di inquinamento. Ci sono giorni in cui a Pechino non si vede a pochi metri di distanza per l’inquinamento stagnante: eppure, prima di questo sviluppo enorme, a Pechino arrivavano i venti dalla Siberia e l’inverno era una città dai cieli tersi e limpidi. Oggi non è più così. E non solo Pechino, ma anche l’interno del Paese.
D. – Dopo l’incontro alla Casa Bianca, quali sono ancora i temi su cui non ci sono stati nuovi sviluppi?
R. – E’ sottintesa nei rapporti tra i due Paesi una tensione politica e militare, per la Cina che cerca un suo posto, vuole essere accomodata al tavolo del potere nell’area dell’Estremo Oriente e del Pacifico. Secondo Pechino, c’è posto per due grandi superpotenze; secondo gli Stati Uniti, non è così. Anche perché la Cina ha pretese territoriali verso il Giappone e verso tutti i Paesi dell’area: il Vietnam, la Malesia, Brunei, le Filippine… Con pretese territoriali su una catena di “isolotti” sparsi nel Mar Cinese meridionale, la Cina renderebbe quelle acque aperte alla navigazione del naviglio mercantile, ma con limitazioni per il naviglio militare. E questo gli Stati Uniti non potranno mai accettarlo.
Gas: accordo tra Russia, Ucraina e Ue fino a marzo 2016
Importante accordo tra Russia e Ucraina sul gas: assicurate le forniture da Mosca a Kiev fino a marzo 2016. L’intesa è stata raggiunta ieri sera grazie alla mediazione dell’Unione Europea dopo 5 ore di colloqui a Bruxelles. Il servizio di Roberta Barbi:
La notizia vola sulle ali di Twitter ed è annunciata dal commissario europeo all’Energia, Maros Sefcovic, come “un grande successo”: l’intesa è stata raggiunta tra Bruxelles, Mosca e Kiev sulle forniture di gas all’Ucraina – interrotte dal primo luglio scorso – che saranno assicurate fino al marzo 2016. Ci sono volute cinque ore di colloqui per una trattativa che dura da sei mesi e che ha visto impegnati nel rush finale il ministro dell’Energia russo, Novak, e il suo omologo ucraino Demchishin, ma con l’ottimo contributo di Bruxelles, coinvolta perché il 15% del gas che soddisfa il fabbisogno europeo transita attraverso l’Ucraina. Un successo ancora più rilevante perché la disputa sui prezzi e le condizioni di fornitura tra Russia e Ucraina ha creato negli ultimi anni molti attriti che vanno ad aggiungersi alle ben note tensioni di carattere territoriale tra i due Paesi. La crisi più grave nel 2009, quando si giunse a un’interruzione totale del passaggio di gas che causò problemi anche a diversi Paesi europei, ma ora – assicurano le parti – le condizioni dell’epoca sono state superate. Per siglare l’intesa raggiunta, saranno ora necessarie procedure separate.
Sui motivi dell'intesa, Giancarlo La Vella ha intervistato Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:
R. – Da un punto di vista “tecnico”, l’accordo era inevitabile, perché senza il gas russo l’Ucraina passerebbe l’inverno al freddo. L’Ucraina non può vivere senza il gas che arriva dalla Russia. D’altra parte, la Russia non può evitare di mettersi d’accordo con l’Ucraina, perché se Kiev arrivasse ad una conflittualità sul gas, potrebbe molto semplicemente chiudere i gasdotti e l’Europa resterebbe senza il gas russo e la Russia resterebbe senza i cospicui proventi che le procura la vendita del gas all’Europa.
D. – Eventuali ricadute sul conflitto in Ucraina tra Kiev e gli indipendentisti filorussi ai quali, più o meno apertamente, Mosca ha dato appoggio?
R. – C’è, non dico un disgelo – sarebbe troppo – ma c’è un momento di ripensamento dopo il momento di grande conflittualità: lunedì, Obama incontra Putin a Mosca, le iniziative russe in Medio Oriente stanno raccogliendo meno dissensi di quello che sarebbe successo un tempo. Nel Donbass da qualche tempo, fortunatamente, non si spara più, l’Ucraina ha approvato una legge per concedere più autonomia alle regioni secessioniste filorusse… Insomma, c’è un clima un poco diverso. Anche l’Europa, probabilmente, sta ripensando alla sua politica delle sanzioni a Mosca e, in questo quadro – secondo me – va inserito anche l’accordo sul gas. Insomma, c’è un clima generale che fa pensare a un minimo di distensione.
Torino Spiritualità: incontri su alchimia tra divino e terreno
E’ in corso in questi giorni, e fino a domenica 27 settembre, l’XI edizione di Torino Spiritualità, festival fitto di dialoghi, lezioni, spettacoli, ed esperienze. Oltre 120 gli eventi a cui partecipano 150 voci, provenienti da tutto il mondo, per incontrarsi e riflettere sul tema dell’Impasto Umano-Divino, quell'alchimia misteriosa e mutevole che amalgama natura divina e terrena. Francesca Di Folco ha intervistato il curatore della rassegna Armando Buonaiuto, che ha illustrato i percorsi in cui si articola il festival per meditare sul tema trasversale e multiforme della Spiritualità, declinato in modi di pensare e di vivere diversi tra loro:
R. –La spiritualità è già un tema, è una parola ricca, ampia, è anche difficile definire quali siano i suoi veri confini. E quindi, per riuscire a fare un’indagine che abbia un senso rispetto a una tematica così ampia, bisogna andare a scovare tante nicchie e provare a riempirle. Quindi, gli incontri aumentano anche perché noi cerchiamo di accogliere le diverse tradizioni spirituali e di dare spazio a ciascuna di esse. Evitiamo di creare dell’insiemistica, cioè di accomunarne alcune perché magari hanno temi contigui. Cerchiamo di indagare la singola religione, con la singola tradizione, con l’attenzione che richiede, insomma con tutto il cuore, con tutta la mente, concentrati su quella. Quindi gli eventi aumentano.
D. –In che cosa spiritualità e religiosità divergono e al contrario si assomigliano?
R. – La spiritualità è il contenitore più ampio. Poi si può tradurre in tante forme e alcune di queste sono le forme della religione, cioè la ritualità, l’adesione a un testo. La spiritualità e la religione hanno tra loro un po’ il rapporto che può avere il sapere con la conoscenza. E’ un rapporto piramidale, nel quale la religione è incastonata come forma concreta della spiritualità.
D. –Spiritualità e ambiente: un binomio che ricorre spesso e che per esprimersi al meglio ha bisogno di una terra sana, non certo di una natura oltraggiata e offesa dall’uomo…
R. – Sì, noi quest’anno abbiamo cercato anche di dare attenzione a questo aspetto, perché abbiamo come sottotitolo quest’anno “Fatti di terra, guardiamo le stelle”, il fatto che noi siamo composti di terra vuol dire che siamo legati in maniera inscindibile all’humus da cui proveniamo. Questo vuol dire ovviamente tenerlo in considerazione e averne cura. Ugualmente, anche guardare le stelle vuol dire mantenere un’attenzione aperta e concreta non soltanto verso ciò che calpestiamo ma anche verso il cielo che abbiamo sopra di noi, che fa sempre parte di quella che noi chiamiamo casa.
D. – Tanti convegni sull’acqua e il cibo: come questi elementi possono nutrire oltre al corpo anche lo spirito?
R. – Riteniamo che corpo e spirito siano impastati insieme, l'impasto umano ha un’eco che rimanda alla dimensione del cucinare, dell’essere composti da più ingredienti, è evidente che acqua-spirito-materia sono elementi uniti insieme in questo nostro impasto, ciascuno utile alla sua maniera. Se noi non inseriamo l’aria, l’impasto non lievita, resta pesante, resta terra, se invece lasciamo che ci sia spazio per l’acqua e l’aria è evidente che l’impasto cresce e si sviluppa e assume nuove forme.
D. – Spiritualità è anche tensione interiore, che si traduce in un impegno concreto. Il festival prevede anche un incontro sulla figura di Peppino Impastato…
R. –Peppino Impastato è una figura eccezionale. Noi quest’anno in realtà gli dedichiamo due appuntamenti. Uno specificatamente a Peppino Impastato e alla sua storia insieme a Salvo Vitale e a Pino Maniaci. Salvo Vitale è stato un compagno di Peppino Impastato e la loro lotta l’hanno fatta insieme. Pino Maniaci è una persona che invece ne ha conservato oggi l’eredità, come dire un avamposto contro alcune degenerazioni del crimine. Con loro ne parleremo, ma avremo anche uno spettacolo teatrale, dedicato invece alla figura della mamma di Peppino Impastato. Quindi, proveremo a raccontare la storia di Peppino anche dal punto di vista non solo di chi ci ha lavorato ma di chi aveva con lui un legame filiale.
I Cammini del Lazio: i percorsi di fede verso la Porta Santa
Perfezionare, migliorare, e mettere a sistema gli antichi percorsi che rientrano negli itinerari religiosi e di pellegrinaggio, come la Via Francigena e i Cammini di Benedetto e Francesco. Gran parte di questi si trovano nel territorio laziale, e oggi la Regione Lazio ha presentato la sua nuova rete di “Cammini”, fruibili a chiunque voglia intraprendere il proprio percorso verso la Porta Santa, in occasione del Giubileo della Misericordia, ormai alle porte. La Via Francigena si congiungerà con una serie di cammini che attraverseranno il centro di Roma per arrivare a San Pietro, come sono organizzati? Luca Collodi lo ha chiesto a don Giovanni Biallo, responsabile “Cammini” dell’Opera Romana Pellegrinaggi:
R. – Riprendiamo ciò che nella città di Roma per secoli si è vissuto, i percorsi classici: quello del pellegrino per arrivare fino alla tomba di Pietro, in questa occasione fino alla Porta Santa di San Pietro e delle altre Basiliche; la via dei Papa, vie tradizionali percorse dai Papi nella direzione San Giovanni in Laterano-San Pietro, sono percorsi in cui si trovano luoghi particolarmente significativi, sia per quanto riguarda la storia dei Giubilei nel corso dei secoli, sia per quanto riguarda le opere di misericordia che costituiscono, per esempio, l’accoglienza vera e propria dei pellegrini nel corso dei secoli, la cura degli ammalati, dei bambini, l’educazione, pensiamo a San Filippo Neri o San Camillo de Lellis, insomma, grandi santi della storia della Chiesa che, proprio in quelle strade, nelle strade del centro storico di Roma, hanno vissuto la loro bellissima esperienza dell’amore di Dio.
D. – Ripercorriamo idealmente il cammino dei pellegrini e la via dei Papi: da dove partono e dove ci porteranno?
R. – Partiamo dalle basiliche, tra l’altro c’è anche una via mariana che abbiamo aggiunto, che parte dalla basilica di Santa Maria maggiore. Il cammino dei pellegrini e dei Papi parte da San Giovanni in Laterano, tutte arrivano a San Pietro. A San Pietro ci sarà naturalmente la possibilità di passare attraverso la Porta Santa. San Giovanni in Laterano significa poi percorrere la Via dei Santi Quattro, arrivare ai Fori, arrivare fino al Campidoglio, e lì c’è l’Ara Coeli, c’è il Carcere Mamertino, luoghi particolarmente significativi nella storia della nostra Chiesa. E poi da lì incominciare a percorrere quelle piccole strade della parte più storica di Roma, la via dei pellegrini passerà per via Giulia. Su ogni via giubilare, in questi cammini giubilari, ci sarà il passaggio attraverso una Chiesa giubilare: San Giovanni dei fiorentini, Chiesa Nuova, quindi Santa Maria in Vallicella, e San Salvatore in Lauro. Lì ci sarà la possibilità delle confessioni in tutte le lingue, la possibilità di una preghiera un po’ più prolungata, anche qui in più lingue, e da lì poi l’ultimo tratto per arrivare a Castel Sant’Angelo e imboccare la strada, il percorso, per arrivare alla Porta Santa di San Pietro.
D. – Questi cammini saranno operativi già dall’8 dicembre, dai primi momenti dell’apertura della Porta Santa?
R. – Certamente, noi stiamo lavorando già da qualche mese proprio per arrivare preparati per l’inizio dell’Anno giubilare. Vorrei aggiungere che i sono cammini da praticare a piedi, ma con un significato profondo anche dal punto di vista spirituale perché, nel percorso che ognuno sceglierà - quello dei Papi, dei pellegrini, o la via mariana - ci saranno dei punti, dei momenti, delle chiese particolari, in cui noi inviteremo a meditare sulle opere di misericordia, le sette spirituali e le sette corporali, in modo da arrivare preparati - possiamo dire quasi con un esame di coscienza fatto nella vita di ciascuno di noi, su come viviamo la misericordia pienamente nella nostra esistenza - e quindi passare la Porta Santa consapevoli del dono che riceviamo dall’amore di Dio.
D. – I numeri dei pellegrini che arrivano a Roma sono confermati nei dati che conosciamo, cioè diversi milioni?
R. – Ancora non lo sappiamo, le iscrizioni per la Porta Santa di San Pietro non sono ancora aperte. Certamente noi stiamo già ricevendo la richiesta di ospitalità da parte di diocesi d’Europa, di vari luoghi in tutto il mondo. Vedremo quante persone vorranno venire. Naturalmente ci prepariamo per accoglierne tante e speriamo che ne arrivino tante anche a Roma, anche se Papa Francesco ha avuto la sensibilità di dare la possibilità a ogni diocesi di vivere all’interno il proprio Giubileo decidendo, in alcuni luoghi come la cattedrale e i santuari mariani, la presenza della Porta Santa che i pellegrini di quella diocesi potranno visitare, passare, così da vivere pienamente il Giubileo.
LoppianoLab 2015: la cultura del dialogo per vincere la paura
“Oltre la paura. Cultura del dialogo, cittadinanza attiva, economia civile”: sarà questo il tema di LoppianoLab 2015. Domani e sabato a Loppiano, cittadella del Movimento dei Focolari in provincia di Firenze, cittadini, imprenditori, lavoratori, artisti, giornalisti, impegnati in politica, studenti si interrogheranno su come superare le tensioni e i timori che oggi il nostro mondo vive e che condizionano l’esistenza quotidiana. Diversi laboratori rifletteranno sulla giustizia, sulla famiglia, sul rapporto tra le religioni. Ampio spazio sarà dato anche alla presentazione delle esperienze positive di dialogo e di incontro già in corso. Per saperne di più Luca Collodi ha intervistato il giornalista Michele Zanzucchi, direttore della rivista dei Focolari, Città Nuova:
R. – La paura, ovviamente, in questo momento è latente: sotto ogni discussione che si fa, sotto ogni articolo, sotto ogni immagine che viene mostrata – in Europa, in particolare. Questo fenomeno delle migrazioni ci sta veramente sconvolgendo la vita, però anche nello stimolarci a trovare nuove sintesi. Ecco: noi proponiamo a LoppianoLab 2015, questo tema: “Oltre la paura”, e lo decliniamo in tre modi: come andare oltre la paura? Attraverso una cultura del dialogo che penso possa attraversare ogni ambito della vita umana. C’è una seconda via per superare la paura, che è la cittadinanza attiva: non stiamo lì a criticare solamente, siamo cittadini. Facendo qualcosa, riparando il marciapiede davanti a casa, combattendo per la legalità, possiamo riuscire a trasformare questa paura. Terza via: l’economia civile. L’economia – non c’è niente da fare – sta occupando la nostra vita. Rimettiamo accanto a questo termine “economia” l’aggettivo “civile”. “Civile” vuol dire che l’uomo viene prima, che il cittadino viene prima, che c’è una apertura sull’uomo e sulla ferita dell’altro.
D. – C’è poi un quarto punto: la questione che l’essere umano, oggi, da un punto di vista sessuale viene presentato “diverso” da quello che da sempre noi conosciamo, ed è la questione del “gender”. E anche questo crea disagio, crea interrogativi che non vengono risolti …
R. – Noi avremo un laboratorio dedicato proprio a questo aspetto del “gender”, perché ci rendiamo conto che è una questione decisiva per il futuro dell’Europa ma anche dell’umanità. Io credo che però questa questione del “gender” non vada affrontata con la paura dello sconosciuto, di “quello che avverrà, se …”. Bisogna che ci sia un ascolto profondo delle varie esigenze, delle varie categorie umane che costituiscono la nostra società per poter arrivare a una sintesi in cui la differenza fondamentale tra uomo e donna non venga eliminata – su questo non penso che ci siano assolutamente dubbi – ma nell’accoglienza di chi è diverso.
D. – Voi proponete quindi una cultura del dialogo, una cittadinanza attiva sia in politica sia in economia: questo mi sembra un po’ la chiave per abbattere la paura. Ma oggi, la cosiddetta società civile può essere in grado, ha la forza, ha la volontà di andare verso questa strada, o preferisce soluzioni molto più pratiche e semplici? Per esempio, sul fronte del terrorismo, la chiusura delle frontiere …
R. – La tentazione c’è, assolutamente, ed è molto forte, ed è quella di rinchiudersi nella propria identità. Ma l’identità la si trova nel dialogo, cioè è la disposizione della persona che aprendosi trova la propria identità. Allora, questo è facile a dirsi poi, concretamente, vediamo che ci sono molte tendenze, molti gruppi, molte persone che tengono semplicemente a ritrovare la propria identità nella certezza di “quello che ho in mano”. Questo penso sia un atteggiamento che porterebbe l’Europa alla morte!
D. – Un’ultima riflessione su LoppianoLab: il tema politico, “la rappresentatività”, non pensa che oggi questo sia uno dei temi principali anche per superare la paura, per tornare a quella cittadinanza attiva di cui parlavamo prima?
R. – La crisi della rappresentanza è assolutamente una delle cose più gravi che stiamo vivendo. Nello stesso tempo, io credo che si debba valorizzare la rappresentanza, sostenendo i nostri rappresentanti, i nostri eletti, sia quelli attuali, sia quelli che verranno in seguito, sia a livello locale, sia a livello nazionale. Io credo che le esperienze che si stanno facendo in questa direzione – penso all’aspetto della legalità, ad esempio – siano molto positive. Penso anche all’aspetto delle coppie di fatto, la questione del disegno di legge Cirinnà che è in discussione in Parlamento: credo che malgrado tutto ci sia stata una pressione forte della società civile e il fatto che sia ancora in fase di discussione sia positivo. La società civile bene o male sta influenzando anche i suoi rappresentanti. Certamente, bisogna fare molto di più.
Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
Il Vangelo della 26.ma Domenica del tempo ordinario presenta il brano del Vangelo di Marco nel quiale Gesù, parlando con Giovanni, afferma con fermezza di non indulgere a qualsiasi atteggiamento che possa causare scandalo, quando dice tra l'altro:
"Chi non è contro di noi è per noi.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala".
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti:
“Non abbiamo il monopolio dello Spirito Santo”, ci dice oggi il Vangelo e ci invita a riconoscere che i demoni si scacciano solo con il “dito di Dio”. Lo Spirito soffia dove e su chi vuole. Poi Gesù ci dà una parola radicale, che tutti dobbiamo prendere sul serio. Nel linguaggio biblico, “essere di scandalo” significa essere di ostacolo, mettere inciampo a qualcuno. E “scandalizzare uno di questi piccoli” significa essergli occasione di peccato. Quando lo scandalo si istituzionalizza, non solo perché è lo stato a proporlo, ma addirittura si usa lo strumento educativo della scuola – e della stessa infanzia – come occasione di “educazione” anche al peccato, come nella ideologia del gender che si sta imponendo nella scuola in tutta Europa ed in Italia, questo scandalo diventa ancora più grave.
E la parola del Signore, di una crudezza inaudita, non lascia di essere vera solo perché lo scandalo è sponsorizzato da lobbies e da organizzazioni internazionali: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”. Gesù ci dice inequivocabilmente che per chi è causa di caduta, per chi dà scandalo – se non si dà conversione vera – non resta che la Geenna, l’inferno. Il Catechismo lo conferma con chiarezza: “La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità”, dove la pena principale “consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira” (CCC 1035).
Il Messico ricorda la strage di un anno fa dei 43 studenti di Iguala
"Nessuno può rimanere indifferente. La consapevolezza della grandezza e della dignità di ogni persona ci deve portare ad amare, rispettare, promuovere e difendere la vita in tutte le sue espressioni e momenti, e non tollerare od incoraggiare la cultura della morte". Così nel messaggio del vescovo della diocesi Chilpancingo-Chilapa, mons. Salvador Rangel Mendoza, inviato all'agenzia Fides dalla Conferenza episcopale messicana, e pubblicato oggi, a un anno dalla tragedia in Iguala, la strage di 43 studenti uccisi dai narcotrafficanti con la complicità dei politici locali nello Stato messicano di Guerrero. "Dinanzi a questa situazione drammatica" scrive mons. Rangel Mendoza "i discorsi non sono abbastanza; è necessario uno sforzo delle autorità competenti per chiarire i fatti ed arrivare insieme con la società, a cominciare dalle famiglie degli scomparsi, alla verità".
Appello del vescovo a non lasciare spazio al disordine e l'anarchia
Mons. Rangel Mendoza, afferma: "Dobbiamo cominciare a esaminare noi stessi davanti a Dio e davanti alla nostra coscienza civica, e chiederci che cosa ha causato questi eventi deplorevoli e riprovevoli. Così ci renderemo conto che la causa principale è la dimenticanza della dignità e dei diritti di ogni persona". Il vescovo raccomanda a tutti due cose: la preghiera e il lavoro. "Chiediamo a Dio il dono della pace, e di lavorare per essa con azioni concrete a favore del dialogo, la verità, la giustizia, la riconciliazione e il rispetto della vita, della dignità e dei diritti di tutti", si legge nel messaggio, che si conclude con un appello a "non lasciare spazio al disordine e l'anarchia" e a costruire la pace insieme alle tante "persone buone e positive" che vivono nello Stato di Guerrero. (C.E.)
Terra Santa: ancora irrisolto il problema delle scuole cattoliche
“A fronte di un moderato ottimismo dei giorni scorsi, la controversia riguardante le scuole cattoliche non si è ancora risolta. Noi desideriamo con forza iniziare l’anno scolastico lunedì prossimo 28 settembre, ma non siamo disposti a tornare a scuola e riaprire le aule a qualsiasi costo. Vogliamo anche che siano rispettati un minimo i nostri diritti e che vi siano relazioni giuste fra le parti”. È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale di Gerusalemme. Il prelato è in prima linea nella protesta lanciata dalle scuole cattoliche di Israele contro il taglio dei fondi e la statalizzazione degli istituti deciso da un governo che mostra poca “sensibilità” verso gli studenti cristiani.
La battaglia dei genitori sostenuta dalla Chiesa di Terra Santa e dai vescovi europei
Dall’inizio del mese le scuole cristiane in Israele sono in sciopero. Professori e alunni denunciano una doppia discriminazione nei confronti delle proprie istituzioni: il governo ha ridotto le sovvenzioni che ormai coprono solo il 29% delle spese; allo stesso tempo, pone un limite alle rette che le scuole possono ricevere dalle famiglie. La battaglia di genitori e alunni è sostenuta dalla Chiesa di Terra Santa e dai vescovi europei.
Scuole ebraiche ultra-ortodosse, sovvenzionate in toto dal governo
La discriminazione è un dato di fatto evidente, se si paragona a quanto avviene con le scuole ebraiche ultra-ortodosse, sovvenzionate in toto dal governo e che non subiscono ispezioni dal ministero dell’Educazione, sebbene esse non siano in regola col curriculum degli studi. I negoziati avviati sinora per dirimere la controversia si sono rivelati inefficaci, con le scuole che chiedono 50 milioni di dollari per poter aprire e il governo disposto a sborsarne solo cinque.
La riapertura delle scuole non può avvenire ad ogni costo
I leader cristiani confermano la loro linea di netto rifiuto di integrarsi nel contesto degli istituti di Stato, perdendo così la loro identità e la loro missione nella società. Mons. Marcuzzo ricorda che l’obiettivo primario è “il bene degli studenti, quindi il loro rientro a scuola”, ma questo non può avvenire “a ogni costo”. “C’è ancora da negoziare - aggiunge il prelato - vi sono punti da discutere, si risolve una questione e ne spunta un’altra”. In particolare vi sono due punti di “forte contrasto: in primis ci vogliono togliere il diritto allo sciopero per il futuro. Il governo è disposto a sbloccare una parte dei fondi, ma alle scuole cattoliche sarà vietato lo sciopero” come strumento di lotta per il futuro.
Il problema della guida del comitato interministeriale
Il secondo elemento di contrasto riguarda la guida del comitato interministeriale che dovrà risolvere gli altri punti ancora in sospeso fra scuole e governo. In queste ore è emersa la candidatura alla presidenza del Comitato del giudice della Corte suprema Salim Joubran, arabo israeliano apprezzato per il lavoro svolto da magistrato. Tuttavia, spiega il vicario patriarcale di Gerusalemme, il governo israeliano “vuole affiancare al giudice un secondo presidente, un ebreo. Questo è assurdo - conclude il prelato - perché non si è mai visto che una istituzioni abbia due presidenti: scelgano un vice, gli diano la qualifica di presidente aggiunto, ma la doppia presidenza non può essere accettabile”. (D.S.)
Vescovi pakistani: no a discriminazione di stato su minoranze religiose
Invertire la tendenza sulla discriminazione dei non musulmani nei posti di lavoro pubblici: è quanto chiede la “Commissione nazionale di Giustizia e Pace”, in seno alla Conferenza episcopale del Pakistan che, in una nota ripresa dall'agenzia Fides, invita il Primo Ministro del Punjab a “rivedere le politiche per l'occupazione, al fine di evitare discriminazioni basate sulla fede a tutti i livelli e di garantire a tutti i cittadini pari opportunità di lavoro”.
I non-musulmani del Pakistan hanno contribuito al bene della nazione
La Commissione ricorda che “in Pakistan, Paese dove il 97% della popolazione è musulmana, i non-musulmani del Pakistan hanno contribuito a vario titolo alla nazione in campi come istruzione, assistenza sanitaria, difesa, diritti umani, e in altri settori di sviluppo”. Oggi, prosegue il testo, “i giovani provenienti da comunità non-musulmane sono pronti a competere nel settore del pubblico impiego per posti di lavoro altamente qualificati”.
Alle minoranze solo i lavori più umili
Il comunicato della Commissione giunge dopo che il “Dipartimento per i servizi e l’amministrazione del Punjab” ha notificato che, in base alla legge esistente, ai non-musulmani è riservata una quota del 5% dell'occupazione nel settore pubblico per garantire l'equità. “Purtroppo – nota la Commissione – ogni volta che un settore del pubblico impiego presenta i posti riservati, lo fa solo per i lavori più umili”. Un esempio è costituito dal bando di concorso diffuso il 16 settembre 2015 dal Punjab Institute of Cardiology, che riserva a lavoratori non-musulmani unicamente posti di lavoro per operatori sanitari di basso livello, che si occupano della pulizia.
Il Paese deve “superare ogni discriminazione religiosa
La Commissione ricorda che “il governo del Pakistan ha accettato di raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio in cui si dice che ogni individuo sarà dotato di lavoro senza alcuna disuguaglianza” e dunque il Paese deve “superare ogni discriminazione religiosa, per la quale i non-musulmani sono privati di pari opportunità di lavoro”. Alcuni avvocati cristiani hanno deciso di contestare in tribunale il bando di concorso diramato dal Punjab Institute of Cardiology. (P.A.)
Myanmar: card. Bo chiede elezioni libere e trasparenti
Un voto libero e trasparente, foriero di una autentica democrazia; e che sia rivolto a candidati che costruiscono la pace, la riconciliazione, il bene comune: sono gli auspici espressi dal card. Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon, in un messaggio diffuso in vista delle elezioni dell’8 novembre. Si tratta delle prime elezioni libere da quando la giunta militare ha lasciato il potere, aprendo una nuova stagione politica nel Paese.
Una democrazia controllata con incoraggianti cambiamenti
“Cinque anni fa, un’alba della speranza proruppe nelle terre riarse della disperazione. Dopo decenni di sacrifici di sangue e lacrime, i miei fratelli e sorelle del Myanmar hanno gustato la democrazia” nota il cardinale nel testo ripreso dall’agenzia Fides. Pur ricordando che si tratta di una “democrazia controllata”, ha comunque portato “cambiamenti incoraggianti”, si afferma. Il messaggio continua: “Attraverso questo appello, invito i governanti e il popolo a fare nelle prossime elezioni un vero esercizio di democrazia. Ma la democrazia è un viaggio lungo e faticoso. Governanti e governati hanno bisogno di accompagnamento reciproco in questo viaggio”.
Il cardinale chiede ai candidati di servire la nazione
“Il voto è un diritto fondamentale in una democrazia” afferma l’arcivescovo, auspicando un’opera corretta e trasparente della Commissione elettorale. Si sofferma poi sui candidati, invitandoli a disporsi a “servire la nazione”, che è un “arcobaleno di tribù colorate e grandi religioni” e non a guardare interessi particolari. A tal proposito, il cardinale individua specifiche caratteristiche da rintracciare nei candidati, come linee guida per gli elettori: votare quanti “spianano la strada per la riconciliazione nazionale e la pace”, operano “salvaguardando le risorse naturali del paese”, promuovono lo sviluppo integrale dei bambini e dei giovani, creando opportunità di lavoro. Si pone l’accento su coloro che “costruiscono un sistema economico inclusivo che è utile soprattutto per i più vulnerabili”, e un sistema di istruzione a beneficio di tutti i gruppi etnici. Infine si chiede attenzione a “una cultura della democrazia che promuova attivamente i diritti umani, la libertà dei media”. “Le elezioni – conclude - sono una grande opportunità. Lasciamo che la pace e la giustizia scorrano come un fiume, portando gioia e felicità a tutto il popolo”. (P.A.)
Cile: vittime del terremoto aiutano altre vittime
"Tutte le parrocchie del Paese, le scuole cattoliche, i movimenti apostolici di tutte le diocesi stanno pregando per quanti soffrono oggi nell’arcidiocesi di La Serena. Questa Campagna vuole esprimere la cosa più bella, vale a dire, l'anima del Cile, che è la solidarietà e la fede in Gesù Cristo, che ci invita ad essere discepoli solidali": lo ha affermato mons. Pedro Ossandón, vescovo ausiliare di Santiago, presidente della Pastorale sociale-Caritas Cile, che ha visitato le zone più colpite dal terremoto e dallo tsunami del 16 settembre nell'arcidiocesi di La Serena, incoraggiando la Campagna "Per una nazione solidale". Insieme a lui c’era mons. Luis Fernando Ramos Pérez, anch’egli ausiliare di Santiago, altri operatori della Caritas e rappresentanti di organizzazioni di soccorso.
La visita Caritas nelle zone colpite dallo tasunami
Secondo quanto riferisce l'agenzia Fides, dopo aver visitato le zone colpite della prelatura di Illapel, in particolare la Provincia di Choapa, i rappresentanti della Caritas Cile sono andati a Baquedano, nel porto di Coquimbo, e a Tongoy, le zone più colpite dallo tsunami, per individuare le principali necessità, definire i Centri di raccolta e coordinare altri servizi. Dopo quasi 10 giorni dal disastro, i gruppi di soccorso continuano a cercare nelle vicinanze della costa le persone scomparse dopo lo tsunami. Da un bilancio parziale i morti sono 15, i senzatetto 13mila, circa 400 le imbarcazioni danneggiate dallo tsumani.
I terremotati si aiutano tra loro
"A tutte le famiglie colpite – ha detto il vescovo - vorremmo dire che, come Chiesa, con la fede in Gesù, portiamo solidarietà, sia con la preghiera costante che con un sostegno materiale incondizionato. Durante una visita alla cittadina di Salamanca abbiamo visto persone le cui case erano state danneggiate dal terremoto che stanno raccogliendo cibo da inviare ai loro fratelli colpiti in modo ancora peggiore da questa emergenza, cioè vittime che aiutano le vittime. Grazie per la testimonianza, lo sforzo e il sacrificio. Sappiamo che le persone che soffrono sono operai e gente che lavora duro, questo significa dare l'esempio a tutto il Paese". (C.E.)
Consiglio Chiese: soddisfazione per accordo di pace in Colombia
“Un segno di speranza non solo per i colombiani ma per il mondo intero”: così segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc), il rev. Olav Fykse Tveit, saluta lo storico accordo raggiunto all’Avana tra Farc e Governo colombiano. Un accordo con il quale – si legge nella dichiarazione - le parti hanno deciso di “affrontare l’intera questione delle violazioni dei diritti umani verificatesi durante il conflitto” e “di istituire una commissione per la verità, prevedere risarcimenti per le vittime e offrire l’amnistia a chi ha combattuto ma non a coloro che hanno commesso crimini di guerra”.
Il contributo della Chiesa colombiana
Tveit ha ricordato il contributo delle Chiese (in particolare di quella colombiana) al processo di riconciliazione in corso, mentre la pastora Gloria Ulloa, presidente del Consiglio delle Chiese dell’America Latina e i Caraibi, ha detto che l’accordo è “una buona notizia per tutti coloro che hanno lavorato per la pace” e “afferma l’importanza di implementare un modello di giustizia che consenta di costruire una pace duratura ponendo come priorità i diritti delle vittime”. (L.Z.)
Egitto: il Patriarca Tawadros visita la “Chiesa sorella” etiope
Il patriarca copto ortodosso Tawadros II ha lasciato ieri sera il Cairo per compiere una visita di cinque giorni in Etiopia. Durante la sua permanenza in terra etiope, Tawadros parteciperà alle solenni celebrazioni liturgiche officiate dalla Chiesa ortodossa d'Etiopia in onore della Santa Croce, e visiterà anche i santuari rupestri di Lalibela, antico sito del cristianesimo etiope.
Tawadros ricambia la visita compiuta a gennaio in Egitto da Abuna Mathias I
La trasferta del patriarca Tawadros in terra etiope riveste significato sia dal punto di vista ecclesiale che riguardo ai rapporti tra Egitto e Etiopia. Tawadros ricambia la visita compiuta lo scorso gennaio in Egitto da Abuna Mathias I, patriarca della Chiesa ortodossa d'Etiopia. In quell'occasione, il primate della Chiesa etiope era stato ricevuto anche dal Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e dal Grande Imam di al-Azhar Ahmed al Tayyeb, a conferma della valenza non solo ecclesiale di quella visita patriarcale. Durante i colloqui col Presidente e con altre autorità politiche, Abuna Mathias aveva discusso coi suoi interlocutori anche del futuro della questione della diga della Grande Rinascita, l'imponente opera idraulica sul Nilo iniziata dall'Etiopia e contestata dall'Egitto. Gli egiziani temono che il progetto etiope della grande diga possa avere impatto negativo sul volume delle acque del Nilo finora a disposizione dell'economia e dei bisogni primari della popolazione.
La visita riafferma la piena unità tra Chiesa ortodossa etiope e Chiesa copta
La Chiesa ortodossa d'Etiopia è stata vincolata giurisdizionalmente al patriarcato copto di Alessandria d'Egitto fino al 1959, anno in cui è stata riconosciuta come Chiesa autocefala dal patriarca copto Cirillo VI. Durante la sua visita in Egitto, il patriarca etiope aveva ripreso le parole di Gesù secondo cui l'uomo non può separare ciò che Dio ha unito, solitamente riferite al matrimonio, e le aveva applicate ai rapporti tra le due Chiese, riaffermando così la piena unità tra la Chiesa ortodossa d'Etiopia e la Chiesa copta. (G.V.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 269